La corsa del CERN per svelare i segreti dell'antimateria. The CERN race to unlock the antimatter secrets.
La corsa del CERN per svelare i segreti dell'antimateria. L'esistenza della forza rotazionale indotta, intuita per primo dal Dott. Giuseppe Cotellessa, che supera i limiti della fisica di Newton ed Einstein, può contribuire a svelare i segreti dell'antimateria./ The CERN race to unlock the antimatter secrets. The existence of the induced rotational force, first seen by Dr. Giuseppe Cotellessa, which exceeds the limits of Newton's and Einstein's physics, can help revealing the secrets of antimatter.
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Sorgente di antineutroni. / Source of antineutrons.
Al CERN di Ginevra, all'ombra del più famoso Large Hadron Collider, sei esperimenti sono in competizione per studiare le proprietà fondamentali e la struttura interna delle particelle di antimateria, identiche alle loro controparti di materia tranne che per la carica e lo spin. L'obiettivo è scoprire le differenze che spieghino uno dei più grandi misteri della fisica: perché nell'universo la materia è straordinariamente più comune dell'antimateri.
In un hangar del CERN dal soffitto molto alto, sei esperimenti rivali sono in corsa per comprendere la natura di uno dei materiali più sfuggenti dell'universo. Sono distanti tra loro solo pochi metri e in alcune parti sono letteralmente sovrapposti: una trave metallica dell'uno incrocia quella dell'altro, come se le scale mobili di un grande magazzino, mentre un supporto in calcestruzzo da diverse tonnellate pende minacciosamente dall'alto.
"Ricordiamo costantemente la nostra presenza gli uni agli altri ", dice il fisico Michael Doser, che guida AEGIS, un esperimento in gara per scoprire per primo in che modo l'antimateria – la rara immagine speculare della materia – risponde alla gravità.
Doser e i suoi concorrenti non potevano evitare l'estrema vicinanza. Il CERN, il laboratorio europeo di fisica delle particelle che ha sede a Ginevra, in Svizzera, può vantare l'unica sorgente al mondo di antiprotoni, le particelle che sembrano identiche ai protoni per ogni aspetto tranne che per la carica e lo spin, che sono opposti. L'Antiproton Decelerator del laboratorio è un anello di circa 182 metri di circonferenza alimentato dagli stessi acceleratori del suo fratello più grande e famoso del laboratorio, il Large Hadron Collider (LHC). Gli antiprotoni entrano nella macchina viaggiando quasi alla velocità della luce. Come dice il nome, il deceleratore rallenta le particelle, producendo un flusso di antiprotoni a cui gli esperimenti devono accedere a turno. Tutto deve essere fatto con la massima attenzione: quando incontrano la materia, le antiparticelle svaniscono lasciando un sbuffo di energia.
Gli scienziati lavorano da decenni per tenere fermi gli antiprotoni e gli atomi di anti-idrogeno che si possono produrre con gli antiprotoni per un tempo abbastanza lungo da consentirne lo studio. Negli ultimi
anni si sono visti rapidi progressi: i fisici sperimentali ora possono controllare un numero di antiparticelle sufficiente per avviare sul serio lo studio dell'antimateria, nonché per eseguire misurazioni sempre più accurate delle sue proprietà fondamentali e della sua struttura interna. Jeffrey Hangst, a capo dell'esperimento ALPHA, afferma che, almeno in linea di principio, ora il suo gruppo può fare con l'anti-idrogeno tutto ciò che gli altri fanno con l'idrogeno. "Questo è il momento verso cui ho lavorato per 25 anni", dice.
"Ricordiamo costantemente la nostra presenza gli uni agli altri ", dice il fisico Michael Doser, che guida AEGIS, un esperimento in gara per scoprire per primo in che modo l'antimateria – la rara immagine speculare della materia – risponde alla gravità.
Doser e i suoi concorrenti non potevano evitare l'estrema vicinanza. Il CERN, il laboratorio europeo di fisica delle particelle che ha sede a Ginevra, in Svizzera, può vantare l'unica sorgente al mondo di antiprotoni, le particelle che sembrano identiche ai protoni per ogni aspetto tranne che per la carica e lo spin, che sono opposti. L'Antiproton Decelerator del laboratorio è un anello di circa 182 metri di circonferenza alimentato dagli stessi acceleratori del suo fratello più grande e famoso del laboratorio, il Large Hadron Collider (LHC). Gli antiprotoni entrano nella macchina viaggiando quasi alla velocità della luce. Come dice il nome, il deceleratore rallenta le particelle, producendo un flusso di antiprotoni a cui gli esperimenti devono accedere a turno. Tutto deve essere fatto con la massima attenzione: quando incontrano la materia, le antiparticelle svaniscono lasciando un sbuffo di energia.
Gli scienziati lavorano da decenni per tenere fermi gli antiprotoni e gli atomi di anti-idrogeno che si possono produrre con gli antiprotoni per un tempo abbastanza lungo da consentirne lo studio. Negli ultimi
Gli esperimenti puntano molto in alto: anche una lieve differenza tra le proprietà della materia e quelle dell'antimateria potrebbe spiegare perché tutto esiste. Per quanto ne sanno i fisici, la materia e l'antimateria avrebbero dovuto essere create in uguali quantità nell'universo primordiale, per poi scontrarsi e precipitare insieme nell'oblio. Ma non è andata così e l'origine di questo fondamentale squilibrio rimane uno dei più grandi misteri della fisica.
E' improbabile che gli sforzi del CERN possano risolvere l'enigma in tempi brevi. Finora l'antimateria si è dimostrata fastidiosamente identica alla materia, e molti fisici pensano che rimarrà tutto così, perché ogni differenza scuoterebbe la fisica moderna dalle fondamenta. Ma i sei esperimenti, gli ultimi di una linea di ricerca che ha avuto inizio al CERN più di 30 anni fa, stanno attirando l'attenzione perché LHC continua a fare buchi nell'acqua nella ricerca di particelle che potrebbero spiegare il paradosso dell'antimateria. Inoltre, i rapidi progressi dei sei gruppi nella manipolazione dell'antimateria hanno permesso di ottenere un importante aggiornamento della macchina che produce antiprotoni della struttura: un deceleratore di ultima generazione che inizierà a funzionare entro la fine di quest'anno e permetterà finalmente agli esperimenti di lavorare con un numero di particelle fino a 100 volte maggiore.
Le decine di fisici che lavorano agli esperimenti del CERN sanno di avere di fronte una sfida ardua. Lavorare con l'antimateria è esasperante, la competizione tra le squadre è intensa e le probabilità di trovare qualcosa di nuovo sembrano limitate. Ma i cacciatori di antimateria del CERN sono motivati dal brivido di poter aprire una nuova finestra sull'universo. "Sono questi esperimenti da tour de force che ti rendono orgoglioso, qualunque sia la risposta che si ottiene", dice Hangst. Non c'è alcuna garanzia che l'antimateria porterà a una grande scoperta. Ma "se si può mettere le mani su qualcosa", aggiunge, "sarebbe stato davvero una vergogna non provarci".
Il nocciolo della questione
Le radici della fisica dell'antimateria possono essere fatte risalire al 1928, quando il fisico britannico Paul Dirac formulò un'equazione che descrive il comportamento di un elettrone che si muove quasi alla velocità della luce. Dirac capì che dovevano esserci una soluzione positiva e una negativa alla sua equazione. Successivamente, interpretò questa bizzarria matematica come un'indicazione dell'esistenza di un antielettrone, ora chiamato positrone, e teorizzò l'esistenza di un corrispettivo di antimateria per ogni particella.
Il fisico sperimentale Carl Anderson confermò l'esistenza del positrone nel 1932, quando trovò una particella che sembrava un elettrone, tranne per il fatto che, attraversando un campo magnetico, la sua traiettoria deviava nella direzione opposta. I fisici capirono presto che nelle collisioni venivano routinariamente prodotti positroni: facendo collidere le particelle con molta energia, parte di quest'ultima poteva essere convertita in coppie di materia-antimateria.
E' improbabile che gli sforzi del CERN possano risolvere l'enigma in tempi brevi. Finora l'antimateria si è dimostrata fastidiosamente identica alla materia, e molti fisici pensano che rimarrà tutto così, perché ogni differenza scuoterebbe la fisica moderna dalle fondamenta. Ma i sei esperimenti, gli ultimi di una linea di ricerca che ha avuto inizio al CERN più di 30 anni fa, stanno attirando l'attenzione perché LHC continua a fare buchi nell'acqua nella ricerca di particelle che potrebbero spiegare il paradosso dell'antimateria. Inoltre, i rapidi progressi dei sei gruppi nella manipolazione dell'antimateria hanno permesso di ottenere un importante aggiornamento della macchina che produce antiprotoni della struttura: un deceleratore di ultima generazione che inizierà a funzionare entro la fine di quest'anno e permetterà finalmente agli esperimenti di lavorare con un numero di particelle fino a 100 volte maggiore.
Le decine di fisici che lavorano agli esperimenti del CERN sanno di avere di fronte una sfida ardua. Lavorare con l'antimateria è esasperante, la competizione tra le squadre è intensa e le probabilità di trovare qualcosa di nuovo sembrano limitate. Ma i cacciatori di antimateria del CERN sono motivati dal brivido di poter aprire una nuova finestra sull'universo. "Sono questi esperimenti da tour de force che ti rendono orgoglioso, qualunque sia la risposta che si ottiene", dice Hangst. Non c'è alcuna garanzia che l'antimateria porterà a una grande scoperta. Ma "se si può mettere le mani su qualcosa", aggiunge, "sarebbe stato davvero una vergogna non provarci".
Il nocciolo della questione
Le radici della fisica dell'antimateria possono essere fatte risalire al 1928, quando il fisico britannico Paul Dirac formulò un'equazione che descrive il comportamento di un elettrone che si muove quasi alla velocità della luce. Dirac capì che dovevano esserci una soluzione positiva e una negativa alla sua equazione. Successivamente, interpretò questa bizzarria matematica come un'indicazione dell'esistenza di un antielettrone, ora chiamato positrone, e teorizzò l'esistenza di un corrispettivo di antimateria per ogni particella.
Il fisico sperimentale Carl Anderson confermò l'esistenza del positrone nel 1932, quando trovò una particella che sembrava un elettrone, tranne per il fatto che, attraversando un campo magnetico, la sua traiettoria deviava nella direzione opposta. I fisici capirono presto che nelle collisioni venivano routinariamente prodotti positroni: facendo collidere le particelle con molta energia, parte di quest'ultima poteva essere convertita in coppie di materia-antimateria.
Negli anni cinquanta, i ricercatori avevano iniziato a sfruttare questa conversione dell'energia in particelle per produrre antiprotoni. Ma ci vollero decenni per trovare un modo per produrne abbastanza da catturare e studiare. Uno stimolo fu la stuzzicante idea che antiprotoni e positroni potessero essere accoppiati per produrre anti-idrogeno, che avrebbe potuto essere confrontato con l'atomo di idrogeno già ben studiato.
Creare positroni è abbastanza semplice. Le particelle sono prodotte in determinati tipi di decadimento radioattivo e possono essere facilmente catturate con campi elettrici e magnetici. Ma l'antiprotone, che ha massa maggiore, è un'altra storia. Gli antiprotoni possono essere prodotti facendo collidere protoni su un metallo denso, ma emergono da queste collisioni muovendosi troppo in fretta per essere catturati in una trappola elettromagnetica.
I cacciatori di antimateria avevano bisogno di un modo di rallentare, o raffreddare, le particelle in grandi quantità. Il primo tentativo del CERN dedicato al rallentamento e alla cattura di antimateria iniziò nel 1982, con il Low Energy Antiproton Ring (LEAR). Nel 1995, l'anno prima che LEAR fosse messo in lista per la dismissione, un gruppo utilizzò antiprotoni prodotti dall'impianto per produrre i primi atomi di anti-idrogeno.
Il sostituto di LEAR, l'Antiproton Decelerator, ha iniziato a funzionare nel 2000 con tre esperimenti. Simile al suo predecessore, imbriglia le antiparticelle, prima concentrandole con l'utilizzo di magneti e poi rallentandole grazie a forti campi elettrici. Inoltre, fasci di elettroni scambiano calore con gli antiprotoni, raffreddandoli senza toccarli, perché entrambi i tipi di particelle sono carichi negativamente e perciò si respingono. Il processo complessivo rallenta gli antiprotoni a un decimo della velocità della luce. Questa è una velocità ancora troppo elevata per lavorare, quindi ora ognuno dei sei esperimenti utilizza tecniche per rallentare ulteriormente e intrappolare gli antiprotoni.
Lungo il cammino, la "mortalità" è elevata. Ogni "getto" di 30 milioni di antiprotoni verso un esperimento inizia con la collisione di 12.000 miliardi di protoni su un bersaglio. Nel momento in cui l'esperimento ALPHA di Hangst, per esempio, ha rallentato gli antiprotoni abbastanza da accoppiarli con i positroni e creare l'anti-idrogeno, rimangono solo 30 particelle: il resto è sfuggito, si è annichilato o è stato scartato perché troppo veloce o in condizioni non adatte allo studio. Condurre esperimenti con un numero così esiguo di antiatomi è una vera fatica, dice Hangst: "Si assume un atteggiamento completamente nuovo verso tutto il resto della fisica quando si deve lavorare con questa roba".
In corsa per il premio
La ricerca di antimateria al CERN subirà una certa concorrenza da parte della Facility for Antiproton and Ion Research, un acceleratore internazionale da un miliardo di dollari situato a Darmstadt, in Germania, che sarà completato verso il 2025. Ma per adesso il CERN ha il monopolio della produzione di antiprotoni abbastanza lenti da consentire gli studi.
Oggi, nell'impianto per antimateria ci sono cinque esperimenti in funzione presso (uno, GBAR, è ancora in fase di costruzione). Ognuno ha il proprio modo di trattare gli antiprotoni e, benché alcuni conducano esperimenti unici, spesso competono per misurare le stesse proprietà e ciascuno corrobora indipendentemente i valori degli altri.
Gli esperimenti condividono un fascio, il che significa che ogni due settimane, solo tre dei cinque esperimenti hanno un tempo di utilizzo del fascio, su turni di otto ore. Una riunione di coordinamento settimanale assicura che ogni esperimento sappia quando sarà in funzione il magnete del vicino, in modo da non alterare misurazioni sensibili. Ma nonostante la stretta vicinanza, i gruppi di solito scoprono i risultati dei loro vicini leggendo un articolo su di loro. "Tutto questo è basato sulla competizione, è una cosa sana: ti motiva", dice Hangst.
Creare positroni è abbastanza semplice. Le particelle sono prodotte in determinati tipi di decadimento radioattivo e possono essere facilmente catturate con campi elettrici e magnetici. Ma l'antiprotone, che ha massa maggiore, è un'altra storia. Gli antiprotoni possono essere prodotti facendo collidere protoni su un metallo denso, ma emergono da queste collisioni muovendosi troppo in fretta per essere catturati in una trappola elettromagnetica.
I cacciatori di antimateria avevano bisogno di un modo di rallentare, o raffreddare, le particelle in grandi quantità. Il primo tentativo del CERN dedicato al rallentamento e alla cattura di antimateria iniziò nel 1982, con il Low Energy Antiproton Ring (LEAR). Nel 1995, l'anno prima che LEAR fosse messo in lista per la dismissione, un gruppo utilizzò antiprotoni prodotti dall'impianto per produrre i primi atomi di anti-idrogeno.
Il sostituto di LEAR, l'Antiproton Decelerator, ha iniziato a funzionare nel 2000 con tre esperimenti. Simile al suo predecessore, imbriglia le antiparticelle, prima concentrandole con l'utilizzo di magneti e poi rallentandole grazie a forti campi elettrici. Inoltre, fasci di elettroni scambiano calore con gli antiprotoni, raffreddandoli senza toccarli, perché entrambi i tipi di particelle sono carichi negativamente e perciò si respingono. Il processo complessivo rallenta gli antiprotoni a un decimo della velocità della luce. Questa è una velocità ancora troppo elevata per lavorare, quindi ora ognuno dei sei esperimenti utilizza tecniche per rallentare ulteriormente e intrappolare gli antiprotoni.
Lungo il cammino, la "mortalità" è elevata. Ogni "getto" di 30 milioni di antiprotoni verso un esperimento inizia con la collisione di 12.000 miliardi di protoni su un bersaglio. Nel momento in cui l'esperimento ALPHA di Hangst, per esempio, ha rallentato gli antiprotoni abbastanza da accoppiarli con i positroni e creare l'anti-idrogeno, rimangono solo 30 particelle: il resto è sfuggito, si è annichilato o è stato scartato perché troppo veloce o in condizioni non adatte allo studio. Condurre esperimenti con un numero così esiguo di antiatomi è una vera fatica, dice Hangst: "Si assume un atteggiamento completamente nuovo verso tutto il resto della fisica quando si deve lavorare con questa roba".
In corsa per il premio
La ricerca di antimateria al CERN subirà una certa concorrenza da parte della Facility for Antiproton and Ion Research, un acceleratore internazionale da un miliardo di dollari situato a Darmstadt, in Germania, che sarà completato verso il 2025. Ma per adesso il CERN ha il monopolio della produzione di antiprotoni abbastanza lenti da consentire gli studi.
Oggi, nell'impianto per antimateria ci sono cinque esperimenti in funzione presso (uno, GBAR, è ancora in fase di costruzione). Ognuno ha il proprio modo di trattare gli antiprotoni e, benché alcuni conducano esperimenti unici, spesso competono per misurare le stesse proprietà e ciascuno corrobora indipendentemente i valori degli altri.
Gli esperimenti condividono un fascio, il che significa che ogni due settimane, solo tre dei cinque esperimenti hanno un tempo di utilizzo del fascio, su turni di otto ore. Una riunione di coordinamento settimanale assicura che ogni esperimento sappia quando sarà in funzione il magnete del vicino, in modo da non alterare misurazioni sensibili. Ma nonostante la stretta vicinanza, i gruppi di solito scoprono i risultati dei loro vicini leggendo un articolo su di loro. "Tutto questo è basato sulla competizione, è una cosa sana: ti motiva", dice Hangst.
Rappresentazione schematica del rapporto tra idrogeno (a sinistra) e anti-idrogeno (a destra): il primo è formato da un nucleo costituito da un solo protone (carico positivamente) e da un elettrone orbitale (carico negativamente); il secondo ha un nucleo costituito da un antiprotone (antiparticella del protone, carica negativamente) e da un positrone (antiparticella dell'elettrone, carica positivamente)./ Schematic representation of the relationship between hydrogen (left) and anti-hydrogen (right): the first consists of a single nucleus consisting of a single proton (positively charged) and an orbital electron (negatively charged); the second has a nucleus consisting of an antiproton (proton antiparticle, negatively charged) and a positron (electron antiparticle, positively charged).
Attualmente, solo uno dei sei esperimenti, BASE, studia direttamente antiprotoni dell'Antiproton Decelerator. BASE mantiene le particelle in una trappola di Penning, un complesso schema di campi elettrici (che fissano le particelle verticalmente) e campi magnetici (che le fanno ruotare lungo una circonferenza). Il gruppo può immagazzinare gli antiprotoni per più di un anno e ha utilizzato le orbite degli antiprotoni nella trappola per determinare il rapporto carica-massa con una precisione da primato. Il gruppo utilizza anche un metodo complesso per rivelare il momento magnetico dell'antiprotone, assimilabile al suo magnetismo intrinseco. La misurazione prevede lo scambio rapido di singole particelle tra due trappole separate e la rilevazione dei cambiamenti prodotti da minuscole variazioni in un campo a microonde oscillante. Padroneggiare la tecnica è diventata una passione per il leader della collaborazione Stefan Ulmer, fisico del RIKEN di Wako, in Giappone. "Ci metto tutto il mio cuore", dice.
L'anti-idrogeno, che è studiato dagli altri esperimenti al CERN, presenta alcuni problemi. Poiché ha una carica neutra, non risente di campi elettrici ed è quindi quasi impossibile da controllare. Gli esperimenti devono sfruttare le deboli proprietà magnetiche dell'antiatomo, confinando le particelle in una "bottiglia magnetica". Per far funzionare la bottiglia, i campi magnetici al suo interno devono variare enormemente su piccole distanze, cambiando di 1 tesla, la forza di un magnete da autodemolitore in grado di sollevare un'auto, su un solo millimetro. Anche così, gli atomi di anti-idrogeno devono avere una temperatura di meno di 0,5 kelvin, o fuggiranno via.
I primi atomi di anti-idrogeno, creati utilizzando antiprotoni in movimento, sono sopravvissuti per circa 40 miliardesimi di secondo. Nel 2002, due esperimenti, ATRAP e ATHENA, il predecessore di ALPHA, sono stati i primi a rallentare gli antiprotoni abbastanza da produrre quantità significative di anti-idrogeno, accumulando molte migliaia di atomi ciascuno. La grande scoperta è arrivata quasi un decennio dopo, quando i gruppi hanno imparato a catturare gli antiatomi per alcuni minuti alla volta. Da allora sono state misurate proprietà come la carica e la massa, ed è stata utilizzata la luce laser per misurarne i livelli energetici. In un recente numero di "Nature", ALPHA riferisce il suo ultimo progresso: la più precisa misurazione mai ottenuta della struttura iperfine dell'anti-idrogeno, l'insieme delle piccole variazioni energetiche interne dovute alle interazioni tra i suoi antiprotoni e positroni.
Nel loro complesso, gli esperimenti del CERN studiano una serie di proprietà dell'antimateria, ognuna delle quali potrebbe segnare una differenza rispetto alla materia. L'obiettivo di tutti è continuare a ridurre l'incertezza, afferma l'esperto di antimateria Masaki Hori, alla guida dell'esperimento ASACUSA, che utilizza i laser per studiare antiatomi in volo, liberi dalle forze disturbanti delle trappole. L'anno scorso, il gruppo ha effettuato una misurazione precisa del rapporto fra la massa dell'antiprotone e la massa dell'elettrone, utilizzando esotici atomi di elio in cui un antiprotone sostituisce un elettrone. Come altre misurazioni finora, non ha mostrato alcuna differenza tra materia e antimateria. Ma ogni risultato è una verifica più rigorosa che materia e antimateria siano davvero immagini speculari esatte l'una dell'altra.
Che differenza fa?
Se gli esperimenti dovessero individuare qualsiasi differenza tra materia e antimateria, sarebbe una scoperta fondamentale. Significherebbe la violazione di un principio chiamato simmetria di carica, parità e inversione temporale (CPT). Secondo questo principio, un universo visto allo specchio, pieno di antimateria e in cui il tempo scorre all'indietro, avrebbe le stesse leggi fisiche del nostro. La simmetria CPT è la spina dorsale di teorie come la relatività e la teoria quantistica dei campi. Violarlo, in un certo senso, significherebbe violare la fisica. In realtà, solo teorie esotiche prevedono che gli esperimenti sull'antimateria troveranno qualcosa.
L'anti-idrogeno, che è studiato dagli altri esperimenti al CERN, presenta alcuni problemi. Poiché ha una carica neutra, non risente di campi elettrici ed è quindi quasi impossibile da controllare. Gli esperimenti devono sfruttare le deboli proprietà magnetiche dell'antiatomo, confinando le particelle in una "bottiglia magnetica". Per far funzionare la bottiglia, i campi magnetici al suo interno devono variare enormemente su piccole distanze, cambiando di 1 tesla, la forza di un magnete da autodemolitore in grado di sollevare un'auto, su un solo millimetro. Anche così, gli atomi di anti-idrogeno devono avere una temperatura di meno di 0,5 kelvin, o fuggiranno via.
I primi atomi di anti-idrogeno, creati utilizzando antiprotoni in movimento, sono sopravvissuti per circa 40 miliardesimi di secondo. Nel 2002, due esperimenti, ATRAP e ATHENA, il predecessore di ALPHA, sono stati i primi a rallentare gli antiprotoni abbastanza da produrre quantità significative di anti-idrogeno, accumulando molte migliaia di atomi ciascuno. La grande scoperta è arrivata quasi un decennio dopo, quando i gruppi hanno imparato a catturare gli antiatomi per alcuni minuti alla volta. Da allora sono state misurate proprietà come la carica e la massa, ed è stata utilizzata la luce laser per misurarne i livelli energetici. In un recente numero di "Nature", ALPHA riferisce il suo ultimo progresso: la più precisa misurazione mai ottenuta della struttura iperfine dell'anti-idrogeno, l'insieme delle piccole variazioni energetiche interne dovute alle interazioni tra i suoi antiprotoni e positroni.
Nel loro complesso, gli esperimenti del CERN studiano una serie di proprietà dell'antimateria, ognuna delle quali potrebbe segnare una differenza rispetto alla materia. L'obiettivo di tutti è continuare a ridurre l'incertezza, afferma l'esperto di antimateria Masaki Hori, alla guida dell'esperimento ASACUSA, che utilizza i laser per studiare antiatomi in volo, liberi dalle forze disturbanti delle trappole. L'anno scorso, il gruppo ha effettuato una misurazione precisa del rapporto fra la massa dell'antiprotone e la massa dell'elettrone, utilizzando esotici atomi di elio in cui un antiprotone sostituisce un elettrone. Come altre misurazioni finora, non ha mostrato alcuna differenza tra materia e antimateria. Ma ogni risultato è una verifica più rigorosa che materia e antimateria siano davvero immagini speculari esatte l'una dell'altra.
Che differenza fa?
Se gli esperimenti dovessero individuare qualsiasi differenza tra materia e antimateria, sarebbe una scoperta fondamentale. Significherebbe la violazione di un principio chiamato simmetria di carica, parità e inversione temporale (CPT). Secondo questo principio, un universo visto allo specchio, pieno di antimateria e in cui il tempo scorre all'indietro, avrebbe le stesse leggi fisiche del nostro. La simmetria CPT è la spina dorsale di teorie come la relatività e la teoria quantistica dei campi. Violarlo, in un certo senso, significherebbe violare la fisica. In realtà, solo teorie esotiche prevedono che gli esperimenti sull'antimateria troveranno qualcosa.
Per questo motivo, i fisici di LHC tendono a vedere i ricercatori dell'antimateria della porta accanto "con un'attenzione mista a sconcerto", dice Doser, che da 30 anni lavora sull'antimateria. "Pensano che questa roba sia divertente e interessante, ma che sia improbabile che porti a qualcosa di nuovo", sottolinea. Il fisico teorico del CERN Urs Wiedemann conferma. Dice che la capacità dell'esperimento di manipolare l'antimateria è "stupefacente" e che quei test della teoria sono essenziali, ma "se la domanda è se esiste una solida motivazione fisica perché, a qualche livello di precisione, possa essere scoperto qualcosa di nuovo, penso che la risposta giusta sia no".
Tuttavia, LHC non ha fatto molto meglio per risolvere il mistero dell'antimateria. Gli esperimenti che risalgono agli anni sessanta hanno dimostrato che alcuni processi fisici, come il decadimento di particelle chiamate kaoni esotici in particelle più familiari hanno una minuscola preferenza per la produzione di materia. Gli esperimenti di LHC sono andati a caccia di simili preferenze e persino di un mucchio di particelle ancora sconosciute, il cui comportamento nell'universo primordiale avrebbe potuto rendere conto dell'enorme squilibrio rimasto tra materia e antimateria.
Ci sono state buone ragioni per sospettare che esistano queste particelle: sono state previste dalla supersimmetria, una teoria che si propone di risolvere alcuni problemi concreti nella fisica delle particelle. Ma nessuna particella si è palesata in otto anni di ricerca. Ora, le versioni più semplici e più eleganti della supersimmetria - quelle che in un primo momento hanno reso l'idea affascinante - sono state escluse in modo deciso. "Oggi LHC sta cercando particelle ipotetiche, che possono esserci o non esserci, con pochi riferimenti teorici. In un certo senso, è la stessa situazione in cui siamo noi", dice Doser.
Tuttavia, LHC non ha fatto molto meglio per risolvere il mistero dell'antimateria. Gli esperimenti che risalgono agli anni sessanta hanno dimostrato che alcuni processi fisici, come il decadimento di particelle chiamate kaoni esotici in particelle più familiari hanno una minuscola preferenza per la produzione di materia. Gli esperimenti di LHC sono andati a caccia di simili preferenze e persino di un mucchio di particelle ancora sconosciute, il cui comportamento nell'universo primordiale avrebbe potuto rendere conto dell'enorme squilibrio rimasto tra materia e antimateria.
Ci sono state buone ragioni per sospettare che esistano queste particelle: sono state previste dalla supersimmetria, una teoria che si propone di risolvere alcuni problemi concreti nella fisica delle particelle. Ma nessuna particella si è palesata in otto anni di ricerca. Ora, le versioni più semplici e più eleganti della supersimmetria - quelle che in un primo momento hanno reso l'idea affascinante - sono state escluse in modo deciso. "Oggi LHC sta cercando particelle ipotetiche, che possono esserci o non esserci, con pochi riferimenti teorici. In un certo senso, è la stessa situazione in cui siamo noi", dice Doser.
Alcuni gruppi ora si stanno lanciando verso la prossima grande sfida: una competizione per misurare l'accelerazione dell'antimateria sotto l'effetto della gravità. In generale, i fisici si aspettano che l'antimateria cada esattamente come la materia. Ma una frangia estrema di teorie prevede che abbia una massa "negativa": sarebbe cioè respinta, invece che attirata, dalla materia. L'antimateria con questa proprietà potrebbe rendere conto degli effetti dell'energia oscura e della materia oscura, la cui natura è ancora ignota. Ma molti fisici teorici che seguono le idee prevalenti sostengono che un simile universo sarebbe intrinsecamente instabile.
Il su è giù
Per misurare l'anti-idrogeno in caduta libera sarà, come sempre, necessario renderlo abbastanza freddo. Anche minime fluttuazioni termiche, infatti, mascherano il segnale di un atomo che cade. E possono essere utilizzate solo particelle neutre come l'anti-idrogeno, poiché anche sorgenti di campi elettromagnetici distanti possono esporre le particelle cariche a forze più intense della gravità.
Il prossimo anno, il gruppo di Hangst vuole utilizzare una tecnologia già collaudata,una versione verticale del suo esperimento ALPHA, per stabilire in modo definitivo se l'antimateria cade verso il basso o verso l'alto. "Ovviamente penso che saremo i primi a riuscirci, altrimenti non ci avrei neppure provato", dice. Ma altri due esperimenti, AEGIS di Doser e il più recente membro dell'impianto dedicato all'antimateria, GBAR, stanno alle calcagna del gruppo. Entrambi utilizzano tecniche di raffreddamento laser per aumentare la precisione, il che permetterà loro di evidenziare differenze più sottili tra l'accelerazione dell'antimateria e quella della materia di quelle che ALPHA è in grado di osservare attualmente. AEGIS misurerà la deviazione del fascio orizzontale di anti-idrogeno, mentre GBAR lascerà i suoi antiatomi in caduta libera per 20 centimetri. Entrambi vogliono portare la temperatura degli antiatomi fino a pochi millesimi di grado sopra lo zero assoluto, permettendo misure di accelerazione gravitazionale con una sensibilità che arriva a una parte su 100, e hanno intenzione di andare ancora oltre.
Il su è giù
Per misurare l'anti-idrogeno in caduta libera sarà, come sempre, necessario renderlo abbastanza freddo. Anche minime fluttuazioni termiche, infatti, mascherano il segnale di un atomo che cade. E possono essere utilizzate solo particelle neutre come l'anti-idrogeno, poiché anche sorgenti di campi elettromagnetici distanti possono esporre le particelle cariche a forze più intense della gravità.
Il prossimo anno, il gruppo di Hangst vuole utilizzare una tecnologia già collaudata,una versione verticale del suo esperimento ALPHA, per stabilire in modo definitivo se l'antimateria cade verso il basso o verso l'alto. "Ovviamente penso che saremo i primi a riuscirci, altrimenti non ci avrei neppure provato", dice. Ma altri due esperimenti, AEGIS di Doser e il più recente membro dell'impianto dedicato all'antimateria, GBAR, stanno alle calcagna del gruppo. Entrambi utilizzano tecniche di raffreddamento laser per aumentare la precisione, il che permetterà loro di evidenziare differenze più sottili tra l'accelerazione dell'antimateria e quella della materia di quelle che ALPHA è in grado di osservare attualmente. AEGIS misurerà la deviazione del fascio orizzontale di anti-idrogeno, mentre GBAR lascerà i suoi antiatomi in caduta libera per 20 centimetri. Entrambi vogliono portare la temperatura degli antiatomi fino a pochi millesimi di grado sopra lo zero assoluto, permettendo misure di accelerazione gravitazionale con una sensibilità che arriva a una parte su 100, e hanno intenzione di andare ancora oltre.
Entro la fine dell'anno, GBAR sarà il primo a beneficiare di ELENA, un nuovo anello da 25 milioni di franchi svizzeri (26 milioni di dollari) di 30 metri di circonferenza che si trova all'interno dell'Antiproton Decelerator ed è progettato per rallentare ulteriormente gli antiprotoni che arrivano dalla macchina. Infine, ELENA fornirà particelle a tutti gli esperimenti, quasi contemporaneamente. Gli antiprotoni saranno più lenti di un fattore sette e arriveranno in fasci più collimati. Poiché saranno raffreddati in modo più efficiente negli stadi iniziali, gli esperimenti dovrebbero essere in grado di intrappolare più particelle.
Ora che i gruppi possono manipolare e testare l'antimateria, spiega Hangst, sempre più fisici si stanno interessando al lavoro. E stanno contibuendo con idee per esperimenti e valori da controllare. Inoltre, i gruppi stanno volgendo lo sguardo verso l'esterno, per vedere se ci sono modi per aiutare altri settori di ricerca con le loro tecnologie. La squadra di GBAR, per esempio, sta lavorando a una trappola portatile per trasportare antiprotoni verso un esperimento del CERN chiamato ISOLDE, dove possono essere utilizzati per mappare i neutroni in atomi radioattivi instabili.
Supponendo che nessuna impasse tecnica logori il progresso fino a farlo arrestare, Doser stima che entro la fine del 2020 i fisici saranno abbastanza abili nel maneggiare l'antimateria da riuscire a replicare una serie di dispositivi basati sulla fisica atomica, per esempio costruire orologi atomici ad antimateria. "Ora si vedono spuntare un sacco di idee, e questo è un segno che il settore sta avanzando rapidamente", dice. "Spero che il CERN non mi licenzi mai, perché ho progetti per i prossimi 30 anni".
Ora che i gruppi possono manipolare e testare l'antimateria, spiega Hangst, sempre più fisici si stanno interessando al lavoro. E stanno contibuendo con idee per esperimenti e valori da controllare. Inoltre, i gruppi stanno volgendo lo sguardo verso l'esterno, per vedere se ci sono modi per aiutare altri settori di ricerca con le loro tecnologie. La squadra di GBAR, per esempio, sta lavorando a una trappola portatile per trasportare antiprotoni verso un esperimento del CERN chiamato ISOLDE, dove possono essere utilizzati per mappare i neutroni in atomi radioattivi instabili.
Supponendo che nessuna impasse tecnica logori il progresso fino a farlo arrestare, Doser stima che entro la fine del 2020 i fisici saranno abbastanza abili nel maneggiare l'antimateria da riuscire a replicare una serie di dispositivi basati sulla fisica atomica, per esempio costruire orologi atomici ad antimateria. "Ora si vedono spuntare un sacco di idee, e questo è un segno che il settore sta avanzando rapidamente", dice. "Spero che il CERN non mi licenzi mai, perché ho progetti per i prossimi 30 anni".
ENGLISH
At the CERN of Geneva, in the shadow of the most famous Large Hadron Collider, six experiments are competing to study the fundamental properties and internal structure of the antimatter particles, identical to their counterparts of matter except for charge and spin. The objective is to discover the differences that explain one of the greatest mysteries of physics: because in matter of the universe matter is extraordinarily more common than antimatter.
In a very high ceiling CERN hangar, six rival experiments are running to understand the nature of one of the most elusive materials in the universe. They are only a few meters apart and in some parts, they are literally overlapping: one metal beam crosses one another, as if the escalators of a large warehouse, while a concrete support of several tons rises dangerously from above.
"We constantly remember our presence to each other," says physicist Michael Doser, who drives AEGIS, an experiment in the race to find out first how anti matter - the rare specular image of matter - responds to gravity.
Doser and his competitors could not avoid the extreme closeness. CERN, the European Particle Physics Lab, based in Geneva, Switzerland, can boast the only source of antiprotons, particles that look identical to protons in every aspect except for charge and spin, which are opposed. The Antiproton Decelerator of the lab is a ring of about 182 meters of circumference powered by the same accelerators of its largest and famous lab brother, the Large Hadron Collider (LHC). The antiprotons come into the car traveling almost at the speed of light. As the name suggests, the decelerator slows down the particles, producing a stream of anti protons to which experiments need to access in turn. Everything has to be done with the utmost care: when they meet the matter, the antiparticles disappear leaving a puff of energy.
Scientists have been working for decades to keep antiprotons and antihydrogen atoms that can be produced with antimicrobials for a long enough time to allow them to study. In the lasts
years have seen rapid progress: experimental physicists can now control a sufficient number of antiparticles to initiate seriously the study of antimatter, as well as to perform more accurate measurements of its fundamental properties and its internal structure. Jeffrey Hangst, head of the ALPHA experiment, states that at least in principle, now his group can do with anti-hydrogen all that others do with hydrogen. "This is the time I worked for 25 years," he says.
Experiments point to the very top: even a slight difference between the properties of matter and those of the antimatter could explain why everything exists. As far as physicists are concerned, matter and antimatter should have been created in equal quantities in the primordial universe, then clashing and falling together into oblivion. But this is not the case, and the origin of this fundamental imbalance remains one of the greatest mysteries of physics.
It is unlikely that CERN's efforts can solve the puzzle in a short time. So far, antimatter has been uncomfortably identical to matter, and many physicists think that everything will remain so, for any difference would shake modern physics from the foundation. But the six experiments, the last of a search line that began at CERN more than 30 years ago, are drawing attention because LHC continues to holes in water in the search for particles that could explain the paradox of antimatter. In addition, the rapid advances of the six groups in the antimatter manipulation have enabled a major upgrade of the machine that produces antiprotons of the structure: the latest generation Decelerator that will start operating by the end of this year and will eventually allow work with a number of particles up to 100 times larger.
The dozens of physicists working on CERN experiments know that they face an arduous challenge. Working with the antimatter is exasperating, the competition between the teams is intense and the chances of finding something new seem limited. But CERN's antimatter hunters are motivated by the thrill of opening a new window on the universe. "These are tour de force experiments that make you proud, whatever the answer is," says Hangst. There is no guarantee that the antimatter will lead to a great discovery. But "if you can put your hands on something," he adds, "it would be really a shame not to try."
The core of the question
The roots of antimatter physics can be traced back to 1928 when British physicist Paul Dirac formulated an equation describing the behavior of an electron moving almost at the speed of light. Dirac understood that there must be a positive solution and a negative to his equation. Subsequently, he interpreted this mathematical bizarre as an indication of the existence of an antielectron, now called positron, and theorized the existence of an antimatter for each particle.
Experimental physicist Carl Anderson confirmed the existence of positron in 1932 when he found a particle that looked like an electron, except for the fact that, through a magnetic field, his trajectory deviated in the opposite direction. The physicists soon realized that collisions were routinely produced by positron: by colliding the particles with much energy, part of the latter could be converted into pairs of antimatter material.
In the 1950's, researchers began to exploit this particle energy conversion to produce antiproton. But it took decades to find a way to produce enough to capture and study. One stimulus was the appetizing idea that antiprotons and positrons could be coupled to produce anti-hydrogen, which could have been compared with the hydrogen atom already well-studied.
Creating positrons is fairly simple. Particles are produced in certain types of radioactive decay and can be easily captured with electrical and magnetic fields. But the antiproton, which has greater mass, is another story. Antiprotons can be produced by colliding protons on a dense metal, but emerge from these collisions by moving too fast to be caught in an electromagnetic trap.
Antimatter hunters needed a way to slow down or cool particles in large quantities. The first attempt by CERN to slow down and capture antimatter began in 1982 with the Low Energy Antiproton Ring (LEAR). In 1995, the year before LEAR was placed on the market for disposal, a group used antiprotons produced by the plant to produce the first anti-hydrogen atoms.
LEAR's replacement, the Antiproton Decelerator, started operating in 2000 with three experiments. Similar to its predecessor, it smoothes the antiparticles, first concentrating them by using magnets and then slowing down them thanks to strong electric fields. In addition, electron beams exchange heat with antiprotons, cooling them without touching them, because both types of particles are negatively charged and therefore rejection. The overall process slows antiprotons to a tenth of the speed of light. This is still too high a speed to work, so now each of the six experiments uses techniques to further slow down and trap antiprotons.
Along the way, "mortality" is high. Each "jet" of 30 million antiprotons to an experiment begins with a collision of 12,000 billion protons on a target. At a time when the ALPHA experiment of Hangst, for example, slowed down antiprotons enough to match them with positrons and create anti-hydrogen, only 30 particles remain: the rest has escaped, annihilated or was discarded because too fast or under conditions not suitable for study. Conducting experiments with such a small number of anti-atoms is a real burden, says Hangst. "It takes a completely new attitude towards the rest of physics when you have to work with this stuff."
Running for the prize
Antimatter research at CERN will be subject to some competition from the Facility for Antiproton and Ion Research, a $ 1 billion international accelerator located in Darmstadt, Germany, which will be completed by 2025. But for now, CERN has the monopoly of slow anti proton production to allow studies.
Today, in the antimatter plant there are five experiments in operation (one, GBAR, is still under construction). Everyone has their own way of dealing with antiprotons, and while some lead to unique experiments, they often compete to measure the same property and each one independently corroborates the values of others.
Experiments share a bundle, which means that every two weeks, only three of the five experiments have a beam usage time of eight hours. A weekly coordination meeting ensures that each experiment knows when the neighbor's magnet will be in operation, so as not to alter sensitive measurements. But in spite of the close proximity, groups usually find out the results of their neighbors by reading an article on them.
"All this is based on competition, it's a healthy thing: it's you," says Hangst.
Currently, only one of the six experiments, BASE, directly studies Antiprotons of the Anti Proton Decelerator. BASE retains the particles in a Penning trap, a complex scheme of electric fields (which fix the particles vertically) and magnetic fields (which make them rotate along a circumference). The group can store anti protocols for more than a year and has used anti-rotation orbits in the trap to determine the charge-mass ratio with a precision of primacy. The group also uses a complex method to reveal the magnetic moment of the antiproton, similar to its intrinsic magnetism. The measurement involves the rapid exchange of individual particles between two separate traps and the detection of changes made by tiny variations in a swinging microwave field. Mastering the technique has become a passion for the collaboration leader Stefan Ulmer, a physicist of Wako's RIKEN in Japan. "I put my whole heart," he says.
Antihydrogen, which is studied by other experiments at CERN, presents some problems. Because it has a neutral charge, it does not suffer from electric fields and is therefore almost impossible to control. Experiments must exploit the weak magnetic properties of the anti-atom, confining the particles to a "magnetic bottle". To operate the bottle, the magnetic fields within it have to vary tremendously on small distances, changing by 1 Tesla, the strength of a self-healing magnet that can lift a car in just one millimeter. Even so, the anti-hydrogen atoms must have a temperature of less than 0.5 Kelvin, or they will run away.
The first anti-hydrogen atoms, created using antiprotons in motion, survived for about 40 billionths of a second. In 2002, two experiments, ATRAP and ATHENA, the predecessor of ALPHA, were the first to slow down antiprotons enough to produce significant amounts of antihydrogen, accumulating many thousands of atoms each. The great discovery came nearly a decade later when groups learned to capture anti-atoms for a few minutes at a time. Since then, properties such as charge and mass have been measured, and laser light has been used to measure energy levels. In a recent issue of "Nature", ALPHA reports its latest progress: the most accurate measurement of the hyperfine structure of antihydrogen, the set of small internal energy variations due to the interactions between its antiprotons and positrons.
Overall, CERN's experiments study a variety of antimatter properties, each of which could be a difference to matter. Everyone's goal is to continue to reduce uncertainty, says Masaki Hori antimatter expert, driving the ASACUSA experiment, using lasers to study flying anti-atoms, free from trapped forces. Last year, the group carried out a precise measurement of the relationship between anti proton mass and the mass of the electron, using exotic helium atoms in which an antiproton replaces an electron. Like other measurements so far, it did not show any difference between matter and antimatter. But every result is a more rigorous test that matter and antimatter are really exact speculative images of each other.
What's the difference?
If experiments were to detect any difference between matter and antimatter, it would be a fundamental discovery. It would mean a violation of a principle called charge symmetry, parity and time inversion (CPT). According to this principle, a universe seen in the mirror, full of antimatter and in which time runs backward, would have the same physical laws as ours. CPT symmetry is the backbone of theories such as relativity and quantum field theory. Violating it, in a sense, would mean violating physics. In fact, only exotic theories predict that experiments on antimatter will find something.
For this reason, LHC physicists tend to see the next-door antimatter researchers "with a mixed sense of discomfort," says Doser, who has been working on antimatter for 30 years. "They think this stuff is fun and interesting, but it's unlikely to bring something new," he points out. CERN's theoretical physicist Urs Wiedemann confirms. He says that the ability of the experiment to manipulate antimatter is "amazing" and that those tests of the theory are essential, but "if the question is whether there is a solid physical motivation because some degree of precision can be discovered something new, I think the right answer is no. "
For this reason, LHC physicists tend to see the next-door antimatter researchers "with a mixed sense of discomfort," says Doser, who has been working on antimatter for 30 years. "They think this stuff is fun and interesting, but it's unlikely to bring something new," he points out. CERN's theoretical physicist Urs Wiedemann confirms. He says that the ability of the experiment to manipulate antimatter is "amazing" and that those tests of the theory are essential, but "if the question is whether there is a solid physical motivation because some degree of precision can be discovered something new, I think the right answer is no. "
However, LHC did not do much better to solve the mystery of antimatter. Experiments dating back to the sixties have shown that some physical processes, such as particle decay, called exotic chaomes in more familiar particles, have a tiny preference for producing matter. LHC experiments went on to hunt for such preferences and even a bunch of unknown particles, whose behavior in the primordial universe could have accounted for the huge imbalance between matter and antimatter.
There were good reasons to suspect that these particles exist: they have been predicted by supersymmetry, a theory that aims to solve some concrete problems in particle physics. But no particle has recovered in eight years of research. Now, the simplest and most elegant versions of supersymmetry - the ones that at first made the fascinating idea - were firmly excluded. "Today LHC is looking for hypothetical particles, which may or may not be, with few theoretical references. In a sense, it is the same situation we are in," says Doser.
Some groups are now launching to the next great challenge: a competition to measure the acceleration of the antimatter under the effect of gravity. In general, physicists expect antimatter to drop exactly as matter. But an extreme fringe of theories predicts that it has a "negative" mass; it would be rejected, rather than attracted, by matter. The antimatter with this property could account for the effects of obscure energy and dark matter, whose nature is still unknown. But many theoretical physicists who follow the prevailing ideas argue that such a universe would be intrinsically unstable.
The up is down
To measure anti-hydrogen in free fall will, as always, be necessary to make it cool enough. Even minimal thermal fluctuations, in fact, mask the signal of a falling atom. And only neutral particles such as anti-hydrogen can be used, as distant electromagnetic sources of light can also expose charged particles to more intense forces of gravity.
Next year, the Hangst group wants to use proven technology, a vertical version of its ALPHA experiment, to determine definitively whether the antimatter drops down or up. "Obviously I think we will be the first to succeed, otherwise I would not have tried," he says. But two more experiments, AEGIS of Doser and the latest member of the plant dedicated to the antimatter, GBAR, are on the heels of the group. Both use laser cooling techniques to increase precision, which will allow them to point out more subtle differences between the acceleration of the antimatter and that of matter than those currently ALPHA can observe. AEGIS will measure the deviation of the horizontal anti-hydrogen beam, while GBAR will leave its antiatoms in free fall for 20 centimeters. Both want to bring the anti-atoms temperature up to a few milliseconds above the absolute zero, allowing gravitational acceleration measures with a sensitivity reaching to a 100 on one, and they are going to go further.
By the end of the year, GBAR will be the first to benefit from ELENA, a new ring of 25 million Swiss francs ($ 26 million) of 30 meters circumference located within the Antiproton Decelerator and is designed to further slow down antiprotons coming from the machine. Finally, ELENA will provide particles to all experiments, almost simultaneously. Antiprotons will be slower than a factor of seven and will come in more collimated bundles. Since they will be cooled more efficiently in the initial stages, the experiments should be able to trap more particles.
Now that groups can manipulate and test antimatter, says Hangst, more and more physically interested in the work. And they are counting on ideas for experiments and values to be controlled. In addition, groups are turning their gaze to the outside to see if there are ways to help other research areas with their technologies. The GBAR team, for example, is working on a portable trap to carry antiprotons to a CERN experiment called ISOLDE, where they can be used to map neutrons into unstable radioactive atoms.
Assuming no technical impasse worsens progress until it is stopped, Doser estimates that physicists will be able to handle antimatter by the end of 2020 by being able to replicate a number of devices based on atomic physics, such as building atomic clocks at antimatter. "Now we see a lot of ideas coming up, and this is a sign that the industry is advancing fast," he says. "I hope CERN never loses me because I have projects for the next 30 years."
Da:
http://www.lescienze.it/news/2017/09/02/news/corsa_rivelare_segreti_antimateria-3648189/
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