La mutazione che ci ha protetto per millenni dall'HIV / The mutation that has protected us for thousands of years from HIV


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa



Un virus simile a quello dell'immunodeficienza umana ha circolato nelle scimmie per migliaia di anni senza riuscire a contagiare gli esseri umani. Uno studio ha scoperto come ha fatto il sistema immunitario umano a difendersi per così tanto tempo.

Il virus HIV causa una malattia quasi sempre incurabile negli esseri umani, e senza farmaci che prolunghino la vita le persone contagiate sono destinate a morire. Ma il virus è diventato un pericolo mortale nel XX secolo, quando le varianti del virus dell'immunodeficienza che circolavano nelle scimmie, il SIV, sono cambiate, diventando capaci di infettare anche gli esseri umani.

Varie ricerche hanno studiato i cambiamenti avvenuti nei virus delle scimmie portandoli a trasformarsi nell'HIV. Su "Cell Host & Microbe", un gruppo internazionale si è ora posto una domanda collegata, ma in qualche modo diversa: come ha fatto il sistema immunitario umano a difendersi per migliaia di anni dalle svariate mutazioni dei virus SIV che circolano nelle scimmie? Dopo tutto, quei virus hanno infettato altri primati e scimmie per moltissimo tempo, senza mai diventare pericolosi per gli esseri umani che vivevano nelle stesse regioni. Secondo i ricercatori, i virus delle scimmie hanno dovuto imparare ad aggirare un'antica misura difensiva del sistema immunitario umano.

Secondo il gruppo di ricercatori diretti da James Hurley dell'Università della California a Berkeley e Frank Kirchhoff dell'Università di Ulm, questo lungo blocco dell'HIV sarebbe collegato a una mutazione avvenuta durante lo sviluppo dell'uomo moderno: "Questa mutazione comporta l'eliminazione di cinque importanti amminoacidi dalla proteina teterina, alterandone la forma. La proteina si trova sulla superficie delle cellule e permette al sistema immunitario di primati, scimmie ed esseri umani di contrastare le aggressioni virali", dice Hurley.

La teterina impedisce ai virus di nuova formazione di lasciare una cellula infetta legando alle cellule le vescicole piene di nuovi virus fino a quando il sistema immunitario non riconosce tutto questo e distrugge sia cellule infette sia le vescicole. Tuttavia, il SIV sa come contrastare questo fenomeno: ha creato proteine anti-teterina, come la Nef, che fermano il reclutamento della proteina di difesa agganciandosi alle teterine e inducendo il sistema di smaltimento delle scorie cellulari a distruggere il complesso teterina-Nef. A questo punto i nuovi virioni, non più bloccati dalla teterina, sono in grado di abbandonare la cellula e di infettarne altre.

Secondo il gruppo di  Hurley e Kirchhoff, questa strategia - che permette al SIV  di attaccare scimmie e primati - è stata a lungo inefficace negli esseri umani a causa di una particolare mutazione delle teterine umane. L'analisi della struttura proteica con microscopia crioelettronica indica che nella teterina umana una mutazione ha alterato in modo drastico i siti di legame delle proteine Nef, impedendone il legame con le teterina.

Nel corso dell'evoluzione, questo ha portato a piccole varianti del SIV in grado di infettare le cellule umane, ma senza che queste riuscissero poi a produrre nuovi virus in grado di passare a un altro ospite e infettarlo. A differenza delle scimmie e degli altri primati, Homo sapiens ha così guadagnato tempo prezioso, "un periodo di grazia di decine o di centinaia di migliaia di anni in cui non ha dovuto preoccuparsi dell'immunodeficienza. Credo che questo abbia dato agli esseri umani un vantaggio reale durante il loro sviluppo iniziale," ha osservato Hurley in un comunicato stampa.

Il periodo di grazia è però terminato quando nel loro cammino verso lo sviluppo dell'HIV alcune varianti del SIV hanno preso altre strade per inattivare le teterine. I ricercatori hanno mostrato che cosa è successo con HIV-2, una variante più rara del virus dell'immunodeficienza umana, sviluppatasi da un precursore presente da tempo nel cercocebo moro (Cercocebus atys), già in grado di diffondersi negli scimpanzé.



La teterina (verde) sulle cellule inibisce il rilascio di virioni SIV dalla cellula (sinistra). La proteina Nef (giallo) prodotta dal SIV fa in modo di legare la teterina alla proteina AP-2 (viola), in modo che poi sia distrutta. Negli esseri umani una mutazione della teterina impedisce il legame con Nef. L'incapacità del SIV di distruggere la teterina umana è stata una delle principali barriere al passaggio del SIV alla specie umana. /  Teterine (green) on cells inhibits the release of SIV virions from the cell (left). The Nef (yellow) protein produced by SIV makes it possible to bind teterin to the AP-2 protein (violet), so that it is then destroyed. In humans, a mutation of teterine prevents binding to Nef. The inability of the SIV to destroy human teterin was one of the main barriers to the transition of SIV to the human species. (UC Berkeley image by Cosmo Buffalo)

In questo precursore non è cambiata la forma della proteina Nef, ma la posizione di un'ampia proteina con una funzione simile, chiamata Vpu. Purtroppo per gli esseri umani, una leggera alterazione della Vpu è bastata a renderla uno strumento adatto a sconfiggere le teterine umane inattaccabili dalla Nef.

Circa cent'anni fa, un virus così equipaggiato è riuscito a fare il salto nella nostra specie, forse quando alcuni cacciatori hanno mangiato carne di scimmia contaminata dal virus o sono entrati in contatto con il sangue dell'animale. Grazie alla Vpu modificata, il nuovo HIV è riuscito a neutralizzare le teterine e quindi a diffondersi anche nella nostra specie.

I ricercatori, che ora vogliono approfondire e chiarire questo aspetto, sospettano che ciò possa essere accaduto anche con le altre forme di HIV. Per prima cosa, vogliono analizzare le varie proteine antivirali ei SIV che si sono sviluppate nei gorilla di pianura dando origine al secondo sottotipo epidemico del virus dell'immunodeficienza più comune in Africa occidentale, l'HIV-1 del gruppo O.

ENGLISH

A virus similar to human immunodeficiency has circulated in monkeys for thousands of years without managing to infect humans. One study found how the human immune system defended itself for so long.

The HIV virus causes an almost always incurable disease in humans, and without drugs that prolong life infected people are destined to die. But the virus became a mortal danger in the 20th century, when the variants of the immunodeficiency virus that circulated in monkeys, the SIV, changed, becoming able to infect even human beings.

Various researches have investigated changes in monkeys' viruses and turned them into HIV. On "Cell Host & Microbe", an international group has now posed a related, but somewhat different question: how did the human immune system defend itself for thousands of years from the various mutations of SIV viruses circulating in monkeys? After all, those viruses have infected other primates and monkeys for a very long time, without ever becoming dangerous to humans living in the same regions. According to the researchers, monkey viruses have had to learn to work around an ancient defensive measure of the human immune system.

According to the group of researchers headed by James Hurley of the University of California at Berkeley and Frank Kirchhoff of the University of Ulm, this long block of HIV would be linked to a mutation that occurred during the development of modern man: "This mutation involves "elimination of five important amino acids from the teterine protein, altering its form. The protein is found on the surface of cells and allows the immune system of primates, monkeys and humans to counteract viral aggression," says Hurley.

Teterine prevents newly formed viruses from leaving an infected cell by binding new virus-filled vesicles to cells until the immune system recognizes this and destroys both infected cells and vesicles. However, the SIV knows how to counteract this phenomenon: it has created anti-teterine proteins, such as Nef, which stop the recruitment of the defense protein by attaching itself to the teterine and inducing the system of disposal of cellular waste to destroy the teterine-Nef complex. At this point the new virions, no longer blocked by teterine, are able to leave the cell and infect others.

According to Hurley and Kirchhoff's group, this strategy - which allows the SIV to attack monkeys and primates - has long been ineffective in humans due to a particular mutation in human teterine. The analysis of the protein structure with cryoelectron microscopy indicates that in human teterine a mutation drastically altered the binding sites of the Nef proteins, preventing their binding to teterine.

In the course of evolution, this has led to small variants of the SIV capable of infecting human cells, but without them being able to produce new viruses capable of passing to another host and infecting it. Unlike monkeys and other primates, Homo sapiens has thus gained precious time, "a grace period of tens or hundreds of thousands of years in which he did not have to worry about immunodeficiency. I believe this has given humans a "Real advantage during their initial development," Hurley noted in a press release.

The grace period is over, however, when on their way to the development of HIV some variants of SIV have taken other ways to inactivate the teterine. The researchers showed what happened with HIV-2, a rarer variant of the human immunodeficiency virus, which developed from a long-time precursor in the cercocebo moro (Cercocebus atys), already able to spread in chimpanzees.

In this precursor the form of the Nef protein has not changed, but the position of a large protein with a similar function, called Vpu. Unfortunately for humans, a slight alteration of the Vpu has been enough to make it a suitable instrument to defeat the human teterine unassailable by Nef.

About a hundred years ago, a virus so equipped was able to make the leap into our species, perhaps when some hunters ate monkey meat contaminated by the virus or came into contact with the animal's blood. Thanks to the modified Vpu, the new HIV has succeeded in neutralizing the teterine and therefore also in our species.

Researchers, who now want to deepen and clarify this aspect, suspect that this may also have happened with other forms of HIV. First, they want to analyze the various antiviral proteins and SIVs that have developed in lowland gorillas giving rise to the second epidemic subtype of the most common immunodeficiency virus in West Africa, HIV-1 of group O.

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