LSD ed ecstasy alterano la struttura dei neuroni / LSD and ecstasy alter the structure of neurons

LSD ed ecstasy alterano la struttura dei neuroniLSD and ecstasy alter the structure of neurons


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa



Immagine in falsi colori che confronta un neurone esposto a sostanze psichedeliche (destra) con uno non 
esposto (sinistra): nel primo è evidente l'increFalse-color image that compares a neuron exposed to psychedelic substances (right) with one not exposed (left): in the first one the increase in the number of ramifications is evidentmento nel numero di ramificazioni 
(Credit: Calvin and Joanne Ly) / 


Test su cellule in vitro e su modelli animali hanno mostrato che varie sostanze psichedeliche innescano un incremento delle ramificazioni dei neuroni e delle loro mutue connessioni, come già documentato per la ketamina. Sono indicazioni importanti per possibili nuovi trattamenti farmacologici di disturbi come la depressione.

“Da molto tempo si ipotizza che le sostanze psichedeliche siano in grado di alterare la struttura neuronale, ma questo è il primo studio che sostiene questa ipotesi in modo chiaro e non ambiguo”, con queste parole David Olson, ricercatore dell’Università della California a Davis, ha commentato il risultato raggiunto con alcuni colleghi, descritto su “Cell Reports.

I dati ottenuti nella sperimentazione in vitro e su modelli animali indicano che composti come LSD ed ecstasy determinano un incremento delle ramificazioni dei neuroni (i dendriti), della densità delle piccole protrusioni di questi ramificazioni (le spine dendritiche) e del numero di connessioni tra neuroni (le sinapsi). In sintesi, le sostanze psichedeliche sembrano riprodurre, in termini di stimolazione della plasticità neurale, quanto già documentato per la ketamina.

Lo studio è espressione dell’enorme interesse che suscitano queste sostanze per il loro possibile uso come trattamenti farmacologi per i più diffusi disturbi mentali, primi fra tutti ansia e depressione, ma anche per il disturbo bipolare e per la dipendenza dall’alcool. Nel caso della depressione, in particolare, è pressante la necessità di aprire nuove prospettive terapeutiche. Attualmente gli antidepressivi più usati sono gli inibitori della ricaptazione della serotonina (un neurotrasmettitore fondamentale, noto anche come “ormone della felicità”) o i più recenti inibitori del ricaptazione della serotonina e della norepinefrina (conosciuta anche come noradrenalina, un altro neurotrasmettitore). Con queste molecole però si ottengono buoni risultati solo nel 60 per cento circa dei pazienti.


Da decenni ormai si sfrutta la possibilità di utilizzare come antidepressivo la ketamina, un farmaco diffuso come anestestico negli ospedali – l’Organizzazione mondiale della Sanità la classifica come “farmaco essenziale” per le sue caratteristiche di efficacia e sicurezza – e usato anche come droga ricreativa. I suoi effetti psicotropi variano, in funzione del dosaggio, da un’euforia simile a quella delle sostanze alcoliche fino a uno stato dissociativo, accompagnato da allucinazioni intense.

Così come avviene per gli inibitori della ricaptazione della seorotonina e della norepinefrina, anche nel caso della ketamina si punta principalmente sul riequilibrio di un neurotrasmettitore chiave: il glutammato. Ma gli studi sugli animali hanno mostrato che il suo effetto antidepressivo va ben oltre, e può essere legato a una stimolazione della plasticità cerebrale.

Questo effetto può essere compreso considerando che nella depressione avvengono anche trasformazioni strutturali in alcune parti del cervello. Sono state documentate alterazioni dei circuiti neurali, dovute nello specifico alla ritrazione delle proiezioni – assoni e dendriti – che permettono ai neuroni di comunicare tra loro. Questo “avvizzimento” neurale avviene in particolare nella corteccia prefrontale, una regione cerebrale che regola emozioni, umore e stato d’ansia. E può essere contrastato con la somministrazione di ketamina, che stimola la ricrescita di queste vie di comunicazione neurale.

L’idea di Olson e colleghi è stata quella di verificare che cosa succede a neuroni esposti ad altre sostanze psichedeliche. Gli scienziati hanno analizzato tre diverse categorie di sostanze: anfetamine (tra cui l’ecstasy), triptammine (tra cui psilocibina e dimetil-triptammina, nota anche come DMT) ed ergoline (tra cui l’LSD).

I dati raccolti indicano che gli effetti sulle cellule sono gli stessi sia nei test di ricrescita su neuroni in coltura sia nei test sulle proprietà elettriche dei neuroni nei modelli animali.

“La ketamina non è più l’unica opzione: il nostro lavoro dimostra che c’è una gamma di sostanze chimiche in grado di promuovere la plasticità in modo simile, aprendo nuove prospettive per farmaci alternativi efficaci e sicuri”, ha concluso Olson.

ENGLISH

Tests on in vitro cells and on animal models have shown that various psychedelics trigger an increase in the ramifications of neurons and their mutual connections, as already documented for ketamine. These are important indications for possible new pharmacological treatments of disorders such as depression.

"It has long been assumed that psychedelics are able to alter the neuronal structure, but this is the first study that supports this hypothesis in a clear and unambiguous way", with these words David Olson, a researcher at the University of California at Davis, commented on the result achieved with some colleagues, described in "Cell Reports".

The data obtained in the in vitro experimentation and on animal models indicate that compounds like LSD and ecstasy determine an increase in the ramifications of the neurons (the dendrites), the density of the small protrusions of these ramifications (the dendritic spines) and the number of connections between neurons (the synapses). In short, psychedelics seem to reproduce, in terms of stimulation of neural plasticity, what has already been documented for ketamine.

The study is an expression of the enormous interest that these substances give to their possible use as pharmacological treatments for the most widespread mental disorders, first of all anxiety and depression, but also for bipolar disorder and for alcohol dependence. In the case of depression, in particular, the need to open up new therapeutic perspectives is pressing. Currently the most commonly used antidepressants are serotonin reuptake inhibitors (a fundamental neurotransmitter, also known as the "happiness hormone") or the more recent serotonin and norepinephrine reuptake inhibitors (also known as norepinephrine, another neurotransmitter). With these molecules, however, good results are achieved only in about 60 percent of patients.


For decades now it has been possible to use ketamine as an antidepressant, a drug widely used as an anesthesia in hospitals - the World Health Organization classifies it as an "essential drug" because of its efficacy and safety characteristics - and also used as a recreational drug. . Its psychotropic effects vary, depending on the dosage, from a euphoria similar to that of alcoholic substances up to a dissociative state, accompanied by intense hallucinations.

As in the case of seetotonin and norepinephrine reuptake inhibitors, also in the case of ketamine, the focus is mainly on the rebalancing of a key neurotransmitter: glutamate. But animal studies have shown that its antidepressant effect goes far beyond, and can be linked to stimulation of brain plasticity.

This effect can be understood by considering that structural changes in some parts of the brain also occur in depression. Alterations of neural circuits have been documented, due specifically to the retraction of projections - axons and dendrites - which allow neurons to communicate with each other. This neural "wilting" occurs in particular in the prefrontal cortex, a brain region that regulates emotions, mood and state of anxiety. And it can be counteracted by the administration of ketamine, which stimulates the regrowth of these neural pathways.

The idea of ​​Olson and colleagues was to verify what happens to neurons exposed to other psychedelics. Scientists analyzed three different categories of substances: amphetamines (including ecstasy), triptamines (including psilocybin and dimethyl-triptamine, also known as DMT) and ergoline (including LSD).

The collected data indicate that the effects on cells are the same both in regrowth tests on cultured neurons and in tests on the electrical properties of neurons in animal models.

"Ketamine is no longer the only option: our work shows that there is a range of chemicals that can promote plasticity in a similar way, opening up new perspectives for effective and safe alternative drugs," concluded Olson.

Da:
http://www.lescienze.it/news/2018/06/12/news/sostanze_psichedeliche_ketamina_struttura_neurone-4013823/?ref=nl-Le-Scienze_15-06-2018



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