Il ctDNA potrebbe predire la risposta al celecoxib nel cancro del colon / ctDNA Could Predict Celecoxib Response in Colon Cancer

Il ctDNA potrebbe predire la risposta al celecoxib nel cancro del colonctDNA Could Predict Celecoxib Response in Colon Cancer


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa



Secondo i ricercatori, il DNA tumorale circolante (ct) potrebbe essere utilizzato per identificare quali pazienti con cancro al colon (CRC) in stadio III hanno maggiori probabilità di trarre beneficio dal trattamento con l'inibitore della cicloossigenasi (COX) celecoxib, in aggiunta alla chemioterapia convenzionale.

"Questi risultati sono i primi ad implicare la MRD [malattia residua molecolare], valutata tramite ctDNA, come potenziale predittore della risposta terapeutica all'inibizione adiuvante della COX nel CRC", scrivono George Zhanh, MD, MPH, (Brigham and Women's Hospital, Boston, Massachusetts) e coautori dello studio su JAMA Oncology.

Gli autori spiegano che, sebbene il ctDNA abbia un ruolo ben consolidato nel predire la prognosi, il suo valore nell'orientare il trattamento resta poco chiaro.

Per indagare, il gruppo ha effettuato un'analisi post-hoc dello studio di fase III CALGB/SWOG 80702, sviluppato, in parte, per valutare in modo prospettico il celecoxib adiuvante sulla base del principio secondo cui gli studi osservazionali hanno associato l'uso selettivo di inibitori della COX ad una riduzione delle recidive ed ad un miglioramento della sopravvivenza nei pazienti con cancro al colon.

Lo studio ha assegnato in modo casuale pazienti con CRC in stadio III sottoposti ad intervento chirurgico curativo a ricevere tre o sei mesi di chemioterapia adiuvante con fluorouracile, leucovorina e oxaliplatino (FOLFOX) insieme a celecoxib 400 mg al giorno o placebo per tre anni.

L'analisi primaria non ha rilevato differenze statisticamente significative nei tassi di sopravvivenza libera da malattia (DFS) tra i pazienti trattati con celecoxib e quelli trattati con placebo. Tuttavia, i ricercatori osservano che l'hazard ratio (HR) di 0,89 osservato suggerisce un potenziale beneficio in alcuni pazienti e sottolinea la necessità di approcci terapeutici personalizzati basati sulla stratificazione del rischio.

L'attuale analisi post-hoc ha incluso i dati di 940 pazienti (età media 61 anni, 55% uomini) sottoposti a test per il ctDNA utilizzando la reazione a catena della polimerasi a 16 plex (Signatera; Natera) su campioni di plasma prelevati dopo l'intervento chirurgico ma prima dell'inizio della terapia adiuvante. Di questi, il 18,4% è risultato positivo al ctDNA.

Zhang ed i co-ricercatori riferiscono che, in tutti i pazienti, lo stato del ctDNA era altamente predittivo della DFS e della sopravvivenza globale (OS) durante un follow-up mediano di sei anni.

Nello specifico, i pazienti ctDNA positivi avevano una probabilità significativamente maggiore di 6,1 volte di sperimentare una recidiva della malattia o di morire e una probabilità maggiore di morire di 5,9 volte rispetto a quelli ctDNA negativi, dopo gli aggiustamenti per fattori demografici, patologici e molecolari di base.

La DFS stimata a tre anni era del 33,7% per i pazienti ctDNA positivi rispetto all'86,5% per quelli ctDNA negativi, mentre i tassi di sopravvivenza globale stimati a cinque anni erano rispettivamente del 52,6% e del 91,5%.

Tra i pazienti ctDNA positivi, i ricercatori hanno scoperto che l'uso di celecoxib era associato ad un miglioramento significativo della DFS rispetto al placebo, con tassi di DFS stimati a tre anni del 41,0% rispetto al 22,6%. La differenza tra i due gruppi corrispondeva ad un rischio significativamente inferiore del 39% di recidiva o decesso tra i pazienti trattati con celecoxib.

Allo stesso modo, l'uso di celecoxib è stato associato ad un rischio significativamente inferiore del 38% di morte per tutte le cause rispetto al placebo tra i pazienti ctDNA positivi, con tassi di sopravvivenza globale stimati a cinque anni rispettivamente del 61,6% e del 39,9%.

Al contrario, tra i pazienti ctDNA negativi, non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa nella DFS tra quelli trattati con celecoxib o placebo (87,4 vs 85,6%), né è stata riscontrata alcuna differenza nella OS (91,8 vs 91,3%).

Zhang et al. riconoscono che l'interazione tra lo stato del ctDNA ed il gruppo di trattamento non ha raggiunto la significatività statistica nell'intera coorte, ma è stata significativa in una sottoanalisi limitata ai risultati del ctDNA di alta qualità.

Sottolineano inoltre che il miglioramento di 18,4 punti percentuali nella DFS stimata a tre anni tra i pazienti ctDNA positivi suggerisce "un effetto potenzialmente clinicamente significativo" se confrontato con la differenza di 1,8 punti percentuali in coloro che erano ctDNA negativi.

Gli autori concludono che "il ctDNA può aiutare a informare il processo decisionale identificando un sottoinsieme di pazienti che traggono i maggiori benefici dall'inibizione adiuvante della COX insieme alla chemioterapia convenzionale e può offrire opportunità per approcci personalizzati nel trattamento del CRC.

Aggiungono: "Sono in corso analisi che esaminano lo stato del ctDNA ed il secondo fattore di randomizzazione dello studio CALGB/SWOG 80702 di tre contro sei mesi di FOLFOX adiuvante e saranno riportati separatamente".

ENGLISH

Circulating tumor (ct)DNA could be used to identify which patients with stage III colon cancer (CRC) are most likely to benefit from treatment with the cyclooxygenase (COX) inhibitor celecoxib in addition to conventional chemotherapy, say researchers.

“These findings are the first to implicate MRD [molecular residual disease], as assessed by ctDNA, as a potential predictor of therapeutic response to adjuvant COX-inhibition in CRC,” write George Zhanh, MD, MPH, (Brigham and Women’s Hospital, Boston, Massachusetts) and study co-authors of in JAMA Oncology.

They explain that although ctDNA has a well-established role in predicting prognosis, its value in guiding treatment remains unclear.

To investigate, the team carried out a post-hoc analysis of the Phase III CALGB/SWOG 80702 trial, which was developed, in part, to prospectively evaluate adjuvant celecoxib based on the rationale that observational studies have associated selective COX inhibitor use with decreased recurrence and improved survival in patients with colon cancer.

The trial randomly assigned patients with stage III CRC who had undergone curative surgery to receive either three or six months of adjuvant chemotherapy with fluorouracil, leucovorin, and oxaliplatin (FOLFOX) alongside either celecoxib 400 mg daily or placebo for three years.

The primary analysis found no statistically significant difference in disease-free survival (DFS) rates between patients given celecoxib and those who received placebo. However, the researchers note that the hazard ratio (HR) of 0.89 they observed suggests a potential benefit in some patients and highlights the need for tailored therapeutic approaches based on risk stratification.

The current post-hoc analysis included data for 940 patients (mean age, 61 years, 55% men) who were tested for ctDNA using 16-plex-polymerase chain reaction next generation sequencing (Signatera; Natera) on plasma samples that were taken after surgery but before the initiation of adjuvant therapy. Of these, 18.4% were ctDNA positive.

Zhang and co-investigators report that, across all patients, ctDNA status was highly predictive of DFS and overall survival (OS) during a median six years of follow-up.

Specifically, patients who were ctDNA positive were a significant 6.1 times more likely to experience disease recurrence or death and 5.9 times more likely to die than those who were ctDNA negative, after adjustments for baseline demographic, pathologic, and molecular factors.

Estimated three-year DFS was 33.7% for ctDNA positive patients compared with 86.5% for those who were ctDNA negative, while estimated five-year OS rates were 52.6% and 91.5% respectively.

Among the patients who were ctDNA positive, the researchers found that celecoxib use was associated with significantly improved DFS relative to placebo, with estimated three-year DFS rates of 41.0% versus 22.6%. The difference between the two groups corresponded to a significant 39% lower risk for recurrence or death among the patients given celecoxib.

Similarly, celecoxib use was associated with a significant 38% lower risk for all-cause death versus placebo among the ctDNA positive patients, with estimated five-year OS rates of 61.6% and 39.9%, respectively.

By contrast, among patients who were ctDNA negative, there was no statistically significant difference in DFS between those given celecoxib or placebo (87.4 vs 85.6%), nor was there a difference in OS (91.8 vs 91.3%).

Zhang et al. acknowledge that the interaction between ctDNA status and treatment group did not reach statistical significance in the full cohort but was significant in a subanalysis restricted to high quality ctDNA results.

They also point out that the 18.4 percentage point improvement in estimated three-year DFS among patients who were ctDNA positive suggests “a potentially clinically meaningful effect” when compared with the 1.8 percentage point difference in those who were ctDNA negative.

The authors conclude that “ctDNA may help inform decision-making by identifying a subset of patients who benefit most from adjuvant COX-inhibition alongside conventional chemotherapy and may offer opportunities for personalized approaches in CRC treatment.

They add: “Analyses examining ctDNA status and the CALGB/SWOG 80702 trial’s second randomization factor of three vs. six months of adjuvant FOLFOX are under way and will be reported separately.”

Da:

https://www.insideprecisionmedicine.com/topics/oncology/ctdna-could-predict-celecoxib-response-in-colon-cancer/?_hsenc=p2ANqtz-9deEiBsAKBl2-yQiiODwGH_YLsrQr1kRMSBHWS1_-9sPJ1NUQcqnlz81jVO5xwOwzo1dgExbSeDIqgcRcwPJdvRoaZwf4H1AjoCLluVfXyQtbeK3M&_hsmi=392991841


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