Una proteina nel sangue segnala la neurodegenerazione / A protein in the blood signals neurodegeneration
Una proteina nel sangue segnala la neurodegenerazione / A protein in the blood signals neurodegeneration
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Nelle forme di Alzheimer precoce con base genetica i livelli ematici di una proteina rilasciata dai neuroni danneggiati aumentano parecchio prima che si manifestino i sintomi cognitivi. La conferma di questa correlazione anche nella forma tardiva della malattia e di altre patologie neurodegenerative potrebbe aprire le porte a un test diagnostico semplice ed economico
La presenza nel sangue di livelli elevati di una proteina, il cosiddetto neurofilamento leggero (NfL, Neurofilament light Chain), sembra essere indicativa di un danno cerebrale neurodegenerativo. La scoperta di questa correlazione è frutto di uno studio di persone portatrici di una variante genetica che causa lo sviluppo precoce della malattia di Alzheimer. Se verrà confermata, sarà possibile mettere a punto un semplice esame del sangue per rilevare un danno, anche iniziale, legato a patologie neurodegenerative di qualsiasi tipo. Lo studio – diretto da ricercatori della Washington University School of Medicine a St. Louis e del German Center for Neurodegenerative Diseases a Tübingen, in Germania – è illustrato su “Nature”.
LA NfL è una proteina che fa parte del citoscheletro dei neuroni, un complesso di filamenti e tubuli che conferisce alle cellule la loro forma e permette il movimento di svariati organelli all’interno di esse. Quando i neuroni cerebrali sono danneggiati o muoiono, la proteina esce nel liquido cerebrospinale (il fluido corporeo in cui è immerso il cervello) e una sua presenza massiccia in questo liquido è un indicatore certo di una sofferenza cerebrale. Il prelievo del liquor spinale è tuttavia una procedura alquanto invasiva, praticabile solo in ospedale, poco gradita ai pazienti e non adatta a screening su vasta scala.
Poiché dal liquido spinale la proteina può passare nel sangue, Stephanie A. Schultz e colleghi hanno voluto controllare se i suoi livelli ematici sono correlati con il danno cerebrale. I ricercatori hanno così studiato 247 persone con una rara variante genetica che causa un esordio precoce dell’Alzheimer (fra i 30 e i 50 anni) e 162 loro parenti senza quella variante. Lo studio è durato un paio di anni, ma gli scienziati hanno potuto analizzare anche i dati fisiologici dei soggetti coinvolti risalenti a molto tempo prima, visto che erano stati già arruolati in studi precedenti.
Poiché dal liquido spinale la proteina può passare nel sangue, Stephanie A. Schultz e colleghi hanno voluto controllare se i suoi livelli ematici sono correlati con il danno cerebrale. I ricercatori hanno così studiato 247 persone con una rara variante genetica che causa un esordio precoce dell’Alzheimer (fra i 30 e i 50 anni) e 162 loro parenti senza quella variante. Lo studio è durato un paio di anni, ma gli scienziati hanno potuto analizzare anche i dati fisiologici dei soggetti coinvolti risalenti a molto tempo prima, visto che erano stati già arruolati in studi precedenti.
È risultato che nelle persone con la variante genetica difettosa, i livelli ematici di NfL erano sistematicamente più alti e aumentavano nel tempo mentre nei soggetti di controllo erano bassi e sostanzialmente stabili. Inoltre questa differenza era rilevabile già 16 anni prima che si manifestassero sintomi cognitivi.
Successivamente i ricercatori hanno controllato il risultato confrontando l’andamento dei livelli ematici di NfL in un altro gruppo di persone con la variante genetica difettosa, e le scansioni cerebrali di quei soggetti, eseguite a due anni di distanza; le persone in cui i livelli erano aumentati rapidamente avevano maggiori probabilità di mostrare segni di atrofia cerebrale e diminuite capacità cognitive.
Ora i ricercatori cercheranno di controllare la validità della correlazione anche nei casi di Alzheimer a insorgenza tardiva.
Ora i ricercatori cercheranno di controllare la validità della correlazione anche nei casi di Alzheimer a insorgenza tardiva.
ENGLISH
In the early stages of genetic Alzheimer's disease, the blood levels of a protein released by the damaged neurons increase a lot before the cognitive symptoms occur. The confirmation of this correlation also in the late form of the disease and of other neurodegenerative pathologies could open the doors to a simple and economic diagnostic test
The presence in the blood of high levels of a protein, the so-called light neurofilament (NfL, Neurofilament light Chain), seems to be indicative of neurodegenerative brain damage. The discovery of this correlation is the result of a study of people carrying a genetic variant that causes the early development of Alzheimer's disease. If confirmed, it will be possible to develop a simple blood test to detect damage, even initial, linked to neurodegenerative diseases of any kind. The study - directed by researchers at the Washington University School of Medicine in St. Louis and the German Center for Neurodegenerative Diseases in Tübingen, Germany - is illustrated in "Nature".
NfL is a protein that is part of the cytoskeleton of neurons, a complex of filaments and tubules that gives cells their shape and allows the movement of various organelles within them. When brain neurons are damaged or die, the protein exits in the cerebrospinal fluid (the bodily fluid in which the brain is immersed) and a massive presence in this fluid is a sure indicator of brain suffering. Spinal fluid sampling is however a rather invasive procedure, practicable only in the hospital, which is not very acceptable to patients and not suitable for large-scale screening.
Because the protein can pass into the blood from spinal fluid, Stephanie A. Schultz and colleagues wanted to check if her blood levels are related to brain damage. The researchers studied 247 people with a rare genetic variant that causes an early onset of Alzheimer's (between 30 and 50 years) and 162 their relatives without that variant. The study lasted a couple of years, but the scientists could also analyze the physiological data of the long-term subjects involved, since they had already been enrolled in previous studies.
It was found that in people with the defective genetic variant, blood levels of NfL were systematically higher and increased over time while in control subjects were low and substantially stable. Furthermore, this difference was detectable as early as 16 years before cognitive symptoms appeared.
Subsequently, the researchers checked the result by comparing the trend of blood levels of NfL in another group of people with the defective genetic variant, and the brain scans of those subjects, performed two years later; people whose levels had increased rapidly were more likely to show signs of brain atrophy and decreased cognitive abilities.
Now the researchers will try to check the validity of the correlation even in cases of late-onset Alzheimer's.
Da:
http://www.lescienze.it/news/2019/01/22/news/esame_sangue_proteina_neurofilamento_alzheimer-4264577/?ref=nl-Le-Scienze_25-01-2019
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