LA FORZA ROTAZIONALE INDOTTA POTREBBE SPIEGARE UN FENOMENO FISICO, ATTUALMENTE INSPIEGABILE.

LA FORZA ROTAZIONALE INDOTTA, INTUITA PER PRIMO DAL DOTT. GIUSEPPE COTELLESSA E CHE SUPERA I LIMITI DELLA FISICA DI NEWTON ED EINSTEIN, POTREBBE SPIEGARE UN FENOMENO FISICO, ATTUALMENTE NON SPIEGABILE.


Dott. Giuseppe Cotellessa




QM and RELATIVITY


Of all elements, Hydrogen and Helium seem to only have the necessary escape velocity from Earth's gravitational pull. All, other elements, isotopes, cells etc... seem to stay put. 

Does that mean that all elements above Helium comply with relativity but Helium and below (Hydrogen) and all their primordial related constituents (electrons, muons, quarks etc...) comply with QM?

Could that mean that of all components and physical laws, gravity sets the border of the QM/RELATIVITY link? 

Furthermore, could that mean that only the speed of light is the decisive factor in the connection between relativity and QM and a final TOE??

What do you think the connective thread between QM and relativity may be?
from
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QM (Meccanica Quantistica) e la relatività

Di tutti gli elementi, solo  idrogeno ed elio sembrano avere  la velocità di fuga necessaria per superare la forza gravitazionale della Terra. Tutti gli altri elementi, isotopi, cellule, ecc ... sembrano che non riescano a superare la forza gravitazionale della Terra..

Questo significa che tutti gli elementi sopra l'elio sono conformi con la relatività, ma Elio e al di sotto (idrogeno) e tutti i loro costituenti relativi primordiali (elettroni, muoni, i quark, ecc ...) sono conformi alla QM?

Potrebbe significare che la gravità imposta il confine del collegamento QM / relatività tra tutti i componenti e le leggi fisiche?

Inoltre, potrebbe dire che solo la velocità della luce è il fattore determinante nel collegamento tra relatività e QM e un TOE (TOE, Theory Of Everything) finale ?

Quale può essere il collegamento tra QM e la relatività?

TEORIA TOE
Per anni i fisici hanno trattato matematicamente le particelle fondamentali della natura, come elettroni e fotoni, considerandole entità puntiformi adimensionali, ossia a 0-dimensioni. Così facendo risultava impossibile unificare le quattro forze fondamentali della natura: la gravità, l'interazione forte, l'interazione debole e l'elettromagnetismo. L'ambizioso progetto dell'unificazione delle quattro forze deriva necessariamente dal fatto che esse derivano da un'unica entità all'epoca dell'origine dell'universo. Nel secolo appena trascorso è stata raggiunta l'unificazione dell'elettromagnetismo, dell'interazione forte e di quella debole nell'ambito della meccanica quantistica. Tale unificazione è anche nota col termine di modello standard ed ha come protagonista il mondo dell'infinitamente piccolo, ossia delle particelle fondamentali e delle leggi che le governano.
Il modello standard non si concilia, però, con la teoria della relatività generale che ha come protagonisti la forza di gravità ed il mondo dell'infinitamente grande, ossia pianetistellegalassie e l'universo intero. Meccanica quantistica e relatività generale fanno "a pugni", e lo stesso Einstein tentò senza successo di trovare la soluzione a questo immenso problema. Con ogni probabilità mancavano all'epoca cognizioni fondamentali che facessero luce sull'enigma.
Negli ultimi trent'anni, mentre la maggior parte dei fisici si dedicava ad altre questioni, alcuni teorici proseguivano caparbiamente gli studi sull'unificazione delle forze. Il frutto del loro impegno fu ciò che oggi conosciamo col nome di "teoria delle stringhe", anche se in italiano sarebbe più corretto chiamarla teoria delle corde, dal momento che il termine "strings", in inglese, significa "corda" e non "stringa".
La grande rivoluzione introdotta dalla teoria delle stringhe (di cui esistono cinque versioni) fu considerare le particelle fondamentali non più come oggetti puntiformi adimensionali, ossia con 0-dimensioni, bensì mono-dimensionali, ossia con 1-dimensioni, in pratica delle "stringhe" o "corde" che possono essere chiuse (come anelli) o aperte (come cordicelle). La grande varietà di particelle fondamentali che osserviamo nel nostro universo sarebbe dovuta al diverso modo di "vibrare" delle stringhe. Questo modo di considerare la fisica fondamentale ha permesso per la prima volta di unificare la relatività generale e la meccanica quantistica.
La teoria delle stringhe, oggetti a 1-dimensioni, comporta calcoli matematici estremamente complessi e fu questo uno dei motivi per cui incontrò scarso successo e diffusione nella comunità scientifica. Per di più implica l'esistenza di particelle, chiamate tachioni, che viaggiano più veloci dei fotoni nel vuoto, limite ultimo ed invalicabile secondo la relatività generale. D'altra parte, molte delle difficoltà presentate dal modello standard potevano essere superate nell'ambito della nuova teoria. Ad esempio il modello standard presenta ben venti parametri liberi introdotti per "far quadrare" i calcoli matematici, ed un numero molto elevato, quasi esagerato, di particelle. Inoltre non è in grado di descrivere la forza di gravità che, tra tutte le forze, è quella a noi più familiare. Nella teoria delle stringhe i venti parametri liberi si riducono ad uno solo, che corrisponde alla lunghezza della stringa, mentre la grande varietà delle particelle, come già detto, è riconducibile al modo di vibrare delle stringhe, ed inoltre predice l'esistenza di una nuova particella fondamentale, il gravitone, che trasporta la gravità, unificando, di fatto, la forza gravitazionale con le altre tre forze della natura.
Nonostante l'apparente raggiungimento dell'obiettivo prefissato, ovvero della comprensione sotto un'unica teoria di tutti i meccanismi dell'universo, anche la teoria delle stringhe è risultata però necessariamente perfettibile.
Essa è una buona candidata per la "teoria del tutto", ma ci trasporta in un mondo ben al di là della nostra pur fervida immaginazione. È un mondo con più di tre dimensioni spaziali (addirittura da nove a venticinque dimensioni spaziali in totale, secondo alcune versioni della teoria), un mondo infinitamente piccolo dove i costituenti fondamentali della materia e dell'energia sono miliardi e miliardi di volte più piccoli degli elettroni o dei fotoni, un mondo costituito da molti universi paralleli che possono anche venire a contatto tra loro.
Le dimensioni spaziali extra previste dalla teoria originaria sono sei, per un totale di nove dimensioni spaziali più una dimensione temporale. Ma perché noi possiamo percepire soltanto quattro dimensioni? Dove sono le altre sei dimensioni? La teoria ci dice che le dimensioni aggiuntive possono essere percepite e "viste" solo su una distanza infinitesimale, in quanto ripiegate su se stesse e, quindi, al di fuori della portata della nostra conoscenza diretta (e forse anche indiretta). Le stringhe, essendo più piccole del raggio d'apprezzamento delle dimensioni extra, vibrano non solo nelle nostre tre dimensioni, ma anche nelle altre sei. Per cercare di capire, o almeno di avere una vaga idea di come potrebbe essere questo strano universo, viene spesso presentata questa analogia: supponiamo di guardare da molto lontano un filo elettrico teso tra due tralicci: di esso possiamo percepire soltanto la sua lunghezza, il che vuol dire che il filo è per noi un oggetto 1-dimensionale. Se ci avviciniamo al filo ci accorgiamo progressivamente che esso ha uno spessore, che è come un piccolo cilindro con una superficie e quindi ci rendiamo conto del fatto che è un oggetto 2-dimensionale. Noi, nel nostro mondo, ci troviamo molto "lontani" dalle stringhe e quindi possiamo percepire soltanto le tre note dimensioni; ma se potessimo rimpicciolirci fino ad essere come le stringhe o poco più grandi, allora potremmo "vedere" le dimensioni spaziali mancanti.
I problemi con la teoria delle stringhe, tuttavia, non finiscono qui. In realtà esistono ben cinque versioni della teoria delle stringhe che si distinguono in base alla forma delle stringhe e a come esse implementano la supersimmetria, che è una parte tecnica della teoria che porta alla cosiddetta teoria delle superstringhe. Le cinque teorie sono:
  • Tipo I
  • Tipo IIA
  • Tipo IIB
  • Tipo SO(32)
  • Tipo E8 X E8
È a questo punto che interviene la teoria M.
Nel 1995 Edward Witten diede inizio alla Seconda Rivoluzione delle Superstringhe (Second Superstring Revolution), introducendo la teoria M. Questa teoria raggruppa le cinque teorie delle stringhe in una sola formulazione matematicamente coerente, ed abbandona il precedente tentativo di unificare relatività generale e meccanica quantistica, noto col termine di Supergravità, che introduceva una undicesima dimensione. L'unificazione delle teorie delle stringhe fu ottenuta associandole in una specie di trama di rapporti reciproci, detta dualità (in dettaglio S-dualità, T-dualità ed U-dualità). Ciascuna di queste dualità fornisce un metodo per convertire una teoria delle stringhe in un'altra.
La T-dualità è forse la più semplice da descrivere per comprendere la teoria M. Essa ha a che fare con la grandezza, il cui simbolo è la lettera R, delle dimensioni arrotolate delle teorie delle stringhe. È stato infatti scoperto che se si considera la teoria tipo IIA che ha un determinato valore di R e si cambia il raggio in 1/R, allora si ottiene il tipo IIB che ha il raggio di valore R. Questa dualità, così come le altre, crea un'interconnessione tra le cinque teorie (o sei se si vuole includere anche la supergravità). Il concetto di dualità era già noto prima che Witten proponesse la teoria M. Il merito dello scienziato è stato nel rilevare che tutte quante le teorie sono in connessione reciproca come risultato di una teoria sottostante ancora più fondamentale di cui le cinque formulazioni sarebbero delle approssimazioni. Inoltre è stato anche scoperto che anche le equazioni richieste dalle teorie delle stringhe nelle dieci dimensioni sono anch'esse delle approssimazioni.

Velocità di fuga.

La velocità di fuga, o anche seconda velocità cosmica, è la velocità minima iniziale a cui un oggetto, senza alcuna successiva propulsione, deve muoversi per potersi allontanare indefinitamente da una sorgente di campo gravitazionale, senza considerare altri fattori come l'attrito (es. aria).
Questa definizione potrebbe aver bisogno di modifiche nel caso pratico di due o più sorgenti di campo gravitazionale. Si assume usualmente che la massa del corpo da allontanare indefinitamente dalla sorgente di gravità sia molto minore di quella della sorgente stessa, in modo che il suo campo gravitazionale non perturbi significativamente il campo gravitazionale della sorgente.
Comunemente si definisce la velocità di fuga come la velocità necessaria per liberarsi da un campo gravitazionale; questa definizione è inesatta perché un campo gravitazionale è infinitamente esteso.
Una caratteristica un po' controintuitiva della velocità di fuga è che è indipendente dalla direzione, quindi la si può trattare come una grandezza scalare.
In missilistica si definisce velocità limite e fa riferimento al campo gravitazionale di un pianeta. In pratica la velocità limite corrisponde con la minima velocità teorica di decollo per un veicolo spaziale destinato a navigare nello spazio profondo. Notare però che un veicolo non ha bisogno di raggiungere la velocità di fuga, ma può allontanarsi a qualsiasi velocità, se continua ad avere un adeguato sistema di propulsione in funzione durante il volo.

Derivazione della formula per la velocità di fuga


Il modo più semplice di derivare la formula per la velocità di fuga è utilizzare la legge della conservazione dell'energia.

Definizione più formale di velocità di fuga, in un campo potenziale gravitazionale

La velocità di fuga può essere definita più formalmente come la velocità iniziale necessaria per andare da un punto in un campo gravitazionale, a distanza r dal centro del campo, fino all'infinito con velocità residua nulla, relativamente al campo stesso.
Nell'uso comune il punto iniziale è posto sulla superficie di un pianeta o di una luna. Una velocità così definita è una quantità teorica, perché presume che un oggetto sia sparato nello spazio come un proiettile, cioè con una spinta iniziale (impulso) di brevissima durata al cui termine la velocità dell'oggetto è la velocità di fuga. Nella realtà si utilizza quasi sempre un mezzo di propulsione per entrare nello spazio e quindi non è necessario arrivare a velocità così elevate. È di solito nello spazio che l'idea prende un più concreto significato.
Sulla superficie della Terra la velocità di fuga è pari a circa 11,2 km/s (40320 km/h), mentre a 9000 km dalla superficie è leggermente inferiore a 7,1 km/s: è possibile ottenere questa velocità con un'accelerazione continua dalla superficie fino a quell'altezza, oltre la quale l'oggetto si potrà allontanare indefinitamente dalla Terra anche senza propulsione.

Calcolo nel caso semplice di velocità di fuga da un corpo solo

Nel caso semplice di velocità di fuga da un corpo solo, o da una sola sorgente di gravità di massa , si procede come segue: all'oggetto di massa , a distanza  dal centro di gravità, viene fornita una velocità  che gli conferisce un'energia meccanica iniziale pari a:
in cui:
A distanza dal centro infinita e con velocità residua nulla entrambi i termini che contribuiscono all'energia meccanica si annullano: il primo (energia cinetica) perché è proporzionale al quadrato della velocità, il secondo (energia potenziale gravitazionale) perché è inversamente proporzionale alla distanza; quindi l'energia meccanica è . In base alla Legge di conservazione dell'energia meccanica, si trova:
Questa relazione permette anche di definire la velocità di fuga  come quella velocità a cui l'energia cinetica del corpo è pari al modulo della sua energia potenziale gravitazionale.
Risolvendo rispetto a  si ha infine:
dove:

PROPOSTA ORIGINALE DEL DOTT. GIUSEPPE COTELLESSA.

Bisogna considerare a livello locale anche il contributo della forza rotazionale indotta.

mv2/r = GmM/R2

Dove:

m è la massa della particella

r è il raggio della particella

G è la costante di gravitazione universale.

M è la massa del pianeta

R è la distanza della particella dal centro del pianeta.

Da cui si ha:

v = √GMr/R2

l’idrogeno e l’elio hanno raggio minore rispetto agli altri elementi per cui il valore da aggiungere alla velocità di fuga è inferiore rispetto a quella degli altri elementi.
E quindi idrogeno ed elio riescono a fuggire dall’atmosfera terrestre, mentre per gli elementi superiori all’elio v è maggiore, e quindi questo contributo aggiuntivo alla velocità di fuga impedisce loro di fuggire dall’atmosfera terrestre.

Da:
https://it.wikipedia.org/wiki/Introduzione_alla_teoria_M
https://it.wikipedia.org/wiki/Velocit%C3%A0_di_fuga

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