Xylella cinque anni dopo, che cosa è cambiato? /Xylella five years later, what has changed?
Xylella cinque anni dopo, che cosa è cambiato? / Xylella five years later, what has changed?
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
L'espansione del batterio responsabile della morte degli olivi in Puglia continua, e dal Salento è in risalita inesorabile verso nord. Nel frattempo sono state messe a punto tecniche per il monitoraggio e la sorveglianza della diffusione di Xylella e del suo insetto vettore, ma ancora non è stata trovata una soluzione per eliminare la malattia.
Sono ormai passati quasi cinque anni da quell’autunno del 2013 in cui è stato finalmente chiaro che gli olivi della zona intorno a Gallipoli, nel Salento, stavano morendo a causa del batterio americano Xylella fastidiosa. Che cosa è cambiato in tutto questo tempo? Soprattutto, a che punto siamo con l’individuazione di un rimedio?
A queste e altre domande ha cercato di rispondere un convegno che si è svolto a Bari il 21 marzo scorso, organizzato dall’Accademia Pugliese delle Scienze, a cui hanno partecipato tutti i principali ricercatori coinvolti nello studio di questa patologia vegetale, tra cui Donato Boscia e Maria Saponari, entrambi dell'Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Consiglio nazionale delle ricerche, e Francesco Porcelli, professore associato al Dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti (DISSPA) dell’Università di Bari “Aldo Moro”; con l’aggiunta di una interessante sorpresa finale a opera di Enrico Bucci, professore aggiunto alla Temple University di Philadelphia, negli Stati Uniti, non citata nel programma e stranamente mai menzionata durante lo svolgimento del convegno.
Il nodo cruciale emerso è che, come era da aspettarsi, l’espansione verso nord di Xylella continua inesorabile. È arrivata oramai da Oria a Cisternino, alle porte della provincia di Bari, e ha invaso una notevole porzione della zona di contenimento nelle province di Brindisi e Taranto al punto che, si pensa, potrebbe essere necessario spostare ancora a nord il confine della zona cuscinetto. L’area infetta risulta ormai di oltre 5000 chilometri quadrati e comprende tra 1 e 3 milioni di olivi.
A queste e altre domande ha cercato di rispondere un convegno che si è svolto a Bari il 21 marzo scorso, organizzato dall’Accademia Pugliese delle Scienze, a cui hanno partecipato tutti i principali ricercatori coinvolti nello studio di questa patologia vegetale, tra cui Donato Boscia e Maria Saponari, entrambi dell'Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Consiglio nazionale delle ricerche, e Francesco Porcelli, professore associato al Dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti (DISSPA) dell’Università di Bari “Aldo Moro”; con l’aggiunta di una interessante sorpresa finale a opera di Enrico Bucci, professore aggiunto alla Temple University di Philadelphia, negli Stati Uniti, non citata nel programma e stranamente mai menzionata durante lo svolgimento del convegno.
Il nodo cruciale emerso è che, come era da aspettarsi, l’espansione verso nord di Xylella continua inesorabile. È arrivata oramai da Oria a Cisternino, alle porte della provincia di Bari, e ha invaso una notevole porzione della zona di contenimento nelle province di Brindisi e Taranto al punto che, si pensa, potrebbe essere necessario spostare ancora a nord il confine della zona cuscinetto. L’area infetta risulta ormai di oltre 5000 chilometri quadrati e comprende tra 1 e 3 milioni di olivi.
Fortunatamente oggi sappiamo molto di più sul conto del ceppo di Xylella, la varietà pauca ST53 che infetta l’olivo, rispetto a cinque anni fa e questo lo dobbiamo soprattutto ai grandi sforzi compiuti dai ricercatori pugliesi, che stanno trasformando i loro centri di ricerca in un polo di riferimento internazionale per lo studio di questo patogeno, con interessanti risvolti occupazionali per giovani laureati. Un'eccellenza tanto più cruciale, poiché il batterio si sta espandendo in altri paesi europei come Germania e Svizzera (dove è stata confinata), Francia (nello specifico Corsica e Costa Azzurra) e Spagna (Baleari e Murcia). Tutte forme differenti dalla Xylella salentina, la ST53, per cui la fonte dell’infezione sembra da ricercarsi nelle scorrette procedure di quarantena, non nel contagio diretto.
Tra le tante cose che abbiamo imparato in questi cinque anni, ora sappiamo molto del genoma della Xylella fastidiosa var. pauca: è stato sequenziato interamente per nuovi approcci di genomica e studi di genetica di popolazione. Da un punto di vista più pratico, sappiamo molto di più anche della patogenicità di questo ceppo. Abbiamo una lunga lista di piante arboree ed erbacee (70 per la precisione) che possono essere infettate, di cui l’ultima aggiunta è il noce, Juglans regia, sensibile a tutti i ceppi. Sappiamo anche che Xylella attacca preferibilmente certe cultivar di olivo rispetto ad altre. Per esempio, il Leccino e la Favolosa (FS17) sono molto più resistenti rispetto a Ogliarola e Cellina, purtroppo le due varietà più diffuse nel Salento. Questo sta consentendo di studiare, grazie alle moderne tecniche di genomica e trascrittomica, quali siano i fattori che portano alla resistenza, una ricerca basilare per trovare una cura.
Nel Leccino per esempio si è visto che la carica batterica è 100 volte inferiore rispetto all’Ogliarola, e la pianta trasmette meno batteri. Questo perché nello xilema, ovvero i vasi di trasporto dell'acqua nelle piante, del Leccino infetto si altera l’espressione di “soli” 652 geni, mentre nell’Ogliarola infetta vengono coinvolti 1708 geni, con conseguenti alterazioni metaboliche nella pianta. L’Ogliarola soffre di uno stress idrico poiché Xylella blocca i vasi che trasportano l’acqua. La pianta risponde producendo una proteina, l’espansina, che rende più elastica la parete delle cellule disidratate in modo da acquisire più acqua. Xylella a sua volta reagisce incrementando l’assunzione di calcio, che aumenta la virulenza del batterio. Inoltre modifica il microbioma dell’ospite, diventando la specie predominante. La diminuzione dei microrganismi simbionti o commensali causa altro stress alla pianta.
Quello che ha stupito molto i ricercatori è che praticamente tutte le piante di Leccino del Salento sono innestate su tronchi di Ogliarola, ma i sovrainnesti di Leccino sopravvivono anche a distanza di dieci anni e tollerano bene la malattia. I tronchi di Ogliarola, evidentemente, continuano a mantenere la funzione vascolare e sono solo le chiome a morire. Un dato molto interessante per i coltivatori.
Abbiamo infine messo a punto negli ultimi tre anni le tecniche per il monitoraggio e la sorveglianza della diffusione del batterio e del suo poco mobile vettore, tre diverse specie dell’insetto “sputacchina”.
Purtroppo quello che non siamo riusciti ancora a fare è quello di eliminare la malatia.
E ancora non sappiamo come curare o limitare i sintomi. Non per mancanza di tentativi poiché in molti, con metodi più o meno scientifici, hanno provato, e hanno fallito. Un recente articolo firmato da Marco Scortichini e collaboratori, pubblicato su “Phytopathologia Mediterranea” ha però suscitato grande interesse, poiché lascia intravedere grandi potenzialità. I ricercatori hanno sperimentato in vitro e in campo aperto nel Salento un brevetto israeliano, un fertilizzante chiamato Dentamet che sembra riuscire a ridurre i sintomi causati da Xylella e a far sopravvivere in buono stato di vegetazione le piante infette. Il Dentamet, a dispetto del nome da dentifricio, è una miscela di rame, zinco e acido citrico.
E qui arriva la sorpresa perché, molto atteso al convegno dai pochi che sapevano e prendendo in contropiede chi non sapeva, è intervenuto in collegamento video Bucci, che ha demolito l’articolo di Scortichini e collaboratori. Bucci infatti si occupa a tempo pieno, oltre che di analisi dibig data in campo biologico, di frodi scientifiche e nel 2017 ha cominciato a occuparsi di Xylella.
Secondo Bucci l’articolo sul Dentamet presenterebbe una lunga collezione di fallacie scientifiche e metodologiche da cui si potrebbero dedurre effetti che in realtà non ci sono. Per cominciare, fa notare Bucci, gli esperimenti in vitro sono stati effettuati su X. fastidiosa var. fastidiosa presa da mandorli in California, mentre quella presente in Salento è la pauca. Da dati di letteratura è noto che la varietà fastidiosa reagisce in modo differente alla presenza di ioni rame rispetto alla pauca, per via di una mutazione, quindi questo esperimento non è applicabile nel Salento. Altre perplessità sorgono analizzando gli esperimenti in vivo. In un articolo precedente di dicembre 2017 Scortichini e collaboratori avevano usato il Dentamet sin dal 2015 in tre campi sperimentali a Veglie, Galatone e Galatina, tutte località salentine, per un totale di 110 alberi.
E qui arriva la sorpresa perché, molto atteso al convegno dai pochi che sapevano e prendendo in contropiede chi non sapeva, è intervenuto in collegamento video Bucci, che ha demolito l’articolo di Scortichini e collaboratori. Bucci infatti si occupa a tempo pieno, oltre che di analisi dibig data in campo biologico, di frodi scientifiche e nel 2017 ha cominciato a occuparsi di Xylella.
Secondo Bucci l’articolo sul Dentamet presenterebbe una lunga collezione di fallacie scientifiche e metodologiche da cui si potrebbero dedurre effetti che in realtà non ci sono. Per cominciare, fa notare Bucci, gli esperimenti in vitro sono stati effettuati su X. fastidiosa var. fastidiosa presa da mandorli in California, mentre quella presente in Salento è la pauca. Da dati di letteratura è noto che la varietà fastidiosa reagisce in modo differente alla presenza di ioni rame rispetto alla pauca, per via di una mutazione, quindi questo esperimento non è applicabile nel Salento. Altre perplessità sorgono analizzando gli esperimenti in vivo. In un articolo precedente di dicembre 2017 Scortichini e collaboratori avevano usato il Dentamet sin dal 2015 in tre campi sperimentali a Veglie, Galatone e Galatina, tutte località salentine, per un totale di 110 alberi.
Nell'articolo appena pubblicato in cui si testa l'eficacia del fertilizzante, invece, solo l’oliveto di Veglie, con un totale di 40 alberi, viene considerato. Nell'ultimo lavoro non c'è alcun riferimento ai 70 alberi scartati. Analizzando le immagini aeree dei due campi grazie alle coordinate fornite nell’articolo, Bucci evidenzia che i 30 alberi di Galatone erano verdi nel 2015, ma erano completamente distrutti dalla Xylella nel 2017, e lo stesso vale anche per i 40 alberi di Galatina. Il campo di Veglie sarebbe sopravvissuto anche perché le condizioni della chioma nel 2015 erano migliori rispetto agli altri due campi.
I 40 alberi di Veglie erano distribuiti in quattro file: Cellina trattata, Ogliarola trattata, Cellina non trattata, Ogliarola non trattata, ma c’erano molti fattori di disturbo nel set-up sperimentale. Senza contare la siepe di cipresso che fiancheggia solo una fila di alberi trattati, e sembra che i cipressi attirino il vettore, i 20 alberi di controllo sono descritti nel lavoro come trattati con vari altri fitochimici. In aggiunta il terreno del campo dalle analisi risultava particolarmente povero di zinco, e l’aggiunta di zinco contenuto nel Dentamet può costituire un altro fattore di disturbo sperimentale perché gioverebbe agli ulivi per ragioni differenti dalla protezione contro Xylella.
I dieci alberi di controllo di Ogliarola partivano nel 2015 con molti più rami secchi rispetto alla controparte trattata, e secondo Bucci questo rappresenta un pregiudizio di selezione invalidante l’esperimento. La carica batterica, oltretutto, viene misurata su solo quattro alberi, due controlli e due trattati, uno per ciascuna varietà, ma i controlli ancora una volta partivano da una carica batterica molto maggiore, con condizioni quindi che li sfavorivano rispetto agli alberi trattati con Dentamet. Ciononostante, al termine dell’esperimento la carica batterica dei tre alberi sopravvissuti era comparabile. “In sostanza da questo studio – conclude Bucci – nulla si può concludere”. A dispetto di chi lo vende al momento a prezzi molto alti per via della risonanza mediatica.
La ricerca, quella fatta bene, per fortuna, continua, ma sembra che bisogna avere ancora pazienza prima della svolta.
I 40 alberi di Veglie erano distribuiti in quattro file: Cellina trattata, Ogliarola trattata, Cellina non trattata, Ogliarola non trattata, ma c’erano molti fattori di disturbo nel set-up sperimentale. Senza contare la siepe di cipresso che fiancheggia solo una fila di alberi trattati, e sembra che i cipressi attirino il vettore, i 20 alberi di controllo sono descritti nel lavoro come trattati con vari altri fitochimici. In aggiunta il terreno del campo dalle analisi risultava particolarmente povero di zinco, e l’aggiunta di zinco contenuto nel Dentamet può costituire un altro fattore di disturbo sperimentale perché gioverebbe agli ulivi per ragioni differenti dalla protezione contro Xylella.
I dieci alberi di controllo di Ogliarola partivano nel 2015 con molti più rami secchi rispetto alla controparte trattata, e secondo Bucci questo rappresenta un pregiudizio di selezione invalidante l’esperimento. La carica batterica, oltretutto, viene misurata su solo quattro alberi, due controlli e due trattati, uno per ciascuna varietà, ma i controlli ancora una volta partivano da una carica batterica molto maggiore, con condizioni quindi che li sfavorivano rispetto agli alberi trattati con Dentamet. Ciononostante, al termine dell’esperimento la carica batterica dei tre alberi sopravvissuti era comparabile. “In sostanza da questo studio – conclude Bucci – nulla si può concludere”. A dispetto di chi lo vende al momento a prezzi molto alti per via della risonanza mediatica.
La ricerca, quella fatta bene, per fortuna, continua, ma sembra che bisogna avere ancora pazienza prima della svolta.
ENGLISH
The expansion of the bacterium responsible for the death of the olive trees in Puglia continues, and from the Salento is inexorable uphill to the north. In the meantime, techniques have been developed for monitoring and monitoring the spread of Xylella and its carrier insect, but a solution to eliminate the disease has not yet been found.
It is now almost five years since that fall of 2013 when it was finally clear that the olive trees in the area around Gallipoli, in Salento, were dying because of the American bacterium Xylella fastidiosa. What has changed in all this time? Above all, at what point are we with identifying a remedy?
To these and other questions he tried to answer a conference that was held in Bari on March 21st, organized by the Pugliese Academy of Sciences, which was attended by all the main researchers involved in the study of this plant pathology, including Donato Boscia and Maria Saponari, both of the Institute for the sustainable protection of plants of the National Research Council, and Francesco Porcelli, associate professor in the Department of soil, plant and food sciences (DISSPA) of the University of Bari "Aldo Moro" ; with the addition of an interesting final surprise by Enrico Bucci, an adjunct professor at Temple University in Philadelphia, in the United States, not mentioned in the program and strangely never mentioned during the conference.
The crucial crux is that, as was to be expected, Xylella's northward expansion continues inexorably. It has now come from Oria to Cisternino, just outside the province of Bari, and has invaded a significant portion of the containment area in the provinces of Brindisi and Taranto to the point that, it is thought, it may be necessary to move the border of the buffer zone further north. . The infected area is now over 5000 square kilometers and includes between 1 and 3 million olive trees.
Fortunately, today we know a lot more about the Xylella stock, the PA53 variety that infects the olive tree, compared to five years ago, and this is due above all to the great efforts made by the Pugliese researchers, who are transforming their research centers into an international reference point for the study of this pathogen, with interesting employment implications for young graduates. This is all the more crucial because the bacterium is expanding in other European countries such as Germany and Switzerland (where it has been confined), France (specifically Corsica and the French Riviera) and Spain (Balearic and Murcia). All different forms from the Xylella salentina, the ST53, for which the source of the infection seems to be sought in the incorrect procedures of quarantine, not in direct contagion.
Among the many things we have learned in these five years, we now know a lot about the genome of Xylella fastidiosa var. pauca: has been sequenced entirely for new genomics approaches and population genetics studies. From a more practical point of view, we know much more about the pathogenicity of this strain. We have a long list of arboreal and herbaceous plants (70 to be precise) that can be infected, of which the last addition is walnut, Juglans regia, sensitive to all strains. We also know that Xylella preferably attacks certain olive cultivars compared to others. For example, Leccino and Favolosa (FS17) are much more resistant than Ogliarola and Cellina, unfortunately the two most widespread varieties in Salento. This is allowing to study, thanks to modern techniques of genomics and transcriptomics, what are the factors that lead to resistance, a basic research to find a cure.
In Leccino, for example, we have seen that the bacterial load is 100 times lower than in Ogliarola, and the plant transmits less bacteria. This is because in the xylem, or vessels transporting water in plants, the infected Leccino alters the expression of "only" 652 genes, while in the infected Ogliarola 1708 genes are involved, with consequent metabolic alterations in the plant. Ogliarola suffers from water stress because Xylella blocks vessels carrying water. The plant responds by producing a protein, the expander, which makes the wall of dehydrated cells more elastic in order to acquire more water. Xylella in turn reacts by increasing the intake of calcium, which increases the virulence of the bacterium. It also modifies the host microbiome, becoming the predominant species. The decrease of symbiotic or commensal microorganisms causes more stress to the plant.
What has amazed the researchers is that practically all the Leccino del Salento plants are grafted on Ogliarola trunks, but the Leccino superinches survive even after ten years and tolerate the disease well. The trunks of Ogliarola, evidently, continue to maintain vascular function and are just the dying tree. A very interesting data for growers.
In the last three years we have developed techniques for monitoring and monitoring the spread of the bacterium and its little mobile vector, three different species of the "sputacchina" insect.
Unfortunately what we have not been able to do yet is to eliminate the disease.
And we still do not know how to cure or limit the symptoms. Not because of lack of attempts, because in many, with more or less scientific methods, they have tried, and they have failed. A recent article by Marco Scortichini and collaborators, published in "Mediterranean Phytopathology", however, has aroused great interest, as it reveals great potential. The researchers have experimented in an in vitro and in the open field in Salento an Israeli patent, a fertilizer called Dentamet that seems to be able to reduce the symptoms caused by Xylella and to make the infected plants survive in a good state of vegetation. Dentamet, in spite of its toothpaste name, is a mixture of copper, zinc and citric acid.
And here comes the surprise because, much awaited by the few who knew and taking a counterattack to those who did not know, intervened in video link Bucci, which demolished the article by Scortichini and collaborators. Bucci in fact deals with full-time, as well as analysis dibig data in the biological field of scientific fraud and in 2017 began to deal with Xylella.
According to Bucci, the article on Dentamet would present a long collection of scientific and methodological fallacies from which one could deduce effects that in reality do not exist. To begin with, Bucci points out, the in vitro experiments were performed on X. fastidiosa var. annoying taken from almond trees in California, while the one present in Salento is the pauca. From literature data it is known that the nuisance variety reacts differently to the presence of copper ions with respect to the pauca, due to a mutation, so this experiment is not applicable in Salento. Other perplexities arise by analyzing the in vivo experiments. In a previous article of December 2017 Scortichini and collaborators had used Dentamet since 2015 in three experimental fields in Veglie, Galatone and Galatina, all localities of Salento, for a total of 110 trees.
In the article just published in which you test the effectiveness of the fertilizer, however, only the olive grove of Veglie, with a total of 40 trees, is considered. In the last work there is no reference to the 70 discarded trees. Analyzing the aerial images of the two fields thanks to the coordinates provided in the article, Bucci shows that the 30 trees of Galatone were green in 2015, but were completely destroyed by Xylella in 2017, and the same is true for the 40 Galatina trees. The field of Veglie would have survived also because the conditions of the foliage in 2015 were better than the other two fields.
The 40 trees of Veglie were distributed in four rows: Celline treated, Ogliarola treated, Cellina untreated, Ogliarola untreated, but there were many disturbing factors in the experimental set-up. Not to mention the cypress hedge that flanks only a row of treated trees, and it appears that the cypresses attract the vector, the 20 control trees are described in the work as treated with various other phytochemicals. In addition, the field soil from the analysis was particularly poor in zinc, and the addition of zinc contained in Dentamet may constitute another factor of experimental disturbance because it would benefit the olive trees for reasons other than protection against Xylella.
The ten control trees of Ogliarola started in 2015 with many more dead branches than the treated counterpart, and according to Bucci this represents a selection bias invalidating the experiment. The bacterial charge, moreover, is measured on only four trees, two controls and two treated, one for each variety, but the controls once again started from a much greater bacterial load, with conditions that therefore disadvantaged them compared to the trees treated with Dentamet. . However, at the end of the experiment the bacterial load of the three surviving trees was comparable. "Basically from this study - concludes Bucci - nothing can be concluded". In spite of those who sell it at the moment at very high prices because of media coverage.
The research, the one done well, fortunately, continues, but it seems that we must still have patience before the turn.
Da:
http://www.lescienze.it/news/2018/03/23/news/xylella_cinque_anni_dopo_puglia-3914167/?ref=nl-Le-Scienze_30-03-2018
Commenti
Posta un commento