Mosca rivela la natura del gas "Anestetico a base di oppio" Fentanil/Moscow reveals the nature of the gas "Opium-based anesthetic" Fentanyl
Mosca rivela la natura del gas
"Anestetico a base di oppio" Fentanil /Moscow reveals the nature of the gas
"Opium-based anesthetic" Fentanyl
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Un anestetico a base di oppio. Dopo giorni di dubbi e polemiche, stasera, per la prima volta, il governo russo rivela la natura del gas utilizzato dalle teste di cuoio per mettere fuori combattimento i sequestratori ceceni del teatro Dubrovka e liberare gli 800 ostaggi, 117 dei quali sono morti proprio per intossicazione da gas (altri due, invece, per ferite d'arma da fuoco). Non una sostanza letale o vietata dalle convenzioni internazionali - una delle tante supposizioni fatte in questi giorni - ma un gas a base di fentanyl, un anestetico a base di oppio: lo ha ufficialmente reso noto il ministro della Sanità Alexander Shevchenko.
Il gas a base di fentanyl, un oppiaceo, fu introdotto nel teatro dai reparti speciali russi per intorpidire i terroristi, ma i suoi effetti indiretti (e forse, secondo i media, i ritardi nei soccorsi) hanno poi causato anche la morte di 117 ostaggi su circa 800.
Il gas usato non può in ogni caso di per sè "provocare la morte", ha affermato il ministro, sottolineando che si tratta di una sostanza "anestetica" comunemente usata nelle sale operatorie in ambito chirurgico. Come sono dunque morti quei 117? "L'esito fatale" per alcuni ostaggi, secondo il ministro, "è legato al fatto che è stato usato nei confronti di persone che erano in condizioni di disidratazione, di denutrizione, di carenza di ossigeno, di grandissimo stress psicologico e di immobilità forzata".
Shevcenko ha invece negato che i medici impegnati nei soccorsi non fossero stati avvertiti "di una possibile operazione" e ha affermato che i sanitari erano stati dotati "con più di mille dosi di antidoto". Il ministro ha infine ribadito che durante il blitz non è stata usata "alcuna sostanza vietata dalle convenzioni internazionali". Questo punto è stato sottolineato pure dal portavoce del ministero degli Esteri, Aleksandr Iakovenko.
Il dolore neuropatico: meccanismi anatomopatologici
Tra i settori della ricerca farmacologica sul dolore che hanno fatto maggiori progressi figura quello del dolore neuropatico. Le acquisizioni più importanti riguardano i canali ionici di membrana, il neurotrasmettitore glutammato, gli endocannabinoidi, i peptidi. I canali ionici sono proteine della membrana cellulare essenziali per il corretto funzionamento dell'attività neuronale. Essi rappresentano infatti i mediatori dell'eccitabilità cellulare, il cui funzionamento è regolato da precise leggi biofisiche. L'alterazione del normale equilibrio dei diversi canali è causa di un'alterata funzione neuronale, che è a sua volta alla base di diverse patologie a carico del Sistema nervoso centrale (SNC). Le recenti acquisizioni sulla struttura molecolare dei canali, e sulle variazioni sia di espressione sia di attività osservate nel corso di diverse patologie, hanno consentito di programmare molecole in grado di inibire selettivamente la funzione dei canali alterati. Nel caso del dolore neuropatico è ormai accertato che si verificano importanti modificazioni nell'espressione di particolari subunità che formano il canale stesso, associate a una ridistribuzione del canale nelle strutture interessate. In tali condizioni, il canale non è più in grado di rispettare le proprietà biofisiche che ne regolano i tempi di apertura e chiusura, e determina uno stato di ipereccitabilità neuronale che contribuisce a mantenere uno stato di dolore persistente, cronico.
Tra i canali ionici maggiormente studiati e caratterizzati occorre ricordare i canali per il sodio e i canali per il calcio, entrambi voltaggio-dipendenti, cioè la cui cinetica di funzionamento dipende strettamente dal potenziale di membrana del neurone. Nei neuroni sensitivi periferici è stata confermata l'espressione selettiva di due geni che codificano per canali sodici, il Nav1.8 e il Nav1.9. Inoltre la presenza di Nav1.3 è stata dimostrata in neuroni periferici danneggiati e che presentano un'eccessiva eccitabilità elettrica. Va aggiunto che il coinvolgimento dei canali del sodio nei meccanismi alla base del dolore neuropatico viene dimostrato anche dall'efficacia di farmaci ad azione antiepilettica e di anestetici locali, come la lidocaina, che sono conosciuti proprio per la capacità di bloccare tali canali.
Le tecniche di biologia molecolare e di elettrofisiologia hanno permesso di caratterizzare la struttura molecolare anche dei canali del calcio. Si tratta di proteine di membrana composte da 4-5 subunità codificate da geni distinti. Come per i canali del sodio, la cinetica di questi canali è legata a complesse proprietà biofisiche. L'attività dei canali del calcio è essenziale per il corretto funzionamento cellulare, essendo essi coinvolti in importanti fenomeni come la neurotrasmissione, la contrazione muscolare, l'espressione genica. L'ingresso del calcio all'interno della cellula avviene attraverso i canali, e innesca una cascata di eventi che consente la trasmissione dell'informazione da una cellula all'altra. Ciò è valido anche nella trasmissione del segnale doloroso. Nei neuroni sensitivi deputati alla trasmissione nocicettiva, il calcio, attraverso i suoi canali, rappresenta un segnale di inizio e, di mantenimento del messaggio nocicettivo. Nel caso del dolore cronico neuropatico, per esempio, i canali di tipo N sono stati identificati come i principali artefici dell'aumento di eccitabilità del neurone periferico e di rilascio di sostanze chimiche in grado di protrarre la durata dell'impulso dolorifico.
Per quanto riguarda i sistemi neurotrasmettitoriali implicati nella trasmissione delle informazioni dolorifiche, si è visto che l'acido glutammico rappresenta il neurotrasmettitore ad azione eccitatoria più diffuso nel SNC e svolge un ruolo chiave in molteplici funzioni. I recettori per l'acido glutammico vengono suddivisi in due grandi categorie funzionali: recettori ionotropici e recettori metabotropici. I recettori ionotropici sono legati all'apertura di canali ionici, mentre il gruppo dei recettori metabotropici, accoppiati a proteine G, viene a sua volta suddiviso in tre sottogruppi, in base al profilo farmacologico e al meccanismo biochimico. Negli ultimi anni è stato condotto un notevole numero di lavori sperimentali e clinici al fine di chiarire il ruolo di tali recettori in processi patologici a carico del SNC.
Il recettore ionotropico per l'N-metil-d-aspartato (NMDA) ha una distribuzione ubiquitaria nel SNC; nel midollo spinale è localizzato nelle corna dorsali ed è coinvolto nella trasmissione del dolore. Qualsiasi danno a carico di nervi periferici induce un aumento di rilascio di glutammato locale che apre il recettore NMDA innescando un meccanismo persistente di trasmissione del messaggio algogeno. Questo fenomeno è conosciuto come wind-up o 'sensitizzazione centrale' e rende ragione del perché la ricerca farmacologica ha profuso un notevole sforzo nel tentativo di trovare molecole in grado di bloccare tale recettore. In effetti, studi preclinici hanno dimostrato l'efficacia di agenti farmacologici ad azione antagonista sul recettore NMDA. Gli studi clinici condotti su pazienti hanno confermato tale effetto, segnalando però la comparsa di importanti effetti collaterali, come sedazione e disforia. Un approccio più promettente sembra essere rappresentato dall'utilizzo di molecole in grado di inibire specifiche subunità del recettore stesso. A tale riguardo, meritano particolare attenzione gli agenti capaci di bloccare la subunità NR2B. Dati sperimentali e preclinici hanno dimostrato infatti che tali sostanze hanno un profilo molto più sicuro e privo degli effetti collaterali accennati precedentemente. Di ecente è emersa la possibilità di utilizzare, più che veri antagonisti recettoriali, modulatori di siti allosterici del complesso recettoriale NMDA. In particolare sono state studiate alcune molecole ad azione modulatoria sul sito della glicina. Nonostante incoraggianti studi sperimentali, i dati clinici a oggi non sembrano confermare un valore clinico tale da giustificarne l'impiego.
Dati farmacologici e immunoistochimici indicano che i recettori metabotropici di gruppo I per il glutammato sono coinvolti nella trasmissione nocicettiva. In aggiunta al ruolo che il glutammato svolge nella trasmissione del dolore sia a livello midollare sia a livello talamico e corticale, è stato infatti dimostrato che esso è anche in grado di eccitare i neuroni periferici nocicettivi, mediando risposte che sono legate anche all'attivazione di recettori metabotropici. Ricerche sperimentali suggeriscono che tali recettori possono rappresentare un interessante bersaglio farmacologico. Tuttavia, al momento non sono disponibili dati clinici sulla eventuale efficacia e tollerabilità di tali molecole.
I risultati della sperimentazione suggeriscono che, oltre al glutammato, diversi neuropeptidi rilasciati a livello periferico contribuiscano alla genesi del dolore neuropatico: la sostanza P e il Calcitonin gene-related peptide (CGRP) vengono indicati come responsabili dell'induzione del dolore, e il CGRP sarebbe coinvolto anche nelle fasi del mantenimento del segnale algogeno. In seguito a uno stimolo doloroso, la sostanza P viene rilasciata nel midollo spinale, e attiva i recettori di membrana chiamati NK1. Studi sperimentali hanno confermato che l'inibizione di tali recettori è capace di ridurre la trasmissione nocicettiva. Pertanto negli ultimi dieci anni sono stati prodotti molti farmaci antagonisti del recettore NK1. Purtroppo, la speranza di trovare in essi una nuova classe di potenti analgesici non è stata confermata da altrettanti studi clinici. Il lanepitant, un antagonista selettivo di NK1, è stato sperimentato in pazienti affetti da dolore neuropatico cronico. Sebbene ben tollerato, il farmaco però non si è mostrato efficace nel contrastare i sintomi dolorosi. Negli attacchi di emicrania è stato dimostrato che il peptide CGRP viene rilasciato a livello del sistema trigeminale, il sistema di fibre responsabili di convogliare le sensazioni di dolore che provengono dai territori facciali e cranici. La ricerca di molecole ad azione antagonista verso CGRP ha di recente condotto alla produzione di farmaci che sono stati testati in studi clinici su pazienti affetti da emicrania. Tali farmaci hanno mostrato una discreta tollerabilità e soprattutto una buona efficacia nel bloccare gli attacchi di emicrania.
Le proprietà psicoattive dei derivati della Cannabis sativa (detti cannabinoidi) sono note fin dall'antichità: la loro capacità di generare stati di euforia e alterazioni delle percezioni spazio-temporali, accanto a sensazione di rilassatezza muscolare, facilità nelle relazioni interpersonali e maggiore tolleranza nei confronti di stati dolorosi era conosciuta presso i popoli del Medio Oriente già nel 4000 a.C. Oltre agli usi ricreazionali erano inoltre ben noti alcuni effetti terapeutici in numerose patologie quali la cefalea e il dolore da patologie reumatiche e articolari. Sono stati identificati fino a ora almeno 60 derivati farmacologicamente attivi della Cannabis, noti con il nome di cannabinoidi, di cui i più studiati sono il δ-tetraidrocannabinolo (Δ-THC) e il cannabidiolo, i principali responsabili degli effetti psicomimetici di droghe d'abuso ad ampio utilizzo, quali hashish e marijuana. La scoperta nell'uomo di due recettori di membrana in grado di interagire con questi derivati, chiamati CB1 e CB2, ha dato grande impulso scientifico alla ricerca farmacologica sul dolore. Il fine è quello di identificare possibili agenti farmacologici in grado di replicare gli effetti benefici dei cannabinoidi, quali l'analgesia, eliminando però gli effetti psicotropi a carico del SNC. Numerosi studi in modelli sperimentali di dolore hanno evidenziato la capacità di alcune sostanze esogene di stimolare i recettori dei cannabinoidi e di ridurre pertanto la sensibilità agli stimoli nocicettivi. Gli studi clinici condotti nell'uomo hanno dimostrato discreta efficacia in quelle forme di dolore scarsamente sensibili agli analgesici di comune uso, come il dolore in corso di neoplasie, il dolore neuropatico e il dolore nevralgico posterpetico. Il limite attuale di una potenziale terapia medica con il Δ-THC è rappresentato dalla dose clinica efficace: la quantità di farmaco che ha mostrato efficacia terapeutica è risultata infatti tanto elevata da generare reazioni avverse superiori ai benefici clinici. Tuttavia, alcuni composti sintetici analoghi degli endocannabinoidi sono attualmente in fase avanzata di studio per il trattamento del dolore da cancro e di quello secondario a infezione da Herpes zoster. Per esempio, uno studio recentemente pubblicato e condotto su pazienti affetti da dolore neuropatico cronico ha dimostrato l'efficacia e la tollerabilità dell'acido ajulemico, derivato sintetico del tetraidrocannabinolo ma apparentemente privo di proprietà psicoattive. Al momento attuale, inoltre, sono in corso diversi studi clinici su derivati sintetici del tetraidrocannabinolo al fine di valutarne la possibilità di utilizzo nel dolore in corso di sclerosi multipla.
Infine, vanno menzionati i cosiddetti canali ionici per i vanilloidi, sensibili alla temperatura (Temperature-sensitive transient receptor potential vanilloid, TRPV), che contribuiscono in modo importante alla normale trasmissione della sensazione che accompagna variazioni di temperatura, ma anche del dolore, e pertanto negli ultimi anni sono divenuti un interessante bersaglio terapeutico per la terapia del dolore. I canali TRPV sono attivati dalla capsaicina, il componente naturale principale del peperoncino. La capacità di tale sostanza di indurre sensazioni di calore ma anche uno spiacevole senso di fastidio sono ben conosciute. La caratterizzazione degli aspetti biochimici dei canali TRPV e la loro vasta distribuzione nei tessuti umani indicano tuttavia che essi sono coinvolti in diverse funzioni cellulari. L'osservazione sperimentale che la capsaicina e altre sostanze simili sono in grado di produrre analgesia ha spinto verso la ricerca di analoghi sintetici. Negli ultimi anni sono state perseguite due linee di ricerca: la prima è orientata all'ottimizzazione di terapie basate sull'utilizzo di sostanze agoniste, capaci di legarsi ai TRPV e che inattivano le fibre nocicettive; la seconda è rappresentata invece dall'identificazione di agenti farmacologici ad azione antagonista sul canale TRPV, che produrrebbe comunque un effetto antidolorifico. I dati preliminari hanno prodotto risultati incoraggianti in modelli sperimentali di dolore, tuttavia appare ancora prematuro sostenere che tali farmaci possano avere un campo applicativo nel prossimo futuro.
Farmaci oppiacei
L'utilizzo dei farmaci oppiacei rimane un'opzione di prima scelta nel trattamento delle sindromi dolorose croniche, in particolare in corso di neoplasie. Nel trattamento del dolore neuropatico gli oppioidi hanno dimostrato la loro efficacia. Una revisione della letteratura ha confermato l'utilità di farmaci ad azione agonista sui recettori degli oppiacei, peraltro con un discreto profilo di tollerabilità. Recentemente sono stati introdotti sul mercato oppiacei di sintesi, utilizzati come analgesici e come anestetici generali nelle procedure chirurgiche. Sostanze come fentanyl, sufentanyl, remifentanyl, alfentanyl, hanno dimostrato un'ottima efficacia clinica e una buona tollerabilità. In linea generale, la scelta tra gli oppioidi dipende dalle loro proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche, cioè dalla velocità con cui entrano in circolo, agiscono e vengono eliminati. Ciò vale, tuttavia, prevalentemente per l'utilizzo in camera operatoria. L'utilizzo degli oppiacei per il dolore cronico deve comunque rispettare il principio di ottenere la massima analgesia con la minima incidenza di eventi avversi. È quanto raccomandano le più recenti linee guida, che indirizzano la scelta terapeutica verso lo schema posologico più semplice e la modalità di somministrazione meno invasiva. La morfina viene ancora considerata da molti l'oppioide di prima scelta. Tuttavia, ciò non sempre corrisponde a una migliore efficacia clinica o tollerabilità. Per esempio, è stato recentemente approvato l'utilizzo di fentanyl somministrato per via transdermica attraverso un cerotto contenente il principio attivo (Transdermal therapeutic system, TTS). L'effetto analgesico di oppioidi con lunga durata d'azione come fentanyl è stato dimostrato in pazienti con dolore neuropatico, con dolore in corso di neoplasie e con lombalgie croniche. L'efficacia di tali trattamenti è ovviamente origine di un significativo miglioramento della qualità della vita dei soggetti trattati. Sono ormai molti gli studi clinici controllati che hanno paragonato fentanyl a oppiacei classici, come la morfina. In uno studio i risultati indicano che i due analgesici sono egualmente efficaci, ma che fentanyl ha una tollerabilità maggiore, ovvero vi è una minore incidenza di effetti collaterali. La buona tollerabilità di fentanyl è stata osservata anche in pazienti che non avevano mai assunto oppioidi e in pazienti anziani.
Nel 2001 è stata promulgata in Italia una nuova legge in materia di prescrizione dei farmaci oppiacei per il trattamento del dolore cronico severo. In accordo con le linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si è voluto assicurare un più efficace trattamento del dolore nei malati terminali e in quelli affetti da dolore severo che non risponde ai comuni trattamenti analgesici. La legge ha avuto il merito di snellire le procedure relative alla prescrivibilità degli oppiacei, rendendoli più accessibili al paziente; essa riguarda i seguenti farmaci oppiacei: buprenorfina, codeina, diidrocodeina, fentanyl, idrocodone, idromorfone, metadone, morfina, ossicodone, ossimorfone.
ENGLISH
An opium-based anesthetic. After days of doubt and controversy, for the first time tonight, the Russian government reveals the nature of the gas used by the leather heads to knock out the Chechen kidnappers of the Dubrovka theater and free the 800 hostages, 117 of whom died just for gas intoxication (two others, however, for gunshot wounds). Not a lethal substance or prohibited by international conventions - one of the many assumptions made in recent days - but a gas based on fentanyl, an anesthetic based on opium: it was officially announced by the Minister of Health Alexander Shevchenko.
The fentanyl-based gas, an opiate, was introduced into the theater by Russian special departments to numb the terrorists, but its indirect effects (and perhaps, according to media reports, the delay in relief efforts) also caused the death of 117 hostages about 800.
The gas used can not in any case per se "cause death", said the minister, stressing that it is an "anesthetic" substance commonly used in surgical operating theaters. So how are those 117 so dead? "The fatal outcome" for some hostages, according to the minister, "is linked to the fact that it was used against people who were in conditions of dehydration, malnutrition, lack of oxygen, great psychological stress and forced immobility ".
Shevcenko, on the other hand, denied that the doctors involved in the rescue had not been warned "of a possible operation" and said that the sanitary facilities had been equipped "with more than a thousand doses of antidote". Finally, the minister reiterated that "no substance prohibited by international conventions" was used during the blitz. This point was also highlighted by the Foreign Ministry spokesman, Aleksandr Iakovenko.
Neuropathic pain: anatomopathological mechanisms
Among the areas of pharmacological research on pain that have made the most progress is that of neuropathic pain. The most important acquisitions concern the ionic membrane channels, the neurotransmitter glutamate, the endocannabinoids, the peptides. Ionic channels are cell membrane proteins essential for the proper functioning of neuronal activity. In fact, they represent the mediators of cell excitability, whose functioning is regulated by precise biophysical laws. The alteration of the normal balance of the different channels is due to an altered neuronal function, which is in turn the basis of various diseases affecting the central nervous system (CNS). The recent acquisitions on the molecular structure of the channels, and on the variations both in expression and activity observed in the course of various pathologies, have allowed to program molecules able to selectively inhibit the function of the altered channels. In the case of neuropathic pain it is now established that important changes occur in the expression of particular subunits that form the channel itself, associated with a redistribution of the canal in the affected structures. In these conditions, the canal is no longer able to respect the biophysical properties that regulate its opening and closing times, and determines a state of neuronal hyper-excitability that contributes to maintaining a persistent, chronic state of pain.
Among the most studied and characterized ion channels, it is necessary to remember the sodium channels and the calcium channels, both voltage-dependent, ie whose functional kinetics depend strictly on the membrane potential of the neuron. In peripheral sensory neurons, the selective expression of two genes coding for sodium channels, Nav1.8 and Nav1.9 has been confirmed. Furthermore, the presence of Nav1.3 has been demonstrated in damaged peripheral neurons with excessive electrical excitability. It should be added that the involvement of sodium channels in the mechanisms underlying neuropathic pain is also demonstrated by the efficacy of antiepileptic drugs and local anesthetics, such as lidocaine, which are known for their ability to block these channels.
Da:Molecular biology and electrophysiology techniques have allowed to characterize the molecular structure also of calcium channels. These are membrane proteins composed of 4-5 subunits encoded by distinct genes. As with sodium channels, the kinetics of these channels are linked to complex biophysical properties. The activity of calcium channels is essential for proper cellular functioning, as they are involved in important phenomena such as neurotransmission, muscle contraction, gene expression. The entry of calcium into the cell takes place through the channels, and triggers a cascade of events that allows the transmission of information from one cell to another. This is also valid in the transmission of the painful signal. In sensory neurons dedicated to nociceptive transmission, calcium, through its channels, is a sign of beginning and maintenance of the nociceptive message. In the case of chronic neuropathic pain, for example, the N-type channels have been identified as the main authors of the increase in excitability of the peripheral neuron and of the release of chemical substances able to prolong the duration of the pain impulse.
With regard to the neurotransmitter systems involved in the transmission of pain information, it was found that glutamic acid represents the most common excitatory neurotransmitter in the CNS and plays a key role in many functions. Glutamic acid receptors are divided into two broad functional categories: ionotropic receptors and metabotropic receptors. The ionotropic receptors are linked to the opening of ion channels, while the group of metabotropic receptors, coupled with G proteins, is in turn subdivided into three subgroups, based on the pharmacological profile and the biochemical mechanism. In recent years, a large number of experimental and clinical trials have been conducted in order to clarify the role of these receptors in pathological processes affecting the CNS.
The ionotropic receptor for N-methyl-d-aspartate (NMDA) has a ubiquitous distribution in the CNS; in the spinal cord it is localized in the dorsal horns and is involved in the transmission of pain. Any damage to peripheral nerves induces an increase in local glutamate release that opens the NMDA receptor by triggering a persistent mechanism of transmission of the algogenic message. This phenomenon is known as wind-up or 'central sensitization' and explains why pharmacological research has made a considerable effort in trying to find molecules capable of blocking this receptor. Indeed, preclinical studies have demonstrated the efficacy of pharmacologic agents with NMDA receptor antagonist action. Clinical trials conducted on patients have confirmed this effect, but indicate the appearance of important side effects, such as sedation and dysphoria. A more promising approach seems to be represented by the use of molecules able to inhibit specific subunits of the receptor itself. In this regard, agents capable of blocking the NR2B subunit deserve special attention. Experimental and preclinical data have shown that these substances have a much safer profile and without the side effects mentioned above. There has emerged the possibility of using, rather than true receptor antagonists, modulators of allosteric sites of the NMDA receptor complex. In particular, some molecules with modulatory action have been studied on the glycine site. Despite encouraging experimental studies, clinical data to date do not seem to confirm a clinical value that would justify its use.
Pharmacological and immunohistochemical data indicate that group I metabotropic glutamate receptors are involved in nociceptive transmission. In addition to the role that glutamate plays in the transmission of pain both at the medullary and thalamic and cortical levels, it has been shown that it is also able to excite the peripheral nociceptive neurons, mediating responses that are also linked to the activation of metabotropic receptors. Experimental research suggests that such receptors may represent an interesting pharmacological target. However, there are currently no clinical data on the possible efficacy and tolerability of these molecules.
The results of the trial suggest that, in addition to glutamate, several neuropeptides released at the peripheral level contribute to the genesis of neuropathic pain: the substance P and the Calcitonin gene-related peptide (CGRP) are indicated as responsible for the induction of pain, and the CGRP it would also be involved in the phases of maintaining the algogenic signal. Following a painful stimulus, substance P is released into the spinal cord, and activates membrane receptors called NK1. Experimental studies have confirmed that inhibition of such receptors is capable of reducing nociceptive transmission. Therefore, many NK1 receptor antagonists have been produced in the last decade. Unfortunately, the hope of finding a new class of powerful analgesics in them has not been confirmed by as many clinical studies. Lanepitant, a selective NK1 antagonist, has been tested in patients with chronic neuropathic pain. Although well tolerated, the drug has not been shown to be effective in counteracting painful symptoms. In migraine attacks it has been shown that the CGRP peptide is released at the level of the trigeminal system, the fiber system responsible for conveying the pain sensations that come from the facial and cranial territories. The research of molecules with antagonist action towards CGRP has recently led to the production of drugs that have been tested in clinical trials on patients with migraine. These drugs have shown a good tolerability and above all a good efficacy in blocking migraine attacks.
The psychoactive properties of Cannabis sativa derivatives (known as cannabinoids) have been known since ancient times: their ability to generate states of euphoria and alterations of spatio-temporal perceptions, together with a feeling of muscular relaxation, ease in interpersonal relationships and greater tolerance in painful states were known among the peoples of the Middle East as early as 4000 BC Besides the recreational uses, some therapeutic effects were well known in many pathologies such as headache and pain caused by rheumatic and articular diseases. To date, at least 60 pharmacologically active cannabis derivatives known as cannabinoids have been identified, of which the most studied are δ-tetrahydrocannabinol (Δ-THC) and cannabidiol, the main ones responsible for the psychomimetic effects of drugs. widespread abuse, such as hashish and marijuana. The discovery in humans of two membrane receptors able to interact with these derivatives, called CB1 and CB2, has given great scientific impulse to the pharmacological research on pain. The aim is to identify possible pharmacological agents able to replicate the beneficial effects of cannabinoids, such as analgesia, but eliminating the psychotropic effects of the CNS. Numerous studies in experimental pain models have highlighted the ability of some exogenous substances to stimulate cannabinoid receptors and thus reduce sensitivity to nociceptive stimuli. Human clinical studies have shown fair efficacy in those forms of pain that are poorly sensitive to analgesics of common use, such as pain during neoplasms, neuropathic pain and postponial neuralgic pain. The current limit of potential medical therapy with Δ-THC is represented by the effective clinical dose: the amount of drug that has shown therapeutic efficacy has in fact been so high as to generate adverse reactions higher than the clinical benefits. However, some synthetic endocannabinoid-like compounds are currently in an advanced stage of study for the treatment of cancer and herpes zoster infection. For example, a recently published study in patients with chronic neuropathic pain has demonstrated the efficacy and tolerability of ajulemic acid, a synthetic derivative of tetrahydrocannabinol but apparently without psychoactive properties. At the present time, moreover, there are several clinical trials on synthetic derivatives of tetrahydrocannabinol in order to evaluate the possibility of use in pain during multiple sclerosis.
Finally, the so-called ionic channels for vanilloids, temperature-sensitive transient receptor potential vanilloids, TRPVs, which contribute in an important way to the normal transmission of the sensation that accompanies temperature variations, but also pain, should be mentioned. in recent years they have become an interesting therapeutic target for pain therapy. The TRPV channels are activated by capsaicin, the main natural component of chilli pepper. The ability of this substance to induce sensations of heat but also an unpleasant sense of annoyance are well known. The characterization of the biochemical aspects of the TRPV channels and their wide distribution in human tissues indicate however that they are involved in different cellular functions. The experimental observation that capsaicin and other similar substances are able to produce analgesia has led to the search for synthetic analogs. In recent years, two research lines have been pursued: the first is aimed at optimizing therapies based on the use of agonist substances, able to bind to TRPVs and which inactivate nociceptive fibers; the second one is instead represented by the identification of pharmacological agents with antagonistic action on the TRPV channel, which would however produce a pain-relieving effect. Preliminary data have produced encouraging results in experimental pain models, however it is still premature to claim that such drugs may have an application field in the near future.
Opiate drugs
The use of opiate drugs remains a first choice option in the treatment of chronic pain syndromes, particularly during cancer. In the treatment of neuropathic pain, opioids have shown their effectiveness. A review of the literature confirmed the usefulness of drugs with agonist action on opioid receptors, but with a good tolerability profile. Recently, synthetic opiates have been introduced on the market, used as analgesics and as general anesthetics in surgical procedures. Substances such as fentanyl, sufentanyl, remifentanyl, alfentanyl, have shown excellent clinical efficacy and good tolerability. In general, the choice between opioids depends on their pharmacodynamic and pharmacokinetic properties, ie the speed with which they enter the circulation, they act and are eliminated. This applies, however, mainly for use in the operating room. The use of opioids for chronic pain must however respect the principle of maximum analgesia with the lowest incidence of adverse events. This is the recommendation of the most recent guidelines, which direct the therapeutic choice towards the simplest dosing scheme and the least invasive mode of administration. Morphine is still considered by many as the first choice opioid. However, this does not always correspond to better clinical efficacy or tolerability. For example, the use of fentanyl administered transdermally via a patch containing the active substance (Transdermal therapeutic system, TTS) has recently been approved. The analgesic effect of opioids with long duration of action such as fentanyl has been shown in patients with neuropathic pain, pain in the course of neoplasms and chronic lumbago. The effectiveness of these treatments is obviously the source of a significant improvement in the quality of life of the subjects treated. There are now many controlled clinical trials that have compared fentanyl to classical opioids, such as morphine. In one study the results indicate that the two analgesics are equally effective, but that fentanyl has a higher tolerability, ie there is a lower incidence of side effects. The good tolerability of fentanyl was also observed in patients who had never taken opioids and in elderly patients.
In 2001 a new law on prescription of opiate drugs for the treatment of severe chronic pain was promulgated in Italy. In accordance with the guidelines of the World Health Organization, we wanted to ensure a more effective treatment of pain in terminally ill patients and those suffering from severe pain that does not respond to common analgesic treatments. The law has the merit of streamlining the procedures related to the prescribability of opiates, making them more accessible to the patient; it concerns the following opiate drugs: buprenorphine, codeine, dihydrocodeine, fentanyl, hydrocodone, hydromorphone, methadone, morphine, oxycodone, oxymorphone.
Fentanyl (also known as fentanyl or fentanyl, or under the trade names Sublimaze, Actiq, Durogesic, Duragesic, Fentanest, Effentora, Onsolis, Instanyl, Abstral and others) is a potent synthetic opioid analgesic, belonging to the phenylpiperidine class.
Fentanyl is about 100 times more potent than morphine: 100 micrograms of Fentanyl are roughly equivalent to 30 mg of morphine and 125 mg of pethidine (meperidine) in analgesic activity, with a rapid onset and short duration of action. It is a strong μ-receptor agonist for opioids. Historically it has been used to treat chronic pain and is commonly used before surgery or "invasive" maneuvers as an anesthetic, in association with a benzodiazepine. It has an LD50 of 3.1 mg / kg in rats and an LD50 of 0.03 mg / kg in monkeys.
The fentanyl was synthesized by Dr. Paul Janssen in 1960, thanks to the synthesis, some years earlier, of the petidine. [1] Janssen succeeded in developing the fentanyl by analyzing some structurally similar substances related to pethidine, also with activity opioid. The widespread use of fentanyl has triggered the production of fentanyl citrate (the salt of the drug, formed by the combination of citric acid and fentanyl in a stoichiometric ratio of 1: 1). Fentanyl citrate became part of clinical practice as a general anesthetic under the trade name of Sublimaze around 1960. Later many other fentanyl analogues were developed and introduced into medical practice, including sufentanil, alfentanil, remifentanil and lofentanil. The latter are even more powerful, up to 10 thousand times the morphine, with activity in humans starting from 1 μg.
In the mid-nineties, Fentanyl saw its first appearance for palliative care with the introduction into clinical practice of the fentanyl-based patch, called Durogesic. In the following decade, the first "lollipop" based on fentanyl was introduced, an oromucosal formulation called Actiq, and subsequently of the orosoluble tablets called Fentora.
Thanks to the possibility of controlled release via transdermal patches, fentanyl has now become the most widely used synthetic opiate in clinical practice. A number of new delivery methods are still under study and in development, including a sublingual spray for patients with cancer.
Effects
It has a similar effect to that of other opiates, especially in sublingual tablets, where the illicit use is to squeeze the tablets and then sniff them.
The higher the dosage, the higher the risk of an overdose, and above all the establishment of a tolerance.
An 800 microgram dose of fentanyl is equivalent to 200 milligrams of pure morphine.
As it is equivalent to 35 mg of methadone, fentanyl, being more powerful, reacts to pain in a short time (30 seconds compared to the max peak reached by 2 hours of methadone or 25/35 minutes of the morphine in tablets).
Pharmacodynamics
Fentanyl is a pure opiate agonist and as such, its main therapeutic action is represented by analgesia. The molecule provides most of the effects typical of other opioids, in particular, in addition to analgesia, anxiolysis, euphoria, feeling of well-being, constipation and miosis, suppression of cough and respiratory depression. These effects are determined by agonism for μ opioid receptors. Its greater potency compared to morphine depends largely on its high lipophilicity. Because of this, it can more easily penetrate into the central nervous system. As with other pure agonist analgesics, as the dose increases, there is an increase in analgesic activity. There is no true default maximum dose, as the limit of analgesic efficacy is imposed only by the appearance of possible side effects, the most serious of which include drowsiness and respiratory depression.
Analgesia
The analgesic effects of Fentanyl are related to the blood concentrations reached by the drug. In general, the effective concentration (and toxicity) increase with the increased tolerance acquired on opioids. However, the degree of tolerance varies greatly from individual to individual. It follows that the dose of Fentanyl to be used should always be individually titrated in search of the desired effect.
Central nervous system
The effects of Fentanyl on the central nervous system are diversified. The precise mechanism on which the analgesic action is based is not known, even though the molecule is notoriously a mu receptor agonist for opioids. Specific receptors for endogenous opioids have been identified throughout the brain and in the spinal cord.
The respiratory depression induced by the drug is probably due to a direct action on the respiratory centers of the brain stem, which are depressed in their activity of electrical stimulation and also see a reduced reactivity to increases in carbon dioxide. The depression effect of the cough reflex is also due to a direct effect on the cough center in the medulla. The antitussigen effects are recorded at dosages lower than those normally required to induce analgesia. Fentanyl also causes miosis, but it is not clear through which interaction.
Gastrointestinal system
Fentanyl causes reduced gastrointestinal motility and increased smooth muscle tone of the stomach and duodenum. The digestion of food is delayed and the peristaltic propulsive contractions of the small intestine and colon are reduced. At the same time the hypertonis of the intestinal smooth muscle can lead to the onset of constipation. There was also a reduction in gastric, biliary and pancreatic secretions, with a tendency to spasm of the sphincter of Oddi.
Cardiovascular system
Fentanyl causes a release of histamine, which sometimes accompanies peripheral vasodilatation. Other manifestations of histamine release include pruritus, rash, conjunctival hyperemia (red eyes), sweating and orthostatic hypotension.
Respiratory System
Fentanyl can cause a respiratory depression. The risk of this occurrence is lower in patients on chronic therapy with opioids who develop tolerance to the effects of these substances. During the drug titration phase, the appearance of somnolence should be seen as a sentinel event, a precursor of respiratory depression. The peak of respiratory depression may already appear 15 to 30 minutes after the initiation of fentanyl and may persist for several hours. It should be kept in mind that some subjects may experience severe or fatal respiratory depression even at the normal recommended doses. Fentanyl, when administered rapidly intravenously at high doses, can interfere with breathing as it causes stiffness in the muscles of breathing.
Pharmacokinetics
Following intravenous administration, Fentanyl is rapidly distributed in biological tissues. The drug accumulates in skeletal muscle and in adipose tissue is slowly released into the blood. The half-life is variable between 3 and 12 hours. The volume of distribution of fentanyl is 4 l / kg. Fentanyl is mainly metabolised in the liver. The drug undergoes a high clearance of first pass. Elimination occurs predominantly by urinary route, in the form of metabolites and only about 10% as unchanged drug. Approximately 9% of an intravenous dose is found in the faeces, especially as metabolites. When the drug is administered intravenously, the onset of action is almost immediate. The maximum analgesic and depressive respiratory effect is reached within a few minutes. The duration of action of analgesia is 30-60 minutes, after a single intravenous dose of 100 mcg (equivalent to 0.1 mg). Administered intramuscularly, the onset of action of Fentanyl is observed after approximately 7-8 minutes. The duration of action is longer reaching 1-2 hours. It should be noted that the duration of respiratory depression induced by fentanyl may be significantly longer than the analgesic effect. Fentanyl has the property of slowing the respiratory rate, and the peak of respiratory depression of a single intravenous dose is noted between 5 and 15 minutes after injection.
Chemistry
Synthesis
The synthesis of fentanyl (N-phenyl-N - (1-phenethyl-4-piperidinyl) propanamide) was carried out by Janssen Pharmaceutica in four steps, starting from 4-piperidinone hydrochloride. The sequence begins with N-alkylation of 4-piperidinone hydrochloride with 2-phenylethylbromide to give N-phenethyl-4-piperidinone (NPP). The next step comprises the reductive amination of NPP using sodium aniline and borohydride to give 4-aniline-N-phenethylpiperidine (ANPP). The last stage involves the N-acylation of the tertiary amine with propionic anhydride to form the final product, fentanyl.
analogues
The pharmaceutical industry has developed several analogs of the Fentanyl:
Alfentanil (trade name Alfenta), a molecule with analgesic activity and ultra-short duration of action (from 5 to 10 minutes).
Sufentanil (trade name Sufenta), a powerful analgesic (5 to 10 times more powerful than Fentanyl) used in some particular surgical procedures, and in particular for those subjects heavily tolerant or dependent on opioids. The affinity of the molecule for its binding sites is so high that, theoretically, it is sufficient to break the block caused by buprenorphine (an agonist-antagonist substance) and to alleviate the pain caused by acute trauma in those patients who take high doses of buprenorphine.
Remifentanil (trade name ULTIVA), currently the opioid molecule with the shortest duration of action. Remifentanil has the advantage of a rapid offset (cessation of action), even when used for prolonged infusions over time.
Carfentanil (trade name Wildnil) is an analog of fentanyl but has an analgesic potency of 10,000 times that of morphine. This drug has found wide use in veterinary practice to immobilize some large animals, such as elephants.
Lofentanil another analogue of fentanyl with a power slightly higher than that of the aforementioned carfentanil.
Clinical uses
Intravenous fentanyl is widely used for anesthesia and analgesia, most often in operating theaters and intensive care units. It is often given in combination with a benzodiazepine, such as midazolam (generally preferred to diazepam for the shorter half-life) to produce analgesia during the anesthesia period. Extremely common is its use in the induction of anesthesia associating it with a hypnotic agent like propofol.
Analgesic action is also exploited in many diagnostic or therapeutic procedures, such as endoscopy, cardiac catheterization, oral surgery and others. In addition, Fentanyl (usually transdermally) is often used in the treatment of chronic pain and especially neoplastic pain.
It has also been used in endodontics to improve local anesthetic action during root canal treatment.
Transdermal formulations
Fentanyl is available as a transdermal patch for the treatment and management of chronic pain (Durogesic / Duragesic / Matrifen). The patch gradually releases the active ingredient that tends to accumulate in the body's fatty tissues. From these storage sites, the drug is slowly released into the blood for a period of time that can reach 72 hours, thus allowing pain relief for a long time.
Fentanyl transdermal patches (marketed by several pharmaceutical companies as an equivalent medicine) are produced in different formats: 5.25 cm² patches characterized by a release rate of 12.5 mcg / h, 10.5 cm² patches with a speed of release of 25 mcg / hr, 21.0 cm² and release of 50 mcg / hr, 31.5 cm² and release of 75 mcg / hr, 42 cm² and release of 100 mcg / hr.
The dosage, as seen, varies with the size of the patch, as the transdermal absorption rate, at a specific skin temperature, is generally constant. The rate of absorption depends on a number of factors: body temperature, individual skin characteristics, body fat, and positioning of the patch itself.
The different release systems used by the various producers can determine a different rate of individual absorption. The patch will typically have effect, under normal conditions, within 8-12 hours. For this reason, fentanyl patches are often prescribed in combination with other opioids (eg morphine, methadone, hydromorphone and oxycodone) to manage acute pain adequately. In the context of palliative care, Fentanyl transdermally plays a specific role.
Da
http://www.repubblica.it/online/esteri/moscaquattro/ministro/ministro.html
http://www.treccani.it/enciclopedia/terapia-farmacologica-del-dolore_%28Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica%29/
https://it.wikipedia.org/wiki/Fentanyl
"Anestetico a base di oppio" Fentanil /Moscow reveals the nature of the gas
"Opium-based anesthetic" Fentanyl
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Un anestetico a base di oppio. Dopo giorni di dubbi e polemiche, stasera, per la prima volta, il governo russo rivela la natura del gas utilizzato dalle teste di cuoio per mettere fuori combattimento i sequestratori ceceni del teatro Dubrovka e liberare gli 800 ostaggi, 117 dei quali sono morti proprio per intossicazione da gas (altri due, invece, per ferite d'arma da fuoco). Non una sostanza letale o vietata dalle convenzioni internazionali - una delle tante supposizioni fatte in questi giorni - ma un gas a base di fentanyl, un anestetico a base di oppio: lo ha ufficialmente reso noto il ministro della Sanità Alexander Shevchenko.
Il gas a base di fentanyl, un oppiaceo, fu introdotto nel teatro dai reparti speciali russi per intorpidire i terroristi, ma i suoi effetti indiretti (e forse, secondo i media, i ritardi nei soccorsi) hanno poi causato anche la morte di 117 ostaggi su circa 800.
Shevcenko ha invece negato che i medici impegnati nei soccorsi non fossero stati avvertiti "di una possibile operazione" e ha affermato che i sanitari erano stati dotati "con più di mille dosi di antidoto". Il ministro ha infine ribadito che durante il blitz non è stata usata "alcuna sostanza vietata dalle convenzioni internazionali". Questo punto è stato sottolineato pure dal portavoce del ministero degli Esteri, Aleksandr Iakovenko.
Il dolore neuropatico: meccanismi anatomopatologici
Tra i settori della ricerca farmacologica sul dolore che hanno fatto maggiori progressi figura quello del dolore neuropatico. Le acquisizioni più importanti riguardano i canali ionici di membrana, il neurotrasmettitore glutammato, gli endocannabinoidi, i peptidi. I canali ionici sono proteine della membrana cellulare essenziali per il corretto funzionamento dell'attività neuronale. Essi rappresentano infatti i mediatori dell'eccitabilità cellulare, il cui funzionamento è regolato da precise leggi biofisiche. L'alterazione del normale equilibrio dei diversi canali è causa di un'alterata funzione neuronale, che è a sua volta alla base di diverse patologie a carico del Sistema nervoso centrale (SNC). Le recenti acquisizioni sulla struttura molecolare dei canali, e sulle variazioni sia di espressione sia di attività osservate nel corso di diverse patologie, hanno consentito di programmare molecole in grado di inibire selettivamente la funzione dei canali alterati. Nel caso del dolore neuropatico è ormai accertato che si verificano importanti modificazioni nell'espressione di particolari subunità che formano il canale stesso, associate a una ridistribuzione del canale nelle strutture interessate. In tali condizioni, il canale non è più in grado di rispettare le proprietà biofisiche che ne regolano i tempi di apertura e chiusura, e determina uno stato di ipereccitabilità neuronale che contribuisce a mantenere uno stato di dolore persistente, cronico.
Tra i canali ionici maggiormente studiati e caratterizzati occorre ricordare i canali per il sodio e i canali per il calcio, entrambi voltaggio-dipendenti, cioè la cui cinetica di funzionamento dipende strettamente dal potenziale di membrana del neurone. Nei neuroni sensitivi periferici è stata confermata l'espressione selettiva di due geni che codificano per canali sodici, il Nav1.8 e il Nav1.9. Inoltre la presenza di Nav1.3 è stata dimostrata in neuroni periferici danneggiati e che presentano un'eccessiva eccitabilità elettrica. Va aggiunto che il coinvolgimento dei canali del sodio nei meccanismi alla base del dolore neuropatico viene dimostrato anche dall'efficacia di farmaci ad azione antiepilettica e di anestetici locali, come la lidocaina, che sono conosciuti proprio per la capacità di bloccare tali canali.
Le tecniche di biologia molecolare e di elettrofisiologia hanno permesso di caratterizzare la struttura molecolare anche dei canali del calcio. Si tratta di proteine di membrana composte da 4-5 subunità codificate da geni distinti. Come per i canali del sodio, la cinetica di questi canali è legata a complesse proprietà biofisiche. L'attività dei canali del calcio è essenziale per il corretto funzionamento cellulare, essendo essi coinvolti in importanti fenomeni come la neurotrasmissione, la contrazione muscolare, l'espressione genica. L'ingresso del calcio all'interno della cellula avviene attraverso i canali, e innesca una cascata di eventi che consente la trasmissione dell'informazione da una cellula all'altra. Ciò è valido anche nella trasmissione del segnale doloroso. Nei neuroni sensitivi deputati alla trasmissione nocicettiva, il calcio, attraverso i suoi canali, rappresenta un segnale di inizio e, di mantenimento del messaggio nocicettivo. Nel caso del dolore cronico neuropatico, per esempio, i canali di tipo N sono stati identificati come i principali artefici dell'aumento di eccitabilità del neurone periferico e di rilascio di sostanze chimiche in grado di protrarre la durata dell'impulso dolorifico.
Per quanto riguarda i sistemi neurotrasmettitoriali implicati nella trasmissione delle informazioni dolorifiche, si è visto che l'acido glutammico rappresenta il neurotrasmettitore ad azione eccitatoria più diffuso nel SNC e svolge un ruolo chiave in molteplici funzioni. I recettori per l'acido glutammico vengono suddivisi in due grandi categorie funzionali: recettori ionotropici e recettori metabotropici. I recettori ionotropici sono legati all'apertura di canali ionici, mentre il gruppo dei recettori metabotropici, accoppiati a proteine G, viene a sua volta suddiviso in tre sottogruppi, in base al profilo farmacologico e al meccanismo biochimico. Negli ultimi anni è stato condotto un notevole numero di lavori sperimentali e clinici al fine di chiarire il ruolo di tali recettori in processi patologici a carico del SNC.
Il recettore ionotropico per l'N-metil-d-aspartato (NMDA) ha una distribuzione ubiquitaria nel SNC; nel midollo spinale è localizzato nelle corna dorsali ed è coinvolto nella trasmissione del dolore. Qualsiasi danno a carico di nervi periferici induce un aumento di rilascio di glutammato locale che apre il recettore NMDA innescando un meccanismo persistente di trasmissione del messaggio algogeno. Questo fenomeno è conosciuto come wind-up o 'sensitizzazione centrale' e rende ragione del perché la ricerca farmacologica ha profuso un notevole sforzo nel tentativo di trovare molecole in grado di bloccare tale recettore. In effetti, studi preclinici hanno dimostrato l'efficacia di agenti farmacologici ad azione antagonista sul recettore NMDA. Gli studi clinici condotti su pazienti hanno confermato tale effetto, segnalando però la comparsa di importanti effetti collaterali, come sedazione e disforia. Un approccio più promettente sembra essere rappresentato dall'utilizzo di molecole in grado di inibire specifiche subunità del recettore stesso. A tale riguardo, meritano particolare attenzione gli agenti capaci di bloccare la subunità NR2B. Dati sperimentali e preclinici hanno dimostrato infatti che tali sostanze hanno un profilo molto più sicuro e privo degli effetti collaterali accennati precedentemente. Di ecente è emersa la possibilità di utilizzare, più che veri antagonisti recettoriali, modulatori di siti allosterici del complesso recettoriale NMDA. In particolare sono state studiate alcune molecole ad azione modulatoria sul sito della glicina. Nonostante incoraggianti studi sperimentali, i dati clinici a oggi non sembrano confermare un valore clinico tale da giustificarne l'impiego.
Dati farmacologici e immunoistochimici indicano che i recettori metabotropici di gruppo I per il glutammato sono coinvolti nella trasmissione nocicettiva. In aggiunta al ruolo che il glutammato svolge nella trasmissione del dolore sia a livello midollare sia a livello talamico e corticale, è stato infatti dimostrato che esso è anche in grado di eccitare i neuroni periferici nocicettivi, mediando risposte che sono legate anche all'attivazione di recettori metabotropici. Ricerche sperimentali suggeriscono che tali recettori possono rappresentare un interessante bersaglio farmacologico. Tuttavia, al momento non sono disponibili dati clinici sulla eventuale efficacia e tollerabilità di tali molecole.
I risultati della sperimentazione suggeriscono che, oltre al glutammato, diversi neuropeptidi rilasciati a livello periferico contribuiscano alla genesi del dolore neuropatico: la sostanza P e il Calcitonin gene-related peptide (CGRP) vengono indicati come responsabili dell'induzione del dolore, e il CGRP sarebbe coinvolto anche nelle fasi del mantenimento del segnale algogeno. In seguito a uno stimolo doloroso, la sostanza P viene rilasciata nel midollo spinale, e attiva i recettori di membrana chiamati NK1. Studi sperimentali hanno confermato che l'inibizione di tali recettori è capace di ridurre la trasmissione nocicettiva. Pertanto negli ultimi dieci anni sono stati prodotti molti farmaci antagonisti del recettore NK1. Purtroppo, la speranza di trovare in essi una nuova classe di potenti analgesici non è stata confermata da altrettanti studi clinici. Il lanepitant, un antagonista selettivo di NK1, è stato sperimentato in pazienti affetti da dolore neuropatico cronico. Sebbene ben tollerato, il farmaco però non si è mostrato efficace nel contrastare i sintomi dolorosi. Negli attacchi di emicrania è stato dimostrato che il peptide CGRP viene rilasciato a livello del sistema trigeminale, il sistema di fibre responsabili di convogliare le sensazioni di dolore che provengono dai territori facciali e cranici. La ricerca di molecole ad azione antagonista verso CGRP ha di recente condotto alla produzione di farmaci che sono stati testati in studi clinici su pazienti affetti da emicrania. Tali farmaci hanno mostrato una discreta tollerabilità e soprattutto una buona efficacia nel bloccare gli attacchi di emicrania.
Le proprietà psicoattive dei derivati della Cannabis sativa (detti cannabinoidi) sono note fin dall'antichità: la loro capacità di generare stati di euforia e alterazioni delle percezioni spazio-temporali, accanto a sensazione di rilassatezza muscolare, facilità nelle relazioni interpersonali e maggiore tolleranza nei confronti di stati dolorosi era conosciuta presso i popoli del Medio Oriente già nel 4000 a.C. Oltre agli usi ricreazionali erano inoltre ben noti alcuni effetti terapeutici in numerose patologie quali la cefalea e il dolore da patologie reumatiche e articolari. Sono stati identificati fino a ora almeno 60 derivati farmacologicamente attivi della Cannabis, noti con il nome di cannabinoidi, di cui i più studiati sono il δ-tetraidrocannabinolo (Δ-THC) e il cannabidiolo, i principali responsabili degli effetti psicomimetici di droghe d'abuso ad ampio utilizzo, quali hashish e marijuana. La scoperta nell'uomo di due recettori di membrana in grado di interagire con questi derivati, chiamati CB1 e CB2, ha dato grande impulso scientifico alla ricerca farmacologica sul dolore. Il fine è quello di identificare possibili agenti farmacologici in grado di replicare gli effetti benefici dei cannabinoidi, quali l'analgesia, eliminando però gli effetti psicotropi a carico del SNC. Numerosi studi in modelli sperimentali di dolore hanno evidenziato la capacità di alcune sostanze esogene di stimolare i recettori dei cannabinoidi e di ridurre pertanto la sensibilità agli stimoli nocicettivi. Gli studi clinici condotti nell'uomo hanno dimostrato discreta efficacia in quelle forme di dolore scarsamente sensibili agli analgesici di comune uso, come il dolore in corso di neoplasie, il dolore neuropatico e il dolore nevralgico posterpetico. Il limite attuale di una potenziale terapia medica con il Δ-THC è rappresentato dalla dose clinica efficace: la quantità di farmaco che ha mostrato efficacia terapeutica è risultata infatti tanto elevata da generare reazioni avverse superiori ai benefici clinici. Tuttavia, alcuni composti sintetici analoghi degli endocannabinoidi sono attualmente in fase avanzata di studio per il trattamento del dolore da cancro e di quello secondario a infezione da Herpes zoster. Per esempio, uno studio recentemente pubblicato e condotto su pazienti affetti da dolore neuropatico cronico ha dimostrato l'efficacia e la tollerabilità dell'acido ajulemico, derivato sintetico del tetraidrocannabinolo ma apparentemente privo di proprietà psicoattive. Al momento attuale, inoltre, sono in corso diversi studi clinici su derivati sintetici del tetraidrocannabinolo al fine di valutarne la possibilità di utilizzo nel dolore in corso di sclerosi multipla.
Infine, vanno menzionati i cosiddetti canali ionici per i vanilloidi, sensibili alla temperatura (Temperature-sensitive transient receptor potential vanilloid, TRPV), che contribuiscono in modo importante alla normale trasmissione della sensazione che accompagna variazioni di temperatura, ma anche del dolore, e pertanto negli ultimi anni sono divenuti un interessante bersaglio terapeutico per la terapia del dolore. I canali TRPV sono attivati dalla capsaicina, il componente naturale principale del peperoncino. La capacità di tale sostanza di indurre sensazioni di calore ma anche uno spiacevole senso di fastidio sono ben conosciute. La caratterizzazione degli aspetti biochimici dei canali TRPV e la loro vasta distribuzione nei tessuti umani indicano tuttavia che essi sono coinvolti in diverse funzioni cellulari. L'osservazione sperimentale che la capsaicina e altre sostanze simili sono in grado di produrre analgesia ha spinto verso la ricerca di analoghi sintetici. Negli ultimi anni sono state perseguite due linee di ricerca: la prima è orientata all'ottimizzazione di terapie basate sull'utilizzo di sostanze agoniste, capaci di legarsi ai TRPV e che inattivano le fibre nocicettive; la seconda è rappresentata invece dall'identificazione di agenti farmacologici ad azione antagonista sul canale TRPV, che produrrebbe comunque un effetto antidolorifico. I dati preliminari hanno prodotto risultati incoraggianti in modelli sperimentali di dolore, tuttavia appare ancora prematuro sostenere che tali farmaci possano avere un campo applicativo nel prossimo futuro.
Farmaci oppiacei
L'utilizzo dei farmaci oppiacei rimane un'opzione di prima scelta nel trattamento delle sindromi dolorose croniche, in particolare in corso di neoplasie. Nel trattamento del dolore neuropatico gli oppioidi hanno dimostrato la loro efficacia. Una revisione della letteratura ha confermato l'utilità di farmaci ad azione agonista sui recettori degli oppiacei, peraltro con un discreto profilo di tollerabilità. Recentemente sono stati introdotti sul mercato oppiacei di sintesi, utilizzati come analgesici e come anestetici generali nelle procedure chirurgiche. Sostanze come fentanyl, sufentanyl, remifentanyl, alfentanyl, hanno dimostrato un'ottima efficacia clinica e una buona tollerabilità. In linea generale, la scelta tra gli oppioidi dipende dalle loro proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche, cioè dalla velocità con cui entrano in circolo, agiscono e vengono eliminati. Ciò vale, tuttavia, prevalentemente per l'utilizzo in camera operatoria. L'utilizzo degli oppiacei per il dolore cronico deve comunque rispettare il principio di ottenere la massima analgesia con la minima incidenza di eventi avversi. È quanto raccomandano le più recenti linee guida, che indirizzano la scelta terapeutica verso lo schema posologico più semplice e la modalità di somministrazione meno invasiva. La morfina viene ancora considerata da molti l'oppioide di prima scelta. Tuttavia, ciò non sempre corrisponde a una migliore efficacia clinica o tollerabilità. Per esempio, è stato recentemente approvato l'utilizzo di fentanyl somministrato per via transdermica attraverso un cerotto contenente il principio attivo (Transdermal therapeutic system, TTS). L'effetto analgesico di oppioidi con lunga durata d'azione come fentanyl è stato dimostrato in pazienti con dolore neuropatico, con dolore in corso di neoplasie e con lombalgie croniche. L'efficacia di tali trattamenti è ovviamente origine di un significativo miglioramento della qualità della vita dei soggetti trattati. Sono ormai molti gli studi clinici controllati che hanno paragonato fentanyl a oppiacei classici, come la morfina. In uno studio i risultati indicano che i due analgesici sono egualmente efficaci, ma che fentanyl ha una tollerabilità maggiore, ovvero vi è una minore incidenza di effetti collaterali. La buona tollerabilità di fentanyl è stata osservata anche in pazienti che non avevano mai assunto oppioidi e in pazienti anziani.
Nel 2001 è stata promulgata in Italia una nuova legge in materia di prescrizione dei farmaci oppiacei per il trattamento del dolore cronico severo. In accordo con le linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si è voluto assicurare un più efficace trattamento del dolore nei malati terminali e in quelli affetti da dolore severo che non risponde ai comuni trattamenti analgesici. La legge ha avuto il merito di snellire le procedure relative alla prescrivibilità degli oppiacei, rendendoli più accessibili al paziente; essa riguarda i seguenti farmaci oppiacei: buprenorfina, codeina, diidrocodeina, fentanyl, idrocodone, idromorfone, metadone, morfina, ossicodone, ossimorfone.
Il fentanyl (noto anche come fentanil o fentanile, o con i nomi commerciali Sublimaze, Actiq, Durogesic, Duragesic, Fentanest, Effentora, Onsolis, Instanyl, Abstral e altri) è un potente analgesico oppioide sintetico, appartenente alla classe delle fenilpiperidine.
Il fentanyl è circa 100 volte più potente della morfina: 100 microgrammi di Fentanyl equivalgono approssimativamente a 30 mg di morfina e 125 mg di petidina (meperidina) in attività analgesica, con una rapida insorgenza e breve durata d'azione. Si tratta di un agonista forte del recettore μ per gli oppioidi. Storicamente è stato utilizzato per trattare il dolore cronico ed è comunemente usato prima di interventi chirurgici o manovre "invasive" come anestetico, in associazione con una benzodiazepina. Ha una LD50 di 3,1 mg/kg nei ratti e una LD50 di 0,03 mg/kg nelle scimmie.
Il fentanyl fu sintetizzato dal dottor Paul Janssen nel 1960, grazie all'avvenuta sintesi, alcuni anni prima, della petidina.[1]Janssen riuscì infatti a sviluppare il fentanyl analizzando alcune sostanze strutturalmente analoghe e correlate alla petidina, dotata anch'essa di attività oppioide. L'uso diffuso di fentanyl ha innescato la produzione di fentanyl citrato (il sale del farmaco, formato dalla combinazione di acido citrico e fentanyl in un rapporto stechiometrico di 1:1). Fentanyl citrato è entrato a far parte della pratica clinica come anestetico generale sotto il nome commerciale di Sublimaze intorno al 1960. In seguito molti altri analoghi del fentanyl sono stati sviluppati e introdotti nella pratica medica, e tra questi sufentanil, alfentanil, remifentanil e lofentanil. Questi ultimi sono ancora più potenti, fino a 10 mila volte la morfina, con attività negli esseri umani a partire da 1 µg.
A metà degli anni Novanta il fentanyl ha visto la sua prima comparsa per le cure palliative con l'introduzione nella pratica clinica del cerotto a base di fentanyl, denominato Durogesic. Nel decennio successivo è stato introdotto il primo "lecca-lecca" a base di fentanyl, una formulazione oromucosale chiamata Actiq, e successivamente delle compresse orosolubili denominate Fentora.
Grazie alla possibilità di rilascio controllato tramite cerotti transdermici, il fentanyl è divenuto attualmente l'oppiaceo sintetico più ampiamente utilizzato nella pratica clinica. Sono tutt'oggi allo studio e in via di sviluppo diverse nuove modalità di erogazione, tra cui uno spray sublinguale per i pazienti affetti da cancro.
Grazie alla possibilità di rilascio controllato tramite cerotti transdermici, il fentanyl è divenuto attualmente l'oppiaceo sintetico più ampiamente utilizzato nella pratica clinica. Sono tutt'oggi allo studio e in via di sviluppo diverse nuove modalità di erogazione, tra cui uno spray sublinguale per i pazienti affetti da cancro.
Effetti
Ha effetto simile a quello degli altri oppiacei, specialmente nelle compresse sublinguali, in cui l'uso illecito è schiacciare le compresse per poi sniffarle.
Più alto è il dosaggio, più alto è il rischio di un'overdose, e soprattutto dell'instaurarsi di una tolleranza.
Una dose da 800 microgrammi di fentanyl equivale a 200 milligrammi di morfina pura.
Così come equivale a 35 mg di metadone, il fentanyl, essendo più potente, reagisce al dolore in tempi brevi (30 secondi a confronto del picco max raggiunto da 2 ore di metadone o 25/35 minuti della morfina in compresse).
Farmacodinamica
Il fentanyl è un agonista puro degli oppiacei e come tale, la sua principale azione terapeutica è rappresentata dall'analgesia. La molecola fornisce la maggior parte degli effetti tipici di altri oppiacei, in particolare, oltre all'analgesia, l'ansiolisi, l'euforia, la sensazione di benessere, la stipsi e la miosi, la soppressione della tosse e la depressione respiratoria. Questi effetti sono determinati dall'agonismo per i recettori oppioidi μ. La sua maggior potenza rispetto alla morfina dipende in gran parte dalla sua elevata lipofilia. A causa di questo, può più facilmente penetrare nel sistema nervoso centrale. Come per altri analgesici agonisti puri, all'aumentare della dose si assiste a un aumento dell'attività analgesica. Non esiste una vera dose massima predefinita, in quanto il limite dell'efficacia analgesica è imposto solo dalla comparsa di eventuali effetti collaterali, i più gravi dei quali includono la sonnolenza e la depressione respiratoria.
Analgesia
Gli effetti analgesici del Fentanyl sono correlati alle concentrazioni ematiche raggiunte dal farmaco. In generale la concentrazione efficace (e la tossicità) aumentano con l'aumentata tolleranza acquisita agli oppioidi. Tuttavia il grado di tolleranza varia notevolmente da individuo a individuo. Ne consegue che la dose di Fentanyl da utilizzarsi dovrebbe essere sempre titolata individualmente alla ricerca dell'effetto desiderato.
Sistema nervoso centrale
Gli effetti del Fentanyl sul sistema nervoso centrale sono diversificati. Non è noto il preciso meccanismo su cui si basa l'azione analgesica, anche se la molecola è notoriamente una agonista del recettore mu per gli oppiacei. Specifici recettori per gli oppioidi endogeni sono stati identificati in tutto il cervello e nel midollo spinale.
La depressione respiratoria indotta dal farmaco è probabilmente dovuta a un'azione diretta sui centri respiratori del tronco cerebrale, che vengono depressi nella loro attività di stimolazione elettrica e vedono inoltre una ridotta reattività agli aumenti dell'anidride carbonica. L'azione di depressione del riflesso della tosse è anch'essa dovuta a un effetto diretto sul centro tosse nel midollo. Gli effetti antitussigeni si registrano a dosaggi inferiori a quelli normalmente richiesti per indurre analgesia. Il fentanil provoca inoltre miosi, ma non è chiaro tramite quale interazione.
La depressione respiratoria indotta dal farmaco è probabilmente dovuta a un'azione diretta sui centri respiratori del tronco cerebrale, che vengono depressi nella loro attività di stimolazione elettrica e vedono inoltre una ridotta reattività agli aumenti dell'anidride carbonica. L'azione di depressione del riflesso della tosse è anch'essa dovuta a un effetto diretto sul centro tosse nel midollo. Gli effetti antitussigeni si registrano a dosaggi inferiori a quelli normalmente richiesti per indurre analgesia. Il fentanil provoca inoltre miosi, ma non è chiaro tramite quale interazione.
Sistema gastrointestinale
Il fentanyl provoca una ridotta motilità gastrointestinale e aumento del tono della muscolatura liscia di stomaco e duodeno. La digestione del cibo viene ritardata e le contrazioni propulsive peristaltiche del piccolo intestino e del colon vengono ridotte. Nel contempo l'ipertono della muscolatura liscia intestinale può comportare l'insorgenza di stipsi. È stata inoltre registrata una riduzione delle secrezioni gastriche, biliari e pancreatiche, con tendenza allo spasmo dello sfintere di Oddi.
Sistema cardiovascolare
Il fentanyl determina un rilascio di istamina, il quale talvolta si accompagna a vasodilatazione periferica. Altre manifestazioni del rilascio di istamina includono il prurito, il rash cutaneo, l'iperemia congiuntivale (occhi rossi), la sudorazione e l'ipotensione ortostatica.
Sistema respiratorio
Il fentanyl può provocare una depressione respiratoria. Il rischio di tale evenienza è minore nei pazienti in terapia cronica con oppiacei che hanno sviluppano tolleranza agli effetti di queste sostanze. Durante la fase di titolazione del farmaco la comparsa di sonnolenza deve essere vista come un evento sentinella, precursore della depressione respiratoria. Il picco della depressione respiratoria può già comparire da 15 a 30 minuti dall'inizio dell'assunzione di fentanil e può persistere per diverse ore. Va tenuto presente che alcuni soggetti possono sperimentare depressione respiratoria grave o fatale anche alle normali dosi raccomandate. Il fentanyl, se somministrato rapidamente per via endovenosa a dosi elevate massicce può interferire con la respirazione in quanto provoca rigidità dei muscoli della respirazione.
Farmacocinetica
Dopo la somministrazione endovenosa, il Fentanyl si distribuisce con grande rapidità nei tessuti biologici. Il farmaco si accumula nel muscolo scheletrico e nel tessuto adiposoe viene rilasciato lentamente nel sangue. L'emivita è variabile tra le 3 e le 12 ore. Il volume di distribuzione di fentanil è di 4 l/Kg. Il fentanyl viene metabolizzato principalmente a livello epatico. Il farmaco subisce un'elevata clearance di primo passaggio. L'eliminazione avviene prevalentemente per via urinaria, sotto forma di metaboliti e solo un 10% circa come farmaco immodificato. Circa il 9% di una dose somministrata per via endovenosa si ritrova nelle feci, soprattutto come metaboliti. Quando il farmaco viene somministrato per via endovenosa, l'inizio d'azione è pressoché immediato. Il massimo effetto analgesico e depressivo respiratorio viene raggiunto nel giro di alcuni minuti. La durata d'azione dell'analgesia è di 30-60 minuti, dopo una dose endovenosa singola di 100 mcg (equivalenti a 0,1 mg). Somministrato per via intramuscolare, l'inizio di azione del Fentanyl si osserva dopo circa 7-8 minuti. La durata d'azione è maggiore raggiungendo le 1-2 ore. Si deve tenere presente che la durata della depressione respiratoria indotta da fentanil può essere decisamente più lunga dell'effetto analgesico. Il fentanyl ha la proprietà di rallentare la frequenza respiratoria, ed il picco della depressione respiratoria di una singola dose per via endovenosa si nota tra i 5 ed i 15 minuti dopo l'iniezione.
Chimica
Sintesi
La sintesi del fentanyl (N -fenil- N - (1-fenetile-4-piperidinil) propanamide) è stata realizzata dalla Janssen Pharmaceutica in quattro fasi, a partire dal 4-piperidinone cloridrato. La sequenza ha inizio con la N-alchilazione del 4-piperidinone cloridrato con il 2-feniletilbromuro a dare N-fenetil-4-piperidinone (NPP). La tappa successiva comprende l'amminazione riduttiva del NPP avvalendosi di anilina e boroidruro di sodio a dare a 4-anilino-N-fenetilpiperidina (ANPP). L'ultima tappa comporta la N-acilazione della ammina terziaria con anidride propionica a formare il prodotto finale, fentanil.
Analoghi
L'industria farmaceutica ha sviluppato diversi analoghi del Fentanyl:
- Alfentanil (nome commerciale Alfenta), una molecola dotata d'attività analgesica e durata d'azione ultra-breve (da 5 a 10 minuti).
- Sufentanil (nome commerciale Sufenta), un potente analgesico (da 5 a 10 volte più potente del Fentanyl) utilizzato in alcune particolari procedure chirurgiche, e in particolare per quei soggetti pesantemente tolleranti o dipendenti dagli oppioidi. L'affinità della molecola per i suoi siti di legame è così elevata che, teoricamente, è sufficiente per rompere il blocco determinato dalla buprenorfina (una sostanza agonista-antagonista) e alleviare il dolore causato da un trauma acuto in quei pazienti che assumono alti dosaggi di buprenorfina.
- Remifentanil (nome commerciale ULTIVA), attualmente la molecola oppioide dotata della più breve durata d'azione. Remifentanil ha il vantaggio di un rapido offset (cessazione dell'azione), perfino quando viene utilizzato per infusioni prolungate nel tempo.
- Carfentanil (nome commerciale Wildnil) è un analogo di fentanil ma dotato di una potenza analgesica pari a 10.000 volte quella della morfina. Questo farmaco ha trovato largo impiego nella pratica veterinaria per immobilizzare alcuni animali di grandi dimensioni, come ad esempio gli elefanti.
- Lofentanil un altro analogo di fentanil dotato di potenza leggermente superiore a quella del citato carfentanil.
Usi clinici
Il fentanyl per via endovenosa è ampiamente utilizzato per l'anestesia e l'analgesia, più spesso in sale operatorie e reparti di terapia intensiva. Viene spesso somministrato in combinazione con una benzodiazepina, come ad esempio midazolam (in genere preferito al diazepam per la più breve emivita) per produrre analgesia durante il periodo di anestesia. Estremamente comune è il suo utilizzo nell'induzione dell'anestesia associandolo a un agente ipnotico come propofol.
Se ne sfrutta l'azione analgesica anche in molte procedure diagnostiche o terapeutiche, quali ad esempio l'endoscopia, il cateterismo cardiaco, la chirurgia orale e altre. Inoltre il Fentanyl (in genere per via transdermica) è spesso usato nel trattamento del dolore cronico e in particolare del dolore neoplastico.
È stato utilizzato anche in endodonzia per migliorare l'azione anestetica locale durante il trattamento canalare.
Se ne sfrutta l'azione analgesica anche in molte procedure diagnostiche o terapeutiche, quali ad esempio l'endoscopia, il cateterismo cardiaco, la chirurgia orale e altre. Inoltre il Fentanyl (in genere per via transdermica) è spesso usato nel trattamento del dolore cronico e in particolare del dolore neoplastico.
È stato utilizzato anche in endodonzia per migliorare l'azione anestetica locale durante il trattamento canalare.
Formulazioni transdermiche
Il fentanyl è disponibile come cerotto transdermico per il trattamento e la gestione del dolore cronico (Durogesic / Duragesic / Matrifen). Il cerotto rilascia gradualmente il principio attivo che tende ad accumularsi nei tessuti adiposi dell'organismo. Da questi siti di deposito, successivamente, il farmaco viene rilasciato lentamente nel sangue per un periodo di tempo che può raggiungere le 72 ore, consentendo così un sollievo dal dolore per un lungo periodo.
I cerotti transdermici di Fentanyl (commercializzati da numerose società farmaceutiche come medicinale equivalente) sono prodotti in diversi formati: cerotti da 5,25 cm² caratterizzati da una velocità di rilascio di 12,5 mcg/ora, cerotti da 10,5 cm² con velocità di rilascio di 25 mcg/ora, 21,0 cm² e rilascio di 50 mcg/ora, 31,5 cm² e rilascio di 75 mcg/ora, 42 cm² e rilascio di 100 mcg/ora.
Il dosaggio, come si è visto, varia al variare delle dimensione del cerotto, in quanto il tasso di assorbimento transdermico, a una determinata temperatura cutanea, è generalmente costante. Il tasso di assorbimento dipende da una serie di fattori: la temperatura corporea, le caratteristiche individuali della pelle, la quantità di grasso corporeo e il posizionamento del cerotto stesso.
I diversi sistemi di rilascio utilizzati dai vari produttori possono determinare un diverso tasso di assorbimento individuale. Il cerotto tipicamente avrà effetto, in condizioni normali, nel giro di 8-12 ore. Per questo motivo i cerotti di fentanil sono spesso prescritti in associazione ad altri oppiacei (ad esempio la morfina, il metadone, l'idromorfone e l'ossicodone) per gestire adeguatamente il dolore acuto. Nel contesto delle cure palliative, fentanil per via transdermica ha un ruolo preciso. Viene infatti utilizzato in:
I cerotti transdermici di Fentanyl (commercializzati da numerose società farmaceutiche come medicinale equivalente) sono prodotti in diversi formati: cerotti da 5,25 cm² caratterizzati da una velocità di rilascio di 12,5 mcg/ora, cerotti da 10,5 cm² con velocità di rilascio di 25 mcg/ora, 21,0 cm² e rilascio di 50 mcg/ora, 31,5 cm² e rilascio di 75 mcg/ora, 42 cm² e rilascio di 100 mcg/ora.
Il dosaggio, come si è visto, varia al variare delle dimensione del cerotto, in quanto il tasso di assorbimento transdermico, a una determinata temperatura cutanea, è generalmente costante. Il tasso di assorbimento dipende da una serie di fattori: la temperatura corporea, le caratteristiche individuali della pelle, la quantità di grasso corporeo e il posizionamento del cerotto stesso.
I diversi sistemi di rilascio utilizzati dai vari produttori possono determinare un diverso tasso di assorbimento individuale. Il cerotto tipicamente avrà effetto, in condizioni normali, nel giro di 8-12 ore. Per questo motivo i cerotti di fentanil sono spesso prescritti in associazione ad altri oppiacei (ad esempio la morfina, il metadone, l'idromorfone e l'ossicodone) per gestire adeguatamente il dolore acuto. Nel contesto delle cure palliative, fentanil per via transdermica ha un ruolo preciso. Viene infatti utilizzato in:
- pazienti già stabilizzati con altri oppiacei che hanno persistenti problemi di deglutizione e non possono utilizzare o tollerare la via parenterale o quella sottocutanea;
- pazienti con insufficienza renale da moderata (clearance della creatinina compresa tra 30 e 50 mL/min) a grave (clearance della creatinina < 30 mL/min)
- pazienti che hanno manifestato fastidiosi effetti negativi con l'assunzione di morfina, idromorfone oppure ossicodone.
Formulazione per somministrazione oromucosale
In commercio esiste una formulazione solida di fentanil citrato su un bastone a forma di lecca-lecca (Actiq), che va posizionato in bocca, appoggiato contro la guancia, e poi ritmicamente mosso all'interno del cavo orale utilizzando l'apposito applicatore. Questo tipo di azione, tipica dell'utilizzo dei lecca lecca, permette di far sciogliere lentamente in bocca il prodotto massimizzandone l'assunzione oromucosale. La formulazione oromucosale è stata aromatizzata con un sapore ai frutti di bosco, e proprio come un lecca lecca o Chupa Chups, si trova collocata su un bastoncino che ne permette la rotazione e il tamponamento sulla superficie della mucosa orale, delle guance, della lingua e delle gengive. La formulazione va tenuta in bocca e non masticata, perché l'uso corretto permette il rapido rilascio di fentanyl nell'organismo. Infatti l'assorbimento di fentanil attraverso la mucosa della bocca avviene in modo decisamente più rapido rispetto all'assimilazione sistemica, secondaria a ingestione, con assorbimento da parte del tratto gastrointestinale. Infatti, pur in presenza di una buona capacità di assorbimento da parte dell'intestino tenue, va tenuto presente l'importante metabolismo di primo passaggio, il quale porta a una biodisponibilità orale del 33% circa. I soggetti con problemi di secchezza delle fauci possono avvalersi del prodotto avendo l'accortezza di inumidire la mucosa della bocca con poche gocce d'acqua. La formulazione oromucosale va consumata nell'arco di circa 15 minuti. Se il consumatore dovesse mostrare segni marcati di effetti di natura oppioide, in primo luogo sonnolenza, prima dell'esaurimento completo dell'unità, è doveroso interrompere immediatamente l'assunzione rimuovendo il prodotto dalla bocca e valutare la possibilità di ridurre in futuro il dosaggio o il tempo di esposizione. La formulazione oromucosale è destinata a individui tolleranti agli oppioidi e si è dimostrata efficace nel trattamento del dolore neoplastico. È utile anche per il dolore acuto grave che possono manifestare soggetti sofferenti di gravi patologie osteostrosicheche, di dolore lombare, in alcuni casi di neuropatia, di artrite acuta e in altri casi di dolore cronico di natura non neoplastica. Un interessante applicazione della formulazione oromucosale è il suo possibile utilizzo nei piccoli pazienti pediatrici, coinvolti in traumi e per i quali si pone un problema di gestione del dolore. Questa formulazione permette spesso un approccio più "soft", evitando in prima istanza l'incannulamento di una vena periferica, permettendo dunque una maggiore compliance del piccolo paziente. Per contro si rende necessario un attento monitoraggio del bambino e una attenta titolazione della dose terapeutica.
La formulazione è disponibile in sei dosaggi: pastiglie da 200 µg, da 400 µg, da 600 µg e 800 µg cui si aggiungono dosaggi da 1200 µg e 1600 µg. Le confezioni commerciali contengono da un minimo di 3 a un massimo di 15 pastiglie. Esistono anche formulazioni prodotte da società farmaceutiche come medicinale equivalente.
La formulazione è disponibile in sei dosaggi: pastiglie da 200 µg, da 400 µg, da 600 µg e 800 µg cui si aggiungono dosaggi da 1200 µg e 1600 µg. Le confezioni commerciali contengono da un minimo di 3 a un massimo di 15 pastiglie. Esistono anche formulazioni prodotte da società farmaceutiche come medicinale equivalente.
Formulazione in spray nasale
Recentemente si sono resi disponibili in commercio formulazioni per spray nasale. A ogni erogazione nasale vengono nebulizzati in una narice 50 µg di principio attivo. La dose può essere progressivamente aumentata fino a raggiungere un dosaggio sufficiente ad assicurare un deciso miglioramento della sintomatologia dolorosa. Se i risultati ottenuti non sono considerati soddisfacenti, è possibile somministrare nuovamente la stessa quantità di farmaco ma a non meno di 10 minuti di distanza dalla prima erogazione. In commercio esistono formulazioni spray nasale di diverso dosaggio, con concentrazioni disponibili pari a 50 µg di principio attivo, 100 µg e 200 µg. Gli spray nasali e alcune formulazioni con appositi inalatori possono provocare una risposta rapida, ma la rapida insorgenza di elevate concentrazioni ematiche può rischiare di compromettere il profilo di sicurezza del farmaco. Un'ultima considerazione è inerente all'elevato costo di questi apparecchi. La confezione di 10 dosi da 50 µg ha un costo al pubblico di circa 107 €, contro un costo di circa 43 € per le compresse orosolubili (4 compresse), e un costo di circa 3 € per 5 fiale di fentanil da 100 µg.
Effetti collaterali e indesiderati
Gli effetti collaterali più importanti (oltre il 10% dei pazienti) includono diarrea, nausea, costipazione, secchezza delle fauci, sonnolenza, confusione, astenia (debolezza), e la sudorazione. Con minore frequenza (3-10% dei pazienti) si registrano dolore addominale, cefalea, affaticamento, anoressia e calo ponderale (perdita di peso), vertigini, nervosismo, allucinazioni, ansia, depressione, sintomi simil-influenzali, dispepsia, dispnea (respiro corto), ipoventilazione, apnea e ritenzione urinaria. Fentanil è stato anche associato con l'afasia.Pur essendo un analgesico più potente, il fentanil tende a indurre minore senso di nausea e minore rilascio di istamina, e di conseguenza meno prurito, rispetto alla morfina.
Come altri per altri farmaci liposolubili, la farmacodinamica di fentanil non è di facile interpretazione. I produttori riconoscono che non ci sono dati sicuri sulla farmacodinamica di fentanil nei pazienti anziani, nei soggetti cachettici o debilitati, vale a dire il tipo di paziente che spesso ricorre a fentanil per via transdermica. Questo fatto potrebbe spiegare il crescente numero di segnalazioni, registrate fin dagli anni '70, di un grave effetto avverso, la depressione respiratoria. Nel 2006 l'agenzia statunitense Food and Drug Administration ha incominciato a tenere sotto osservazione una serie di morti sospette causate da arresti respiratori e/o cardiaci. L'agenzia del farmaco del Regno Unito ha messo in guardia i medici sui possibili rischi correlati all'uso di fentanyl solo nel settembre 2008.
Il fentanyl risulta essere una delle droghe più acquistate sul mercato clandestino delle droghe nel dark web, dove gli utenti possono acquistarla utilizzando i Bitcoin (uno dei siti maggiormente utilizzati per questo tipo di traffici è Alphabay). La droga viene acquistata prevalentemente dall'Asia, e soprattutto dalla Cina dove si situa il maggior numero di fornitori di oppiodi sintetici, e recapitata per posta in una normale busta da lettere. Le autorità stimano che nel 2015 l'assunzione di fentanyl e altre simili droghe abbia causato 9.580 morti negli Stati Uniti, un aumento del 73% rispetto al 2014. Si stima inoltre che il numero di morti per overdose negli Stati Uniti sia in aumento, con un numero di morti che si aggira intorno ai 59.000 nel 2016
ENGLISH
An opium-based anesthetic. After days of doubt and controversy, for the first time tonight, the Russian government reveals the nature of the gas used by the leather heads to knock out the Chechen kidnappers of the Dubrovka theater and free the 800 hostages, 117 of whom died just for gas intoxication (two others, however, for gunshot wounds). Not a lethal substance or prohibited by international conventions - one of the many assumptions made in recent days - but a gas based on fentanyl, an anesthetic based on opium: it was officially announced by the Minister of Health Alexander Shevchenko.
The fentanyl-based gas, an opiate, was introduced into the theater by Russian special departments to numb the terrorists, but its indirect effects (and perhaps, according to media reports, the delay in relief efforts) also caused the death of 117 hostages about 800.
The gas used can not in any case per se "cause death", said the minister, stressing that it is an "anesthetic" substance commonly used in surgical operating theaters. So how are those 117 so dead? "The fatal outcome" for some hostages, according to the minister, "is linked to the fact that it was used against people who were in conditions of dehydration, malnutrition, lack of oxygen, great psychological stress and forced immobility ".
Shevcenko, on the other hand, denied that the doctors involved in the rescue had not been warned "of a possible operation" and said that the sanitary facilities had been equipped "with more than a thousand doses of antidote". Finally, the minister reiterated that "no substance prohibited by international conventions" was used during the blitz. This point was also highlighted by the Foreign Ministry spokesman, Aleksandr Iakovenko.
Neuropathic pain: anatomopathological mechanisms
Among the areas of pharmacological research on pain that have made the most progress is that of neuropathic pain. The most important acquisitions concern the ionic membrane channels, the neurotransmitter glutamate, the endocannabinoids, the peptides. Ionic channels are cell membrane proteins essential for the proper functioning of neuronal activity. In fact, they represent the mediators of cell excitability, whose functioning is regulated by precise biophysical laws. The alteration of the normal balance of the different channels is due to an altered neuronal function, which is in turn the basis of various diseases affecting the central nervous system (CNS). The recent acquisitions on the molecular structure of the channels, and on the variations both in expression and activity observed in the course of various pathologies, have allowed to program molecules able to selectively inhibit the function of the altered channels. In the case of neuropathic pain it is now established that important changes occur in the expression of particular subunits that form the channel itself, associated with a redistribution of the canal in the affected structures. In these conditions, the canal is no longer able to respect the biophysical properties that regulate its opening and closing times, and determines a state of neuronal hyper-excitability that contributes to maintaining a persistent, chronic state of pain.
Among the most studied and characterized ion channels, it is necessary to remember the sodium channels and the calcium channels, both voltage-dependent, ie whose functional kinetics depend strictly on the membrane potential of the neuron. In peripheral sensory neurons, the selective expression of two genes coding for sodium channels, Nav1.8 and Nav1.9 has been confirmed. Furthermore, the presence of Nav1.3 has been demonstrated in damaged peripheral neurons with excessive electrical excitability. It should be added that the involvement of sodium channels in the mechanisms underlying neuropathic pain is also demonstrated by the efficacy of antiepileptic drugs and local anesthetics, such as lidocaine, which are known for their ability to block these channels.
Da:Molecular biology and electrophysiology techniques have allowed to characterize the molecular structure also of calcium channels. These are membrane proteins composed of 4-5 subunits encoded by distinct genes. As with sodium channels, the kinetics of these channels are linked to complex biophysical properties. The activity of calcium channels is essential for proper cellular functioning, as they are involved in important phenomena such as neurotransmission, muscle contraction, gene expression. The entry of calcium into the cell takes place through the channels, and triggers a cascade of events that allows the transmission of information from one cell to another. This is also valid in the transmission of the painful signal. In sensory neurons dedicated to nociceptive transmission, calcium, through its channels, is a sign of beginning and maintenance of the nociceptive message. In the case of chronic neuropathic pain, for example, the N-type channels have been identified as the main authors of the increase in excitability of the peripheral neuron and of the release of chemical substances able to prolong the duration of the pain impulse.
With regard to the neurotransmitter systems involved in the transmission of pain information, it was found that glutamic acid represents the most common excitatory neurotransmitter in the CNS and plays a key role in many functions. Glutamic acid receptors are divided into two broad functional categories: ionotropic receptors and metabotropic receptors. The ionotropic receptors are linked to the opening of ion channels, while the group of metabotropic receptors, coupled with G proteins, is in turn subdivided into three subgroups, based on the pharmacological profile and the biochemical mechanism. In recent years, a large number of experimental and clinical trials have been conducted in order to clarify the role of these receptors in pathological processes affecting the CNS.
The ionotropic receptor for N-methyl-d-aspartate (NMDA) has a ubiquitous distribution in the CNS; in the spinal cord it is localized in the dorsal horns and is involved in the transmission of pain. Any damage to peripheral nerves induces an increase in local glutamate release that opens the NMDA receptor by triggering a persistent mechanism of transmission of the algogenic message. This phenomenon is known as wind-up or 'central sensitization' and explains why pharmacological research has made a considerable effort in trying to find molecules capable of blocking this receptor. Indeed, preclinical studies have demonstrated the efficacy of pharmacologic agents with NMDA receptor antagonist action. Clinical trials conducted on patients have confirmed this effect, but indicate the appearance of important side effects, such as sedation and dysphoria. A more promising approach seems to be represented by the use of molecules able to inhibit specific subunits of the receptor itself. In this regard, agents capable of blocking the NR2B subunit deserve special attention. Experimental and preclinical data have shown that these substances have a much safer profile and without the side effects mentioned above. There has emerged the possibility of using, rather than true receptor antagonists, modulators of allosteric sites of the NMDA receptor complex. In particular, some molecules with modulatory action have been studied on the glycine site. Despite encouraging experimental studies, clinical data to date do not seem to confirm a clinical value that would justify its use.
Pharmacological and immunohistochemical data indicate that group I metabotropic glutamate receptors are involved in nociceptive transmission. In addition to the role that glutamate plays in the transmission of pain both at the medullary and thalamic and cortical levels, it has been shown that it is also able to excite the peripheral nociceptive neurons, mediating responses that are also linked to the activation of metabotropic receptors. Experimental research suggests that such receptors may represent an interesting pharmacological target. However, there are currently no clinical data on the possible efficacy and tolerability of these molecules.
The results of the trial suggest that, in addition to glutamate, several neuropeptides released at the peripheral level contribute to the genesis of neuropathic pain: the substance P and the Calcitonin gene-related peptide (CGRP) are indicated as responsible for the induction of pain, and the CGRP it would also be involved in the phases of maintaining the algogenic signal. Following a painful stimulus, substance P is released into the spinal cord, and activates membrane receptors called NK1. Experimental studies have confirmed that inhibition of such receptors is capable of reducing nociceptive transmission. Therefore, many NK1 receptor antagonists have been produced in the last decade. Unfortunately, the hope of finding a new class of powerful analgesics in them has not been confirmed by as many clinical studies. Lanepitant, a selective NK1 antagonist, has been tested in patients with chronic neuropathic pain. Although well tolerated, the drug has not been shown to be effective in counteracting painful symptoms. In migraine attacks it has been shown that the CGRP peptide is released at the level of the trigeminal system, the fiber system responsible for conveying the pain sensations that come from the facial and cranial territories. The research of molecules with antagonist action towards CGRP has recently led to the production of drugs that have been tested in clinical trials on patients with migraine. These drugs have shown a good tolerability and above all a good efficacy in blocking migraine attacks.
The psychoactive properties of Cannabis sativa derivatives (known as cannabinoids) have been known since ancient times: their ability to generate states of euphoria and alterations of spatio-temporal perceptions, together with a feeling of muscular relaxation, ease in interpersonal relationships and greater tolerance in painful states were known among the peoples of the Middle East as early as 4000 BC Besides the recreational uses, some therapeutic effects were well known in many pathologies such as headache and pain caused by rheumatic and articular diseases. To date, at least 60 pharmacologically active cannabis derivatives known as cannabinoids have been identified, of which the most studied are δ-tetrahydrocannabinol (Δ-THC) and cannabidiol, the main ones responsible for the psychomimetic effects of drugs. widespread abuse, such as hashish and marijuana. The discovery in humans of two membrane receptors able to interact with these derivatives, called CB1 and CB2, has given great scientific impulse to the pharmacological research on pain. The aim is to identify possible pharmacological agents able to replicate the beneficial effects of cannabinoids, such as analgesia, but eliminating the psychotropic effects of the CNS. Numerous studies in experimental pain models have highlighted the ability of some exogenous substances to stimulate cannabinoid receptors and thus reduce sensitivity to nociceptive stimuli. Human clinical studies have shown fair efficacy in those forms of pain that are poorly sensitive to analgesics of common use, such as pain during neoplasms, neuropathic pain and postponial neuralgic pain. The current limit of potential medical therapy with Δ-THC is represented by the effective clinical dose: the amount of drug that has shown therapeutic efficacy has in fact been so high as to generate adverse reactions higher than the clinical benefits. However, some synthetic endocannabinoid-like compounds are currently in an advanced stage of study for the treatment of cancer and herpes zoster infection. For example, a recently published study in patients with chronic neuropathic pain has demonstrated the efficacy and tolerability of ajulemic acid, a synthetic derivative of tetrahydrocannabinol but apparently without psychoactive properties. At the present time, moreover, there are several clinical trials on synthetic derivatives of tetrahydrocannabinol in order to evaluate the possibility of use in pain during multiple sclerosis.
Finally, the so-called ionic channels for vanilloids, temperature-sensitive transient receptor potential vanilloids, TRPVs, which contribute in an important way to the normal transmission of the sensation that accompanies temperature variations, but also pain, should be mentioned. in recent years they have become an interesting therapeutic target for pain therapy. The TRPV channels are activated by capsaicin, the main natural component of chilli pepper. The ability of this substance to induce sensations of heat but also an unpleasant sense of annoyance are well known. The characterization of the biochemical aspects of the TRPV channels and their wide distribution in human tissues indicate however that they are involved in different cellular functions. The experimental observation that capsaicin and other similar substances are able to produce analgesia has led to the search for synthetic analogs. In recent years, two research lines have been pursued: the first is aimed at optimizing therapies based on the use of agonist substances, able to bind to TRPVs and which inactivate nociceptive fibers; the second one is instead represented by the identification of pharmacological agents with antagonistic action on the TRPV channel, which would however produce a pain-relieving effect. Preliminary data have produced encouraging results in experimental pain models, however it is still premature to claim that such drugs may have an application field in the near future.
Opiate drugs
The use of opiate drugs remains a first choice option in the treatment of chronic pain syndromes, particularly during cancer. In the treatment of neuropathic pain, opioids have shown their effectiveness. A review of the literature confirmed the usefulness of drugs with agonist action on opioid receptors, but with a good tolerability profile. Recently, synthetic opiates have been introduced on the market, used as analgesics and as general anesthetics in surgical procedures. Substances such as fentanyl, sufentanyl, remifentanyl, alfentanyl, have shown excellent clinical efficacy and good tolerability. In general, the choice between opioids depends on their pharmacodynamic and pharmacokinetic properties, ie the speed with which they enter the circulation, they act and are eliminated. This applies, however, mainly for use in the operating room. The use of opioids for chronic pain must however respect the principle of maximum analgesia with the lowest incidence of adverse events. This is the recommendation of the most recent guidelines, which direct the therapeutic choice towards the simplest dosing scheme and the least invasive mode of administration. Morphine is still considered by many as the first choice opioid. However, this does not always correspond to better clinical efficacy or tolerability. For example, the use of fentanyl administered transdermally via a patch containing the active substance (Transdermal therapeutic system, TTS) has recently been approved. The analgesic effect of opioids with long duration of action such as fentanyl has been shown in patients with neuropathic pain, pain in the course of neoplasms and chronic lumbago. The effectiveness of these treatments is obviously the source of a significant improvement in the quality of life of the subjects treated. There are now many controlled clinical trials that have compared fentanyl to classical opioids, such as morphine. In one study the results indicate that the two analgesics are equally effective, but that fentanyl has a higher tolerability, ie there is a lower incidence of side effects. The good tolerability of fentanyl was also observed in patients who had never taken opioids and in elderly patients.
In 2001 a new law on prescription of opiate drugs for the treatment of severe chronic pain was promulgated in Italy. In accordance with the guidelines of the World Health Organization, we wanted to ensure a more effective treatment of pain in terminally ill patients and those suffering from severe pain that does not respond to common analgesic treatments. The law has the merit of streamlining the procedures related to the prescribability of opiates, making them more accessible to the patient; it concerns the following opiate drugs: buprenorphine, codeine, dihydrocodeine, fentanyl, hydrocodone, hydromorphone, methadone, morphine, oxycodone, oxymorphone.
Fentanyl (also known as fentanyl or fentanyl, or under the trade names Sublimaze, Actiq, Durogesic, Duragesic, Fentanest, Effentora, Onsolis, Instanyl, Abstral and others) is a potent synthetic opioid analgesic, belonging to the phenylpiperidine class.
Fentanyl is about 100 times more potent than morphine: 100 micrograms of Fentanyl are roughly equivalent to 30 mg of morphine and 125 mg of pethidine (meperidine) in analgesic activity, with a rapid onset and short duration of action. It is a strong μ-receptor agonist for opioids. Historically it has been used to treat chronic pain and is commonly used before surgery or "invasive" maneuvers as an anesthetic, in association with a benzodiazepine. It has an LD50 of 3.1 mg / kg in rats and an LD50 of 0.03 mg / kg in monkeys.
The fentanyl was synthesized by Dr. Paul Janssen in 1960, thanks to the synthesis, some years earlier, of the petidine. [1] Janssen succeeded in developing the fentanyl by analyzing some structurally similar substances related to pethidine, also with activity opioid. The widespread use of fentanyl has triggered the production of fentanyl citrate (the salt of the drug, formed by the combination of citric acid and fentanyl in a stoichiometric ratio of 1: 1). Fentanyl citrate became part of clinical practice as a general anesthetic under the trade name of Sublimaze around 1960. Later many other fentanyl analogues were developed and introduced into medical practice, including sufentanil, alfentanil, remifentanil and lofentanil. The latter are even more powerful, up to 10 thousand times the morphine, with activity in humans starting from 1 μg.
In the mid-nineties, Fentanyl saw its first appearance for palliative care with the introduction into clinical practice of the fentanyl-based patch, called Durogesic. In the following decade, the first "lollipop" based on fentanyl was introduced, an oromucosal formulation called Actiq, and subsequently of the orosoluble tablets called Fentora.
Thanks to the possibility of controlled release via transdermal patches, fentanyl has now become the most widely used synthetic opiate in clinical practice. A number of new delivery methods are still under study and in development, including a sublingual spray for patients with cancer.
Effects
It has a similar effect to that of other opiates, especially in sublingual tablets, where the illicit use is to squeeze the tablets and then sniff them.
The higher the dosage, the higher the risk of an overdose, and above all the establishment of a tolerance.
An 800 microgram dose of fentanyl is equivalent to 200 milligrams of pure morphine.
As it is equivalent to 35 mg of methadone, fentanyl, being more powerful, reacts to pain in a short time (30 seconds compared to the max peak reached by 2 hours of methadone or 25/35 minutes of the morphine in tablets).
Pharmacodynamics
Fentanyl is a pure opiate agonist and as such, its main therapeutic action is represented by analgesia. The molecule provides most of the effects typical of other opioids, in particular, in addition to analgesia, anxiolysis, euphoria, feeling of well-being, constipation and miosis, suppression of cough and respiratory depression. These effects are determined by agonism for μ opioid receptors. Its greater potency compared to morphine depends largely on its high lipophilicity. Because of this, it can more easily penetrate into the central nervous system. As with other pure agonist analgesics, as the dose increases, there is an increase in analgesic activity. There is no true default maximum dose, as the limit of analgesic efficacy is imposed only by the appearance of possible side effects, the most serious of which include drowsiness and respiratory depression.
Analgesia
The analgesic effects of Fentanyl are related to the blood concentrations reached by the drug. In general, the effective concentration (and toxicity) increase with the increased tolerance acquired on opioids. However, the degree of tolerance varies greatly from individual to individual. It follows that the dose of Fentanyl to be used should always be individually titrated in search of the desired effect.
Central nervous system
The effects of Fentanyl on the central nervous system are diversified. The precise mechanism on which the analgesic action is based is not known, even though the molecule is notoriously a mu receptor agonist for opioids. Specific receptors for endogenous opioids have been identified throughout the brain and in the spinal cord.
The respiratory depression induced by the drug is probably due to a direct action on the respiratory centers of the brain stem, which are depressed in their activity of electrical stimulation and also see a reduced reactivity to increases in carbon dioxide. The depression effect of the cough reflex is also due to a direct effect on the cough center in the medulla. The antitussigen effects are recorded at dosages lower than those normally required to induce analgesia. Fentanyl also causes miosis, but it is not clear through which interaction.
Gastrointestinal system
Fentanyl causes reduced gastrointestinal motility and increased smooth muscle tone of the stomach and duodenum. The digestion of food is delayed and the peristaltic propulsive contractions of the small intestine and colon are reduced. At the same time the hypertonis of the intestinal smooth muscle can lead to the onset of constipation. There was also a reduction in gastric, biliary and pancreatic secretions, with a tendency to spasm of the sphincter of Oddi.
Cardiovascular system
Fentanyl causes a release of histamine, which sometimes accompanies peripheral vasodilatation. Other manifestations of histamine release include pruritus, rash, conjunctival hyperemia (red eyes), sweating and orthostatic hypotension.
Respiratory System
Fentanyl can cause a respiratory depression. The risk of this occurrence is lower in patients on chronic therapy with opioids who develop tolerance to the effects of these substances. During the drug titration phase, the appearance of somnolence should be seen as a sentinel event, a precursor of respiratory depression. The peak of respiratory depression may already appear 15 to 30 minutes after the initiation of fentanyl and may persist for several hours. It should be kept in mind that some subjects may experience severe or fatal respiratory depression even at the normal recommended doses. Fentanyl, when administered rapidly intravenously at high doses, can interfere with breathing as it causes stiffness in the muscles of breathing.
Pharmacokinetics
Following intravenous administration, Fentanyl is rapidly distributed in biological tissues. The drug accumulates in skeletal muscle and in adipose tissue is slowly released into the blood. The half-life is variable between 3 and 12 hours. The volume of distribution of fentanyl is 4 l / kg. Fentanyl is mainly metabolised in the liver. The drug undergoes a high clearance of first pass. Elimination occurs predominantly by urinary route, in the form of metabolites and only about 10% as unchanged drug. Approximately 9% of an intravenous dose is found in the faeces, especially as metabolites. When the drug is administered intravenously, the onset of action is almost immediate. The maximum analgesic and depressive respiratory effect is reached within a few minutes. The duration of action of analgesia is 30-60 minutes, after a single intravenous dose of 100 mcg (equivalent to 0.1 mg). Administered intramuscularly, the onset of action of Fentanyl is observed after approximately 7-8 minutes. The duration of action is longer reaching 1-2 hours. It should be noted that the duration of respiratory depression induced by fentanyl may be significantly longer than the analgesic effect. Fentanyl has the property of slowing the respiratory rate, and the peak of respiratory depression of a single intravenous dose is noted between 5 and 15 minutes after injection.
Chemistry
Synthesis
The synthesis of fentanyl (N-phenyl-N - (1-phenethyl-4-piperidinyl) propanamide) was carried out by Janssen Pharmaceutica in four steps, starting from 4-piperidinone hydrochloride. The sequence begins with N-alkylation of 4-piperidinone hydrochloride with 2-phenylethylbromide to give N-phenethyl-4-piperidinone (NPP). The next step comprises the reductive amination of NPP using sodium aniline and borohydride to give 4-aniline-N-phenethylpiperidine (ANPP). The last stage involves the N-acylation of the tertiary amine with propionic anhydride to form the final product, fentanyl.
analogues
The pharmaceutical industry has developed several analogs of the Fentanyl:
Alfentanil (trade name Alfenta), a molecule with analgesic activity and ultra-short duration of action (from 5 to 10 minutes).
Sufentanil (trade name Sufenta), a powerful analgesic (5 to 10 times more powerful than Fentanyl) used in some particular surgical procedures, and in particular for those subjects heavily tolerant or dependent on opioids. The affinity of the molecule for its binding sites is so high that, theoretically, it is sufficient to break the block caused by buprenorphine (an agonist-antagonist substance) and to alleviate the pain caused by acute trauma in those patients who take high doses of buprenorphine.
Remifentanil (trade name ULTIVA), currently the opioid molecule with the shortest duration of action. Remifentanil has the advantage of a rapid offset (cessation of action), even when used for prolonged infusions over time.
Carfentanil (trade name Wildnil) is an analog of fentanyl but has an analgesic potency of 10,000 times that of morphine. This drug has found wide use in veterinary practice to immobilize some large animals, such as elephants.
Lofentanil another analogue of fentanyl with a power slightly higher than that of the aforementioned carfentanil.
Clinical uses
Intravenous fentanyl is widely used for anesthesia and analgesia, most often in operating theaters and intensive care units. It is often given in combination with a benzodiazepine, such as midazolam (generally preferred to diazepam for the shorter half-life) to produce analgesia during the anesthesia period. Extremely common is its use in the induction of anesthesia associating it with a hypnotic agent like propofol.
Analgesic action is also exploited in many diagnostic or therapeutic procedures, such as endoscopy, cardiac catheterization, oral surgery and others. In addition, Fentanyl (usually transdermally) is often used in the treatment of chronic pain and especially neoplastic pain.
It has also been used in endodontics to improve local anesthetic action during root canal treatment.
Transdermal formulations
Fentanyl is available as a transdermal patch for the treatment and management of chronic pain (Durogesic / Duragesic / Matrifen). The patch gradually releases the active ingredient that tends to accumulate in the body's fatty tissues. From these storage sites, the drug is slowly released into the blood for a period of time that can reach 72 hours, thus allowing pain relief for a long time.
Fentanyl transdermal patches (marketed by several pharmaceutical companies as an equivalent medicine) are produced in different formats: 5.25 cm² patches characterized by a release rate of 12.5 mcg / h, 10.5 cm² patches with a speed of release of 25 mcg / hr, 21.0 cm² and release of 50 mcg / hr, 31.5 cm² and release of 75 mcg / hr, 42 cm² and release of 100 mcg / hr.
The dosage, as seen, varies with the size of the patch, as the transdermal absorption rate, at a specific skin temperature, is generally constant. The rate of absorption depends on a number of factors: body temperature, individual skin characteristics, body fat, and positioning of the patch itself.
The different release systems used by the various producers can determine a different rate of individual absorption. The patch will typically have effect, under normal conditions, within 8-12 hours. For this reason, fentanyl patches are often prescribed in combination with other opioids (eg morphine, methadone, hydromorphone and oxycodone) to manage acute pain adequately. In the context of palliative care, Fentanyl transdermally plays a specific role.
It is in fact used in:
patients already stabilized with other opioids who have persistent swallowing problems and can not use or tolerate the parenteral or subcutaneous route;
patients with moderate renal impairment (creatinine clearance between 30 and 50 mL / min) to severe (creatinine clearance <30 mL / min)
patients who experienced bothersome negative effects with morphine, hydromorphone or oxycodone.
Formulation for oromucosal administration
On the market there is a solid formulation of fentanyl citrate on a stick shaped like a lollipop (Actiq), which should be placed in the mouth, resting against the cheek, and then rhythmically moved inside the oral cavity using the appropriate applicator. This type of action, typical of the use of lollipops, allows the product to melt slowly in the mouth maximizing the oromucosal intake. The oromucous formulation has been flavored with a wild berry flavor, and just like a lollipop or Chupa Chups, is placed on a stick that allows the rotation and tamponing on the surface of the oral mucosa, cheeks, tongue and of the gums. The formulation should be kept in the mouth and not chewed, because the correct use allows the rapid release of fentanyl in the body. In fact, the absorption of fentanyl through the mucosa of the mouth occurs much more rapidly than systemic assimilation, secondary to ingestion, with absorption by the gastrointestinal tract. In fact, even in the presence of a good absorption capacity by the small intestine, the important first pass metabolism must be kept in mind, which leads to an oral bioavailability of about 33%. People with dry mouth may use the product with the foresight to moisten the mucosa of the mouth with a few drops of water. The oromucosal formulation should be consumed within about 15 minutes. If the consumer shows signs of opioid effects, first of all drowsiness, before the complete exhaustion of the unit, it is necessary to immediately stop the intake by removing the product from the mouth and evaluate the possibility of reducing the dosage in the future. exposure time. The oromucosal formulation is intended for opioid-tolerant individuals and has been shown to be effective in the treatment of neoplastic pain. It is also useful for severe acute pain that may manifest subjects suffering from severe osteostrosicheche pathologies, low back pain, in some cases of neuropathy, acute arthritis and in other cases of chronic non-neoplastic pain. An interesting application of the oromucosal formulation is its possible use in small pediatric patients, involved in trauma and for which there is a problem of pain management. This formulation often allows a more "soft" approach, avoiding in the first instance the cannulation of a peripheral vein, thus allowing greater compliance of the small patient. On the other hand careful monitoring of the child and careful titration of the therapeutic dose is necessary.
The formulation is available in six dosages: tablets of 200 μg, of 400 μg, of 600 μg and 800 μg, to which are added dosages of 1200 μg and 1600 μg. The commercial packs contain from a minimum of 3 to a maximum of 15 pads. There are also formulations produced by pharmaceutical companies as an equivalent medicine.
Nasal spray formulation
Recently, nasal spray formulations have become commercially available. At each nasal delivery, 50 μg of active ingredient are sprayed into one nostril. The dose can be progressively increased until a sufficient dosage is achieved to ensure a marked improvement in the pain symptoms. If the results obtained are not considered satisfactory, it is possible to administer the same quantity of drug again but not less than 10 minutes after the first delivery. Commercially available nasal spray formulations of different dosages, with available concentrations of 50 μg of active ingredient, 100 μg and 200 μg. Nasal sprays and some formulations with appropriate inhalers may provoke a rapid response, but the rapid onset of high blood concentrations may risk compromising the safety profile of the drug. A final consideration is inherent to the high cost of these devices. The pack of 10 doses of 50 μg has a cost to the public of about € 107, compared to a cost of about € 43 for orosoluble tablets (4 tablets), and a cost of about € 3 for 5 vials of fentanyl from 100 μg.
Side effects and unwanted
The most important side effects (over 10% of patients) include diarrhea, nausea, constipation, dry mouth, drowsiness, confusion, asthenia (weakness), and sweating. Less frequently (3-10% of patients) are abdominal pain, headache, fatigue, anorexia and weight loss (weight loss), dizziness, nervousness, hallucinations, anxiety, depression, flu-like symptoms, dyspepsia, dyspnea (breath) short), hypoventilation, apnea and urinary retention. Fentanyl has also been associated with aphasia. Although it is a more potent analgesic, fentanyl tends to induce less sense of nausea and less release of histamine, and consequently less pruritus, than morphine.
Like others for other liposoluble drugs, the pharmacodynamics of fentanyl is not easy to interpret. The manufacturers acknowledge that there are no reliable data on the pharmacodynamics of fentanyl in elderly patients, in cachectic or debilitated subjects, ie the type of patient who often resorts to fentanyl via the transdermal route. This fact could explain the growing number of reports, recorded since the '70s, of a serious adverse effect, respiratory depression. In 2006, the US Food and Drug Administration began to monitor a series of suspicious deaths caused by respiratory and / or cardiac arrest. The UK drug agency warned physicians about possible risks related to the use of fentanyl only in September 2008.
Fentanyl is one of the most bought drugs on the illegal drug market in the dark web, where users can buy it using Bitcoins (one of the most used sites for this type of trafficking is Alphabay). The drug is mainly purchased from Asia, and especially from China where there is the largest number of synthetic opioid suppliers, and delivered by post in a normal envelope. Authorities estimate that in 2015 the intake of fentanyl and other similar drugs caused 9,580 deaths in the United States, a 73% increase compared to 2014. It is also estimated that the number of deaths from overdoses in the United States is increasing, with a number of deaths that is around 59,000 in 2016
Da
http://www.repubblica.it/online/esteri/moscaquattro/ministro/ministro.html
http://www.treccani.it/enciclopedia/terapia-farmacologica-del-dolore_%28Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica%29/
https://it.wikipedia.org/wiki/Fentanyl
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