Un farmaco che combatte l'infiammazione. E potrebbe prevenire infarto e cancro / A drug that fights inflammation. And it could prevent heart attack and cancer.
Un farmaco che combatte l'infiammazione. E potrebbe prevenire infarto e cancro / A drug that fights inflammation. And it could prevent heart attack and cancer.
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Si chiama canakinumab. Un grande studio presentato al congresso europeo dei cardiologi e pubblicato sul NEJM dimostra che può spegnere il processo infiammatorio imputato di causare malattie cardiovascolari. Ma sembra anche proteggere dal tumore del polmone.
E' il sogno di qualunque medico: disporre di farmaci che agiscano contemporaneamente su più condizioni. Ora un passo avanti in questa direzione lo ha appena fatto canakinumab, anticorpo monoclonale anti interleuchina 1β, impiegato nel trattamento di malattie infiammatorie autoimmuni come l'artrite reumatoide. Che oggi i risultati dello studio CANTOS, presentato nel corso del Congresso della Società Europea di Cardiologia e pubblicato sul NEJM, indicano non soltanto come efficace nel ridurre il rischio di infarto, ma anche nel rallentare la progressione del tumore del polmone. La chiave di questo meccanismo d'azione positivo, secondo Paul Ridker, autore dello studio e direttore del Centro per la prevenzione delle malattie cardiovascolari al Brigham and Women’s Hospital di Boston, negli USA, sarebbe nella riduzione dell'infiammazione.
Lo studio guidato da Ridker parte dalla considerazione per cui circa la metà degli infarti si verifica in persone che non hanno livelli di colesterolo eccessivamente alti. Non solo: quasi un quarto dei pazienti che hanno avuto un infarto e che sono in cura con le statine, i farmaci utilizzati per tenere a bada il colesterolo, ne subiscono un secondo nell'arco di cinque anni. Questo significa che il colesterolo non può essere ritenuto il solo responsabile dell'evento cardiovascolare. E che probabilmente parte delle ragioni vanno cercate in una condizione di infiammazione. Da tempo si sa infatti che l'infiammazione gioca un ruolo importante nell'insorgenza di infarto e ictus: i pazienti che presentano elevati livelli di biomarker dell'infiammazione, come la proteina C-reattiva ad alta sensibilità, hanno un maggior rischio vascolare. E tuttavia non era affatto chiaro se l'inibizione diretta dell'infiammazione potesse portare benefici in termini di riduzione del rischio cardiovascolare, in pazienti che hanno già avuto un infarto.
Lo studio CANTOS era destinato a rispondere proprio a questo interrogativo:“Per la prima volta ha commentato oggi Ridker - siamo stati in grado di dimostrare che abbassare l'infiammazione riduce il rischio cardiovascolare”. Il che, ha continuato il cardiologo, apre nuove strade alla terapia, soprattutto in alcune popolazioni di pazienti particolarmente a rischio.
I ricercatori del Brigham and Women's Hospital hanno dunque verificato l'attività del canakinumab, che inibendo l'interleuchina 1β ha un effetto antinfiammatorio, su oltre diecimila pazienti che avevano avuto un infarto, e che mostravano elevati livelli di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (dunque in una condizione di infiammazione). Oltre alla terapia standard a base di statine per ridurre il colesterolo, i pazienti erano stati randomizzati in tre gruppi per ricevere un'iniezione trimestrale di 50, 150 o 300 milligrammi di canakinumab, o un placebo, per poi essere seguiti per quattro anni.
Dopo quattro anni di follow up, i risultati preliminari sembrano essere andati ben oltre l'obiettivo di ricerca iniziale: il canakinumab infatti ha mostrato una intensa attività anticancro, riducendo in modo sensibile l'incidenza e le morti per tumore, quello ai polmoni in particolare. Un effetto questo – come si dice – dose dipendente: maggiore la dose, migliori i risultati. “Abbiamo verificato che in pazienti ad alto rischio una molecola che agisce sull'infiammazione ma non sui livelli di colesterolo è in grado di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari gravi – ha detto Ridker – aprendo la porta ad una nuova era della prevenzione in cardiologia”: dopo aver compreso l'importanza delle sane abitudini di vita,
e aver implementato l'uso di farmaci anticolesterolo come le statine, ora si apre un nuovo capitolo, quello che riguarda il ruolo dell'infiammazione. E sebbene questi dati debbano essere validati da altri studi, le premesse sono – come dice Ridker – entusiasmanti.
Lo studio guidato da Ridker parte dalla considerazione per cui circa la metà degli infarti si verifica in persone che non hanno livelli di colesterolo eccessivamente alti. Non solo: quasi un quarto dei pazienti che hanno avuto un infarto e che sono in cura con le statine, i farmaci utilizzati per tenere a bada il colesterolo, ne subiscono un secondo nell'arco di cinque anni. Questo significa che il colesterolo non può essere ritenuto il solo responsabile dell'evento cardiovascolare. E che probabilmente parte delle ragioni vanno cercate in una condizione di infiammazione. Da tempo si sa infatti che l'infiammazione gioca un ruolo importante nell'insorgenza di infarto e ictus: i pazienti che presentano elevati livelli di biomarker dell'infiammazione, come la proteina C-reattiva ad alta sensibilità, hanno un maggior rischio vascolare. E tuttavia non era affatto chiaro se l'inibizione diretta dell'infiammazione potesse portare benefici in termini di riduzione del rischio cardiovascolare, in pazienti che hanno già avuto un infarto.
Lo studio CANTOS era destinato a rispondere proprio a questo interrogativo:“Per la prima volta ha commentato oggi Ridker - siamo stati in grado di dimostrare che abbassare l'infiammazione riduce il rischio cardiovascolare”. Il che, ha continuato il cardiologo, apre nuove strade alla terapia, soprattutto in alcune popolazioni di pazienti particolarmente a rischio.
I ricercatori del Brigham and Women's Hospital hanno dunque verificato l'attività del canakinumab, che inibendo l'interleuchina 1β ha un effetto antinfiammatorio, su oltre diecimila pazienti che avevano avuto un infarto, e che mostravano elevati livelli di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (dunque in una condizione di infiammazione). Oltre alla terapia standard a base di statine per ridurre il colesterolo, i pazienti erano stati randomizzati in tre gruppi per ricevere un'iniezione trimestrale di 50, 150 o 300 milligrammi di canakinumab, o un placebo, per poi essere seguiti per quattro anni.
Dopo quattro anni di follow up, i risultati preliminari sembrano essere andati ben oltre l'obiettivo di ricerca iniziale: il canakinumab infatti ha mostrato una intensa attività anticancro, riducendo in modo sensibile l'incidenza e le morti per tumore, quello ai polmoni in particolare. Un effetto questo – come si dice – dose dipendente: maggiore la dose, migliori i risultati. “Abbiamo verificato che in pazienti ad alto rischio una molecola che agisce sull'infiammazione ma non sui livelli di colesterolo è in grado di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari gravi – ha detto Ridker – aprendo la porta ad una nuova era della prevenzione in cardiologia”: dopo aver compreso l'importanza delle sane abitudini di vita,
ENGLISH
It's called canakinumab. A large study presented at the European Cardiology Congress and published in NEJM shows that it can turn off the inflammatory process imputed to cause cardiovascular disease. But it also seems to protect you from lung cancer.
It is the dream of any doctor: to have medications that act simultaneously on multiple conditions. Now a step forward in this direction has just made canakinumab, a monoclonal anti-interleukin 1β antibody, used in the treatment of autoimmune inflammatory diseases such as rheumatoid arthritis. Today, the results of the CANTOS study, presented at the Congress of the European Society of Cardiology and published in NEJM, indicate not only how effective it is to reduce the risk of heart attack, but also to slow the progression of lung cancer. The key to this positive action mechanism, according to Paul Ridker, author of the study and director of the Center for the Prevention of Cardiovascular Diseases at Brigham and Women's Hospital in Boston, USA, would be to reduce inflammation.
The study led by Ridker starts with the consideration that about half of the infarcts occur in people who do not have excessively high cholesterol levels. Not only that: Nearly a quarter of patients who have had a heart attack and who are treating with statins, drugs used to keep cholesterol low, suffer a second in five years. This means that cholesterol can not be considered the sole cardiovascular event. And that probably some of the reasons should be sought in an inflammation condition. It has long been known that inflammation plays an important role in the onset of stroke and stroke: patients with high levels of inflammatory biomarkers, such as high sensitivity C-reactive protein, have a greater risk of vascular disease. And yet it was unclear if direct inflammation inhibition could bring benefits in terms of reducing cardiovascular risk in patients who had already had a heart attack.
The CANTOS study was about to answer this question: "For the first time, commented Ridker today, we have been able to demonstrate that lowering inflammation reduces cardiovascular risk." This, the cardiologist continued, opens new pathways to therapy, especially in some populations of particularly at-risk patients.
Brigham and Women's Hospital researchers have therefore verified the activity of canakinumab, which inhibiting interleukin-1β has an anti-inflammatory effect on over 10,000 patients who had had a heart attack and showed high levels of high sensitivity C-reactive protein (Therefore in an inflammation condition). In addition to standard statin-based therapy to reduce cholesterol, patients were randomized into three groups to receive a quarterly injection of 50, 150 or 300 milligrams of canakinumab, or a placebo, and then followed for four years.
After four years of follow up, preliminary results seem to have gone far beyond the initial research goal: canakinumab has shown intense anticancer activity, significantly reducing incidence and deaths for tumor, that of the lungs in particular. This effect - as it is said - is dependent on dose: the higher the dose, the better the results. "We have found that in high-risk patients a molecule that acts on inflammation but not on cholesterol levels is able to reduce the risk of serious cardiovascular events - said Ridker - opening the door to a new era of cardiovascular prevention" : After understanding the importance of healthy habits of life, and have implemented the use of anti-cholesterol drugs such as statins, now opens a new chapter, about the role of inflammation. And although these data have to be validated by other studies, the premise is - as Ridker says - excitement.
Da:
http://www.repubblica.it/salute/2017/08/27/news/un_farmaco_che_agisce_per_infarto_e_tumore_del_polmone-174016785/
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