Siamo bombardati da migliaia di organismi viventi e sostanze chimiche. Ecco l’esposoma / We are bombarded with thousands of living organisms and chemicals. Here is the esposome.
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Siamo bombardati da migliaia di organismi viventi e sostanze chimiche. Ecco l’esposoma / We are bombarded with thousands of living organisms and chemicals. Here is the esposome.
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Batteri, funghi, virus, polveri, particolato ed altre sostanze: sono decine di migliaia i microrganismi viventi e non con cui ogni giorno veniamo a contatto. Oggi un gruppo della Stanford University ha misurato questo “esposoma”.
Non li vediamo, ma ci sono. In ogni istante siamo circondati da organismi viventi, fra cui funghi, pollini, batteri, virus, e non viventi, come inquinanti, composti emessi dalle piante e altre sostanze chimiche sospese nell’aria. Questa grande nuvola, sempre al nostro seguito, viene chiamata esposoma ed è rappresentata dall’insieme di tutte le sostanze cui siamo esposti tramite l’ambiente esterno. Oggi l’esposoma è stato misurato da un gruppo di scienziati della Stanford University School of Medicine, che ne illustra anche le differenze fra singoli individui. I risultati sono pubblicati sulla rivista Cell.
“La salute umana è influenzata da due elementi: il dna e l’ambiente esterno”, spiega Michael Snyder, capo della genetica alla Stanford University, che ha coordinato lo studio. “Abbiamo misurato cose come l’inquinamento su ampia scala, ma nessuno ha realmente valutato l’impatto delle esposizioni biologiche e chimiche a livello individuale”. Partendo da questo gap nelle conoscenze, i ricercatori erano curiosi di immaginare come l’esposoma possa essere rappresentato e visualizzato (come una nuvola, come un groviglio di particelle microscopiche?), nonché capire quanto e come potesse variare da persona a persona, anche fra individui che abitano in aree geografiche non lontane.
Per farlo, gli autori hanno studiato i dati di un campione di 15 persone in costante spostamento attraverso almeno 50 ambienti diversi (abitazione personale, posto di lavoro, luoghi di ritrovo sociale), all’interno dell’area metropolitana che circonda la Baia di San Francisco nella California settentrionale, seguiti alcuni per una settimana, altri per un mese e uno solo (che poi è lo stesso Snyder, il primo autore) per due anni.
Come hanno fatto a seguirli ovunque? Attraverso un piccolo dispositivo, confortevole (grande come una scatola di fiammiferi), che si aggancia al braccio dei partecipanti e che emana leggeri sbuffi, precisamente una quantità di aria pari a un quindicesimo di quella di un respiro umano. Per tutta la durata dello studio i volontari indossavano questo sistema, dotato di un filtro che intrappola le sostanze particellari. In pratica qualsiasi elemento, da funghi a batteri, da polveri al particolato sottile veniva succhiato dal dispositivo e poi estratto in laboratorio, dove veniva esaminato e profilato e, nel caso di organismi viventi, veniva sequenziato il dna e l’rna.
L’idea di questo studio è abbastanza nuova, spiegano gli autori, che hanno districato la matassa – nel senso quasi letterale del termine – costituita dall’insieme di tutte queste sostanze, decodificando e categorizzando le varie esposizioni ambientali. “Abbiamo costruito un database che comprende oltre 40mila specie”, spiega il coautore Chao Jiang. Gli autori hanno realizzato una sorta di gigantesca biblioteca, divisa per categorie e sottocategorie (le specie e gli organismi afferenti).
Ciò che più sorprende i ricercatori è che anche a distanze non lontane(nella stessa zona metropolitana intorno a San Francisco) e nello stesso periodo di tempo l’esposoma cambia da individuo a individuo, un po’ come una firma specifica che appartiene a quella data persona. Molte caratteristiche del singolo ambiente contribuiscono a queste differenze, spiegano gli scienziati, come ad esempio la presenza di un animale da compagnia o di piante nel proprio ambiente domestico, l’utilizzo di alcuni prodotti chimici (anche per motivi di lavoro) e l’esposizione alla pioggia. Ad esempio l’utilizzo di una particolare vernice per pitturare le pareti di casa ha comportato la maggiore esposizione di un partecipante ad alcuni funghi. Ma anche altri elementi possono giocare un ruolo. Ad esempio chi risiedeva dentro la città di San Francisco aveva una probabilità maggiore, rispetto a chi viveva fuori, di entrare in contatto con batteri associati al trattamento delle acque reflue – ovvero il processo di rimozione dei contaminanti delle acque di scarico – tipico delle aree urbane industrializzate. In generale, quanti più ambienti diversi si frequentano e tanto maggiore è il numero di diversi microorganismi incontrati sul proprio cammino.
Il prossimo potrebbe essere quello di capire in che modo l’esposoma, e le differenze individuali, influenzino la salute dell’individuo. Il dispositivo attuale registra già la firma batterica o virale dei microorganismi, spiegano gli autori, tuttavia può risultare complesso distinguere un virus dannoso da un altro magari dello stesso ceppo ma a minore pericolosità. Ed anche per i cancerogeni è difficile stabilire il loro impatto sulla salute: “abbiamo misurato le esposizioni individuali – spiega Snyder – e non i livelli assoluti. Così per il momento i dati non possono essere generalizzati per fare affermazioni più ampie”.
Anche se ancora non ci sono risposte per la salute, ciò non vuol dire che non ci saranno in futuro, concludono gli autori, che intendono studiare un campione di persone e di ambienti più ampio. L’ipotesi aggiuntiva è che questo dispositivo possa essere utilizzato come uno smartwatch personale che non misura l’orario ma… l’esposoma.
ENGLISH
Bacteria, fungi, viruses, powders, particulates and other substances: there are tens of thousands of living and non-living microorganisms that we come into contact with every day. Today a group from Stanford University has measured this "exposome".
We do not see them, but they are there. At all times we are surrounded by living organisms, including mushrooms, pollens, bacteria, viruses, and non-living species, such as pollutants, compounds emitted by plants and other chemicals suspended in the air. This great cloud, always on our side, is called the exposome and is represented by the set of all the substances to which we are exposed through the external environment. Today the exhibit was measured by a group of scientists from the Stanford University School of Medicine, which also illustrates the differences between individuals. The results are published in the Cell magazine.
"Human health is influenced by two elements: DNA and the external environment," says Michael Snyder, head of genetics at Stanford University, who coordinated the study. "We have measured things like large-scale pollution, but no one has really assessed the impact of biological and chemical exposures on an individual level." Starting from this gap in knowledge, the researchers were curious to imagine how the exposome can be represented and visualized (like a cloud, like a tangle of microscopic particles?), And understand how much and how it could vary from person to person, even between individuals who live in geographic areas not far away.
To do so, the authors studied data from a sample of 15 people constantly moving through at least 50 different environments (personal residence, work place, social gathering places), within the metropolitan area surrounding the San Bay. Francisco in northern California, followed by some for a week, others for a month and only one (which is the same Snyder, the first author) for two years.
How did they follow them everywhere? Through a small device, comfortable (as big as a box of matches), which attaches to the participants' arm and emits light puffs, precisely an amount of air equal to one fifteenth of that of a human breath. For the duration of the study the volunteers wore this system, equipped with a filter that traps the particulate substances. In practice any element, from fungi to bacteria, from dust to fine particulate was sucked by the device and then extracted in the laboratory, where it was examined and profiled and, in the case of living organisms, DNA and DNA were sequenced.
The idea of this study is quite new, explain the authors, who have untangled the skein - in the almost literal sense of the term - made up of all these substances, decoding and categorizing the various environmental exposures. "We have built a database that includes over 40 thousand species", explains co-author Chao Jiang. The authors have created a sort of gigantic library, divided into categories and sub-categories (species and related organisms).
What is most surprising for researchers is that even at distant distances (in the same metropolitan area around San Francisco) and in the same period of time the exposome changes from individual to individual, a bit like a specific signature belonging to that date person. Many characteristics of the individual environment contribute to these differences, explain the scientists, such as the presence of a pet or plants in their home environment, the use of some chemicals (also for work purposes) and exposure to the rain. For example, the use of a particular paint to paint the walls of the house resulted in the greater exposure of a participant to some mushrooms. But other elements can also play a role. For example, those residing inside the city of San Francisco had a greater chance, compared to those who lived outside, to come into contact with bacteria associated with the treatment of wastewater - that is the process of removing waste water contaminants - typical of urban areas industrialized. In general, the more different environments are attended, the greater the number of different microorganisms encountered on their journey.
The next could be to understand how the exposome, and individual differences, influence the health of the individual. The current device already records the bacterial or viral signature of microorganisms, explain the authors, however it may be difficult to distinguish one harmful virus from another perhaps of the same strain but with less danger. And even for carcinogens it is difficult to establish their impact on health: "we measured individual exposures - explains Snyder - and not absolute levels. So for the moment the data can not be generalized to make wider statements ".
Even if there are still no answers to health, this does not mean that there will be no future, the authors conclude, who intend to study a sample of people and wider environments. The additional hypothesis is that this device can be used as a personal smartwatch that does not measure the time but ... the exposome.
Da:
https://www.wired.it/scienza/medicina/2018/09/21/siamo-bombardati-migliaia-organismi-viventi-sostanze-chimiche-esposoma/
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