Come vedere le microfratture dei ponti (prima che diventino crepe). / How to see the microfractures of bridges (before they become cracks)
Come vedere le microfratture dei ponti (prima che diventino crepe). Il procedimento del brevetto ENEA RM2012A000637 è molto utile in questa applicazione / How to see the microfractures of bridges (before they become cracks). The procedure of the ENEA patent RM2012A000637 is very useful in this application
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Fra le cause delle crepe nei materiali metallici l’infiltrazione di idrogeno e acqua. Un team del Texas fornisce la prima immagine dell’evoluzione di microfratture in vere e proprie crepe.
Vedere incrinature microscopiche prima che diventino importanti crepe in grado di causare danni irreparabili: è quanto ha ottenuto un team di ricerca, guidato dalla Texas A&M University, che mostra come attraverso tecniche avanzate di imaging sia possibile rilevare e studiare microfratture in materiali rocciosi e duri, come aerei e ponti ed altre costruzioni. I ricercatori hanno fornito la prima immagine in 3D dell’inizio di una frattura microscopica, la quale si propaga all’interno di un metallo danneggiato dalla presenza di idrogeno. I risultati sono pubblicati su Nature Communications. Dallo studio di come la frattura inizia a formarsi è possibile prevenire crepe di dimensioni maggiori, evitando danni potenzialmente molto più ampi – un ambito di ricerca quanto più attuale, anche alla luce del crollo del ponte Morandi di Genova.
I ricercatori, guidati da Michael Demkowicz, hanno utilizzato tecniche di luce di sincrotrone presso il Laboratorio nazionale delle Argonne.
L’obiettivo della ricerca consisteva nel capire in che modo un metallo come il nichel possa essere attaccato e danneggiato dall’idrogeno, soprattutto se insieme ad acqua, rompendosi. “L’idrogeno si infiltra nel metallo e causa la sua rottura, in un processo inaspettato, chiamato infragilimento da idrogeno”, spiega l’ingegnere John P. Hanson, primo autore del paper.
Un esempio importante di un ponte danneggiato da questo fenomeno, ricordano gli autori, è quello del Bay Bridge a San Francisco, costruito nel 2013, la cui apertura è stata ritardata perché 32 dei 96 grandi bulloni di sostegno erano risultati rovinati a causa dell’infragilimento da idrogeno: un rilievo, questo, che permise di evitare la catastrofe.
Queste misure, dunque, potrebbero essere utili per una migliore manutenzione di tanti materiali, incluse costruzioni, ponti, impedendo danni anche molto gravi, ma anche, su scala più piccola impianti dentali, prevenendo la frattura del dente. Ma rilevare i danni da idrogeno non è poi così semplice, sottolineano gli autori. “Non abbiamo una comprensione completa dei meccanismi che sono alla base del fenomeno”, aggiunge Hanson. Così fino ad oggi le crepe vengono esaminate a danno avvenuto e per evitarle gli ingegneri utilizzano materiali aggiuntivi come sostegno contro ogni eventuale cedimento e questo comporta costi elevati.
Ma con la tecnologia impiegata dai ricercatori il problema della fragilità da idrogeno potrebbe trovare nuove soluzioni. Utilizzando luce di sincrotrone, tecniche di microscopia e la tomografia ad assorbimento di raggi X, il gruppo ha analizzato la frattura in una lega metallica di nichel, studiandone la propagazione e analizzandola attraverso software avanzati.
Il metallo è composto da grani microscopici, piccole celle metalliche, che ne costituiscono l’architettura. Il gruppo ha osservato che all’interno del metallo, le piccole fratture causate dall’idrogeno viaggiano diffondendosi lungo i contorni di questi grani: da questa osservazione i ricercatori hanno anche individuato alcuni grani che per le loro caratteristiche sono risultati (per posizione) più resistenti degli altri. “Siamo riusciti non soltanto a mostrare quali grani sono più forti degli altri”, spiega Hanson, “ma anche esattamente quali proprietà migliorano la loro performance”. E questo metodo potrebbe essere applicato allo studio di ponti, degli aerei, batterie e reattori nucleari.
I risultati sono molto complessi e ancora c’è tanto da fare, anche a causa della mole di dati da analizzare con un supercomputer, secondo Robert M. Suter della Carnegie Mellon University, esperto di queste analisi. La microstruttra di queste fratture, sottolinea Demkowicz, è molto più complicata di quella del dna, che Watson e Crick hanno determinato con un processo simile, ma svolto a mano.
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