Emofilia, una cascata biotech per evitare le crisi / Hemophilia, a biotech waterfall to avoid crises

Emofilia, una cascata biotech per evitare le crisi Hemophilia, a biotech waterfall to avoid crises


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa

Nonostante i progressi, siamo lontani da una cura definitiva e anche da una terapia ideale. Ma un nuovo farmaco offre speranza ai pazienti
La faccia dell'emofilia è cambiata tante volte dagli anni ‘70 a oggi, e sta per cambiare ancora. In un modo che avrà un impatto enorme soprattutto per quei pazienti con emofilia A severa che oggi non rispondono alla terapia d'elezione ( e sono fino al 30%). Si è passati dai concentrati dei fattori della coagulazione VIII e IX (le proteine carenti nelle persone con emofilia A e B, rispettivamente) ottenuti purificando il sangue di donatori ai fattori ricombinanti, ottenuti grazie all'ingegneria genetica, che possono essere prodotti in grandi quantità e senza alcun pericolo per i pazienti. «Questo ha permesso un'altra evoluzione: passare dall'idea di tamponare una falla a quella di prevenirla. Cioè di non somministrare i fattori mancanti solo in caso di emorragia, ma a intervalli programmati » , spiega Giancarlo Castaman, direttore del Centro malattie emorragiche e della coagulazione dell'ospedale di Careggi, a Firenze: «In Italia questa strategia si è diffusa a partire dal Duemila, è oggi è lo standard. I bambini, quando è possibile, cominciano a fare iniezioni endovenose più volte a settimana già dai due-tre anni di età. Ma è ovvio che non è una terapia facile da seguire ».

Il problema principale, soprattutto nell'emofilia A, è lo sviluppo delle resistenze al trattamento, che di solito si verificano dopo appena 10 o 20 infusioni. I medici li chiamano inibitori: anticorpi che eliminano il fattore VIII quando questo viene somministrato. « Ad oggi questi pazienti possono ricorrere a due strategie alternative – continua Castaman – entrambe complesse: usare un'altra proteina ricombinanate ( il fattore VII) che ha una durata in circolo di appena 3- 4 ore e richiede più iniezioni al giorno, o il concentrato di complesso protrombinico attivato, derivato dal sangue, che però non è sempre efficace al 100% ed è necessario in grandi quantità».

Nonostante i progressi, siamo lontani da una cura definitiva e anche da una terapia ideale. È per questo che si cercano nuove strade: molecole diverse dal fattore VIII, ma che svolgano il suo stesso compito. Come emicizumab, il primo anticorpo monoclonale umanizzato ad essere utilizzato per l'emofilia A con inibitori, che la Commissione europea ha approvato lo scorso febbraio per la profilassi in tutte le fasce di età. « Questo anticorpo ha due grandi vantaggi: non viene riconosciuto dagli anticorpi e in più si somministra una sola volta a settimana sottocute invece che per via endovenosa », spiega l'esperto.

Lo scorso anno, un importante studio clinico, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha dimostrato che il farmaco permette una drastica riduzione delle emorragie e un enorme miglioramento della qualità di vita. I risultati degli ultimi studi clinici (Haven 3 e 4) sono stati presentati il 21 maggio a Glasgow, in Scozia, al congresso della World Federation of Hemophilia ( Wfh) 2018: mostrano come emicizumab abbia un'efficacia persino superiore alla terapia standard anche nei pazienti senza inibitori del fattore VIII. Somministrato ogni 1 o 2 settimane, ha infatti ridotto i sanguinamenti del 96% rispetto a nessuna profilassi e del 68% rispetto al fattore VIII. Non solo: anche somministrato ogni 4 settimane ha permesso un buon controllo. Conclude Castaman: «I pazienti si sentono più sicuri e possono condurre una vita più attiva. Con una ricaduta positiva su tutte le conseguenze della malattia».
ENGLISH
Despite progress, we are far from a definitive cure and even an ideal therapy. But a new drug offers hope to patients
The face of hemophilia has changed many times since the 70s to today, and is about to change again. In a way that will have a huge impact especially for those patients with severe haemophilia A that today do not respond to the therapy of choice (and they are up to 30%). The concentrations of coagulation factors VIII and IX (proteins deficient in people with haemophilia A and B, respectively) were obtained by purifying the blood of donors to the recombinant factors, obtained thanks to genetic engineering, which can be produced in large quantities and without any danger to patients. "This has allowed another evolution: to pass from the idea of ​​tamponing a hole to that of preventing it. That is, not to administer the missing factors only in case of bleeding, but at scheduled intervals, "explains Giancarlo Castaman, director of the Center for hemorrhagic diseases and coagulation of the Careggi hospital, in Florence:" In Italy this strategy has spread from from the year 2000, it is today is the standard. Children, when possible, begin to make intravenous injections several times a week as early as two to three years of age. But it is obvious that it is not an easy therapy to follow ».
The main problem, especially in hemophilia A, is the development of treatment resistance, which usually occurs after just 10 or 20 infusions. Doctors call them inhibitors: antibodies that eliminate factor VIII when it is administered. "To date, these patients can resort to two alternative strategies - continued Castaman - both complex: use another recombinant protein (factor VII) that has a duration in the circulation of just 3-4 hours and requires more injections per day, or the concentrate of activated prothrombin complex, derived from the blood, but it is not always 100% effective and is necessary in large quantities "
Despite progress, we are far from a definitive cure and even an ideal therapy. This is why new paths are being sought: molecules other than factor VIII, but carrying out the same task. As emicizumab, the first humanized monoclonal antibody to be used for haemophilia A with inhibitors, which the European Commission approved last February for prophylaxis in all age groups. "This antibody has two major advantages: it is not recognized by antibodies and is administered only once a week subcutaneously instead of intravenously", explains the expert.
Last year, an important clinical study, published in the New England Journal of Medicine, showed that the drug allows a drastic reduction of bleeding and a huge improvement in quality of life. The results of the latest clinical trials (Haven 3 and 4) were presented on 21 May in Glasgow, Scotland, at the World Federation of Hemophilia (Wfh) 2018 congress: they show how emicizumab is even more effective than standard therapy in patients without factor VIII inhibitors. Administered every 1 or 2 weeks, it has indeed reduced bleeding by 96% compared to no prophylaxis and by 68% compared to factor VIII. Not only that: even administered every 4 weeks allowed good control. Castaman concludes: "Patients feel more confident and can lead a more active life. With a positive impact on all the consequences of the disease ".
Da:
https://www.repubblica.it/dossier/salute/labrevolution/2018/06/27/news/emofilia_una_cascata_biotech_per_evitare_le_crisi-200174109/?ref=search

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