Come il microbioma si è unito alla lotta contro il cancro / How the microbiome has joined the fight against cancer

Come il microbioma si è unito alla lotta contro il cancroHow the microbiome has joined the fight against cancer


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa



Illustrazione di Helicobacter pylori. (Science Photo Library RF / AGF) /  Illustration of Helicobacter pylori.

I batteri che vivono nell'intestino sembrano influire sull'efficacia delle terapie contro il cancro. Ma prima ancora di poter ipotizzare trattementi terapeutici è necessario effettuare trial clinici, e non sarà affatto facile,

Nel 2015 Bertrand Routy si è guadagnato una cattiva fama agli occhi degli oncologi parigini. In qualità di studente di dottorato nel vicino centro oncologico Gustave Roussy, Routy doveva girare di ospedale in ospedale per raccogliere campioni di feci di persone che avevano ricevuto trattamenti contro il cancro. I medici erano spietati. “Mi prendevano in giro”, dice Routy. “Il mio soprannome era Mister cacca”.

Ma la presa in giro è finita dopo che Routy e colleghi hanno pubblicato le prove del fatto che alcuni batteri intestinali sembrano aumentare la risposta al trattamento. Ora, quei medici sono desiderosi di analizzare i campioni fecali dei loro pazienti nella speranza di prevedere chi di loro è probabile che risponda ai farmaci antitumorali. “Il risultato ha aperto gli occhi a un sacco di persone che non vedevano la rilevanza clinica dei microbi intestinali”, dice Routy, che ora lavora per lo University of Montreal Health Centre, in Canada.

Il cancro è stato toccato in ritardo dalla rivoluzione del microbioma che sta investendo la biomedicina. Negli ultimi decenni, i ricercatori hanno collegato la composizione microbica dell’intestino a decine di condizioni apparentemente non correlate tra loro, dalla depressione all’obesità. Il cancro ha anche alcune connessioni stimolanti: l’infiammazione è un fattore che contribuisce ad alcuni tumori e alcuni tipi di cancro hanno origine da un’infezione. Ma con la crescita esplosiva di una nuova classe di farmaci, le immunoterapie per il cancro, gli scienziati hanno esaminato attentamente in che modo il microbioma dell’intestino potrebbe interagire con il trattamento e come potrebbero essere sfruttate queste interazioni.

Dopo che le scoperte preliminari su topi ed esseri umani hanno rivelato che i batteri dell’intestino possono influire sulle risposte a questi farmaci, gli 
scienziati hanno iniziato a cercare di decifrare i meccanismi coinvolti. E i ricercatori stanno iniziando diversi studi clinici che verificheranno se il microbioma dell’intestino può essere manipolato per migliorare i risultati.

Alcuni sostenitori affermano che le strategie per ottenere un modello del microbioma potrebbero cambiare le carte in tavola nel trattamento del cancro. “È una via intelligente da seguire”, afferma Jennifer Wargo, chirurga e ricercatrice all’MD Anderson Cancer Center di Houston, in Texas. Ma altri sono preoccupati che il passaggio alla clinica sia prematuro. William Hanage, epidemiologo della Harvard T. H. Chan School of Public Health di Boston, in Massachusetts, definisce l’idea “incredibilmente interessante”, ma aggiunge: “Ho qualche preoccupazione riguardo all’idea che siano possibili solo effetti benefici”.

Un collegamento intrigante
Anche se l’entusiasmo per i microbi e l’immunoterapia è emerso solo negli ultimi tre anni, alcuni ricercatori studiano i collegamenti tra batteri intestinali e cancro da molto più tempo. Per esempio, il batterio infettivo Helicobacter pylori è stato collegato al tumore gastrico negli anni novanta. E da allora, altri batteri sono stati associati all’origine e alla progressione del cancro. Alcuni di questi microbi attivano le risposte infiammatorie e alterano gli strati di mucosa che proteggono l’organismo dagli invasori esterni, creando un ambiente che sostiene la crescita del tumore. In altri casi, promuovono la sopravvivenza del cancro rendendo le cellule resistenti ai farmaci antitumorali.

Ma i batteri intestinali possono anche aiutare a combattere i tumori. Nel 2013, un gruppo guidato da Laurence Zitvogel al centro oncologico Gustave Roussy e un altro guidato dagli immunologi Romina Goldszmid e Giorgio Trinchieri del National Cancer Institute di Bethesda, in Maryland, hanno dimostrato che alcuni trattamenti contro il cancro contano sul microbioma intestinale per attivare il sistema immunitario.

Il gruppo di Zitvogel ha scoperto che il farmaco chemioterapico ciclofosfamide danneggia lo strato di mucosa che riveste l’intestino, permettendo ad alcuni batteri intestinali di arrivare nei linfonodi e nella milza, dove attivano specifiche cellule immunitarie. Per i topi allevati senza microbi nell’intestino o che avevano ricevuto antibiotici, il farmaco perdeva gran parte dei suoi effetti antitumorali.

Microfotografia in falsi colori di batteri fecali. (Science Photo Library RF / AGF) / Microphotography in false colors of faecal bacteria.


In seguito a questa osservazione, Zitvogel ha deciso di indagare se i batteri dell’intestino possono influenzare le risposte a una classe di farmaci immunoterapici chiamati inibitori dei checkpoint. Questi farmaci, in genere anticorpi diretti verso le molecole della superficie cellulare note come CTLA4 e PD1, scatenano il sistema immunitario di una persona contro le cellule tumorali e sono usati per trattare diversi tipi di cancro (si veda questa illustrazione). Ma solo il 20-40 per cento dei soggetti risponde al trattamento.

Nel 2015, Zitvogel e il suo gruppo hanno dimostrato che topi privi di microbi non avevano risposto a uno di questi farmaci, e che topi trattati con un particolare batterio, Bacteroides fragilis, avevano risposto meglio dei topi che ne erano privi.

L’idea ha iniziato a diffondersi. Thomas Gajewski, oncologo dell’Università di Chicago, ha riferito che nei topi i microbi Bifidobacterium avevano aumentato la risposta all’immunoterapia contro il cancro. Questi batteri, che vivono nell’intestino, avevano agito aumentando la capacità di alcune cellule immunitarie di dare il via a una risposta contro i tumori.

Wargo ha visto questi risultati presentati a un meeting nel 2014, e al suo ritorno in Texas ha subito cominciato a raccogliere campioni di feci di soggetti con tumori della pelle che stavano per essere trattati con l’immunoterapia nel suo istituto. Lo scorso novembre, Wargo, Gajewski e Zitvogel hanno pubblicato risultati su “Science” che collegano le risposte positive all’immunoterapia a specifiche varietà di batteri intestinali presenti nei pazienti. I campioni raccolti da Routy a Parigi hanno aiutato la squadra di Zitvogel a dimostrare anche che le persone che avevano preso antibiotici per infezioni non correlate al tumore tendevano a rispondere poco all’immunoterapia.

Per consolidare la correlazione, i ricercatori hanno trasferito i batteri dai partecipanti umani all’intestino di topi con tumori simili. I roditori che avevano ricevuto batteri “benefici” hanno sviluppato tumori più piccoli rispetto ai topi che avevano ricevuto microbi da persone che non avevano risposto al trattamento. “Tutto questo lavoro è stato entusiasmante”, dice Neeraj Surana, microbiologo del Boston Children’s Hospital. “Hanno aperto la possibilità a una chiara applicazione terapeutica della scienza del microbioma”.

Verso la clinica
I ricercatori stanno ora verificando questa possibilità. Hassane Zarour, immunologo dell’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania, ha collaborato con la multinazionale farmaceutica Merck per raccogliere i batteri fecali da persone che rispondono al trattamento con un inibitore del checkpoint e trasferirli nell’intestino dei non responder, un processo chiamato trapianto del microbioma fecale. Merck ha investito circa 900.000 dollari in questo trial, che dovrebbe iniziare nelle prossime settimane.

Wargo sta progettando uno studio simile. Insieme al Parker Institute for Cancer Immunotherapy di San Francisco, in California, e all’azienda di biotecnologie Seres Therapeutics di Cambridge, in Massachusetts, intende verificare se i trapianti fecali possano rimodellare il microbioma intestinale dei non responder in modo benefico.



Questi trapianti di microbiomi stanno diventando un trattamento corrente per alcune malattie non tumorali. A febbraio, per esempio, l’Infectious Diseases Society of America ha raccomandato ai medici di usare queste procedure per curare persone con infezioni intestinali causate dal batterio Clostridium difficile che non hanno risposto ad altri trattamenti. Ma l’approccio ha alcuni svantaggi. Per evitare il rischio d’infettare inavvertitamente persone con microbi patogeni, i ricercatori devono fare attenzione al modo in cui selezionano i donatori ed effettuano lo screening del materiale fecale prima di trasferirlo ai destinatari. Ecco perché, oltre ai trapianti fecali, Seres Therapeutics, Parker Institute e Wargo testeranno una pillola contenente un insieme di batteri in grado di produrre spore che sono stati purificati dalle feci dei pazienti che hanno risposto al trattamento.

Gajewski e i suoi partner di Evelo Biosciences, un’azienda di biotecnologie di Cambridge, stanno usando un approccio simile. Il loro studio valuterà gli effetti di due pillole contenenti singoli ceppi batterici in persone con diversi tipi di tumore, inclusi quelli del colon e della pelle.

Zitvogel non ha in programma di avviare trial clinici, ma ha co-fondato la start-up Delaware EverImmune, che sta sviluppando una pillola basata sul microbioma.

Non è ancora chiaro come i microbi possano interagire con l’immunoterapia. Un’ipotesi ampiamente accettata è che alcuni aumentino la risposta del corpo contro i tumori, regolando la facilità di attivazione del sistema immunitario. Ma il meccanismo preciso, incluso quali batteri modulano quali cellule immunitarie, rimane un mistero.

I ricercatori sperano che i trial clinici aiuteranno a chiarire le cose. Wargo, per esempio, sta esplorando i metaboliti batterici. Il suo gruppo spera di trovare specifiche firme metaboliche di un buon esito nelle feci e nel sangue delle persone che rispondono alla terapia, nonché di documentare il numero di cellule immunitarie nel sangue e nei tumori dei partecipanti alla sperimentazione.

Gajewski suggerisce che i microbi potrebbero scatenare la risposta immunitaria stimolando le cellule intestinali a produrre certe molecole. Il suo gruppo sta verificando se i precursori delle cellule immunitarie circolanti cambino il loro comportamento quando vengono somministrati specifici batteri a topi. Allo stesso tempo, il gruppo sta cercando di definire quali specie potrebbero produrre risultati positivi.

Troppo presto, o è il momento giusto?
Date le incertezze, alcuni scienziati sostengono che sia rischioso testare questi approcci sugli esseri umani. Alcuni partecipanti agli studi clinici potrebbero sperimentare effetti collaterali, dice Surana. E cambiare la composizione del microbioma di un individuo potrebbe predisporlo ad altri problemi di salute.

I trapianti fecali hanno molte di incognite. Si sono dimostrati sicuri ed efficaci in molte persone senza cancro, afferma Wargo, ma sono stati anche associati a effetti inattesi, incluso un caso in cui la procedura ha portato ad aumento di peso e obesità. “Dovremmo cercare segnali di sicurezza in questi studi? Assolutamente”. Dice Wargo,” Ma sento fortemente che dobbiamo affrontare questi trial. Dobbiamo progettarli bene. Dobbiamo imparare davvero da queste sperimentazioni”.

Gajewski, che ha intenzione di testare gli effetti di un solo ceppo di bifidobatteri alla volta, dichiara che ci sono buone ragioni per essere fiduciosi. “Le persone mangiano bifidobatteri da migliaia di anni”, dice. I batteri sono presenti nell’intestino dei bambini e diminuiscono di numero via via che le persone crescono, quindi dovrebbero essere almeno sicuri, aggiunge.

Ma non è chiaro se una singola specie possa aiutare le persone con il cancro e, nel caso, quale sia il batterio. Gli articoli pubblicati su “Science” lo scorso anno hanno associato batteri diversi con i migliori risultati, anche per lo stesso tipo di cancro e di terapia.

I ricercatori hanno esaminato le persone con cancro in Francia e negli Stati Uniti, quindi la dieta potrebbe spiegare alcune delle differenze, dice Wargo. Ma variazioni nella raccolta dei campioni, nell’analisi dei dati e nei metodi statistici potrebbero anche aver distorto i risultati, afferma Joël Doré, biologo dell’Institut National de la Recherche Agronomique (INRA) di Parigi che nel 2011 ha contribuito a lanciare il progetto International Human Microbiome Standards (IHMS) con l’obiettivo di migliorare la riproducibilità dei dati nella ricerca sui microbiomi.

Hanage dice che anche i due studi che hanno analizzato persone negli Stati Uniti con lo stesso tipo di tumore hanno identificato un insieme solo parzialmente sovrapponibile di microbi associati a esiti positivi. Se i ricercatori non capiscono il motivo di queste differenze, potrebbero non essere in grado di interpretare i risultati degli studi, afferma Hanage.

Prima di iniziare le sperimentazioni cliniche, i tre gruppi dovrebbero cercare di riprodurre i rispettivi risultati e convergere su un insieme di microrganismi “benefici”, sostiene Hanage. “Ognuno di questi batteri potrebbe essere un approccio utile”. Ma le incongruenze potrebbero significare che i risultati non sono riproducibili.

È una preoccupazione comune nel settore della ricerca sui microbiomi. “Molti risultati hanno dimostrato di non stare in piedi o di essere molto più complicati di quanto non fossero inizialmente”, dice Hanage. Standard come quelli sviluppati dal progetto IHMS dovrebbero essere d’aiuto, ma gli scienziati saranno riluttanti a considerarli, dice Susan Erdman, microbiologa e oncologa del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge. Questo danneggerebbe l’innovazione, sostiene: è sperimentando in contesti diversi che i ricercatori fanno scoperte.

Wargo afferma che la comunità dovrebbe standardizzare gli approcci per raccogliere campioni ed effettuare analisi, nonché per convalidare studi in gruppi più ampi di pazienti. Dall’anno scorso, il suo gruppo ha analizzato le feci di oltre 500 persone con cancro della pelle che avevano ricevuto terapie diverse. In parallelo con il gruppo di Parigi guidato da Zitvogel, i ricercatori stanno analizzando pazienti trattati con due immunoterapie combinate per capire quali batteri intestinali mediano una risposta a questa combinazione. Wargo spera che il microbioma dell’intestino possa eventualmente aiutare a identificare quali pazienti risponderanno a quali terapie antitumorali. “Possiamo usarlo come biomarcatore? È una domanda provocatoria”, dice.

Sul breve termine, ci saranno molti più campioni. E questa volta è probabile che ci saranno meno oncologi che storceranno il naso, dice Routy, che con il suo gruppo ora studia come il microbioma dell’intestino stimola l’immunoterapia. Nella terapia del cancro, “i microbi intestinali sono passati da organismi ignorati a organismi super-popolari”, dice. Ora dovranno solo essere all’altezza della loro reputazione.

ENGLISH


Bacteria living in the gut appear to influence the effectiveness of cancer therapies. But before you can even hypothesize therapeutic treatments it is necessary to carry out clinical trials, and it will not be easy,

In 2015 Bertrand Routy earned a bad reputation in the eyes of Parisian oncologists. As a doctoral student in the nearby cancer center Gustave Roussy, Routy had to go from hospital to hospital to collect samples of faeces from people who had received cancer treatment. The doctors were ruthless. "They made fun of me," says Routy. "My nickname was Mister poop".

But the mockery is over after Routy and colleagues have published evidence that some intestinal bacteria appear to increase the response to treatment. Now, those doctors are eager to analyze their patients' faecal samples in hopes of predicting which of them is likely to respond to anticancer drugs. "The result opened the eyes of a lot of people who did not see the clinical relevance of intestinal microbes," says Routy, who now works for the University of Montreal Health Center in Canada.

The cancer has been delayed by the microbiome revolution that is investing biomedicine. In recent decades, researchers have linked the microbial composition of the gut to dozens of seemingly unrelated conditions, from depression to obesity. Cancer also has some stimulating connections: inflammation is a contributing factor to some cancers and some types of cancer originate from an infection. But with the explosive growth of a new class of drugs, immunotherapies for cancer, scientists have carefully examined how the gut microbiome could interact with the treatment and how these interactions could be exploited.

After preliminary findings on mice and humans have revealed that the gut bacteria can affect the responses to these drugs, scientists have begun to try to decipher the mechanisms involved. And researchers are starting several clinical trials that will verify if the gut microbiome can be manipulated to improve results.

Some advocates say that the strategies for obtaining a model of the microbiome could change the cards on the table in the treatment of cancer. "It's a smart way to go," says Jennifer Wargo, a surgeon and researcher at MD Anderson Cancer Center in Houston, Texas. But others are worried that the transition to the clinic is premature. William Hanage, an epidemiologist at Harvard T. H. Chan School of Public Health in Boston, Massachusetts, defines the idea as "incredibly interesting," but adds: "I have some concerns about the idea that only beneficial effects are possible."

An intriguing link
Although enthusiasm for microbes and immunotherapy has only emerged in the last three years, some researchers have been studying links between intestinal bacteria and cancer for much longer. For example, the infectious bacterium Helicobacter pylori has been linked to gastric cancer in the nineties. And since then, other bacteria have been associated with the origin and progression of cancer. Some of these microbes activate inflammatory responses and alter the mucosa layers that protect the body from external invaders, creating an environment that supports tumor growth. In other cases, they promote cancer survival by making the cells resistant to anticancer drugs.

But intestinal bacteria can also help fight tumors. In 2013, a group led by Laurence Zitvogel at the oncological center Gustave Roussy and another led by immunologists Romina Goldszmid and George Trinchieri of the National Cancer Institute in Bethesda, Maryland, showed that some cancer treatments rely on the intestinal microbiome to activate the immune system.

The Zitvogel group discovered that the cyclophosphamide chemotherapy drug damages the mucosal layer of the intestine, allowing some intestinal bacteria to get into the lymph nodes and the spleen, where they activate specific immune cells. For mice reared without microbes in the gut or who had received antibiotics, the drug lost much of its antitumor effects.

Following this observation, Zitvogel decided to investigate whether gut bacteria can influence responses to a class of immunotherapeutic drugs called checkpoint inhibitors. These drugs, generally antibodies directed to the cell surface molecules known as CTLA4 and PD1, trigger a person's immune system against cancer cells and are used to treat different types of cancer (see this illustration). But only 20-40 percent of the subjects respond to treatment.

In 2015, Zitvogel and his team demonstrated that mice lacking microbes had not responded to one of these drugs, and that mice treated with a particular bacterium, Bacteroides fragilis, had responded better than mice that had none.

The idea started to spread. Thomas Gajewski, University of Chicago oncologist, reported that Bifidobacterium microbes had increased the response to cancer immunotherapy in mice. These bacteria, which live in the intestine, had acted by increasing the ability of some immune cells to initiate a response against tumors.

Wargo saw these results presented at a meeting in 2014, and on his return to Texas he immediately began collecting stool samples from subjects with skin cancers who were being treated with immunotherapy in his institute. Last November, Wargo, Gajewski and Zitvogel published results on "Science" that link positive responses to immunotherapy to specific varieties of intestinal bacteria present in patients. The samples collected by Routy in Paris helped the Zitvogel team also demonstrate that people who had taken antibiotics for unrelated tumor infections tended to respond very little to immunotherapy.

To consolidate the correlation, the researchers transferred the bacteria from the human participants to the intestine of mice with similar tumors. Rodents who received "beneficial" bacteria developed smaller tumors compared to mice that had received microbes from people who had not responded to treatment. "All of this work has been exciting," says Neeraj Surana, microbiologist at Boston Children's Hospital. "They opened the possibility to a clear therapeutic application of microbiome science".

To the clinic
Researchers are now verifying this possibility. Hassane Zarour, an immunologist at the University of Pittsburgh, Pennsylvania, has collaborated with multinational pharmaceutical company Merck to collect faecal bacteria from people who respond to treatment with a checkpoint inhibitor and transfer them to the non-responders' intestine, a process called transplantation. faecal microbiome. Merck has invested around $ 900,000 in this trial, which should start in the coming weeks.

Wargo is planning a similar study. Together with the Parker Institute for Cancer Immunotherapy in San Francisco, Calif., And the Seres Therapeutics biotech company in Cambridge, Massachusetts, he plans to check if faecal transplants can remodel the intestinal microbiome of non-responders in a beneficial way.

These microbiome transplants are becoming a current treatment for some non-cancerous diseases. In February, for example, the Infectious Diseases Society of America recommended that doctors use these procedures to treat people with intestinal infections caused by the Clostridium difficile bacteria that have not responded to other treatments. But the approach has some disadvantages. To avoid the risk of inadvertently infecting people with pathogenic microbes, researchers should be careful about how they select donors and screen faecal material before transferring it to recipients. That's why, in addition to faecal transplants, Seres Therapeutics, Parker Institute and Wargo will test a pill containing a set of bacteria that can produce spores that have been purified from the feces of patients who responded to treatment.

Gajewski and his partners from Evelo Biosciences, a Cambridge biotechnology company, are using a similar approach. Their study will evaluate the effects of two pills containing individual bacterial strains in people with different types of cancer, including those of the colon and skin.

Zitvogel has no plans to start clinical trials, but co-founded the start-up Delaware EverImmune, which is developing a pill based on the microbiome.

It is not yet clear how microbes can interact with immunotherapy. A widely accepted hypothesis is that some increase the body's response to tumors by regulating the ease of activation of the immune system. But the precise mechanism, including which bacteria modulate which immune cells, remains a mystery.

The researchers hope that clinical trials will help to clarify things. Wargo, for example, is exploring bacterial metabolites. His group hopes to find specific metabolic signatures of a successful outcome in the stool and blood of the people responding to therapy, as well as to document the number of immune cells in the blood and tumors of the participants in the trial.

Gajewski suggests that microbes could trigger the immune response by stimulating the intestinal cells to produce certain molecules. His group is testing whether the precursors of circulating immune cells change their behavior when specific bacteria are given to mice. At the same time, the group is trying to define which species could produce positive results.

Too early, or is it the right time?
Given the uncertainties, some scientists argue that it is risky to test these approaches on humans. Some participants in clinical trials may experience side effects, says Surana. And changing the composition of an individual's microbiome could predispose it to other health problems.

Faecal transplants have many unknowns. They have proven safe and effective in many people without cancer, says Wargo, but they have also been associated with unexpected effects, including a case where the procedure has led to weight gain and obesity. "Should we look for signs of security in these studies? Absolutely". Says Wargo, "But I strongly feel that we have to face these trials. We must design them well. We really have to learn from these experiments ".

Gajewski, who plans to test the effects of only one strain of bifidobacteria at a time, declares that there are good reasons to be confident. "People have been eating bifidobacteria for thousands of years," he says. Bacteria are present in children's gut and decrease in number as people grow up, so they should be at least safe, he adds.

But it is not clear whether a single species can help people with cancer and, if so, what the bacteria are. The articles published in "Science" last year have associated different bacteria with the best results, even for the same type of cancer and therapy.

The researchers looked at people with cancer in France and the United States, so the diet could explain some of the differences, says Wargo. But variations in sample collection, data analysis, and statistical methods may also have distorted the results, says Joël Doré, a biologist at the Institut National de la Recherche Agronomique (INRA) in Paris who helped launch the project in 2011 International Human Microbiome Standards (IHMS) with the aim of improving the reproducibility of data in microbiome research.

Hanage says that even the two studies that analyzed people in the United States with the same type of tumor identified a only partially superimposable combination of microbes associated with positive outcomes. If researchers do not understand the reason for these differences, they may not be able to interpret the results of the studies, Hanage says.

Before starting the clinical trials, the three groups should try to reproduce the respective results and converge on a set of "beneficial" microorganisms, Hanage argues. "Each of these bacteria could be a useful approach". But the inconsistencies could mean that the results are not reproducible.

It is a common concern in the field of microbiome research. "Many results have proven not to stand up or be much more complicated than they were initially," Hanage says. Standards such as those developed by the IHMS project should help, but scientists will be reluctant to consider them, says Susan Erdman, a microbiologist and oncologist at the Massachusetts Institute of Technology in Cambridge. This would damage innovation, he argues: it is experimenting in different contexts that researchers make discoveries.

Wargo states that the community should standardize approaches to collect samples and perform analyzes, as well as to validate studies in larger groups of patients. Since last year, his group has analyzed the faeces of over 500 people with skin cancer who have received different therapies. In parallel with the Paris group led by Zitvogel, researchers are analyzing patients treated with two combined immunotherapies to understand which intestinal bacteria mediate a response to this combination. Wargo hopes that the gut microbiome will eventually help identify which patients will respond to which anticancer therapies. "Can we use it as a biomarker? It's a provocative question, "he says.


In the short term, there will be many more champions. And this time it is likely that there will be fewer oncologists who will turn up their noses, says Routy, who with his group now studies how the gut microbiome stimulates immunotherapy. In cancer therapy, "intestinal microbes have gone from ignored organisms to super-popular organisms," he says. Now they just have to live up to their reputation.

Da:

http://www.lescienze.it/news/2018/06/02/news/microbio_lotta_cancro-4005367/?ref=nl-Le-Scienze_08-06-2018


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