L'ESISTENZA DELLA FORZA ROTAZIONALE INDOTTA, INTUITA PER PRIMO DAL DOTT. GIUSEPPE COTELLESSA, PUO' AIUTARE A CAPIRE MEGLIO COSA SIANO I FOTONI.
L'ESISTENZA DELLA FORZA ROTAZIONALE INDOTTA, INTUITA PER PRIMO DAL DOTT. GIUSEPPE COTELLESSA, SUPERANDO I LIMITI DELLA FISICA DI NEWTON ED EINSTEIN, PUO' AIUTARE A CAPIRE MEGLIO COSA SIANO I FOTONI.
Dott. Cotellessa Giuseppe
Una delle prime applicazioni dell'esistenza della forza rotazionale indotta è quella di aiutare a capire meglio la natura del fotone.
Il limite attuale della scienza ufficiale riguardo a questo complicato fenomeno, è essere arrivato a identificare il fotone come una combinazione di variazioni di onde sinusoidali di campi elettromagnetici variabili perpendicolarmente tra loro e rispetto alla direzione di propagazione del fotone a velocità costante c.
Se consideriamo che il fotone si può generare dal processo di annichilazione tra un elettrone ed un positrone, che sono particelle elementari con masse uguali e con cariche elettriche opposte ( probabilmente bisognerà incominciare a ipotizzare anche con masse opposte (massa ed antimassa)), tutto incomincia a tornare.
Nel processo di interazione tra elettrone e positrone è come se le particelle si accoppiassero in qualche modo particolare, per cui la carica totale complessiva è zero. Il fotone risulta una particella che risulta complessivamente neutra ma in qualche modo queste particelle che rimangono singolarmente cariche elettricamente ruotano o si muovono in qualche modo. Le cariche elettriche dell'elettrone e del positrone restando in qualche modo anche separate tra loro e ruotando, creano un campo elettrico variabile che a sua volta crea un campo magnetico variabile.
L'esistenza di una completa simmetria delle equazioni di Maxwell per i campi gravitorotazionali dovrebbe avere profonde conseguenze nella fisica.
L'unificazione dei campi gravitorotazionali con quelli elettromagnetici ha importanti implicazioni, a cominciare nel capire meglio il comportamento della natura del fotone e a porre attenzione alla scarsa considerazione delle altre teorie fisiche che ingiustamente hanno un pò trascurato l'importanza della causa del fenomeno della rotazione dei corpi sia a livello del macrocosmo che in quello del microcosmo.
Vediamo che cosa implica in prima battuta, con i conti della serva, nel miglioramento della comprensione della natura del fotone l'esistenza della forza rotazionale indotta.
Ipotizzando che il positrone e l'elettrone abbiano massa e massa opposta (o antimassa) nel fotone la massa complessiva del fotone risulta nulla.
Il fotone, a differenza dell'esistenza campo elettromagnetico, non genera accelerazione meccanica ( equivalente del campo elettrico nel sistema elettromagnetico) e quindi si muove a velocità costante pari a quella della velocità della luce.
Tuttavia ha una propria frequenza di rotazione generata probabilmente dal vortice di rotazione costituito dal sistema dalle particelle di elettrone e positrone, che non è la stessa per tutti i fotoni e che è legata all'energia del fotone con la nota relazione di Einstein:
E = hν
Secondo la nuova visione della forza rotazionale indotta, anche in assenza di accelerazione meccanica gravitazionale ci si può chiedere se essa possa dare origine ad una rotazione che può durare all'infinito anche in assenza di un momento della forza.
Le definizioni classiche di Newton accettate acriticamente da Einstein di generazione di rotazione dovuta all'esistenza del momento della forza diventano evanescenti ed inconsistenti per spiegare la frequenza del fotone che può persistere per tempi infiniti.
Mentre l'esistenza della forza rotazionale indotta portando all'unificazione del campo gravitorotazionale con quello elettromagnetico potrebbe spiegare il fenomeno della rotazione e della frequenza del fotone con la variazione del campo magnetico, come potrebbe esistere una certa relazione di interdipendenza tra campo magnetico terrestre con la rotazione della Terra.
Ovviamente stiamo parlando di semplici supposizioni, tutte da verificare sperimentalmente e teoricamente, ma almeno è stato aperto uno spiraglio per comprendere dal punto scientifico il mistero del fotone.
http://genioitalianogiuseppecotellessa.blogspot.it/2017/01/analisi-critica-della-fisica-di-newton.html
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https://www.linkedin.com/pulse/lesistenza-della-forza-rotazionale-indotta-intuita-per-cotellessa-1/?published=tChe cosa sono i fotoni?
La luce da sempre ha attratto la curiosità dell’uomo: di che cosa è fatta? Perché è così brillante? Il segreto sta nel fotone, una piccolissima particella di luce! Cerchiamo di scoprire insieme le principali caratteristiche di questa interessante particella elementare.
Quando aveva 16 anni, Albert Einstein sognò davanti ad uno specchio di cavalcare un raggio di luce. Il giovane sognatore intuì che non sarebbe riuscito a vedersi riflesso nello specchio, perché, stando sopra alla luce, si sarebbe mosso esattamente alla sua velocità; per potersi specchiare avrebbe dovuto superare la velocità della luce stessa. Qualche tempo dopo lo stesso Einstein, studente al Politecnico di Zurigo, si rese conto che la velocità della luce è una costante.
Cosa sono i fotoni?
Il termine fotone deriva dal greco e fu introdotto per la prima volta da Gilbert Lewis nel 1926. Il fotone si indica con la lettera greca γ ed è associato ad ogni radiazione elettromagnetica. Pur essendo un fenomeno ondulatorio, la radiazione elettromagnetica ha anche una natura quantizzata che le consente di essere descritta come un flusso di fotoni. Il fotone è una particella che ha vita infinita: può essere creato e distrutto dall’interazione con altre particelle, ma non può decadere spontaneamente. Pur non avendo massa, è influenzato dalla gravità e possiede energia; nel vuoto si muove alla velocità della luce (c=300000 km/s circa), mentre nella materia si comporta in modo diverso e la sua velocità può scendere al di sotto di c. In effetti, quando interagisce con altre particelle acquisisce massa e non si muove più alla velocità della luce. Bohr ipotizzò che un atomo può emettere un’ onda elettromagnetica (o radiazione) solo quando un elettrone si trasferisce da un’orbita con energia maggiore (Ei) a un’ orbita con energia minore (Ef). L’energia dell’onda elettromagnetica emessa è: E= Ei-Ef . Dal momento che sia Ei sia Ef possono assumere solo valori ben definiti, l’energia della radiazione elettromagnetica emessa dall’atomo non può avere qualsiasi valore, ma solo quantità discrete, dette quanti di energia: i fotoni. Quindi la materia è in grado di emettere o assorbire energia raggiante solo sotto forma di pacchetti energetici. Einstein calcolò l’energia associata ad ogni fotone e vide che era proporzionale alla frequenza dell’onda elettromagnetica.
Onda o particella? La doppia natura del fotone
Prima delle scoperte della prima metà del XX secolo, onde e particelle sembravano concetti opposti: un'onda riempie una regione di spazio, mentre un elettrone o uno ione hanno una locazione ben definita. Su scala atomica, in effetti, la distinzione diventa confusa: le onde hanno alcune proprietà delle particelle e viceversa. Effettivamente il fotone mostra una duplice natura, sia corpuscolare, sia ondulatoria: a seconda della strumentazione usata per rilevarlo, si comporta come una particella, o si comporta come un’onda. L’esperimento dell’effetto fotoelettrico (quel fenomeno per cui si ha emissione di elettroni da parte di un corpo colpito da onde elettromagnetiche) suggerisce la natura corpuscolare della luce, mentre i fenomeni di diffrazione e di interferenza suggeriscono una natura ondulatoria. Per valutare come la luce passi attraverso un telescopio, si calcola il suo moto come se la luce fosse un’onda. Però, quando la stessa onda cede la sua energia a un singolo atomo, risulta che essa si comporta come una particella. Indipendentemente dal fatto che un raggio di luce sia più brillante o debole, la sua energia viene trasmessa in quantità delle dimensioni di un atomo (il fotone) la cui energia dipende soltanto dalla lunghezza d'onda. Le osservazioni hanno mostrato che tale “dualità” onda-particella esiste anche in direzione opposta. Un elettrone dovrebbe avere, in ogni istante, posizione e velocità ben definite; ma la fisica quantistica ci dice che una precisione in osservazioni di questo tipo non può essere ottenuta, e ci suggerisce che il moto può essere descritto come un'onda. Il dualismo onda-particella era considerato paradosso fino all’introduzione completa della meccanica quantistica, che descrisse in maniera unificata i due aspetti. La radiazione si comporta come un’onda quando si propaga nello spazio, mentre si comporta come particella quando interagisce con la materia. Si introducono quindi nuove quantità e notazioni: un'onda elettromagnetica di lunghezza d'onda λ percorre una distanza di c metri ogni secondo. La sua frequenza ν, cioè il numero di oscillazioni in su e giù ogni secondo, si può ottenere dividendo c per la lunghezza d'onda: ν = c/ λ . Una legge fondamentale della fisica quantistica dice che l'energia E in joule di un fotone di frequenza ν è: E = hν, dove h = 6,624 10-34joule-sec è la "costante di Planck".
Luce solida e computer quantistici
Oggi si sa molto di più: i ricercatori dell’Università di Princeton sono riusciti a rallentare i fotoni e a creare una stranissima e nuova forma di luce: la luce solida! Hanno cioè creato un cristallo fatto non di atomi ma di fotoni, cioè di particelle che costituiscono la luce (fotoni congelati). Hanno ottenuto un agglomerato di 100 miliardi di atomi di materiale superconduttore come fosse un atomo artificiale; nelle sue vicinanze hanno fatto passare un filo superconduttore contenente fotoni. La luce ha potuto, così, “solidificarsi”, cambiando natura con un processo che è stato paragonato a una transizione di fase, cioè simile a quando un gas si condensa per diventare liquido o solido. Lo scopo finale dei ricercatori è la realizzazione di un computer quantistico capace di effettuare calcoli molto più complessi di quelli che risolvono i computer tradizionali. Chissà, magari tra qualche anno, un altro giovane sognatore potrà effettivamente cavalcare un cristallo di luce solida e rendere realtà il sogno del piccolo “grande” Einstein!
Quando aveva 16 anni, Albert Einstein sognò davanti ad uno specchio di cavalcare un raggio di luce. Il giovane sognatore intuì che non sarebbe riuscito a vedersi riflesso nello specchio, perché, stando sopra alla luce, si sarebbe mosso esattamente alla sua velocità; per potersi specchiare avrebbe dovuto superare la velocità della luce stessa. Qualche tempo dopo lo stesso Einstein, studente al Politecnico di Zurigo, si rese conto che la velocità della luce è una costante.
Cosa sono i fotoni?
Il termine fotone deriva dal greco e fu introdotto per la prima volta da Gilbert Lewis nel 1926. Il fotone si indica con la lettera greca γ ed è associato ad ogni radiazione elettromagnetica. Pur essendo un fenomeno ondulatorio, la radiazione elettromagnetica ha anche una natura quantizzata che le consente di essere descritta come un flusso di fotoni. Il fotone è una particella che ha vita infinita: può essere creato e distrutto dall’interazione con altre particelle, ma non può decadere spontaneamente. Pur non avendo massa, è influenzato dalla gravità e possiede energia; nel vuoto si muove alla velocità della luce (c=300000 km/s circa), mentre nella materia si comporta in modo diverso e la sua velocità può scendere al di sotto di c. In effetti, quando interagisce con altre particelle acquisisce massa e non si muove più alla velocità della luce. Bohr ipotizzò che un atomo può emettere un’ onda elettromagnetica (o radiazione) solo quando un elettrone si trasferisce da un’orbita con energia maggiore (Ei) a un’ orbita con energia minore (Ef). L’energia dell’onda elettromagnetica emessa è: E= Ei-Ef . Dal momento che sia Ei sia Ef possono assumere solo valori ben definiti, l’energia della radiazione elettromagnetica emessa dall’atomo non può avere qualsiasi valore, ma solo quantità discrete, dette quanti di energia: i fotoni. Quindi la materia è in grado di emettere o assorbire energia raggiante solo sotto forma di pacchetti energetici. Einstein calcolò l’energia associata ad ogni fotone e vide che era proporzionale alla frequenza dell’onda elettromagnetica.
Onda o particella? La doppia natura del fotone
Prima delle scoperte della prima metà del XX secolo, onde e particelle sembravano concetti opposti: un'onda riempie una regione di spazio, mentre un elettrone o uno ione hanno una locazione ben definita. Su scala atomica, in effetti, la distinzione diventa confusa: le onde hanno alcune proprietà delle particelle e viceversa. Effettivamente il fotone mostra una duplice natura, sia corpuscolare, sia ondulatoria: a seconda della strumentazione usata per rilevarlo, si comporta come una particella, o si comporta come un’onda. L’esperimento dell’effetto fotoelettrico (quel fenomeno per cui si ha emissione di elettroni da parte di un corpo colpito da onde elettromagnetiche) suggerisce la natura corpuscolare della luce, mentre i fenomeni di diffrazione e di interferenza suggeriscono una natura ondulatoria. Per valutare come la luce passi attraverso un telescopio, si calcola il suo moto come se la luce fosse un’onda. Però, quando la stessa onda cede la sua energia a un singolo atomo, risulta che essa si comporta come una particella. Indipendentemente dal fatto che un raggio di luce sia più brillante o debole, la sua energia viene trasmessa in quantità delle dimensioni di un atomo (il fotone) la cui energia dipende soltanto dalla lunghezza d'onda. Le osservazioni hanno mostrato che tale “dualità” onda-particella esiste anche in direzione opposta. Un elettrone dovrebbe avere, in ogni istante, posizione e velocità ben definite; ma la fisica quantistica ci dice che una precisione in osservazioni di questo tipo non può essere ottenuta, e ci suggerisce che il moto può essere descritto come un'onda. Il dualismo onda-particella era considerato paradosso fino all’introduzione completa della meccanica quantistica, che descrisse in maniera unificata i due aspetti. La radiazione si comporta come un’onda quando si propaga nello spazio, mentre si comporta come particella quando interagisce con la materia. Si introducono quindi nuove quantità e notazioni: un'onda elettromagnetica di lunghezza d'onda λ percorre una distanza di c metri ogni secondo. La sua frequenza ν, cioè il numero di oscillazioni in su e giù ogni secondo, si può ottenere dividendo c per la lunghezza d'onda: ν = c/ λ . Una legge fondamentale della fisica quantistica dice che l'energia E in joule di un fotone di frequenza ν è: E = hν, dove h = 6,624 10-34joule-sec è la "costante di Planck".
Luce solida e computer quantistici
Oggi si sa molto di più: i ricercatori dell’Università di Princeton sono riusciti a rallentare i fotoni e a creare una stranissima e nuova forma di luce: la luce solida! Hanno cioè creato un cristallo fatto non di atomi ma di fotoni, cioè di particelle che costituiscono la luce (fotoni congelati). Hanno ottenuto un agglomerato di 100 miliardi di atomi di materiale superconduttore come fosse un atomo artificiale; nelle sue vicinanze hanno fatto passare un filo superconduttore contenente fotoni. La luce ha potuto, così, “solidificarsi”, cambiando natura con un processo che è stato paragonato a una transizione di fase, cioè simile a quando un gas si condensa per diventare liquido o solido. Lo scopo finale dei ricercatori è la realizzazione di un computer quantistico capace di effettuare calcoli molto più complessi di quelli che risolvono i computer tradizionali. Chissà, magari tra qualche anno, un altro giovane sognatore potrà effettivamente cavalcare un cristallo di luce solida e rendere realtà il sogno del piccolo “grande” Einstein!
Il processo di annichilazione elettrone-positrone è una reazione che avviene quando un elettrone incontra un positrone (l'antiparticella dell'elettrone, ovvero una particella di antimateria): il susseguente processo di collisione innesca la produzione di 2 fotoni di annichilazione e, più raramente, di 3 fotoni o di altre particelle.
Questo processo deve seguire alcune leggi di conservazione, tra le quali:
- La conservazione della carica elettrica: la carica totale finale e iniziale è uguale a zero.
- La conservazione della quantità di moto e dell'energia totale: ciò proibisce la creazione di un singolo fotone di annichilazione.
- La conservazione del momento angolare.
È da notare come l'elettrone e il positrone possano interagire tra loro senza annichilazione, generalmente attraverso un processo di scattering elastico.
La reazione inversa, la creazione di un elettrone e di un positrone, è un esempio di produzione di coppia.
Annichilazione alle Basse Energie
A basse energie i risultati dell'annichilazione non hanno un'ampia varietà di casi; il più comune prevede la creazione di due o più fotonidi annichilazione; la conservazione dell'energia e della quantità di moto proibisce la creazione di un solo fotone. Nel caso più comune, vengono creati due fotoni aventi ciascuno un'energia pari all'energia a riposo dell'elettrone o del positrone (511 keV). Siccome il sistema possiede inizialmente una quantità di moto totale pari a zero, i raggi gamma vengono emessi in direzioni opposte. È comune anche la creazione di tre fotoni, a condizione che conservino la simmetria C.
È possibile la creazione di un qualsiasi numero di fotoni, ma la probabilità di ciascun fotone supplementare di essere generato dall'annichilazione è molto bassa a causa della maggiore complessità (e quindi minore probabilità di avvenire) dei processi coinvolti.
Anche una o più coppie neutrino-antineutrino possono essere prodotte dall'annichilazione, anche se con probabilità molto remote. A dire il vero, in teoria potrebbe essere prodotta qualsiasi coppia di particella-antiparticella, purché condivida almeno un'interazione fondamentale con l'elettrone e ciò non sia proibito da qualche legge di conservazione. Comunque sia, non è stata finora osservata nessun altra particella prodotta dall'annichilazione elettrone-positrone.
Annichilazione alle Alte Energie
Se l'elettrone e/o il positrone hanno elevata energia cinetica, possono essere prodotte diverse particelle massive (per esempio mesoni), purché l'energia delle due particelle sia sufficiente per trasformarsi nella corrispondente energia a riposo delle particelle prodotte. È ancora possibile ovviamente la produzione di fotoni, anche se questi emergeranno dall'annichilazione aventi energie molto elevate.
A energie vicine o superiori alla massa delle particelle trasportatrici dell'interazione debole, i bosoni W e Z, l'intensità di questa interazione diventa comparabile con la forza elettromagnetica. Ciò significa che diviene più comune la produzione di particelle come il neutrino, debolmente interagenti.
Le particelle più massive prodotte dall'annichilazione elettrone-positrone negli acceleratori di particelle sono la coppia Bosone W+ e Bosone W-, la singola particella più massiva è il Bosone Z.
Uno degli obiettivi dell'International Linear Collider è la produzione del bosone di Higgs a partire proprio dall'annichilazione elettrone-positrone.
Positronio
positrònio Sistema instabile, costituito da un positrone e un elettrone, che può formarsi prima dell'annichilazione delle due particelle. Esistono due tipi di p.: il parapositronio (vita media 10−10 s), in cui l'elettrone e il positrone hanno spin antiparalleli, e l'ortopositronio (vita media 10−7 s), in cui gli spin sono paralleli.
Il positronio (Ps) è un sistema altamente instabile costituito da un elettrone e dalla sua antiparticella, il positrone, legati dalla forza elettromagnetica a formare un atomo esotico.
Le orbite delle due particelle intorno al centro di massa e l'insieme dei loro livelli di energia sono molto simili a quelli dell'atomo di idrogeno. A causa però del fatto che la massa ridotta del sistema è pari a metà della massa dell'elettrone, le frequenze associate alle linee spettrali sono la metà di quelle corrispondenti dell'idrogeno.
Lo stato fondamentale del positronio, come quello dell'idrogeno, ha due configurazioni possibili che dipendono dalle orientazioni relative degli spin dell'elettrone e del positrone.
Lo stato di singoletto con spin antiparallelo (S = 0, Ms = 0) è noto come para-positronio (p-Ps) ed è denotato come 1S0. Ha una vita media di 0,125 nanosecondi e decade in modo preferenziale in due quanti gamma con energia di 511 keV ciascuno (nel centro di massa). La rilevazione di questi fotoni consente la ricostruzione del vertice del decadimento e viene utilizzata nella tomografia ad emissione di positroni. Il para-positronio può decadere in ogni numero pari di fotoni (2, 4, 6, ...), ma la probabilità decresce rapidamente con l'aumentare del numero: il rapporto di ramificazione per il decadimento in 4 fotoni è 1,439(2)×10−6.
Livelli di energia
Stati
La vita media del para-positronio (S = 0):
Lo stato di tripletto con spin paralleli (S = 1, Ms = −1, 0, 1) è noto come orto-positronio (o-Ps) e indicato come 3S1. Lo stato di tripletto nel vuoto ha una vita media di 142,05 ± 0,02 ns e la modalità principale di decadimento è di tre quanti gamma. Altri modi di decadimento sono trascurabili; per esempio, la modalità di cinque fotoni ha un rapporto di ramificazione di ~1,0×10−6.
La vita media dell'orto-positronio (S = 1):
Il positronio nello stato 2S è metastabile avente una durata di vita di 1,1 μs prima di annichilare. Se il positronio viene creato in un tale stato eccitato allora cadrà rapidamente allo stato fondamentale dove subitamente avverrà l'annichilazione. Le misurazioni di queste durate di vita, così come i livelli energetici del positronio, sono stati usati nei test di precisione in elettrodinamica quantistica.
L'annichilazione può procedere attraverso un numero di canali, ciascuno dei quali produce uno o più raggi gamma, prodotti con un'energia complessiva di 1022 keV (dato che ciascuna delle particelle annichilenti ha una massa di 511 keV/c2); la maggior parte dei probabili canali di annichilazione produce due o tre fotoni, a seconda della relativa configurazione dello spin dell'elettrone e positrone. Il decadimento di un singolo fotone è possibile soltanto se un altro corpo (per es. un elettrone) si trova in prossimità del positronio annichilante a cui una parte dell'energia dall'evento di annichilazione può essere trasferita. Sono stati osservati fino a cinque raggi gamma di annichilazione in esperimenti di laboratorio,[6] confermando le previsioni dell'elettrodinamica quantistica a un ordine molto elevato.
È anche possibile l'annichilazione in una coppia neutrino-antineutrino, ma la probabilità prevista è trascurabile. Il rapporto di ramificazione per il decadimento di o-Ps per questo canale è di 6,2×10−18 (coppia elettronica neutrino-antineutrino) e 9,5×10−21 (per ogni sapore non elettronico) nelle previsioni basate sul Modello Standard, ma può essere aumentato per mezzo delle proprietà del neutrino non standard, come la massa o il relativamente elevato momento magnetico. I limiti sperimentali superiori riguardanti il rapporto di ramificazione per questo decadimento sono: < 1,7×10−2 (p-Ps) e < 2,8×10−6 (o-Ps).
Mentre il calcolo preciso dei livelli energetici del positronio utilizza l'equazione di Bethe-Salpeter, la similarità tra il positronio e l'idrogeno consente una stima approssimativa, dove i livelli di energia sono differenti fra i due a causa del diverso valore della massa, m*, usata nell'equazione dell'energia
-
- Vedi Modello di Bohr per una derivazione.
- è la grandezza della carica dell'elettrone (come il positrone)
- è la costante di Planck
- è la costante elettrica (altrimenti nota come permittività dello spazio libero) e infine
- è la massa ridotta
La massa ridotta in questo caso è
-
- dove
- e sono, rispettivamente, la massa dell'elettrone e del positrone — che sono la stessa secondo la definizione di particelle e antiparticelle.
Perciò, per il positronio, la sua massa ridotta si differenzia solo dalla massa a riposo dell'elettrone di un fattore di 2. Questo fa sì che anche i livelli di energia siano grosso modo di circa la metà di quelli dell'atomo di idrogeno.
Così infine, i livelli energetici del positronio sono dati da
Il livello energetico inferiore del positronio (n = 1) è −6,8 elettronvolt (eV). Il successivo livello energetico più alto (n = 2) è −1,7 eV. Il segno negativo implica uno stato legato. Notiamo anche che l'equazione di Dirac dei due corpi composti da un operatore di Dirac per ognuno delle due particelle puntiformi che interagiscono tramite l'interazione di Coulomb può essere esattamente separata nel struttura del momento di centro (relativistico) e l'autovalore dello stato fondamentale che risulta è stato ottenuto con grande precisione utilizzando i metodi degli elementi finiti di J. Shertzer.+
Idruro di positronio
L'idruro di positronio è una molecola costituita da un atomo di positronio e uno di idrogeno. La sua formula è PsH. Ne venne prevista l'esistenza nel 1951 da A. Ore, e successivamente studiato teoricamente, ma non fu osservato se non nel 1990. R. Pareja, R. Gonzalez a Madrid intrappolarono il positronio nei cristalli di magnesia carichi di idrogeno. La trappola venne preparata da Yok Chen dell'Oak Ridge National Laboratory. Nel 1992 venne creato in un esperimento da David M. Schrader e F.M. Jacobsen e altri alla Università di Aarhus in Danimarca. I ricercatori fabbricarono molecole di idruro di positronio sparando intensi fasci di positroni nel metano, il quale ha una densità più elevata di atomi di idrogeno. Al momento del rallentamento, i positroni vengono catturati dai comuni elettroni per formare atomi di positronio i quali reagiscono quindi con gli atomi di idrogeno del metano.
Il PsH è costruito da un protone, due elettroni e un positrone. L'energia di legame è di 1,1 ± 0,2 eV. La durata della vita della molecola è di 0,5 nanosecondi.
La prima molecola di positronio
I ricercatori hanno aperto la strada allo studio delle interazioni tra diverse molecole di positronio utili per produrre radiazione gamma coerente e, in prospettiva, per la produzione di energia nucleare per fusione.
I fisici della Università della California a Riverside sono riusciti nell'intento di produrre per la prima volta positronio molecolare, costituito da una coppia di elettroni e da una coppia delle loro antiparticelle, chiamate positroni.
Secondo quanto viene riferito sull'ultimo numero della rivista “Nature”, i ricercatori hanno così aperto la strada allo studio delle interazioni tra diverse molecole di positronio – utili per poter un giorno riuscire a produrre radiazione gamma coerente, una sorta di laser a raggi gamma, e sviluppare così una tecnologia di produzione di energia nucleare per fusione. Oltre agli scopi applicativi, il risultato è ritenuto importante anche per migliorare le conoscenze di fisica delle particelle, che potrebbero un giorno fornire la risposta sulla asimmetria esistente nell'universo tra materia e anti-materia.
I ricercatori sono arrivati al risultato inviando intensi fasci di positroni su una pellicola sottile di silicio poroso, più comunemente detto quarzo minerale. Mentre vengono rallentati nel silicio, i positroni sono stati catturati da elettroni ordinari per formare atomi di positronio. Questi ultimi, per natura, hanno una vita molto breve, ma sufficiente per interagire tra loro, e poter in tal modo essere rivelati.
“Si tratta - ha commentato David Cassidy, primo autore del lavoro – del primo passo di questo tipo di esperimenti: la nostra speranza è di riuscire a vedere in futuro molti atomi di positronio che interagiscono simultaneamente l'uno con l'altro, e non solo due atomi alla volta”.
Secondo quanto viene riferito sull'ultimo numero della rivista “Nature”, i ricercatori hanno così aperto la strada allo studio delle interazioni tra diverse molecole di positronio – utili per poter un giorno riuscire a produrre radiazione gamma coerente, una sorta di laser a raggi gamma, e sviluppare così una tecnologia di produzione di energia nucleare per fusione. Oltre agli scopi applicativi, il risultato è ritenuto importante anche per migliorare le conoscenze di fisica delle particelle, che potrebbero un giorno fornire la risposta sulla asimmetria esistente nell'universo tra materia e anti-materia.
I ricercatori sono arrivati al risultato inviando intensi fasci di positroni su una pellicola sottile di silicio poroso, più comunemente detto quarzo minerale. Mentre vengono rallentati nel silicio, i positroni sono stati catturati da elettroni ordinari per formare atomi di positronio. Questi ultimi, per natura, hanno una vita molto breve, ma sufficiente per interagire tra loro, e poter in tal modo essere rivelati.
“Si tratta - ha commentato David Cassidy, primo autore del lavoro – del primo passo di questo tipo di esperimenti: la nostra speranza è di riuscire a vedere in futuro molti atomi di positronio che interagiscono simultaneamente l'uno con l'altro, e non solo due atomi alla volta”.
Tomografia a emissione di positroni
La tomografia a emissione di positroni (o PET, dall'inglese Positron Emission Tomography) è una tecnica diagnostica medica di medicina nucleare utilizzata per la produzione di bioimmagini (immagini del corpo).
A differenza della Tomografia computerizzata (TC) e della Risonanza magnetica nucleare (RM), che forniscono informazioni di tipo morfologico, la PET dà informazioni di tipo fisiologico permettendo di ottenere mappe dei processi funzionali all'interno del corpo.
Descrizione
La procedura inizia con l'iniezione di un radiofarmaco formato da un radio-isotopo tracciante con emivita breve, legato chimicamente a una molecola attiva a livello metabolico (vettore), ad esempio il fluorodesossiglucosio (18F-FDG). Dopo un tempo di attesa, durante il quale la molecola metabolicamente attiva (spesso uno zucchero) raggiunge una determinata concentrazione all'interno dei tessuti organici da analizzare, il soggetto viene posizionato nello scanner. L'isotopo di breve vita media decade, emettendo un positrone. Dopo un percorso che può raggiungere al massimo pochi millimetri, il positrone si annichila con un elettrone,[2]producendo una coppia di fotoni gamma entrambi di energia 511 keV emessi in direzioni opposte tra loro (fotoni "back to back").
Questi fotoni sono rilevati quando raggiungono uno scintillatore, nel dispositivo di scansione, dove creano un lampo luminoso, rilevato attraverso dei tubi fotomoltiplicatori. Punto cruciale della tecnica è la rilevazione simultanea di coppie di fotoni: i fotoni che non raggiungono il rilevatore in coppia, cioè entro un intervallo di tempo di pochi nanosecondi, non sono presi in considerazione. Dalla misurazione della posizione in cui i fotoni colpiscono il rilevatore, si può ricostruire l'ipotetica posizione del corpo da cui sono stati emessi, permettendo la determinazione dell'attività o dell'utilizzo chimico all'interno delle parti del corpo investigate.
I modelli più recenti di tomografi immessi in commercio possono migliorare la risoluzione spaziale e di contrasto delle immagini utilizzando durante la loro ricostruzione la correzione per il tempo di volo (Time of Flight o TOF in inglese). Questa correzione tiene conto di quale dei due fotoni di coincidenza interagisce per primo coi rilevatori del tomografo ed è quindi in grado di localizzare in modo più preciso il punto di annichilazione del positrone.
L'ultima innovazione tecnologica riguardante i tomografi è rappresentata dalla PET digitale. Queste macchine permettono di acquisire immagini di migliore qualità (sia in termini di risoluzione spaziale sia di contrasto) somministrando minori attività di radiofarmaco al paziente e riducendo i tempi di acquisizione. Queste nuove macchine utilizzano dei fotodiodi e dei fotomoltiplicatori al silicio per rilevare i fotoni gamma prodotti dall'annichilazione dei positroni anziche la classica combinazione di cristalli e fotomoltiplicatori, permettendo una conversione diretta dell'energia dei fotoni in segnale elettrico.
La densità dell'isotopo nel corpo è poi mostrata all'operatore, sotto forma di immagini di sezioni (generalmente trasverse) separate fra loro di 5 mm circa. La mappa risultante rappresenta i tessuti in cui la molecola campione si è maggiormente concentrata e viene letta e interpretata da uno specialista in medicina nucleare al fine di determinare una diagnosi ed il conseguente trattamento.
I radionuclidi utilizzati nella scansione PET sono generalmente isotopi con breve tempo di dimezzamento, come 11C (~20 min), 13N(~10 min), 15O (~2 min) e soprattutto 18F (~110 min). Per via del loro basso tempo di dimezzamento, i radioisotopi devono essere prodotti da un ciclotrone posizionato in prossimità dello scansionatore PET. Questi radionuclidi sono incorporati in composti normalmente assimilati dal corpo umano, come il glucosio, l'acqua o l'ammoniaca, e quindi iniettati nel corpo da analizzare per tracciare i luoghi in cui vengono a distribuirsi. I composti così contrassegnati vengono chiamati radiotraccianti o radiofarmaci.
Secondo dati pubblicati dal settimanale Panorama , l'Italia è il paese in Europa col maggior numero di ciclotroni, 61 nell'intero territorio nazionale, il doppio di un paese produttore come la Svezia. Citando ancora il suddetto articolo, a detta del responsabile della struttura di medicina nucleare della clinica Humanitas, il numero di queste macchine andrebbe ridotto concentrandole in poche strutture ben collegate con gli altri ospedali e rinnovandole, in modo da ridurne il costi di gestione. L'articolo evidenzia inoltre come la PET, utilizzando i giusti radiofarmaci, potrebbe essere maggiormente utilizzata nella diagnostica di praticamente ogni tipo di tumore; con maggior accuratezza rispetto ad un esame TC e riducendo anche la dose di radiazioni data ai pazienti. Le linee guida europee fissano criteri diagnostici di utilizzo che poi però ogni governo recepisce liberamente. Sempre secondo l'intervista citata nell'articolo, se in futuro, come avviene oggi nel nostro Paese,le potenzialità della Pet non saranno sfruttate a pieno a perderci saranno i malati. Un fattore determinante nella scelta della metodica da usare fra PET e TC è il costo per prestazione. Nel caso di un esame TC questo è circa 500 euro, mentre per la PET è circa il doppio.
Applicazioni
La PET è usata estensivamente in oncologia clinica (per avere rappresentazioni dei tumori e per la ricerca di metastasi) e nelle ricerche cardiologiche e neurologiche. Metodi di indagine alternativi sono la tomografia computerizzata a raggi X (TC), l'imaging a risonanza magnetica (MRI), la risonanza magnetica funzionale (RMF) e la tomografia computerizzata a ultrasuoni e a emissione di singolo fotone.
Ad ogni modo, mentre gli altri metodi di scansione, come la TAC e la RMN permettono di identificare alterazioni organiche e anatomiche nel corpo umano, le scansioni PET sono in grado di rilevare alterazioni a livello biologico molecolare che spesso precedono l'alterazione anatomica, attraverso l'uso di marcatori molecolari che presentano un diverso ritmo di assorbimento a seconda del tessuto interessato. Con una scansione PET è possibile visualizzare e quantificare con discreta precisione il cambio di afflusso sanguigno nelle varie strutture anatomiche (attraverso la misurazione della concentrazione dell'emettitore di positroni iniettato).
Spesso, e sempre più frequentemente, le scansioni della Tomografia a Emissione di Positroni sono raffrontate con le scansioni a Tomografia Computerizzata, fornendo informazioni sia anatomiche e morfologiche, sia metaboliche (in sostanza, su come il tessuto o l'organo siano conformati e su cosa stiano facendo). Per sopperire alle difficoltà tecniche e logistiche conseguenti allo spostamento del paziente per eseguire i due esami ed alle imprecisioni conseguenti, ci si avvale oramai esclusivamente dei tomografi PET-TAC, nei quali il sistema di rilevazione PET ed un tomografo TAC di ultima generazione sono assemblati in un unico gantry e controllati da un'unica consolle di comando. L'introduzione del tomografo PET-TAC ha consentito un grande miglioramento dell'accuratezza e dell'interpretabilità delle immagini ed una notevole riduzione dei tempi di esame.
La PET gioca un ruolo sempre maggiore nella verifica della risposta alla terapia, specialmente in particolari terapie anti-cancro.
La PET è usata anche in studi pre-clinici sugli animali,[6] dove invece le indagini ripetute sullo stesso soggetto sono consentite. Queste ricerche si sono dimostrate particolarmente valide nella ricerca sul cancro, dove si registra un aumento della qualità statistica dei dati e una sostanziale riduzione del numero di animali richiesti per ogni singolo studio.
Una limitazione alla diffusione della PET è il costo dei ciclotroni per la produzione dei radionuclidi di breve tempo di dimezzamento. Pochi ospedali e Università possono permettersi l'acquisto e il mantenimento di questi costosi apparati e quindi la maggior parte dei centri PET è rifornita da fornitori esterni. Questo vincolo limita l'uso della PET clinica principalmente all'uso di traccianti contrassegnati con il 18F, che avendo un tempo di dimezzamento di 110 minuti può essere trasportato ad una distanza ragionevole prima di essere utilizzato. Anche il 68Ga (ottenibile grazie a un generatore) permette di ottenere traccianti in maniera più agevole, mentre il 82Rb è a volte usato per lo studio dell'irrorazione del miocardio.
Da:
https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/scienza_e_fisica_quantistica/che-cosa-sono-i-fotoni
https://it.wikipedia.org/wiki/Annichilazione_elettrone-positrone
https://it.wikipedia.org/wiki/Positronio
http://www.treccani.it/enciclopedia/positronio/
https://it.wikipedia.org/wiki/Idruro_di_positronio
http://www.lescienze.it/news/2007/09/17/news/la_prima_molecola_di_positronio-581692/
https://it.wikipedia.org/wiki/Tomografia_a_emissione_di_positroni
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