Il diabete non autoimmune nei bambini / Non-autoimmune diabetes in children

Il diabete non autoimmune nei bambini / Non-autoimmune diabetes in children

Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa


Il diabete di tipo 1 (DM1) è certamente la forma più frequente di diabete in età pediatrica. È importante tuttavia sottolineare come esistano altre forme, più rare, di diabete a esordio infantile che presentano sintomi analoghi al DM1 (poliuria, polidipsia, calo ponderale, iperglicemia) ma che presuppongono meccanismi patogenetici alternativi e che necessitano pertanto di terapie differenti.

Studi epidemiologici sul diabete non autoimmune hanno rilevato come solo lo 0,7% dei bambini con diabete mellito in realtà presenti forme di diabete differenti dal DM1 con una prevalenza del diabete mellito tipo 2 (DM2) pari al 40% e pari al 10% per quanto riguarda le forme di diabete monogenico e le forme sindromiche associate a diabete.

Diabete mellito di tipo 2

La prevalenza dell’obesità nei bambini e negli adolescenti, nei Paesi sviluppati, ha raggiunto proporzioni epidemiche negli ultimi tre decenni. È stata rilevata una più alta incidenza di sovrappeso e obesità nei Paesi occidentali e in quelli del Sud Europa. I Paesi dell’area del Mediterraneo infatti presentano una prevalenza di sovrappeso fra i bambini del 20-40%, mentre nei Paesi del Nord Europa la prevalenza è del 10-20%. In Italia l’indagine del Ministero della Salute “Okkio alla salute” svolta nelle scuole primarie italiane su un campione di bambini di età compresa fra i 6 e i 10 anni ha mostrato dati molto allarmanti: il 21,3% dei bambini è sovrappeso, il 9,3% è francamente obeso; i gravemente obesi da soli sono il 2,1%. Parallelamente al dilagare di questa condizione clinica, anche la frequenza del DM2 tra i giovani sta rapidamente diffondendosi. Dati epidemiologici recenti hanno infatti dimostrato come la prevalenza del DM2 sia compresa tra l’8 e il 45%, a seconda delle aree geografiche e dei gruppi etnici considerati. L’età media alla diagnosi è 13 anni.
Obesità e DM2 sono infatti due condizioni strettamente correlate. La sedentarietà associata a una dieta non equilibrata, povera cioè di frutta e verdura, ma ricca di grassi e zuccheri, è la causa principale dell’insorgenza di soprappeso e obesità e determina una specifica condizione clinica nota come “insulino-resistenza”. L’insulino-resistenza è un elemento cardine per l’esordio del DM2.
Anche la suscettibilità genetica gioca un ruolo determinante nella patogenesi di entrambe queste condizioni; è stata infatti rilevata una concordanza per DM2 nei gemelli omozigoti (circa 90%) e un rischio di DM2 tre volte più elevato nei parenti con DM2. Tra i geni maggiormente coinvolti ricordiamo il gene calpaina 10 nella popolazione ispanico-americana e il gene TCF7L2 con i diversi polimorfismi associati.
Il DM2 è una malattia a lento decorso. Nell’adolescente i primi sintomi a comparire sono spesso una sfumata e modesta poliuria, lieve polidipsia e calo ponderale. Gli esami di laboratorio mostrano valori glicemici variabili con glicosuria senza chetonuria. Solo in casi rari l’esordio può manifestarsi in acuto con i segni e sintomi classici di un “coma iperosmolare”.
Il DM2 si caratterizza per l’assenza di anticorpi anti-cellula pancreatica, per gli elevati livelli di insulina e C-peptide a digiuno e dopo stimolo, per la mancanza degli aplotipi HLA associati. È frequente nei ragazzi con DM2 il riscontro di ipertrigliceridemia (44%), di elevati livelli di colesterolo totale (46%), di bassi livelli di colesterolo HDL (15%) e di elevati valori di LDL (34%). Peculiari sono i segni e sintomi associati all’insulino-resistenza quali acanthosis nigricanssindrome dell’ovaio policisticosteatosi epatica non alcolica (NAFLD), ipertensione arteriosa, dislipidemia. La NAFLD è presente nel 10-25% dei soggetti con DM2 ed è caratterizzata dalla presenza di ipertransaminasemia e accumulo epatocellulare di lipidi; talvolta può evolvere verso un’infiammazione cronica, necrosi cellulare e fibrosi. Rara è l’insorgenza di epatocarcinoma.
Il DM2 è una condizione cronica che negli anni può determinare l’insorgenza di complicanze micro- e macrovascolari. Uno stato pro-infiammatorio cronico è determinante per la comparsa di tali complicanze. Negli adolescenti con DM2 è stato difatti documentato un aumento degli indici di stress ossidativo e dei fattori pro-infiammatori (IL-6, proteina C reattiva e fibrinogeno), responsabili della formazione della placcaaterosclerotica e direttamente correlati con gli indici di adiposità e di insulino-resistenza.
Si ritiene, pertanto, di fondamentale importanza individuare e monitorare nel tempo l’eventuale presenza di insulino-resistenza nei soggetti in sovrappeso in quanto fattore di rischio per lo sviluppo di DM2. Sicuramente il clamp euglicemico-iperinsulinemico rimane il gold standard per la diagnosi di insulino-resistenza, ma dati i costi, la complessità e l’invasività della procedura, tale esame non è largamente impiegato. Più pratici e di facile impiego sono invece i modelli “omeostatici” di misurazione della sensibilità insulinica, basati sulla determinazione di glicemia e insulinemia a digiuno che appaiono sufficientemente correlati con i dati ottenuti dal clamp. Gli indici maggiormente usati sono: il rapporto glicemia/insulinemia a digiuno (fasting glucose insulin ratio, FGIR), l’HOMA-IR (homeostatic model assessment of insulin resistance) e l’indice QUICKI (quantitative insulin sensitivity check index); meno impiegati sono il WBISI index (whole body insulin sensitivity index) e l’ISI index (insulin sensitivity index) (Tabella 1). L’HOMA-IR è il metodo che ha incontrato i maggiori consensi ed è il parametro maggiormente accreditato negli studi su ampie casistiche; tuttavia tale indice non consente di quantificare la secrezione insulinica nel soggetto in esame. È opportuno pertanto ricorrere al test da carico orale di glucosio (OGTT) per completare l’inquadramento metabolico.

Tabella 1. Metodi di valutazione dell’insulino-resistenza in età pediatrica.

IndiceCalcolo
HOMA-IRID (μU/ml) × GD (mmol/L)/22,5
QUICKI1/(log ID μU/ml + log GD mg/dl)
WBISI10.000/√ (GD mg/dl × ID μU/ml) × (GM × IM)
ISI[1,9/6 × peso corporeo (kg) × GD mmol/L + 520 -1,9/18 × peso corporeo × area glicemica (mmol/L) sotto la curva – glucosio urinario (mmol/1,8)]/[area insulinemica sotto la curva (pmol/ora × litro) × peso corporeo]
FIGRInsulinemia (pmol/L)/glicemia (mmol/L)
Nel giovane con DM2, l’efficacia della terapia presuppone la collaborazione di più figure sanitarie (il pediatra endocrinologo, il pediatra di libera scelta, il nutrizionista, lo psicologo) e allo stesso tempo necessita del giusto coinvolgimento di tutto il contesto familiare e sociale entro cui il ragazzo vive e con cui si relaziona. L’obiettivo del team a lui dedicato punta a ottenere un adeguato compenso metabolico con riduzione dei valori diemoglobina glicosilata (HbA1c), a conseguire una condizione di “normopeso” con la riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare e a prevenire la comparsa delle complicanze micro- e macrovascolari. La dieta, l’esercizio fisico e il controllo del peso rimangono i capisaldi della terapia del DM2 andando a migliorare non solo la glicemia ma anche gli altri fattori di rischio.
Una dieta corretta deve dunque tener conto delle caratteristiche culturali, economiche e sociali della famiglia del giovane con DM2 al fine di garantire una adeguata compliance alla terapia prescritta. In questi casi i carboidrati dovrebbero fornire il 55-60% dell’apporto calorico totale, le proteine il 10-15% secondo l’età, i lipidi il 30% con meno 10% di derivazione da grassi saturi. Non ci sono attualmente indicazioni circa la supplementazione di vitamine, minerali o anti-ossidanti né tanto meno di farmaci che inducano la perdita di peso. È consigliata invece attività fisica quotidiana (almeno 30 minuti al giorno) visti i conclamati effetti sulla riduzione del grasso viscerale e i chiari miglioramenti sui valori di insulinemia e di tolleranza glicemica.
Da un punto di vista farmacologico, l’unico farmaco approvato in età pediatrica dalla Food and Drug Administration (FDA) e dall’European Medicine Agency (EMEA) è la metformina. Se quest’ultima risulta inefficace dopo 3-6 mesi di terapia, si può considerare di associare un altro ipoglicemizzante orale (es. sulfonilurea o metiglinide). L’insulina è sicuramente l’ultima opzione terapeutica.

Forme monogeniche di diabete mellito

Esistono forme di diabete mellito conseguenti all’insorgenza di una o più mutazioni all’interno di un singolo gene. Queste forme di diabete meno comuni possono trasmettersi con modalità autosomica dominante, autosomica recessiva o possono insorgere in seguito a mutazioni comparse de-novo.
Tra queste forme di diabete mellito rientra il diabete mellito MODY (Maturity-Onset Diabetes of the Young). Attualmente ne sono state descritte 14 differenti tipologie, ciascuna caratterizzata da mutazioni all’interno di geni differenti. Le principali forme di MODY sono:
  • il MODY1, causato da mutazioni del gene codificante il fattore epatico nucleare 4 (hepatocyte nuclear 4, HNF-4) sul braccio lungo del cromosoma 20;
  • il MODY2, causato da mutazioni del gene codificante l’enzima glucochinasi (GCK) sul braccio corto del cromosoma 7;
  • il MODY3, causato da mutazioni del gene codificante il fattore epatico nucleare 1α (hepatocyte nuclear factor 1α, HNF-1α) sul braccio lungo del cromosoma 12;
  • il MODY4, causato da mutazioni del gene codificante l’insulin promoter factor 1 (IPF-1) sul braccio lungo del cromosoma 13;
  • il MODY5, causato da mutazioni del gene codificante il fattore epatico nucleare 1β (hepatocyte nuclear factor 1β, HNF-1β) sul braccio lungo del cromosoma 17;
  • il MODY6, causato da mutazioni del gene codificante il fattore di trascrizione NeuroD1/BETA2 (attivatore del gene dell’insulina e necessario per lo sviluppo delle isole pancreatiche) sul braccio lungo del cromosoma 2.
Forme più rare sono invece il MODY7 (mutazioni a carico del fattore di trascrizione KLF11), il MODY8 (mutazioni a livello del gene CEL), il MODY9 (mutazioni del gene PAX4), il MODY10 (mutazioni del gene dell’insulina), il MODY11 (mutazioni del gene BLK), il MODY12 (mutazioni del gene ABCC8), il MODY13 (mutazioni del gene KCNJ11), il MODY14 (mutazioni del gene APPL1).
Le manifestazioni cliniche del diabete MODY variano in relazione ai geni coinvolti; tuttavia accade spesso che portatori delle stesse mutazioni in realtà abbiano espressioni fenotipiche differenti della patologia. Infatti alcune forme di MODY spesso decorrono asintomatiche, manifestandosi clinicamente in concomitanza di eventi stressogeni come le infezioni o durante la gravidanza (es. MODY2); altre tipologie di MODY invece, es. il MODY3, presentano un esordio acuto talvolta caratterizzato da chetoacidosi simil DM1. Diversi studi clinici hanno evidenziato come il MODY abbia una evoluzione lenta e progressiva che varia dal riscontro occasionale di iperglicemia a digiuno, modesta ma persistente a condizioni di ridotta tolleranza glucidica, sino al diabete clinicamente manifesto. Il riscontro di iperglicemia occasionale in un bambino, in cui si confermi una familiarità per diabete non insulino-dipendente o diabete gestazionale, con eredità autosomica dominante in 2-3 generazioni, deve porre il sospetto di MODY. In questo caso è opportuna l’esecuzione di un OGTT, poiché il MODY2 e il MODY3 presentano differenti risposte al test. Le forme di MODY2 e MODY3 sono difatti le forme in assoluto più frequenti di MODY.
Glucochinasi (MODY2)
Il MODY2 è una forma di diabete mellito monogenico caratterizzato da mutazioni a livello del gene codificante per l’enzima della glucochinasi (GCK). Tale enzima, in condizioni di normalità, fosforila il glucosio in glucosio-6-fosfato nelle β-cellule pancreatiche e negli epatociti. Un deficit enzimatico di questa proteina determina un innalzamento della soglia del glucosio ematico responsabile del conseguente rilascio di insulina. Un ridotto accumulo di glicogeno epatico e un aumento dei meccanismi di neoglucogenesi dopo il pasto sono stati documentati nei pazienti con deficit di GCK, responsabili dell’iperglicemia post-prandiale rilevati in questi soggetti. L’iperglicemia associata a deficit di GCK è spesso lieve e meno del 50% dei soggetti presenta diabete clinico. In realtà elevati livelli di glucosio nel sangue si apprezzano fin dalla nascita ma per valori lievemente al di sopra i range di normalità; tali valori vanno però aumentando con l’età superando raramente in età adulta i 180 mg/dl. All’OGTT si evidenzia una modesta iperglicemia e una ridotta tolleranza glucidica dopo 120’. Il MODY2 è l’unica forma di diabete monogenico nel quale si attesti una profonda omogeneità dei sintomi e segni clinici e in cui la penetranza risulta completa. La diagnosi spesso si raggiunge a partire da controlli occasionali, screening familiari e in caso di diabete gestazionale. Spesso sono soggetti con basso peso alla nascita per il deficit insulinico fetale e, in caso di omozigosi, diabete neonatale. L’approccio terapeutico presuppone attività fisica quotidiana e alimentazione equilibrata. Rara è l’insorgenza a lungo termine di complicanze micro- e macrovascolari.
HNF-1α (MODY3)
Il MODY3 è la forma più comune di MODY; è causato da mutazioni a carico del fattore di crescita nucleare degli epatociti 1α. Queste mutazioni determinano un difetto nella secrezione di insulina senza insulino-resistenza. Il MODY3 è una forma di diabete che spesso si diagnostica in adolescenza o durante l’età adulta. All’OGTT si evidenzia una risposta dopo 120’ spesso compatibile con diabete mellito. È questa una forma di diabete che spesso si manifesta con sintomi osmotici (glicosuria, poliuria e polidipsia). Talvolta può esordire con chetoacidosi diabetica che richiede terapia insulinica anche per lungo tempo. Non si apprezza in questi soggetti la presenza di auto-anticorpi. La terapia presuppone la somministrazione di ipoglicemizzanti orali (sulfaniluree) e in alcuni casi insulina. Complicanze microvascolari del diabete, in particolare la retinopatia, si osservano frequentemente.
Forme meno frequenti di MODY
Il MODY1 è una forma di diabete monogenico caratterizzato da mutazioni a livello del fattore di crescita degli epatociti 4α. Spesso esordisce clinicamente in ragazzi dai 10 ai 30 anni di età, con progressivo peggioramento della tolleranza glucidica. Clinicamente è molto simile ai pazienti con MODY3. In circa il 30% dei casi è richiesta terapia insulinica.
Mutazioni in eterozigosi nel gene IPF1 sono responsabili del MODY4 che si caratterizza per un incompleto sviluppo embrionale del pancreas; al contrario, per mutazioni presenti in omozigosi si documenta una aplasia e insufficienza pancreatica completa (diabete neonatale).
La presenza di malformazioni renali (soprattutto cisti) e anomalie dello sviluppo dell’apparato genitale è una condizione peculiare del MODY5. Sono soggetti questi che spesso presentano anche ipertransaminasemia, alterazioni del pancreas esocrino, disturbi neuropsichiatrici, ipomagnesemia e ipoparatiroidismo.
Il MODY8 è invece caratterizzato oltre che da diabete mellito anche da disfunzioni del pancreas esocrino, atrofia pancreatica e lipomatosi.
Sindrome di Wolfram
La sindrome di Wolfram è un disordine degenerativo progressivo caratterizzato da diabete insipido, diabete mellito, atrofia ottica e sordità. Solitamente il diabete mellito non autoimmune e l’atrofia ottica compaiono nella prima decade di vita e rappresentano i principali segni clinici che pongono il sospetto diagnostico; la loro associazione presenta un valore predittivo positivo pari all’83%. Il diabete insipido e la sordità invece compaiono entro la seconda decade di vita. È una condizione clinica spesso associata anche a dilatazioni delle vie urinarie, atonia vescicale, atassiainsonnia, mioclonie, nistagmo orizzontale, riduzione delle risposte riflesse periferiche, disartria, episodi di apnea centrale, perdita del gusto e dell’olfatto. In rari casi è possibile il riscontro di dismotilità gastrointestinale e disturbi psichiatrici quali depressionepsicosi e tendenze suicidarie. Raramente è possibile documentare cataratta, retinopatia non proliferativa, disfunzione ipofisaria con deficit dell’ormone della crescitaulcera pepticaanemia sideroblastica e trombocitopenia. Le principali cause di morte sono l’insufficienza respiratoria conseguente all’atrofia del tronco encefalico o l’insufficienza renale secondaria a infezioni del tratto urinario. Talvolta può manifestarsi una disfunzione estesa del sistema nervoso centrale che determina scomparsa del riflesso faringeo, frequenti episodi di aspirazione gastrica, importanti crisi ipoglicemiche nei pazienti insulino-trattati. È una patologia a trasmissione autosomica recessiva, riportata frequentemente nei casi di consanguineità genitoriale. Più della metà dei pazienti non supera i 35 anni di vita.
Il gene responsabile della sindrome di Wolfram è il gene denominato Wolframina (WFS1), mappato sul cromosoma 4p16.1; è costituito da 8 esoni (33,4 kb del DNA genomico). Il gene è espresso nel tessutocardiaco dell’adulto, nel cervello, nella placenta, nel polmone, nel pancreas ma anche nei neuroni di strutture appartenenti al sistema limbico responsabili per questo delle alterazioni psichiatriche osservate in questi pazienti. Il gene codifica per un polipeptide di 890 aminoacidi; è una glicoproteina responsabile della regolazione del flusso ionico transmembrana e dell’omeostasi del calcio. È una proteina fondamentale nel regolare la sopravvivenza e il mantenimento di alcune linee cellulari neuronali ed endocrine (es. cellule β pancreatiche).
Il diabete mellito che caratterizza questo quadro sindromico è una forma di diabete simile al DM1, in assenza però di aplotipi HLA e di marker immunologici. Necessita di terapia insulinica; non si associa a complicanze micro-angiopatiche. L’atrofia del nervo ottico si manifesta invece con perdita e riduzione della visione dei colori e riduzione dell’acuità visiva; è una condizione a lenta progressione che conduce alla cecità. Dirimenti in tal senso sono: lo svolgimento di un esame oftalmologico con valutazione dell’acuità visiva, l’esecuzione di un test per la motilità oculare, l’esame del fundus, lo studio dei potenziali evocati visivi e del campo visivo, l’esecuzione di una RMN nucleare encefalica. Il diabete insipido centrale invece è caratterizzato dalla presenza di polidipsia e di poliuria; la diagnosi è confermata dal test di assetamento. Alla RMN encefalo si documenta una riduzione di segnale nell’ipotalamo e nell’ipofisi posteriore. L’ipoacusia o sordità centrale è invece secondaria a un danno del nervo acustico di tipo neurodegenerativo. La compromissione uditiva può essere conseguenza non solo di una disfunzione dei neuroni della coclea e delle fibre del nervo acustico, ma anche di compromissione neurodegenerativa del ponte. A livello del tratto genito-urinario è frequente il riscontro di una dilatazione e atonia vescicale associata a una bassa capacità e alta pressione vescicale con dissinergiasfinterica. Frequenti sono pertanto le infezioni delle vie urinarie ricorrenti che possono condurre a insufficienza renale e morte.
Alcune forme di diabete mellito non autoimmune possono associarsi a mutazioni puntiformi e riarrangiamenti a livello del DNA mitocondriale (mtDNA). La maggior parte delle delezioni del mtDNA è associata a un esordio precoce di diabete (già nei primi mesi di vita fino ai 5-10 anni di età) che ricorre secondo una trasmissione esclusivamente lungo la linea materna. Oltre al diabete possono comparire sintomi spesso sfumati o relativamente aspecifici quali la miopatia, la sordità neurosensoriale, le cefalee, le crisi epilettiche, la bassa statura, l’atassia, l’oftalmoplegia. Frequente è il riscontro di iperglicemia occasionale che progressivamente evolve verso l’intolleranza glucidica e quindi in diabete mellito manifesto. Non documentato è un esordio con DKA. In questi pazienti necessaria è la terapia insulinica sostitutiva.
Lipodistrofie
La lipodistrofia è una condizione clinica caratterizzata dalla perdita di tessuto adiposo, spesso associata ad alcune malattie rare. Esistono forme di lipodistrofia parziale e forme generalizzate. Le forme di lipodistrofia familiare parziale possono associarsi a DM2 con insulino-resistenza, talvolta correlato a dislipidemia. La lipodistrofia acquisita parziale invece si caratterizza per l’elevata frequenza di glomerulonefriti e altre malattie a patogenesi autoimmune; in questi casi il diabete mellito insulino-resistente è raro. Le forme di lipodistrofia generalizzata invece si dividono in forme congenite e forme acquisite. Si conoscono due forme di lipodistrofia generalizzata congenita: il tipo 1 (Berardinelli-Seip tipo 1), dovuta a mutazione del gene AGPAT2; e il tipo 2 (Berardinelli-Seip tipo 2) dovuta a mutazione del gene della seipina. Entrambe si caratterizzano per la presenza di lipodistrofia e per la presenza di diabete mellito, ipertrigliceridemia, steatosi epatica e acanthosis nigricans. Il tipo 2 presenta un fenotipo più grave. La lipodistrofia generalizzata acquisita invece inizia nell’infanzia o nell’adolescenza e coesistono acanthosis nigricans e steatosi epatica.

Conclusioni

Il DM1 rimane la forma di diabete più diffuso nei bambini; è bene tuttavia ricordare che esistono altre forme di diabete infantile, certamente meno note ma altrettanto importanti. Queste presuppongono percorsi diagnostici e terapeutici differenti e una attenta pianificazione del follow-up dei pazienti. È quindi importante per questi piccoli pazienti una attenta anamnesi familiare e personale, l’esecuzione di esami ematici mirati e la ricerca di mutazioni geniche specifiche per una corretta e adeguata gestione della malattia.
Tabella 2
DM1DM2GCK (MODY2)HNF-1α (MODY3)
Tx insulinaSiNon sempreNoRaramente
Parenti affetti2-4%
Età di esordioDall’età di 6 mesiAdolescenti e giovani adultiDalla nascitaAdolescenti e giovani adulti
ObesitàAlcune volteSpessoRaramenteAlcune volte
GlicemiaElevataVariabileLieve iperglicemiaElevata
Auto-anticorpiNoNoNo
C-peptide<0,330,5 à 10,1-0,70,1-0,7

ENGLISH
Type 1 diabetes (DM1) is certainly the most frequent form of diabetes in children. It is important, however, to point out that there are other, rarer forms of childhood-onset diabetes that exhibit symptoms similar to DM1 (polyuria, polydipsia, weight loss, hyperglycemia) but which presuppose alternative pathogenetic mechanisms and therefore require different therapies.
Epidemiological studies on non-autoimmune diabetes have found that only 0.7% of children with diabetes mellitus actually present forms of diabetes different from DM1 with a prevalence of type 2 diabetes mellitus (DM2) of 40% and 10% for regarding the forms of monogenic diabetes and the syndromic forms associated with diabetes.
Type 2 diabetes mellitus
The prevalence of obesity in children and adolescents in developed countries has reached epidemic proportions over the past three decades. A higher incidence of overweight and obesity has been detected in Western countries and in those of Southern Europe. The countries of the Mediterranean area in fact present a prevalence of overweight among children of 20-40%, while in the countries of Northern Europe the prevalence is 10-20%. In Italy, the Ministry of Health survey "Okkio alla salute" carried out in primary schools in Italy on a sample of children aged between 6 and 10 showed very alarming data: 21.3% of children are overweight, the 9.3% is frankly obese; the severely obese alone are 2.1%. In parallel with the spread of this clinical condition, the frequency of DM2 among young people is also rapidly spreading. Recent epidemiological data have shown that the prevalence of DM2 is between 8 and 45%, depending on the geographical areas and ethnic groups considered. The average age at diagnosis is 13 years.
Obesity and DM2 are in fact two closely related conditions. The sedentary lifestyle associated with an unbalanced diet, poor in fruits and vegetables, but rich in fats and sugars, is the main cause of the onset of overweight and obesity and determines a specific clinical condition known as "insulin resistance". Insulin resistance is a key element for the onset of DM2.
Also genetic susceptibility plays a decisive role in the pathogenesis of both these conditions; in fact a concordance for DM2 in homozygous twins (about 90%) and a risk of DM2 three times higher in DM2 relatives was detected. The genes most involved include the calpain 10 gene in the Hispanic-American population and the TCF7L2 gene with the various associated polymorphisms.
DM2 is a slow-moving disease. In adolescents the first symptoms to appear are often a nuanced and modest polyuria, mild polydipsia and weight loss. Laboratory tests show variable glycemic values ​​with glycosuria without ketonuria. Only in rare cases the onset can manifest itself in acute with the classic signs and symptoms of a "hyperosmolar coma".
DM2 is characterized by the absence of anti-pancreatic cell antibodies, high levels of fasting and post-stimulating insulin and C-peptide due to the lack of associated HLA haplotypes. Hypertriglyceridemia (44%), high levels of total cholesterol (46%), low levels of HDL cholesterol (15%) and high LDL values ​​(34%) are common in boys with DM2. Peculiar are the signs and symptoms associated with insulin resistance such as acanthosis nigricans, polycystic ovary syndrome, non-alcoholic hepatic steatosis (NAFLD), arterial hypertension, dyslipidemia. NAFLD is present in 10-25% of subjects with DM2 and is characterized by the presence of hypertransaminasemia and hepatocellular lipid accumulation; sometimes it may evolve towards chronic inflammation, cell necrosis and fibrosis. The onset of hepatocellular carcinoma is rare.
DM2 is a chronic condition that over the years can lead to the onset of micro- and macrovascular complications. A chronic pro-inflammatory state is crucial for the appearance of such complications. In adolescents with DM2 an increase in the indexes of oxidative stress and pro-inflammatory factors (IL-6, C-reactive protein and fibrinogen) has been documented, responsible for the formation of plaque-atherosclerosis and directly correlated with the indices of adiposity and insulin resistance.
It is therefore considered of fundamental importance to identify and monitor over time the possible presence of insulin resistance in overweight subjects as a risk factor for the development of DM2. Certainly the euglycemic-hyperinsulinemic clamp remains the gold standard for the diagnosis of insulin resistance, but given the costs, complexity and invasiveness of the procedure, this examination is not widely used. More practical and easy to use are instead the "homeostatic" models for measuring insulin sensitivity, based on the determination of glycaemia and fasting insulin, which appear to be sufficiently correlated with the data obtained from the clamp. The most commonly used indices are: fasting glucose insulin ratio (FGIR), HOMA-IR (homeostatic model assessment of insulin resistance) and the QUICKI index (quantitative insulin sensitivity check index); the WBISI index (whole body insulin sensitivity index) and the ISI index (insulin sensitivity index) are less employed (Table 1). The HOMA-IR is the method that has met the greatest consents and is the most accredited parameter in studies on large case studies; however this index does not allow to quantify the insulin secretion in the subject under examination. It is therefore advisable to use the oral glucose loading test (OGTT) to complete the metabolic classification.
Table 1. Insulin resistance assessment methods in children.
Index Calculation
HOMA-IR ID (μU / ml) × GD (mmol / L) / 22.5
QUICKI 1 / (log ID μU / ml + log GD mg / dl)
WBISI 10.000 / √ (GD mg / dl × ID μU / ml) × (GM × IM)
ISI [1.9 / 6 × body weight (kg) × GD mmol / L + 520 -1.9 / 18 × body weight × glycemic area (mmol / L) under the curve - urinary glucose (mmol / 1.8) ] / [insulinematic area under the curve (pmol / hour × liter) × body weight]
 Insulinemia (pmol / L) / blood glucose (mmol / L)
In the young with DM2, the effectiveness of the therapy requires the collaboration of several health figures (the endocrinologist pediatrician, the pediatrician of choice, the nutritionist, the psychologist) and at the same time needs the right involvement of the whole family and social context within which the boy lives and interacts with. The goal of the team dedicated to him aims to obtain an adequate metabolic compensation with reduction of glycosylated dioglobin (HbA1c), to achieve a "normal weight" condition with the reduction of cardiovascular risk factors and to prevent the onset of micro- and macrovascular. Diet, exercise and weight control remain the cornerstones of DM2 therapy, improving not only blood sugar but also other risk factors.
A correct diet must therefore take into account the cultural, economic and social characteristics of the youngster's family with DM2 in order to ensure adequate compliance with the prescribed therapy. In these cases, carbohydrates should provide 55-60% of total caloric intake, proteins 10-15% according to age, lipids 30% with less 10% derived from saturated fats. There are currently no indications of supplementation with vitamins, minerals or anti-oxidants, nor with drugs that induce weight loss. Instead, daily physical activity (at least 30 minutes a day) is recommended given the overt effects on visceral fat reduction and clear improvements on insulin and glycemic tolerance values.
From a pharmacological point of view, the only drug approved in the pediatric age by the Food and Drug Administration (FDA) and the European Medicine Agency (EMEA) is metformin. If the latter is ineffective after 3-6 months of therapy, it may be considered to associate another oral hypoglycemic agent (eg sulfonylurea or metiglinide). Insulin is definitely the last therapeutic option.
Monogenic forms of diabetes mellitus
There are forms of diabetes mellitus resulting from the onset of one or more mutations within a single gene. These less common forms of diabetes can be transmitted in an autosomal dominant manner, autosomal recessive or may arise as a result of newly emerged mutations.
Diabetes mellitus includes MODY (Maturity-Onset Diabetes of the Young). Currently, 14 different types have been described, each characterized by mutations within different genes. The main forms of MODY are:
MODY1, caused by mutations in the gene encoding the hepatic nuclear factor 4 (hepatocyte nuclear 4, HNF-4) on the long arm of chromosome 20;
MODY2, caused by mutations in the gene encoding the enzyme glucokinase (GCK) on the short arm of chromosome 7;
MODY3, caused by mutations in the gene encoding the hepatic nuclear factor 1α (hepatocyte nuclear factor 1α, HNF-1α) on the long arm of chromosome 12;
MODY4, caused by mutations in the gene encoding insulin promoter factor 1 (IPF-1) on the long arm of chromosome 13;
MODY5, caused by mutations of the gene encoding the hepatic nuclear factor 1β (hepatocyte nuclear factor 1β, HNF-1β) on the long arm of chromosome 17;
MODY6, caused by mutations in the gene encoding the transcription factor NeuroD1 / BETA2 (activator of the insulin gene and necessary for the development of pancreatic islets) on the long arm of chromosome 2.
The rarer forms are MODY7 (mutations against the transcription factor KLF11), MODY8 (mutations at the level of the CEL gene), MODY9 (mutations of the PAX4 gene), MODY10 (mutations in the insulin gene), the MODY11 (mutations in the BLK gene), MODY12 (mutations in the ABCC8 gene), MODY13 (mutations in the KCNJ11 gene), MODY14 (mutations in the APPL1 gene).
The clinical manifestations of MODY diabetes vary in relation to the genes involved; however, it often happens that carriers of the same mutations actually have different phenotypic expressions of the pathology. In fact some forms of MODY often run asymptomatic, manifesting themselves clinically in conjunction with stressful events such as infections or during pregnancy (eg MODY2); other types of MODY instead, eg MODY3, present an acute onset sometimes characterized by ketoacidosis-like DM1. Several clinical studies have shown that MODY has a slow and progressive evolution that varies from occasional evidence of fasting hyperglycemia, modest but persistent to conditions of reduced glucose tolerance, up to clinically manifest diabetes. The finding of occasional hyperglycaemia in a child, which confirms a familiarity for non-insulin-dependent diabetes or gestational diabetes, with autosomal dominant inheritance in 2-3 generations, must raise the suspicion of MODY. In this case the execution of an OGTT is advisable, since MODY2 and MODY3 have different answers to the test. The forms of MODY2 and MODY3 are in fact the most frequent forms of MODY.

Glucokinase (MODY2)

MODY2 is a form of monogenic diabetes mellitus characterized by mutations at the level of the gene encoding the glucokinase enzyme (GCK). This enzyme, in normal conditions, phosphorylates glucose in glucose-6-phosphate in pancreatic β-cells and in hepatocytes. An enzyme deficiency of this protein causes a rise in the blood glucose threshold responsible for the subsequent release of insulin. A reduced accumulation of hepatic glycogen and an increase in mechanisms of post-meal neoglucogenesis have been documented in patients with GCK deficiency, responsible for post-prandial hyperglycemia detected in these subjects. Hyperglycaemia associated with GCK deficiency is often mild and less than 50% of subjects have clinical diabetes. In reality, elevated blood glucose levels are appreciated from birth but for values ​​slightly above the normal ranges; however, these values ​​increase with age, rarely exceeding 180 mg / dl in adulthood. The OGTT shows a modest hyperglycemia and a reduced glucose tolerance after 120 '. MODY2 is the only form of monogenic diabetes in which a profound homogeneity of symptoms and clinical signs is attested and in which the penetrance is complete. The diagnosis is often reached starting from occasional checks, family screening and in the case of gestational diabetes. They are often subjects with low birth weight due to fetal insulin deficiency and, in the case of homozygosity, neonatal diabetes. The therapeutic approach requires daily physical activity and a balanced diet. The long-term onset of micro- and macrovascular complications is rare.
HNF-1α (MODY3)

MODY3 is the most common form of MODY; is caused by mutations in hepatocyte 1α nuclear growth factor. These mutations result in a defect in insulin secretion without insulin resistance. MODY3 is a form of diabetes that is often diagnosed in adolescence or during adulthood. There is a response to the OGTT after 120 minutes, often compatible with diabetes mellitus. This is a form of diabetes that often manifests itself with osmotic symptoms (glycosuria, polyuria and polydipsia). Sometimes it may begin with diabetic ketoacidosis which requires insulin therapy even for a long time. The presence of auto-antibodies is not appreciated in these subjects. The therapy requires the administration of oral hypoglycemic agents (sulfonylureas) and in some cases insulin. Microvascular complications of diabetes, particularly retinopathy, are frequently observed.

Less frequent forms of MODY

MODY1 is a form of monogenic diabetes characterized by mutations at the level of hepatocyte 4α growth factor. It often makes its clinical appearance in children aged 10 to 30 years, with progressive worsening of glucidic tolerance. Clinically it is very similar to patients with MODY3. In about 30% of cases insulin therapy is required.

Mutations in heterozygosity in the IPF1 gene are responsible for the MODY4 that is characterized by an incomplete embryonic development of the pancreas; on the contrary, for mutations present in homozygosity a complete pancreatic aplasia and insufficiency is documented (neonatal diabetes).

The presence of renal malformations (especially cysts) and developmental abnormalities of the genital apparatus is a peculiar condition of MODY5. These are subjects that often also present hypertransaminasemia, exocrine pancreatic changes, neuropsychiatric disorders, hypomagnesemia and hypoparathyroidism.

MODY8, on the other hand, is characterized not only by diabetes mellitus but also by dysfunctions of the exocrine pancreas, pancreatic atrophy and lipomatosis.

Wolfram syndrome

Wolfram syndrome is a progressive degenerative disorder characterized by diabetes insipidus, diabetes mellitus, optic atrophy and deafness. Usually non-autoimmune diabetes mellitus and optic atrophy appear in the first decade of life and represent the main clinical signs that pose the diagnostic suspicion; their association has a positive predictive value of 83%. Diabetes insipidus and deafness appear within the second decade of life. It is a clinical condition often associated also with dilations of the urinary tract, bladder atony, ataxia, insomnia, myoclonus, horizontal nystagmus, reduction of peripheral reflex responses, dysarthria, episodes of central apnea, loss of taste and smell. In rare cases it is possible to detect gastrointestinal dysmotility and psychiatric disorders such as depression, psychosis and suicidal tendencies. Rarely it is possible to document cataracts, non-proliferative retinopathy, pituitary dysfunction with growth hormone deficiency, peptic ulcer, sideroblastic anemia and thrombocytopenia. The main causes of death are respiratory failure due to atrophy of the brainstem or renal failure secondary to urinary tract infections. Sometimes an extensive dysfunction of the central nervous system may occur, leading to the disappearance of the pharyngeal reflex, frequent episodes of gastric aspiration, important hypoglycemic crises in insulin-treated patients. It is a pathology with autosomal recessive transmission, frequently reported in cases of parental consanguinity. More than half of patients do not exceed 35 years of life.

The gene responsible for Wolfram syndrome is the gene called Wolframina (WFS1), mapped to chromosome 4p16.1; consists of 8 exons (33.4 kb of genomic DNA). The gene is expressed in adult tissue, in the brain, in the placenta, in the lung, in the pancreas but also in the neurons of structures belonging to the limbic system responsible for this of the psychiatric changes observed in these patients. The gene encodes a polypeptide of 890 amino acids; is a glycoprotein responsible for regulating transmembrane ion flow and calcium homeostasis. It is a fundamental protein in regulating the survival and maintenance of some neuronal and endocrine cell lines (eg, pancreatic β cells).

The diabetes mellitus that characterizes this syndromic picture is a form of diabetes similar to DM1, but without HLA haplotypes and immunological markers. Needs insulin therapy; it is not associated with micro-angiopathic complications. The atrophy of the optic nerve manifests itself instead with loss and reduction of color vision and reduction of visual acuity; it is a slow progression condition that leads to blindness. Directions in this sense are: the performance of an ophthalmological examination with evaluation of visual acuity, the execution of a test for ocular motility, examination of the fundus, the study of visual evoked potentials and the visual field, execution of a nuclear MRI encephalic. The central diabetes insipidus instead is characterized by the presence of polydipsia and polyuria; the diagnosis is confirmed by the thirst test. MRI encephalon is documented as a signal reduction in the hypothalamus and in the posterior pituitary gland. Central hypoacusis or deafness is instead secondary to a neurodegenerative type of acoustic nerve damage. Hearing impairment can be a consequence not only of dysfunction of cochlea neurons and acoustic nerve fibers, but also of neurodegenerative bridge impairment. At the level of the genitourinary tract there is frequent finding of a bladder dilatation and atony associated with a low capacity and high bladder pressure with dissinergiasfinterica. There are therefore frequent recurrent urinary tract infections that can lead to renal failure and death.

Some forms of non-autoimmune diabetes mellitus can be associated with point mutations and rearrangements at the level of mitochondrial DNA (mtDNA). Most of the mtDNA deletions are associated with an early onset of diabetes (already in the first months of life up to 5-10 years of age) which occurs according to a transmission exclusively along the maternal line. In addition to diabetes, symptoms may often appear blurred or relatively non-specific such as myopathy, sensorineural deafness, headaches, epileptic seizures, short stature, ataxia, ophthalmoplegia. Frequent is the finding of occasional hyperglycaemia which progressively evolves towards glucose intolerance and therefore in manifest diabetes mellitus. Undocumented is a debut with DKA. In these patients, replacement insulin therapy is required.

lipodystrophies

Lipodystrophy is a clinical condition characterized by the loss of adipose tissue, often associated with some rare diseases. There are forms of partial lipodystrophy and generalized forms. The forms of partial familial lipodystrophy may be associated with DM2 with insulin resistance, sometimes related to dyslipidemia. The partial acquired lipodystrophy instead is characterized by the high frequency of glomerulonephritis and other diseases with autoimmune pathogenesis; in these cases, insulin-resistant diabetes mellitus is rare. The forms of generalized lipodystrophy instead are divided into congenital forms and acquired forms. Two forms of congenital generalized lipodystrophy are known: type 1 (Berardinelli-Seip type 1), due to mutation of the AGPAT2 gene; and type 2 (Berardinelli-Seip type 2) due to mutation of the seipine gene. Both are characterized by the presence of lipodystrophy and the presence of diabetes mellitus, hypertriglyceridemia, hepatic steatosis and acanthosis nigricans. Type 2 has a more severe phenotype. The generalized lipodystrophy acquired instead begins in childhood or adolescence and coexists between acanthosis nigricans and hepatic steatosis.

Conclusions
DM1 remains the most common form of diabetes in children; nevertheless it is good to remember that there are other forms of childhood diabetes, certainly less known but equally important. These presuppose different diagnostic and therapeutic pathways and careful patient follow-up planning. It is therefore important for these small patients a careful family and personal anamnesis, the performance of targeted blood tests and the search for specific gene mutations for a correct and adequate management of the disease.

Table 2

DM1 DM2 GCK (MODY2) HNF-1α (MODY3)
Tx insulin Yes Not always No Rarely
Affected relatives 2-4% Yes Yes Yes
Age at onset From the age of 6 months Adolescents and young adults From birth Teenagers and young adults
Obesity Sometimes Often Rarely Sometimes
High Variable Blood Sugar Slight Mild Hyperglycemia High
Auto-antibodies Yes No No No
C-peptide <0.33 0.5 à 1 0.1-0.7 0.1-0.7
Da:
https://www.fondazioneserono.org/endocrinologia/ultime-notizie-endocrinologia/il-diabete-autoimmune-bambini/

Commenti

Post popolari in questo blog

Paracetamolo, ibuprofene o novalgina: quali le differenze? / acetaminophen, ibuprofen, metamizole : what are the differences?

Gli inibitori SGLT-2 potrebbero aiutare a prevenire la demenza / SGLT-2 Inhibitors Could Help Prevent Dementia

Approfondimenti sugli ormoni intestinali / Gut Hormone Insight