La malattia di Parkinson ha origine nell’intestino? / Does Parkinson's disease originate in the intestine?
La malattia di Parkinson ha origine nell’intestino? / Does Parkinson's disease originate in the intestine?
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
In alcuni pazienti la malattia di Parkinson potrebbe avere origine a livello intestinale. La comprensione del legame intestino-cervello nella malattia potrà consentire la diagnosi precoce e lo sviluppo di nuove terapie mirate all’intestino.
Tremore a riposo, rigidità muscolare, problemi di equilibrio e di coordinazione, lentezza nei movimenti, difficoltà a parlare: sono i sintomi più comuni della malattia di Parkinson. Ma spesso questa patologia è associata anche a disturbi gastrointestinali, come la stitichezza, che compromettono ulteriormente la qualità della vita dei pazienti. Questi disturbi, almeno in alcuni individui, precedono di alcuni anni il manifestarsi dei sintomi motori più tipici della malattia. Tanto da far ritenere che la patologia possa iniziare nell’intestino. È quanto emerge da un articolopubblicato in un supplemento speciale del Journal of Parkinson’s Disease, in cui Filip Scheperjans e il suo team di ricercatori della University of Helsinki in Finlandia analizzano la letteratura scientifica sul tema degli ultimi 20 anni per poi passare a esaminare le questioni di ricerca ancora da risolvere e fare previsioni sugli sviluppi futuri.
La malattia di Parkinson
Il Parkinson è la più frequente malattia neurodegenerativa primaria dopo l’Alzheimer e attualmente sono 230mila le persone affette da questa patologia in Italia. Si tratta di un disturbo a progressione lenta e costante che influenza il movimento, il controllo muscolare e l’equilibrio. Inoltre, la malattia è spesso associata a una serie di sintomi gastrointestinali, causati da cambiamenti funzionali e strutturali dell’intestino e delle strutture neurali associate.
Il ruolo dell’intestino
Già nel 1817 James Parkinson nel suo “Saggio sulla paralisi agitante”ipotizzava l’esistenza di una connessione tra disordini dello stomaco e dell’intestino e il manifestarsi della malattia e invitava ad approfondire la questione. Da allora gli studi si sono moltiplicati ed è cresciuta la comprensione della connessione intestino-cervello nella malattia, anche se molti aspetti sono ancora da chiarire.
Le prime evidenze sperimentali dell’esistenza di aggregati di alfa-sinucleina nel sistema nervoso gastrointestinale risalgono al 1960 e sono state confermate da numerosi studi successivi. Alcuni di questi studi suggeriscono che gli ammassi di alfa-sinucleina si muovano dall’intestino al cervello attraverso il nervo vago. Tale ipotesi è stata confermata dal fatto che pazienti sottoposti a vagotomia tronculare, cioè ad una resezione non selettiva del nervo vago a livello dell’ultima porzione dell’esofago per il trattamento dell’ulcera, avevano un minore rischio di sviluppare il Parkinson rispetto ai controlli.
“Una migliore comprensione del ruolo dell’intestino nel Parkinson- ha detto Scheperjans– ci aiuterà a capire l’origine della malattia e a migliorare i trattamenti. Esistono infatti evidenze che, almeno in alcuni pazienti, la malattia potrebbe avere origine nell’intestino e potrebbe essere legata alla presenza di aggregati proteici anormali, all’infiammazione locale e al microbioma intestinale.”
Le questioni chiave da risolvere
Gli autori dell’articolo hanno identificato quattro questioni chiave che devono ancora essere risolte:
1) Nel sistema nervoso gastrointestinale dei pazienti parkinsoniani sono stati osservati depositi di alfa-sinucleina. Resta però ancora da stabilire se tali aggregati siano biochimicamente simili a quelli trovati nel cervello, un aspetto critico per comprendere meglio il ruolo dell’intestino nella patogenesi della malattia. La caratterizzazione delle diverse forme di sinucleina presenti nell’intestino dei malati potrà essere effettuata mediante approcci di proteomica, già usati con successo per la caratterizzazione degli aggregati della proteina nel cervello.
2) L’attivazione dell’aggregazione iniziale dell’alfa-sinucleina nei nervi terminali nell’intestino potrebbe essere facilitata dall’iperpermeabilità intestinale. Tuttavia resta ancora da dimostrare che nella malattia di Parkinson vi sia effettivamente un aumento della permeabilità intestinale.
3) I risultati di studi di immunoistochimica sugli aggregati di alfa-sinucleina nel sistema nervoso enterico di pazienti parkinsoniani hanno portato a risultati contrastanti. È fondamentale quindi lo sviluppo di tecniche alternative per rilevare gli aggregati della proteina nell’intestino.
4) In studi trasversali su popolazioni diverse sono state trovate alterazioni del microbiota intestinale in pazienti con Parkinson. Risulta ora di cruciale importanza studiarne i meccanismi in studi più ampi che valutino i pazienti prima e dopo la diagnosi, nonché in modelli animali.
Il legame tra microbioma e Parkinson
Un aspetto di grande interesse per la ricerca sul Parkinson è l’esistenza di un legame tra microbioma intestinale e malattia. Sono state osservate alterazioni della composizione del microbiota in pazienti parkinsoniani, con un aumento dell’abbondanza relativa di batteri dei generi Akkermansia, Lactobacillus e Bifidobacterium ed una diminuzione dei generi Prevotella, Faecalibacterium e Blautia.Tenendo conto delle proprietà funzionali di questi batteri, tale alterazione potrebbe compromettere l’integrità della barriera intestinale, la produzione di acidi grassi a catena corta e causareinfiammazione. Che l’alterazione del microbiota possa avere un ruolo nello sviluppo del Parkinson è anche suggerito dal fatto che in topi transgenici con i sintomi del Parkinson è stato possibile modulare i sintomi motori, la neuroinfiammazione e la motilità intestinale modificando il microbiota.
Secondo Scheperjans e colleghi il microbiota intestinale potrà avere importanti implicazioni nel futuro panorama diagnostico e terapeutico della malattia. Per intervenire sul microbiota è possibile usare molteplici approcci terapeutici, da una dieta idonea, all’uso di probiotici e prebiotici, all’assunzione di antibiotici fino al trapianto del microbiota fecale da donatori sani. Tali interventi potranno avere un ruolo importante nel trattamento farmacologico del Parkinson accanto ai trattamenti tradizionali, come la levodopa.
Le previsioni per il futuro
“La nostra comprensione dell’importanza del legame tra intestino e cervello nel Parkinson- ha concluso Scheperjans- è cresciuta rapidamente negli ultimi anni e siamo fiduciosi che nei prossimi 20 anni la ricerca sull’asse microbioma-intestino-cervello avrà uno sviluppo ancora più rapido, tale da rimodellare quello che sappiamo sulla sua patogenesi”.
Occorrerà determinare il grado di somiglianza tra i processi fisiopatologici del morbo di Parkinson e quelli delle malattie dovute a prioni, come la malattia di Creutzfeldt-Jakob, nella quale è ormai evidente che le proteine prioniche si formano nei tessuti linfoidi periferici e nel sistema nervoso enterico e poi si diffondono attraverso il sistema nervoso autonomo fino al cervello. Gli studi futuri dovranno avvalersi di metodi accessibili e convenienti, come i marcatori radioopachi, per valutare i tempi di transito dall’intestino al cervello.
“È emerso che l’intestino è una delle nuove frontiere della ricerca sul Parkinson” hanno commentato Patrik Brundin e William Langston, caporedattori del Journal of Parkinson’s Disease.” Prevediamo che ci saranno molti progressi in quest’ambito nel prossimo futuro. I cambiamenti che avvengono nell’intestino potrebbero essere usati in futuro per una diagnosi precoce e per nuove terapie mirate. Tali terapie potranno rallentare la progressione della malattia, ridurre la stitichezza e migliorare la funzione intestinale in pazienti in cui la malattia è già stata diagnosticata.”
ENGLISH
In some patients, Parkinson's disease could have an intestinal origin. Understanding the intestinal-brain link in the disease will allow early detection and development of new targeted gut therapies.
Tremor at rest, muscle stiffness, problems of balance and coordination, slow movements, difficulty speaking: these are the most common symptoms of Parkinson's disease. But often this disease is also associated with gastrointestinal disorders, such as constipation, which further compromise the quality of life of patients. These disorders, at least in some individuals, precede the manifestation of the most typical motor symptoms of the disease by a few years. So much so that the pathology can start in the intestine. This is what emerges from an article published in a special supplement of the Journal of Parkinson's Disease, in which Filip Scheperjans and his team of researchers from the University of Helsinki in Finland analyze the scientific literature on the subject of the last 20 years and then go on to examine the issues of research yet to be resolved and make predictions about future developments.
Parkinson's disease
Parkinson's is the most frequent primary neurodegenerative disease after Alzheimer's and currently there are 230,000 people affected by this disease in Italy. It is a slow and steady progression disorder that affects movement, muscle control and balance. Furthermore, the disease is often associated with a series of gastrointestinal symptoms, caused by functional and structural changes of the intestine and associated neural structures.
The role of the intestine
Already in 1817 James Parkinson in his "Essay on the agitated paralysis" hypothesized the existence of a connection between disorders of the stomach and intestine and the manifestation of the disease and invited to deepen the question. Since then, the studies have multiplied and the understanding of the intestinal-brain connection has increased in the disease, even if many aspects are still to be clarified.
The first experimental evidences of the existence of alpha-synuclein aggregates in the gastrointestinal nervous system date back to 1960 and have been confirmed by numerous subsequent studies. Some of these studies suggest that alpha-synuclein clusters move from the gut to the brain through the vagus nerve. This hypothesis was confirmed by the fact that patients undergoing truncular vagotomy, ie a non-selective resection of the vagus nerve at the level of the last portion of the esophagus for the treatment of ulcers, had a lower risk of developing Parkinson's compared to controls .
"A better understanding of the role of the gut in Parkinson's - Scheperjans said - will help us understand the origin of the disease and improve treatments. Evidence exists that, at least in some patients, the disease could originate in the intestine and could be linked to the presence of abnormal protein aggregates, local inflammation and intestinal microbiome. "
The key issues to be solved
The authors of the article identified four key issues that still need to be resolved:
1) Deposits of alpha-synuclein have been observed in the gastrointestinal nervous system of Parkinson's patients. However, it remains to be determined whether these aggregates are biochemically similar to those found in the brain, a critical aspect to better understand the role of the intestine in the pathogenesis of the disease. The characterization of the different forms of sinuclein present in the intestine of the patients can be carried out through proteomic approaches, already successfully used for the characterization of the protein aggregates in the brain.
2) The activation of the initial aggregation of alpha-synuclein in the terminal nerves in the intestine could be facilitated by intestinal hyperpermeability. However, it remains to be shown that there is actually an increase in intestinal permeability in Parkinson's disease.
3) Results of immunohistochemical studies on alpha-synuclein aggregates in the enteric nervous system of parkinsonian patients have led to conflicting results. It is therefore essential the development of alternative techniques to detect protein aggregates in the intestine.
4) In cross-sectional studies on different populations, alterations of the intestinal microbiota have been found in patients with Parkinson's disease. It is now of crucial importance to study its mechanisms in larger studies that evaluate patients before and after diagnosis, as well as in animal models.
The link between microbiome and Parkinson's
An aspect of great interest in research on Parkinson's is the existence of a link between intestinal microbiome and disease. Changes in the composition of the microbiota have been observed in parkinsonian patients, with an increase in the relative abundance of bacteria of the genera Akkermansia, Lactobacillus and Bifidobacterium and a decrease in the genera Prevotella, Faecalibacterium and Blautia. Taking into account the functional properties of these bacteria, this alteration it could compromise the integrity of the intestinal barrier, the production of short-chain fatty acids and cause inflammation. That alteration of the microbiota may have a role in the development of Parkinson's is also suggested by the fact that in transgenic mice with the symptoms of Parkinson's it was possible to modulate motor symptoms, neuroinflammation and intestinal motility by modifying the microbiota.
According to Scheperjans and colleagues, the intestinal microbiota will have important implications in the future diagnostic and therapeutic panorama of the disease. To intervene on the microbiota it is possible to use multiple therapeutic approaches, from a suitable diet, to the use of probiotics and prebiotics, to the use of antibiotics to the transplantation of faecal microbiota from healthy donors. Such interventions may play an important role in the pharmacological treatment of Parkinson's alongside traditional treatments, such as levodopa.
Forecasts for the future
"Our understanding of the importance of the link between the intestine and the brain in Parkinson's - Scheperjans concluded - has grown rapidly in recent years and we are confident that over the next 20 years research on the microbiome-intestine-brain axis will have an even faster development , to remodel what we know about its pathogenesis ".
It will be necessary to determine the degree of similarity between the pathophysiological processes of Parkinson's disease and those of prion diseases, such as Creutzfeldt-Jakob disease, in which it is now clear that prion proteins are formed in the peripheral lymphoid tissues and in the enteric nervous system and then they spread through the autonomic nervous system up to the brain. Future studies will have to use accessible and convenient methods, such as radiopaque markers, to evaluate transit times from the intestine to the brain.
"It has emerged that the gut is one of the new frontiers of Parkinson's research," commented Patrik Brundin and William Langston, editor-in-chief of the Journal of Parkinson's Disease. "We anticipate that there will be much progress in this area in the near future. The changes that occur in the intestine could be used in the future for an early diagnosis and for new targeted therapies. Such therapies will slow down the progression of the disease, reduce constipation and improve intestinal function in patients in whom the disease has already been diagnosed. "
Da:
https://www.galileonet.it/2019/02/malattia-di-parkinson-intestino/
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