Covid-19: così i robot possono darci una mano / Covid-19: so robots can help

Covid-19: così i robot possono darci una mano Covid-19: so robots can help


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa

Lo UVD Robot del produttore danese Blue Ocean Robotics.
Lo UVD Robot del produttore danese Blue Ocean Robotics. /  The UVD Robot of the Danish manufacturer Blue Ocean Robotics.

Sono bastate poche settimane di questa maledetta epidemia di Covid-19 per rovesciare completamente il nostro mondo. Tutto quell’insieme di sicurezze, di tranquillità, di affetti che ci rendeva la vita così bella e piacevole, almeno per noi che abbiamo avuto la fortuna di essere nati e cresciuti in un paese come l’Italia, ora d’improvviso non esiste più. Al piacere di stringerci ai nostri cari e di incontrarli nei pranzi domenicali si è sostituito l’obbligo del distanziamento sociale. La certezza che gli ospedali fossero luoghi efficienti a cui affidare la nostra salute lascia ora spazio al timore che diventino i principali centri di contagio, dove neppure il nostro prezioso e valoroso personale medico e sanitario riesce a sottrarsi all'infezione.

In molti concordano nel dire che probabilmente avremo un mondo prima di Covid-19 e un mondo dopo Covid-19. E forse, in questo nuovo mondo a cui andremo incontro, se avremo ancora le risorse economiche e morali per risollevarci, i robot potranno avere un peso molto maggiore nelle nostre vite di quello che hanno avuto finora. La comunità scientifica ne è convinta. Science Robotics, la più autorevole rivista sulla ricerca in ambito robotico, è uscita lo scorso 25 marzo con un editoriale, firmato dagli scienziati che compongono il suo Advisory Board, dal titolo “Combating Covid-19 – The role of robotics in managing public health and infectious diseases” (e, cioè, “Combattere il Covid-19 – il ruolo della robotica nel gestire la salute pubblica e le malattie infettive”; lo trovate qui). Tra le 13 firme anche Guang-Zhong Yang, fondatore di Science Robotics e specializzato in robotica medica alla Shanghai Jiao Tong University e il nostro Paolo Dario, fondatore dell’Istituto di Biorobotica alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Nell’editoriale gli autori spiegano come nel 2015, quando ci fu l’epidemia di Ebola, l’Ufficio per la Politica scientifica e tecnologica della Casa Bianca e la National Science Foundation degli Usa identificarono tre campi d’azione in cui i robot potrebbero rendersi molto utili: assistenza medica, per esempio attraverso la telemedicina e la decontaminazione; logistica con il trasporto e il trattamento di rifiuti contaminati; sorveglianza, attraverso il monitoraggio del rispetto della quarantena. L’epidemia di Covid-19, si legge su Science Robotics, «ha introdotto ora una quarta area d’azionela continuità del lavoro e il mantenimento delle funzioni socioeconomiche. Covid-19 ha colpito la capacità produttiva e l’economia in tutto il mondo. Ciò evidenzia il bisogno di fare più ricerca sulla capacità di operare in remoto per un vasto campo di applicazioni che richiedono abilità di manipolazione ad alta precisione, dalla produzione industriale al controllo remoto di impianti per la produzione di energia o per il trattamento dei rifiuti».
Ma a che punto siamo con questi sviluppi? Le tecnologie sono mature, ma al momento testate soltanto in via sperimentale. In Cina, per esempio, durante l’epidemia sono stati utilizzati sistemi robotici di vario tipo, da quelli per la misurazione della temperatura negli aeroporti ai sistemi di controllo nelle strade per il controllo del rispetto della quarantena (come per esempio, molto di recente, nelle strade di Tunisi). Ma si tratta di impieghi in zone ristrette, come casi di studio
In una teleconferenza stampa internazionale, lo scorso 25 marzo, due autori dell’articolo uscito su Science Robotics hanno risposto alle domande della stampa internazionale, il già citato Guang-Zhong Yang e Howie Choset, professore di informatica alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, negli USA. Ne sono emersi spunti assai interessanti, che cerco di riassumere qui per voi.
«Una cosa che succede in modo ricorrente quando si verificano epidemie – ha detto Guang-Zhong Yang – come quella di Ebola di qualche anno fa, è che mentre sono in corso c’è una grande attenzione e una grande spinta per l’adozione di sistemi robotici. Tutti mostrano grande interesse. Ma poi quando l’emergenza si risolve, questa spinta si esaurisce. E ogni volta che un’epidemia si ripresenta noi veniamo sorpresi nel momento in cui siamo meno preparati. Questo ci deve servire da lezione e portarci a uno sforzo orchestrato e congiunto per supportare lo sviluppo dei robot che potrebbero essere utilizzati in queste emergenze».
Guang-Zhong Yang durante il picco dell’epidemia in Cina era negli Stati Uniti e ha dovuto rientrare a Shanghai per lavoro dove ha effettuato 14 giorni di quarantena in un hotel. «Mi venivano a controllare la febbre due volte al giorno», ha detto, «ma soprattutto, quello che più mi ha colpito come robotico e che si è rivelato anche un’esperienza molto particolare, è che il cibo che ordinavo mi veniva portato da un piccolo robot, che quando arrivava alla porta della mia camera mi chiamava al telefono per chiedermi di aprire e di ritirare il pasto».
Inoltre, ha proseguito lo scienziato cinese, ci sono molte tecnologie mature che possono trovare impiego e che dovremmo utilizzare di più. «C’è per esempio un robot danese che impiega luce ultravioletta per disinfettare le superfici, qualcosa di molto utile con il virus di Covid-19 che, è stato dimostrato, può sopravvivere a lungo su determinati materiali». Il dispositivo in questione è lo UVD Robot dell’azienda danese Blue Ocean Robotics  http://www.uvd-robots.com), distribuito in Italia da Nanutech  https://www.nanutech.it/contact) e, a quanto mi risulta, testato in qualche nostro ospedale.
Guang-Zhong Yang durante il picco dell’epidemia in Cina era negli Stati Uniti e ha dovuto rientrare a Shanghai per lavoro dove ha effettuato 14 giorni di quarantena in un hotel. «Mi venivano a controllare la febbre due volte al giorno», ha detto, «ma soprattutto, quello che più mi ha colpito come robotico e che si è rivelato anche un’esperienza molto particolare, è che il cibo che ordinavo mi veniva portato da un piccolo robot, che quando arrivava alla porta della mia camera mi chiamava al telefono per chiedermi di aprire e di ritirare il pasto».
Inoltre, ha proseguito lo scienziato cinese, ci sono molte tecnologie mature che possono trovare impiego e che dovremmo utilizzare di più. «C’è per esempio un robot danese che impiega luce ultravioletta per disinfettare le superfici, qualcosa di molto utile con il virus di Covid-19 che, è stato dimostrato, può sopravvivere a lungo su determinati materiali». Il dispositivo in questione è lo UVD Robot dell’azienda Blue Ocean Robotics, distribuito in Italia da Nanutech e, a quanto mi risulta, testato in qualche nostro ospedale.
Il distanziamento sociale, una misura fondamentale per portare il contagio a un livello controllabile e sostenibile per i sistemi sanitari, si renderà necessario ancora a lungo, osserva Yang, e ci costringerà a rivedere interamente il modo con cui concepiamo l’attività nelle aziende. In questo i robot possono avere un ruolo importante, per esempio nella logistica, spostando oggetti o componenti da un luogo all’altro delle aziende riducendo al minimo il contatto ravvicinato tra le persone. «Questi robot», osserva Yang, «si basano, come quelli che rilevano la temperatura negli aeroporti, su sistemi di navigazione autonoma basati su tecnologie SLM, Self Localization Mapping (cioè di mappatura di auto-localizzazione), che consentono loro di interpretare l’ambiente, muoversi aggirando ostacoli e cose del genere. Sono già ampiamente usati nell’industria con i cosiddetti AGV (autonomous guided vehicles, veicoli a guida autonoma).
Un ambito applicativo di interesse, secondo Yang, è quello della robotica chirurgica, su cui esiste un acceso dibattito riguardo ai costi di esercizio e la reale utilità. «Ma», nota lo scienziato, «oggi vediamo quanto alto sia il rischio dei sanitari che lavorano nei reparti di terapia intensiva a stretto contatto con i malati di Covid-19, che sono altamente contagiosi. Io mi occupo specificamente di robotica chirurgica e mi piacerebbe vedere uno sviluppo più intenso e anche un utilizzo maggiore in situazioni come questa, per evitare il contatto diretto dei chirurghi con i pazienti. Non credo che siamo già pronti per questa emergenza, ma spero che il nostro sforzo collettivo ci faccia trovare preparati la prossima volta».
Altri campi applicativi dei robot possono riguardare l’analisi delle superfici, per verificare l’eventuale presenza del virus, o l’effettuazione dei tamponi nasali o orofaringei, evitando quindi il contatto di operatori con potenziali portatori del virus, anche asintomatici. «Credo che il nostro sforzo», ha osservato Yang, «debba essere indirizzato a migliorare queste tipologie di robot, che già esistono, per renderli più piccoli, più agili, meno costosi e, quindi, favorirne la diffusione».
Un altro utilizzo ancora è quello dei robot di telepresenza, che possono essere per esempio impiegati per il controllo remoto delle persone anziane, ma anche per effettuare operazioni a distanza, aiutare in situazioni semplici come ricordare l’orario per prendere le medicine o verificare la presenza di segni vitali in caso di caduta, di malore o anche semplicemente durante il sonno.
A questo proposito è importante ricordare come l’Italia ospiti, a Peccioli, in provincia di Pisa, un laboratorio unico al mondo nello sviluppo di robot di questo tipo, creato dall’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Si tratta dell’Assistive Robotics Lab, meglio conosciuto in paese come Casa DomoticaUna struttura in cui i ricercatori collaborano con gli abitanti del paese nello sviluppo di soluzioni pensate soprattutto per aiutare la popolazione anziana.
«Robot come questi», dice Yang, «si rivelano utili non soltanto per svolgere funzioni materiali ma anche per rimediare, attraverso la comunicazione e il contatto a distanza, a quel senso di isolamento e di solitudine che la quarantena impone, e quindi dimostrano di essere utili anche per accrescere l’interazione sociale tra le persone».
Una delle proposte lanciate dalle firme dell’editoriale di Science Robotics, alla luce di quanto sta succedendo ora con Covid-19, è di organizzare delle sfide, le cosiddette challenge robotiche, in cui gruppi di ricerca entrino in competizione tra loro per sviluppare soluzioni a problemi concreti. La storia della ricerca in questo settore è costellata di esempi di questo tipo, attivati per esempio dalla Darpa, il Dipartimento per la difesa degli Stati Uniti, ma anche dall’Unione Europea. La formula ha il merito di stimolare i centri di ricerca allo sviluppo di casi funzionanti in scenari reali e di mettere a punto robot che, durante emergenze come questa, possano essere messi in campo il più rapidamente possibile. «Del resto», osserva Yang, «lo sviluppo di soluzioni che siano realmente efficaci ed economicamente sostenibili va fatto preferibilmente quando non ci troviamo nel cuore di un’epidemia, come ora, ma quando la pressione si allenta e i sistemi sanitari non sono così sotto pressione».
L’idea potrebbe essere, secondo Yang, lanciare sfide di questo tipo ogni due anni. E lavorare affinché ci sia uno sforzo globale di tutta la ricerca per mettere in pratica iniziative di questo tipo per lavorare in modo più coordinato.
ENGLISH
It only took a few weeks for this damned Covid-19 epidemic to completely overthrow our world. All that set of certainties, tranquility, affections that made life so beautiful and pleasant, at least for us who have had the good fortune of being born and raised in a country like Italy, now suddenly no longer exists . The pleasure of holding close to our loved ones and meeting them on Sunday lunches has been replaced by the obligation of social distancing. The certainty that hospitals were efficient places to entrust our health to now leaves room for fear that they will become the main centers of contagion, where even our precious and valiant medical and healthcare staff cannot escape infection.
Many agree that we will probably have a world before Covid-19 and a world after Covid-19. And perhaps, in this new world we will face, if we still have the economic and moral resources to recover, robots will have a much greater weight in our lives than they have had so far. The scientific community is convinced of this. Science Robotics, the most authoritative magazine on robotics research, was published on March 25 with an editorial, signed by the scientists who make up its Advisory Board, entitled "Combating Covid-19 - The role of robotics in managing public health and infectious diseases "(and, that is," Fighting Covid-19 - the role of robotics in managing public health and infectious diseases "; you can find it here). Guang-Zhong Yang, founder of Science Robotics and specialized in medical robotics at Shanghai Jiao Tong University and our Paolo Dario, founder of the Institute of Biorobotics at the Sant'Anna High School in Pisa, among the 13 signatures.
In the editorial, the authors explain how in 2015, when the Ebola epidemic occurred, the White House Office for Science and Technology and the US National Science Foundation identified three fields of action in which robots could make themselves very useful: medical assistance, for example through telemedicine and decontamination; logistics with the transport and treatment of contaminated waste; surveillance, by monitoring compliance with the quarantine. The Covid-19 epidemic, according to Science Robotics, "has now introduced a fourth area of ​​action: the continuity of work and the maintenance of socio-economic functions. Covid-19 has affected production capacity and the economy worldwide. This highlights the need to do more research on the ability to operate remotely for a wide range of applications that require high precision handling skills, from industrial production to remote control of plants for the production of energy or for the treatment of waste ».
But where are we at with these developments? The technologies are mature, but currently only tested experimentally. In China, for example, various types of robotic systems were used during the epidemic, from those for measuring temperature in airports to roadside control systems for monitoring quarantine compliance (as, for example, very recently, in the streets of Tunis). But these are jobs in restricted areas, such as case studies.
In an international press conference, on March 25, two authors of the article published in Science Robotics answered questions from the international press, the aforementioned Guang-Zhong Yang and Howie Choset, professor of computer science at Carnegie Mellon University in Pittsburgh, in the USA. Very interesting ideas emerged, which I try to summarize here for you.
"Something that happens recurrently when epidemics occur - said Guang-Zhong Yang - like that of Ebola a few years ago, is that while they are underway there is a great deal of attention and a great push for the adoption of robotic systems. Everyone shows great interest. But then when the emergency resolves, this push is exhausted. And every time an epidemic recurs, we are surprised when we are least prepared. This must serve as a lesson and lead us to an orchestrated and joint effort to support the development of robots that could be used in these emergencies ".
Guang-Zhong Yang was in the United States during the peak of the epidemic in China and had to return to Shanghai for work where he carried out 14 days of quarantine in a hotel. "They came to check my fever twice a day," he said, "but above all, what struck me most as a robotic and that also proved to be a very special experience, is that the food I ordered was brought to me by a little robot who, when he arrived at the door of my room, called me on the phone to ask me to open and collect the meal ».
Furthermore, the Chinese scientist continued, there are many mature technologies that can be used and that we should use more. "There is for example a Danish robot that uses ultraviolet light to disinfect surfaces, something very useful with the Covid-19 virus which has been shown to survive on certain materials for a long time". The device in question is the UVD Robot of the Blue Ocean Robotics company, distributed in Italy by Nanutech and, as far as I know, tested in some of our hospitals.
Social distancing, a fundamental measure to bring contagion to a controllable and sustainable level for health systems, will become necessary for a long time, Yang notes, and will force us to completely review the way we conceive the business in companies. In this, robots can play an important role, for example in logistics, by moving objects or components from one place to another in companies, minimizing close contact between people. "These robots," Yang notes, "are based, like those that detect temperature at airports, on autonomous navigation systems based on SLM technologies, Self Localization Mapping, which allow them to interpret the environment, move around obstacles and things like that. They are already widely used in industry with the so-called AGVs (autonomous guided vehicles).
An application area of ​​interest, according to Yang, is that of surgical robotics, on which there is a heated debate regarding operating costs and real utility. "But," notes the scientist, "today we see how high the risk is of health care workers working in intensive care units in close contact with Covid-19 patients, who are highly contagious. I specifically deal with surgical robotics and I would like to see a more intense development and also a greater use in situations like this, to avoid the direct contact of surgeons with patients. I don't think we are ready for this emergency, but I hope that our collective effort will make us ready next time ».
Other fields of application of the robots may concern the analysis of surfaces, to check for the presence of the virus, or the execution of nasal or oropharyngeal swabs, thus avoiding the contact of operators with potential carriers of the virus, even asymptomatic. "I believe that our effort", Yang observed, "should be directed towards improving these types of robots, which already exist, to make them smaller, more agile, less expensive and, therefore, encourage their spread".
Another use is that of telepresence robots, which can be used, for example, for the remote control of elderly people, but also to carry out remote operations, to help in simple situations such as remembering the time for taking medicines or checking for presence of vital signs in the event of a fall, illness or even simply during sleep.
In this regard, it is important to remember how Italy hosts, in Peccioli, in the province of Pisa, a laboratory unique in the world in the development of robots of this type, created by the Biorobotics Institute of the Scuola Superiore Sant'Anna in Pisa. This is the Assistive Robotics Lab, better known in the country as the Home Automation System. A structure in which researchers collaborate with the inhabitants of the country in the development of solutions designed above all to help the elderly population.
"Robots like these," says Yang, "are useful not only for carrying out material functions but also to remedy, through communication and remote contact, the sense of isolation and solitude that quarantine imposes, and therefore demonstrate that also be useful to increase social interaction between people ".
One of the proposals launched by the signatures of the editorial of Science Robotics, in light of what is happening now with Covid-19, is to organize challenges, the so-called robotic challenges, in which research groups compete with each other to develop solutions to concrete problems. The history of research in this sector is dotted with examples of this type, activated for example by Darpa, the United States Department of Defense, but also by the European Union. The formula has the merit of stimulating research centers to develop cases that work in real scenarios and to develop robots that, during emergencies like this, can be deployed as quickly as possible. "After all," Yang notes, "the development of solutions that are truly effective and economically sustainable should be done preferably when we are not in the heart of an epidemic, as it is now, but when the pressure eases and the health systems are not so under pressure".
The idea could be, according to Yang, to launch challenges of this type every two years. And to work so that there is a global effort of all research to put into practice initiatives of this type to work in a more coordinated way.
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