Qual'è la durata massima della vita? / What is the maximum duration of life?
Qual'è la durata massima della vita? / What is the maximum duration of life?
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Uno studio italiano afferma che il rischio di mortalità smette di aumentare e diventa stabile in età avanzata, indicando però che siamo ancora lontani dal conoscere, per ora, un limite massimo alla durata della vita
C’è un limite di età oltre il quale è impossibile sopravvivere? È la domanda che si sono posti gli autori di uno studio pubblicato su Science, di cui Elisabetta Barbi, del dipartimento di scienze statistiche dell’Università Sapienza di Roma, è prima autrice. Analizzando per la prima volta un numero ampio e molto preciso di dati sugli ultracentenari in Italia, i ricercatori hanno potuto dimostrare con accuratezza che il rischio di mortalità, in aumento fino agli 80 anni, successivamente rallenta, fino a raggiungere una fase stabile. È il primo studio che afferma con precisione questo andamento, dimostrando che al momento non sappiamo se esista un limite alla durata massima della vita. Ma c’è di più, secondo i ricercatori: anche qualora questo limite esistesse si troverebbe ben oltre i record raggiunti da ultracentenari in giro per il mondo.
I ricercatori hanno analizzato i dati, collezionati dall’ISTAT tra il 2009 e il 2015, di 3836 persone che hanno raggiunto o superato i 105 anni di età. Lo studio comprende 15 gruppi di nascita, uno per anno dal 1896 al 1910. “I risultati indicano che i tassi di mortalità, che aumentano esponenzialmente fino a circa 80 anni, decelerano e raggiungono un punto di stabilità (plateau, nda) dopo i 105 anni, riflettendo l’andamento osservato in diverse specie animali. L’aumento delle aspettative di vita, e il fatto che la mortalità dopo i 105 anni decresca, suggerisce che la longevità sia in continuo aumento” spiega Barbi a Galileo.
Lo studio della longevità interessa gli studiosi da molti anni: il primo modello proposto per spiegare l’andamento della mortalità nel corso della vita umana risale infatti al 1825, il modello di Gompertz. Questo modello, che mostrava un aumento esponenziale del rischio di morte con l’avanzare dell’età, si basava però su pochi dati, sia perché al tempo vi erano poche persone che raggiungevano età avanzate, sia perché era difficile raccogliere dati affidabili. Nel corso degli anni gli studiosi, infatti, notarono degli spostamenti dei dati dalla curva di Gompertz, che indicavano una stabilizzazione del rischio di morte, ma questi rallentamenti venivano attribuiti a delle distorsioni nelle analisi. “Il problema non stava solo nella mancanza di dati, ma anche nel fatto che, chi sopravvive oltre una certa età ha caratteristiche genetiche e strutturali, come ad esempio essere cresciuto in un ambiente più salubre, che ne permettono una sopravvivenza maggiore, e questo è un elemento confondente”, spiega Barbi.
Il fatto che dai dati emergesse un rallentamento del rischio di mortein età avanzate era però in accordo con quanto osservato in altre specie, come il moscerino della frutta o i lieviti, lasciando quindi aperto il dibattito su quale fosse la forma della curva di mortalità negli umani. È così emersa la necessità di formare un gruppo di ricerca internazionale che si occupasse di collezionare, analizzare, e controllare meticolosamente i dati sulle persone che raggiungono i 110 anni di età (i supercentenari) in 15 paesi, fra cui l’Italia. È nato quindi il database internazionale sulla longevità (IDL) del Max Planck Institute per la ricerca demografica, aggiornato nel 2010, che è il risultato di un lavoro di raccolta durato dieci anni.
Anche in questo caso, però, c’erano dei problemi di analisi: sebbene i dati raccolti fossero altamente certificati, quindi affidabili, erano troppo pochi per permettere dei solidi studi statistici. “Un problema fondamentale è che, essendo poche le persone oltre una certa età, per permetterne un’analisi statistica venivano aggregate in corti di nascita, ovvero per anno o addirittura per 5 anni, introducendo così delle distorsioni nelle analisi”, spiega Barbi. Quindi, diversi studi che hanno analizzato i dati dell’IDL, con modelli diversi, hanno riportato risultati in disaccordo tra loro riguardo l’esistenza di un plateau in età molto avanzate. “È qui che è entrata in gioco l’Italia, a cui va riconosciuto di essere all’avanguardia con i sistemi di registrazione statistici: l’ISTAT ha creato un team di lavoro di ricerca che si dedica alla validazione dei dati degli ultracentenari, ed è un progetto continuo nel tempo”, afferma Barbi. È da questi dati che è partito lo studio del team italiano: quelli disponibili sono molti di più, in quanto sono state incluse le persone dai 105 anni in poi, invece che dai 110 come nel lavoro precedente dell’IDL. Questo scalino ha permesso un notevole aumento del campione, da centinaia a migliaia di individui. Inoltre i ricercatori hanno calcolato le probabilità di morte giorno per giorno e a livello individuale, mentre prima veniva calcolata su periodi di un anno o addirittura di cinque anni. Un’analisi possibile proprio grazie alla maggiore quantità di dati.
Ma come si spiega la decrescita del tasso di mortalità? Un contributo fondamentale va attribuito all’impatto della selezione naturale nelle popolazioni. Inoltre, l’alta qualità delle cure per gli ultracentenari potrebbe contribuire a mitigare l’aumento di mortalità. Ci sono poi delle teorie evoluzionistiche di senescenza, che offrono delle possibili spiegazioni di entrambe le fasi, esponenziali e di plateau. “Avevamo due obiettivi con questo studio”, conclude Barbi, “il primo era di rispondere una volta per tutte alla domanda su che forma avesse la curva di mortalità. Non solo per curiosità scientifica, ma per avere poi la chiarezza necessaria ad analizzare le cause che portano a questi meccanismi nelle ultime fasi dell’esistenza. Il secondo obiettivo era capire se c’è un limite alla durata della vita, e abbiamo capito che, se c’è, certamente non lo vediamo”.
ENGLISH
An Italian study states that the risk of mortality ceases to increase and becomes stable in old age, indicating however that we are still far from knowing, for now, a maximum limit to the duration of life
Is there an age limit beyond which it is impossible to survive? This is the question posed by the authors of a study published in Science, of which Elisabetta Barbi, of the Department of Statistical Sciences at Sapienza University in Rome, is the first author. Analyzing for the first time a large and very precise number of data on the ultracentenarians in Italy, the researchers have been able to demonstrate with accuracy that the risk of mortality, increasing up to 80 years, subsequently slows down, until reaching a stable phase. It is the first study that accurately states this trend, showing that at the moment we do not know if there is a limit to the maximum duration of life. But there is more, according to the researchers: even if this limit existed it would be well beyond the records reached by more than one hundred people around the world.
The researchers analyzed data, collected by ISTAT between 2009 and 2015, of 3836 people who have reached or exceeded 105 years of age. The study includes 15 birth groups, one per year from 1896 to 1910. "The results indicate that mortality rates, which increase exponentially until about 80 years, decelerate and reach a point of stability (plateau, nda) after 105 years, reflecting the observed trend in different animal species. The increase in life expectancy, and the fact that mortality after age 105 decreases, suggests that longevity is constantly increasing "explains Barbi to Galileo.
The study of longevity has interested scholars for many years: the first model proposed to explain the trend of mortality during human life dates back to 1825, the model of Gompertz. This model, which showed an exponential increase in the risk of death with advancing age, was based on a few data, both because at the time there were few people who reached advanced age, and because it was difficult to collect reliable data. In fact, over the years scholars noticed data shifts from the Gompertz curve, which indicated a stabilization of the risk of death, but these delays were attributed to distortions in the analyzes. "The problem was not only in the lack of data, but also in the fact that those who survive beyond a certain age have genetic and structural characteristics, such as having grown up in a healthier environment, which allow them a greater survival, and this is a confusing element ", explains Barbi.
The fact that the data showed a slowing down of the risk of death in advanced age, however, was consistent with what has been observed in other species, such as the fruit fly or yeasts, thus leaving open the debate on what was the shape of the mortality curve in humans. Thus emerged the need to form an international research group that would collect, analyze, and meticulously monitor data on people reaching 110 years of age (supercentenarians) in 15 countries, including Italy. The international database on longevity (IDL) of the Max Planck Institute for Demographic Research was born, updated in 2010, which is the result of a ten-year collection work.
Even in this case, however, there were problems of analysis: although the data collected were highly certified, therefore reliable, they were too few to allow solid statistical studies. "A fundamental problem is that, being few people over a certain age, to allow a statistical analysis they were aggregated in courts of birth, that is, per year or even for 5 years, thus introducing distortions in the analysis", explains Barbi. Thus, several studies that have analyzed IDL data, with different models, have reported disagreeing results regarding the existence of a plateau at a very advanced age. "This is where Italy came into play, to whom it is recognized that it is at the forefront of statistical recording systems: ISTAT has created a research team dedicated to the validation of the data of the ultracentenarians, and it is a continuous project over time ", says Barbi. It is from these data that the study of the Italian team has started: those available are many more, as the people aged 105 and over have been included, instead of the 110 as in the previous work of the IDL. This step has allowed a considerable increase of the sample, from hundreds to thousands of individuals. In addition, the researchers calculated the probability of death day by day and at the individual level, whereas before it was calculated over periods of one year or even five years. A possible analysis thanks to the greater amount of data.
But how do you explain the decrease in the mortality rate? A fundamental contribution must be attributed to the impact of natural selection in populations. Furthermore, the high quality of care for the ultracentenarians could help mitigate the increase in mortality. Then there are evolutionary senescence theories, which offer possible explanations of both exponential and plateau phases. "We had two goals with this study," concludes Barbi, "the first was to answer once and for all the question of what shape the mortality curve had. Not only because of scientific curiosity, but also to have the clarity necessary to analyze the causes that lead to these mechanisms in the last phases of existence. The second goal was to understand if there is a limit to the duration of life, and we understood that, if there is, we certainly do not see it ".
Da:
https://www.galileonet.it/2018/06/vita-durata-massima/
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