Dopo l'infarto il cuore migliora grazie alla stimolazione della proteina BDNF / After a heart attack, the heart improves thanks to the stimulation of the BDNF protein

Dopo l'infarto il cuore migliora grazie alla stimolazione della proteina BDNFAfter a heart attack, the heart improves thanks to the stimulation of the BDNF protein


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa



Ricercatori dell’Università di Padova nel

 gruppo internazionale di ricerca che ha

 individuato specifici stimolanti capaci di

 limitare il danno causato da infarto

 cardiaco e migliorare il benessere nel

 lungo tempo.

Il brain-derived neurotrophic factor (BDNF) è

 una proteina che garantisce il pieno

 sviluppo e la corretta funzionalità delle

 cellule del nostro cervello. Di recente, però,

 si è stato visto che il BDNF è

 molto importante anche per la contrazione

 ed il rilasciamento del cuore. Infatti,

 eliminando le strutture che lo legano sulla

 membrana delle cellule cardiache, i cosiddetti

 recettori TrkB, si nota una riduzione sia della

 contrazione sia del rilasciamento del muscolo

 cardiaco. Meno chiaro, però, è il ruolo svolto

 dal BDNF/TrkB nel contesto dell’infarto del

 miocardio, ovvero della disfunzione del

 ventricolo sinistro dopo un arresto di flusso in

 una delle arterie che fanno arrivare sangue

 alle cellule cardiache.

Lo studio β3AR-dependent brain-derived

 neurotrophic factor (BDNF) generation limits

 chronic post-ischemic heart failure pubblicato

 sulla prestigiosa rivista «Circulation

 Research» e condotto da un gruppo di

 ricercatori internazionale ha evidenziato

 come la quantità di BDNF prodotta dalle

 cellule cardiache in risposta ad un infarto

 sia inizialmente alta ma poi cali nelle

 settimane successive in coincidenza con

 la riduzione della capacità del cuore di

 contrarsi efficacemente. In alcune cellule del

 cervello, il BDNF è prodotto attraverso la

 stimolazione di alcune strutture presenti sulla

 membrana dei neuroni, i cosiddetti recettori β-

adrenergici (βAR). Questi recettori sono

 fondamentali per la funzione cardiaca; infatti,

 vengono stimolati per far aumentare il lavoro

 fatto dal cuore tutte volte che ci siano

 condizioni di stress, sia “fisiologico”, come

 l’esercizio fisico, sia patologico, come, ad

 esempio, durante ipertensione arteriosa o

 altre malattie cardiovascolari. In genere,

 quando una malattia cardiaca è ormai

 pienamente manifesta il numero o la

 funzionalità dei βAR recettori cala

 drammaticamente.

Sulla base di questa evidenza, i ricercatori

 prima si sono chiesti se la stimolazione dei

 βAR recettori fosse responsabile della

 produzione di BDNF da parte delle cellule

 che compongono il muscolo cardiaco,

 spiegando così la scarsa produzione di questa

 proteina nel cuore infartuato che ha perso

 forza di contrazione. Poi, se fosse possibile

 trovare altre possibilità per riportare la

 produzione di BDNF da parte delle cellule

 cardiache in un ambito di normalità. In

 particolare, gli studiosi hanno preso in

 considerazione la possibilità che, stimolando

 direttamente i recettori TrkB che sono sulla

 superficie delle cellule cardiache, si possa

 indurre la produzione di BDNF in queste

 stesse cellule e, così facendo, far aumentare

 la loro sopravvivenza e capacità di fare

 lavoro anche dopo un infarto cardiaco.

«Abbiamo scoperto che, alcune settimane

 dopo l’infarto, i cuori di topi normali

 mostravano una drammatica riduzione della

 sopravvivenza delle cellule responsabili della

 contrazione cardiaca – spiega Nazareno

 Paolocci, docente del Dipartimento di

 Scienze biomediche dell’Università di Padova

 e co-autore dello studio -, e che questo danno

 era fortemente aggravato nei topi il cui cuore

 era stato reso incapace di produrre BDNF al

 suo interno, attraverso delle manipolazioni

 genetiche. In una fase successiva dello

 studio, abbiamo somministrato sostanze

 chimiche capaci di stimolare sia i recettori

 TrkB sia i recettori βAR3, una variante dei

 recettori βAR che ha funzione di protezione

 contro l’infarto a livello sperimentale. In

 entrambi i casi, questi agenti hanno migliorato

 la funzione cardiaca dei topi infartuati, anche

 a molta distanza dall’iniziale infarto. Da notare

 che sia l’uno sia l’altro farmaco aumentavano

 il contenuto cardiaco di BDNF. La protezione

 offerta da questi agenti chimici era, invece,

 quasi del tutto scomparsa o molto attenuata

 nei topi, il cui cuore è incapace di produrre

 BDNF all’interno delle sue stesse cellule».

I ricercatori hanno inoltre evidenziato che le

 azioni benefiche del BDNF prodotto dalle

 cellule cardiache attraverso questi stimolanti

 specifici non era limitato soltanto alle cellule

 cardiache che si contraggono (e che quindi

 producono lavoro cardiaco) ma anche a quelle

 cellule nervose ed ai vasi che raggiungono il

 cuore: le prime controllano/propagano

 l’impulso elettrico al suo interno, le altre lo

 riforniscono di sangue.

«Una prima conclusione di questo studio è che

 questa proteina, il BDNF, ha la capacità di

 aumentare il “benessere”, ovvero limitare

 il danno dell’infarto cardiaco, a diversi

 livelli, cioè all’interno ed all’esterno delle

 cellule del cuore – conclude Paolocci -.

 Un’altra importante implicazione è che noi

 disponiamo di particolari sostanze chimiche

 capaci di stimolare strutture specifiche

 presenti sulla superficie delle cellule cardiache

 possono aumentare la produzione “interna”

 di BDNF che, se lasciata a sé stante,

 diminuirebbe col passare del tempo nel cuore

 infartuato, portandolo ad una cronica

 inadeguata capacità di contrarsi».

La mortalità dopo infarto è diminuita molto

 negli ultimi decenni, grazie a diversi

 trattamenti, farmacologici e non. Per contro,

 rimane alto il numero di pazienti che

 sviluppano una insufficienza di contrazione

 cardiaca a distanza di tempo dopo l’infarto

 iniziale. Questa insufficienza cardiaca

 cronica limita molto la capacità dei pazienti di

 svolgere anche le più comuni attività di tutti i

 giorni, quindi la loro qualità di vita. Purtroppo,

 al momento, non ci sono medicamenti o

 procedure che possano migliorare

 sensibilmente questo stato di insufficienza

 cronica. I dati sperimentali presentati in

 questo studio aprono una nuova possibilità

 per combattere questa condizione che

 rimane tra le più invalidanti e costose dal

 punto di vista economico, e la cui frequenza

 continua a crescere pressoché ovunque nel

 mondo.


ENGLISH


Researchers from the University of Padua in

 the international research team that has

 identified specific stimulants capable of

 limiting the damage caused by a heart attack

 and improving well-being in the long term.


Brain-derived neurotrophic factor (BDNF) is a

 protein that ensures the full development and

 correct functionality of our brain cells.

 Recently, however, it has been shown that

 BDNF is also very important for the

 contraction and relaxation of the heart. In fact,

 by eliminating the structures that bind it to the

 cardiac cell membrane, the so-called TrkB

 receptors, there is a reduction in both the

 contraction and relaxation of the heart muscle.

 Less clear, however, is the role played by

 BDNF/TrkB in the context of myocardial

 infarction, i.e. dysfunction of the left ventricle

 after an arrest of flow in one of the arteries

 that carry blood to the heart cells.


The β3AR-dependent brain-derived

 neurotrophic factor (BDNF) generation limits

 chronic post-ischemic heart failure study

 published in the prestigious journal

 «Circulation Research» and conducted by an

 international team of researchers showed how

 the amount of BDNF produced by cardiac

 cells in response to a heart attack is initially

 high but then decreases in the following

 weeks coinciding with the reduction in the

 ability of the heart to contract effectively. In

 some cells of the brain, BDNF is produced

 through the stimulation of certain structures

 present on the membrane of neurons, the so-

called β-adrenergic receptors (βAR). These

 receptors are critical to heart function; in fact,

 they are stimulated to increase the work done

 by the heart whenever there are stress

 conditions, both "physiological", such as

 physical exercise, and pathological, such as,

 for example, during arterial hypertension or

 other cardiovascular diseases. Generally,

 when heart disease is fully manifest, the

 number or function of βAR receptors drops

 dramatically.


On the basis of this evidence, the researchers

 first wondered whether the stimulation of βAR

 receptors was responsible for the production

 of BDNF by the cells that make up the heart

 muscle, thus explaining the low production of

 this protein in the infarcted heart which lost

 strength to contraction. Then, if it were

 possible to find other possibilities to return the

 production of BDNF by heart cells to a normal

 range. In particular, the researchers

 considered the possibility that by directly

 stimulating the TrkB receptors that are on the

 surface of cardiac cells, the production of

 BDNF in these same cells could be induced

 and, in doing so, their survival and ability to do

 work even after a heart attack.


"We found that, a few weeks after the

 infarction, the hearts of normal mice showed a

 dramatic reduction in the survival of the cells

 responsible for cardiac contraction - explains

 Nazareno Paolocci, professor in the

 Department of Biomedical Sciences of the

 University of Padua and co-author of the study

 - and that this damage was greatly aggravated

 in mice whose hearts had been rendered

 unable to produce BDNF internally, through

 genetic manipulation. In a subsequent phase

 of the study, we administered chemicals

 capable of stimulating both TrkB receptors

 and βAR3 receptors, a variant of βAR

 receptors that has an experimental protective

 function against heart attack. In both cases,

 these agents improved the heart function of

 the infarcted mice, even long after the initial

 infarction. Of note, both drugs increased

 cardiac BDNF content. The protection offered

 by these chemical agents was, however,

 almost completely disappeared or very

 attenuated in mice, whose heart is incapable

 of producing BDNF within its own cells.


The researchers also highlighted that the

 beneficial actions of BDNF produced by

 cardiac cells through these specific stimulants

 was not limited only to cardiac cells that

 contract (and therefore produce cardiac work)

 but also to those nerve cells and vessels that

 reach the heart : the former control/propagate

 the electrical impulse inside it, the others

 supply it with blood.

«A first conclusion of this study is that this

 protein, BDNF, has the ability to increase

 "well-being", i.e. limit the damage of heart

 attack, at different levels, i.e. inside and

 outside the heart cells – concludes Paolocci -.

 Another important implication is that we have

 particular chemicals capable of stimulating

 specific structures present on the surface of

 cardiac cells can increase the "internal"

 production of BDNF which, if left alone, would

 decrease over time in the infarcted heart.

 leading to a chronic inadequate ability to

 contract.


Mortality after heart attack has decreased a lot

 in recent decades, thanks to various

 treatments, pharmacological and not.

 Conversely, the number of patients who

 develop cardiac insufficiency long after the

 initial infarction remains high. This chronic

 heart failure greatly limits the ability of patients

 to carry out even the most common everyday

 activities, and therefore their quality of life.

 Unfortunately, at present, there are no drugs

 or procedures that can significantly improve

 this state of chronic insufficiency. The

 experimental data presented in this study

 opens up a new possibility to combat this

 condition which remains among the most

 disabling and costly from an economic point of

 view, and whose frequency continues to grow

 almost everywhere in the world.

Da:

https://www.unipd.it/news/ricerca-unipd-dopo-linfarto-cuore-migliora-grazie-stimolazione-proteina-bdnf

Commenti

Post popolari in questo blog

Paracetamolo, ibuprofene o novalgina: quali le differenze? / acetaminophen, ibuprofen, metamizole : what are the differences?

Gli inibitori SGLT-2 potrebbero aiutare a prevenire la demenza / SGLT-2 Inhibitors Could Help Prevent Dementia

Approfondimenti sugli ormoni intestinali / Gut Hormone Insight