I telefoni cellulari fanno venire il cancro? / Do cell phones make cancer?

I telefoni cellulari fanno venire il cancro? Do cell phones make cancer?


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa




Le radiazioni emesse dai telefoni cellulari provocano il cancro? Ci sono contromisure? Ecco cosa dice la scienza in merito.
È la seconda sentenza di questo genere in Italia. Il Tribunale di Ivrea ha riconosciuto l’esistenza di una correlazione tra utilizzo del telefono cellulare e insorgenza di cancro per un uomo piemontese, dipendente Telecom, condannando l’Inail al pagamento di una rendita perpetua. Il caso precedente, relativo a un contenzioso avviato per lo stesso motivo da Innocente Marcolini, dirigente d’azienda bresciano, si era concluso nel 2014 in modo analogo, con la condanna dell’Inail. Tuttavia, è bene ricordare – come già fatto in almeno altri due casi, questo e questo – che la scienza non si fa nelle aule di tribunali, ma in laboratorio: in proposito, per quanto gli effetti sulla salute delle radiazioni emesse dai telefoni cellulari siano stati estensivamente analizzati dalla comunità scientifica negli ultimi decenni, i risultati degli studi si sono rivelati talvolta contrastanti, il che non ha ancora permesso di tirare delle conclusioni definitive in merito.
Facciamo un passo indietro. In generale, lo spettro elettromagnetico si divide in radiazioni ionizzanti non ionizzanti. Le radiofrequenze (ossia radiazioni con frequenze nell’intervallo compreso tra 30 kilohertza e 300 gigahertz) emesse dai cellulari sono radiazioni non ionizzanti. L’effetto cancerogeno dell’esposizione a radiazioni ionizzanti, tra cui per esempio quelle dei raggi X, è ormai noto da tempo alla comunità scientifica. Diverso è invece il discorso relativo alle radiazioni non ionizzanti (emesse, per l’appunto, da dispositivi come i telefoni cellulari, i radar, i forni a microonde, etc.), per cui, dice il National Cancer Institute statunitense, non esistono evidenze solide di una correlazione con l’aumento di rischio di cancro; l’unico effetto biologico riconosciuto, sempre secondo la stessa fonte, sarebbe il surriscaldamento dei tessuti a causa delle radiofrequenze. In particolare, accostare il cellulare alla testa provoca un riscaldamento locale (che comunque non avrebbe effetti misurabili sulla temperatura del corpo) le cui conseguenze sulla salute, però, non sono chiare.
E ancora: un’altra ipotesi prevede che l’energia delle radiofrequenze abbia conseguenze sul metabolismo del glucosio, anche se due studi condotti sul tema sono giunti a conclusioni diametralmente opposte: il primo ha mostrato un aumento del metabolismo del glucosio nella regione del cervello vicina all’orecchio su cui solitamente si appoggia il cellulare. Il secondo ha mostrato, nella stessa regione, una diminuzione del metabolismo del glucosio: ancora una volta, i risultati sono inconsistenti e non permettono di trarre alcuna conclusione.
Torniamo a parlare di cancro. Come accennavamo sopra, alcune delle evidenze oggi disponibili sembrano mostrare che le radiofrequenze non causano danni al dna che, a loro volta, possono portare all’insorgenza di cancro. Anche se, ribadiamo, lo scenario è spesso nebuloso: il National Institute of Environmental Health Sciences (Niehs), parte dei National Institutes of Health (Nih) statunitensi, sta conducendo uno studio su vasta scala, sui topi, per valutare gli effetti dell’esposizione alle radiofrequenze. In particolare, si tratta di uno studio epidemiologico incentrato sul rischio di tumori cerebrali maligni, come il glioma, e benigni, come neuromi meningiomi. I risultati preliminari del lavoro “non hanno mostrato le prove di una relazione tra uso di telefoni cellulari e cancro. Tuttavia, gli autori hanno descritto alcune correlazioni [non però rapporti di causa-effetto, nda] statisticamente significative per determinati sottogruppi di persone”.
Ancora: uno studio pubblicato lo scorso anno sulla rivista Cancer Epidemiology, relativo a un gruppo di circa 30mila pazienti australiani affetti da tumore cerebrale nell’arco del trentennio 1982-2012, ha mostrato che all’aumento della diffusione dei telefoni cellulari non è correlato un aumento proporzionale delle diagnosi di tumori al cervello, che sono rimaste stabili delle donne e aumentate dello 0,05% negli uomini. Anche in questo caso, però, bisogna fare dei distinguo: “Si tratta”, scrivono gli stessi autori, “di un’analisi dei trend ambientali: non ci sono dati individuali che correlino la frequenza di utilizzo di un cellulare a un indicatore di salute”.
Cosa impone, in uno scenario incerto e delicato come quello appena descritto, il principio di massima precauzione? Domanda cui non è certamente facile trovare una risposta: nel dubbio, gli esperti della International Agency for Research of Cancer (Iarc) della World Health Organization hanno ufficialmente classificato le radiofrequenze emesse dai cellulari nel gruppo 2B, quello in cui sono annoverati sostanze e fattori considerati “potenzialmente cancerogeni” (ma non “probabilmente cancerogeni”, come quelli del gruppo 2A, né “certamente cancerogeni”, come quelli del gruppo 1, tra cui per esempio il fumo di sigaretta)? In particolare, la decisione dello Iarc, risalente al 2011, era basata sui risultati di altri due grandi studi. Il primo è il cosiddetto studio Hardell, un lavoro svedese i cui autori hanno mostrato una correlazione tra uso dei telefoni cellulari e insorgenza di astrocitoma e neuroma acustico. L’altro è lo studio Interphone, che ha evidenziato un aumento del rischio di sviluppare il glioma per chi aveva trascorso al cellulare più di mezz’ora al giorno negli ultimi dieci anni. Entrambi i risultati, comunque, sottolineano gli esperti di Cancer Research Uk, vanno presi con le pinze: “Si tratta di studi con evidenti limitazioni. In entrambi, i ricercatori hanno chiesto a persone con e senza cancro di ricordare quando e quanto hanno usato il telefono cellulare: una valutazione siffatta, per forza di cose, non è molto precisa, tanto più che chi soffre di cancro al cervello può avere anche problemi di memoria”. In ogni caso, proprio in virtù del succitato principio di massima precauzione, la Iarc ha inserito (per ora) le radiofrequenze tra le sostanze possibilmente correlate all’insorgenza di cancro. Come dire: ne sappiamo ancora troppo poco per sancirne definitivamente la sicurezza.
C’è però anche chi pensa che, al contrario, la cautela non solo sia obbligatoria, ma sia insufficiente. “La Iarc non ha potuto inserire le radiofrequenze nel gruppo 2A”, ci spiega Fiorenzo Marinelli, ricercatore dell’Istituto di Generica Molecolare al Consiglio Nazionale delle Ricerche, “solo per una sorta di ‘cavillo’, nel senso che mancavano i test sugli animali. E recentemente è stata richiesta una revisione della classificazione, inserendo le radiazioni tra i cancerogeni certi. Uno studio che abbiamo condotto nel 2004 ha mostrato che le emissioni di radiofrequenze possono attivare nel breve periodo geni apoptotici, cioè quelli che inducono la morte cellulare, e nel lungo periodo geni di proliferazione cellulare”. Un altro studio, sempre condotto dall’équipe di Marinelli, ha mostrato che le radiofrequenze possono avere effetti sulla cinetica enzimatica, ovvero sul metabolismo cellulare. È per questo che Marinelli suggerisce di “applicare il principio di prevenzione debba essere applicato al massimo grado: il telefono cellulare dovrebbe essere usato solo come una radio di emergenza. In tutti i casi che non sono emergenze, è bene tornare al vecchio telefono fisso”.
ENGLISH
Do radiation from cell phones cause cancer? Are there countermeasures? That's what science says about it.
It is the second sentence of this kind in Italy. The Ivrea Tribunal has acknowledged the existence of a correlation between cell phone use and the onset of cancer for a Piedmontese employee, Telecom employee, condemning Inail to pay a perpetual annuity. The previous case, relating to a dispute initiated for the same reason by Innocente Marcolini, Brescia's executive manager, ended in 2014 in the same way, with the Inail condemnation. However, it is good to remember - as has already been done in at least two other cases - this and that - that science is not doing in courtrooms but in the lab: in this regard, as far as the health effects of radiation from cell phones are concerned Which have been extensively analyzed by the scientific community over the last decades, the results of the studies have sometimes proved to be conflicting, which has not yet allowed us to draw definitive conclusions about it.
Let's take a step back. In general, the electromagnetic spectrum is divided into ionizing and non-ionizing radiations. Radiofrequencies (ie radiations with frequencies ranging from 30 kilohertz to 300 gigahertz) from cell phones are non-ionizing radiation. The carcinogenic effect of exposure to ionizing radiation, such as those of X-rays, has long been known to the scientific community. Different is the discourse on non-ionizing radiation (emitted, by the same, by devices such as mobile phones, radar, microwave ovens, etc.), so, according to the US National Cancer Institute, there is no evidence Of a correlation with the increased risk of cancer; The only recognized biological effect, according to the same source, would be the overheating of the tissues due to the radiofrequency. In particular, pegging the cellular to the head causes local warming (which, however, would not have measurable effects on body temperature), the health consequences of which, however, are not clear.
Yet another hypothesis suggests that radiofrequency energy has implications on glucose metabolism, although two studies on the subject have come to diametrically opposing conclusions: the first showed an increase in glucose metabolism in the nearby brain region In the ear on which the cell phone is usually supported. The second showed a decrease in glucose metabolism in the same region: once again, the results are inconsistent and do not allow any conclusions to be drawn.
Let's go talk about cancer again. As mentioned above, some of the evidence available today seems to show that radiofrequencies do not cause damage to DNA, which in turn can lead to cancer. Even though, again, the scenario is often cloudy: the National Institute of Environmental Health Sciences (Niehs), part of the US National Institutes of Health (Nih), is conducting a large-scale study on mice to evaluate the effects of ' Exposure to radiofrequencies. In particular, it is an epidemiological study focused on the risk of malignant brain tumors, such as glioma, and benign, such as neuromas and meningiomas. Preliminary work results "have not shown evidence of a relationship between cell phones and cancer. However, the authors have described some correlations [however no statistically significant cause-and-effect relationships for certain subgroups of people. "
Still, a study published last year in Cancer Epidemiology magazine about a group of about 30,000 Australian patients suffering from brain tumor over the thirty-year period of 1982-2012 showed that increased cellular diffusion has no correlation Proportional increase in the diagnosis of brain tumors, which remained stable in women and increased by 0.05% in men. Even in this case, however, we need to distinguish: "These are," write the same authors, "an analysis of environmental trends: there is no individual data that correlates the frequency of using a cellular to a health indicator ".
What imposes, in an uncertain and delicate scenario like the one just described, the principle of maximum precaution? Question that is certainly not easy to find a response: In doubt, experts from the International Agency for Research of Cancer (IARC) of the World Health Organization have officially classified radio frequencies from cell phones in Group 2B, the one containing substances and factors considered "Potentially carcinogenic" (but not "possibly carcinogenic", such as group 2A, or "certainly carcinogenic", such as group 1, including cigarette smoking, for example)? In particular, the Iarch decision, dating back to 2011, was based on the results of two other major studies. The first is the so-called Hardell study, a Swedish work whose authors have shown a correlation between cell phones use and astrocytoma and acoustic neuroma. The other is the Interphone study, which showed an increased risk of developing glioma for those who had spent more than half an hour on the cellular phone over the last ten years. Both results, however, highlight Cancer Research UK experts, should be taken with the pliers: "These are studies with obvious limitations. In both, researchers asked people with and without cancer to remember when and how much they used their mobile phone: such a valuation, by virtue of things, is not very accurate, especially as those who suffer from brain cancer may also have Memory problems ". In any case, precisely because of the above-mentioned precautionary principle, Iarc has included (for now) radio frequencies between substances possibly related to cancer. How to say: we still know too little to definitively sanction security.
But there are also those who think that, on the contrary, caution is not only mandatory, but insufficient. "Iarc could not put radio frequencies in group 2A," explains Fiorenzo Marinelli, researcher of the Molecular Generic Institute at the National Research Council, "just for a sort of 'cavillo' in the sense that animal tests were missing . Recently, a revision of the classification has been requested, inserting radiation between certain carcinogens. A study we conducted in 2004 has shown that radiofrequency emissions can trigger apoptotic genes, that is, those that induce cell death, and in the long-term cell proliferation genes. " Another study, conducted by the Marinelli team, showed that radiofrequencies may have effects on enzymatic kinetics, or cellular metabolism. This is why Marinelli suggests "applying the principle of prevention should be applied to the highest degree: the cell phone should only be used as an emergency radio. In all cases that are not emergencies, it is good to go back to the old fixed telephone. "
Da:
http://www.galileonet.it/2017/04/telefoni-cellulari-fanno-venire-cancro/

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