Formaggi magri: quali sono e quanto mangiarne / Low Fat Cheeses: What They Are and How Much to Eat
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Il formaggio è un alimento radicato nella nostra cultura alimentare, ne esistono diverse varietà e viene prodotto a partire da differenti tipi di latte. La sua praticità e la sua appetibilità possono favorirne un consumo eccessivo, contribuendo a una dieta ricca di grassi saturi (quelli considerati “cattivi”).
Questo fenomeno può verificarsi anche perché molti formaggi, specialmente quelli freschi, vengono considerati magri e quindi consumati senza le dovute attenzioni. Ci sono formaggi che possono essere considerati magri? Quanto formaggio si può mangiare a settimana?
Quali sono i formaggi magri?
Innanzitutto è giusto dire che bisogna fare attenzione ad accostare la parola formaggio alla parola magro, in quanto poi si rischia di consumarne con più leggerezza dei quantitativi maggiori. Per definizione, i formaggi vengono classificati come magri in base al loro contenuto di grassi, quando quest’ultimo è inferiore al 20%, sulla sostanza secca. Con questa classificazione i formaggi magri nel vero senso della parola sono molto pochi e tendenzialmente sono solo quelli scremati. Tutti gli altri, ricotta compresa, rientrano nelle altre categorie che vanno dai formaggi leggeri a quelli grassi e molto grassi, classificati sempre in base al loro contenuto lipidico.
Tra le altre classificazioni, in base al tempo di stagionatura, è possibile fare una distinzione tra formaggi freschi e formaggi stagionati. I formaggi freschi, sottoposti a una maturazione inferiore ai 30 giorni, a parità di peso, contengono una maggiore quantità di acqua, rendendo possibile consumarne porzioni leggermente maggiori rispetto a quelli stagionati.
I formaggi da preferire, siano essi di pecora, capra o mucca, sono quelli freschi come la ricotta, lo stracchino e la mozzarella, poiché contengono una quantità inferiore di grassi e sale rispetto ai formaggi stagionati, in quanto hanno una maggiore percentuale di acqua.
Per quanto sia un latticino più che un formaggio vero e proprio, la ricotta è uno di quelli con la minore percentuale di grassi e di sale. Quando è prodotta con latte di bufala, contiene, in media, circa il 15-20% di grassi, mentre se si utilizza latte di mucca, capra o pecora, la presenza di grassi può scendere addirittura attorno all’10%.
La feta, un formaggio prodotto con latte di pecora, una piccola quantità di latte di capra e caglio, è spesso erroneamente considerata più salutare rispetto ad altri formaggi a pasta semidura. Tuttavia, i valori nutrizionali della feta sono più o meno simili ad altri formaggi freschi, a eccezione del contenuto di sale, che risulta essere più elevato.
Formaggi come la mozzarella, la crescenza, la scamorza e lo stracchino presentano percentuali di grassi che si aggirano intorno al 20-25% per ogni 100 g di prodotto, il che significa che contengono circa 20-25g di grassi. Valori nutrizionali simili si possono osservare anche nei formaggi spalmabili.
La robiola, che generalmente è ritenuta come magra, invece ha una percentuale di grassi ancora più alta, che può arrivare anche intorno al 30%.
Quanto formaggio si può mangiare a settimana?
Per la maggior parte delle persone, il formaggio rappresenta spesso una soluzione rapida e comoda per la pausa pranzo od a cena. Il formaggio è un’importante fonte nutrizionale di proteine, calcio e vitamina D, ma contiene anche grassi saturi, sale (sodio) e colesterolo, che, se assunti in quantitativi eccessivi, possono essere dannosi per la salute cardiovascolare.
Per queste sue caratteristiche, il formaggio non dovrebbe mai essere utilizzato, come spesso accade, come un’aggiunta ai pasti o come un alimento da spiluccare in attesa di mangiare od alla fine del pasto, ma bisogna considerarlo come una vera e propria alternativa alle altre fonti di proteine (carne, pesce, uova, legumi e salumi). Il suo consumo dovrebbe essere controllato, e limitato a non più di un paio di volte alla settimana. Nel caso venisse consumato insieme ad una delle altre famiglie di alimenti che rappresentano delle fonti di proteine, allora bisognerebbe bilanciarne in maniera adeguata i quantitativi consumati.
In alternativa, può anche essere sfruttato e incluso nella preparazione di piatti unici, come condimento per piatti a base di cereali come pasta, riso, orzo e farro (ad esempio pasta con ricotta e pomodorini od insalata di farro con la feta).
Un appunto utile potrebbe essere quello relativo ai formaggi light, per i quali è giusto fare attenzione. Il fatto che un formaggio abbia un contenuto ridotto di calorie o di nutrienti (come grassi o sale), spesso si può tradurre in un consumo di quantitativi di prodotto maggiori. Inoltre, spesso, per mantenere comunque un’adeguata gradevolezza dal punto di vista del gusto, i prodotti light prevedono l’aggiunta di altri nutrienti/ingredienti, che chiaramente ne fanno scadere la qualità nutrizionale (es. formaggi senza grassi ma a cui è aggiunto sale, o viceversa). Oltretutto, la riduzione di nutrienti può determinare allo stesso tempo una diminuzione del senso di sazietà. Infine, per garantire comunque un’adeguata appetibilità, questi alimenti possono essere anche ricchi di additivi o composti chimici che ne peggiorano ulteriormente la qualità nutrizionale.
Chi non dovrebbe mangiare formaggi?
A parte chi sceglie di non consumarlo per motivi personali, per coloro che soffrono di intolleranza al lattosio, non vanno consumati i formaggi freschi a pasta molle, come mozzarella, ricotta, fiocchi di latte, formaggi spalmabili e crescenza (tra i più comuni), mentre possono mangiare senza problemi, oltre a quelli dichiaratamente delatossati, anche i formaggi naturalmente privi di lattosio, come, tra gli altri, grana, parmigiano, asiago, gorgonzola e pecorino (anche se la quantità tollerata varia dalla sensibilità personale).
Inoltre, per la presenza di grassi saturi, devono fare particolare attenzione al consumo di formaggio coloro che presentano ipercolesterolemia e dislipidemie, mentre a causa del fatto che questa famiglia di alimenti è ricca di sale, anche le persone con ipertensione non dovrebbero avere un consumo con frequenza elevata.
ENGLISH
Cheese is a food rooted in our food culture, there are different varieties and it is produced from different types of milk. Its convenience and palatability can encourage excessive consumption, contributing to a diet rich in saturated fats (those considered "bad").
This phenomenon can also occur because many cheeses, especially fresh ones, are considered low-fat and therefore consumed without due attention. Are there cheeses that can be considered low-fat? How much cheese can you eat per week?
We talk about it with Dr. Matteo Cozzi, a nutrition biologist at the Humanitas Medical Care medical centers.
What are low-fat cheeses?
First of all, it is fair to say that you have to be careful when combining the word cheese with the word low-fat, as you then risk consuming larger quantities more lightly. By definition, cheeses are classified as low-fat based on their fat content, when the latter is less than 20%, on the dry substance. With this classification, low-fat cheeses in the true sense of the word are very few and tend to be only skimmed ones. All the others, including ricotta, fall into other categories that range from light cheeses to fatty and very fatty cheeses, always classified according to their lipid content.
Among the other classifications, based on the maturation time, it is possible to make a distinction between fresh cheeses and matured cheeses. Fresh cheeses, subjected to a maturation of less than 30 days, for the same weight, contain a greater quantity of water, making it possible to consume slightly larger portions than matured ones.
The cheeses to be preferred, whether they are sheep's, goat's or cow's milk, are fresh ones such as ricotta, stracchino and mozzarella, since they contain a lower quantity of fat and salt than matured cheeses, as they have a higher percentage of water.
Although it is a dairy product rather than a true cheese, ricotta is one of those with the lowest percentage of fat and salt. When made with buffalo milk, it contains, on average, about 15-20% fat, while if cow, goat or sheep milk is used, the fat content can even drop to around 10%.
Feta, a cheese made with sheep's milk, a small amount of goat's milk and rennet, is often mistakenly considered healthier than other semi-hard cheeses. However, the nutritional values of feta are more or less similar to other fresh cheeses, except for the salt content, which is higher.
Cheeses such as mozzarella, crescenza, scamorza and stracchino have fat percentages that are around 20-25% for every 100 g of product, which means they contain around 20-25 g of fat. Similar nutritional values can also be observed in spreadable cheeses.
Robiola, which is generally considered lean, instead has an even higher fat percentage, which can even reach around 30%.
How much cheese can you eat per week?
For most people, cheese is often a quick and convenient solution for lunch or dinner. Cheese is an important nutritional source of protein, calcium and vitamin D, but it also contains saturated fats, salt (sodium) and cholesterol, which, if consumed in excessive quantities, can be harmful to cardiovascular health.
For these characteristics, cheese should never be used, as often happens, as an addition to meals or as a food to nibble while waiting to eat or at the end of the meal, but it should be considered as a real alternative to other sources of protein (meat, fish, eggs, legumes and cured meats). Its consumption should be controlled, and limited to no more than a couple of times a week. If it is consumed together with one of the other families of foods that represent sources of protein, then the quantities consumed should be adequately balanced.
Alternatively, it can also be used and included in the preparation of one-dish meals, as a condiment for cereal-based dishes such as pasta, rice, barley and spelt (for example pasta with ricotta and cherry tomatoes or spelt salad with feta).
A useful note could be the one related to light cheeses, for which it is right to be careful. The fact that a cheese has a reduced calorie or nutrient content (such as fat or salt), can often translate into a consumption of greater quantities of product. Furthermore, often, to maintain an adequate pleasantness from the point of view of taste, light products require the addition of other nutrients/ingredients, which clearly make their nutritional quality decline (e.g. cheeses without fat but to which salt is added, or vice versa). Furthermore, the reduction of nutrients can determine at the same time a decrease in the sense of satiety. Finally, to ensure adequate palatability, these foods can also be rich in additives or chemical compounds that further worsen their nutritional quality.
Who should not eat cheese?
Aside from those who choose not to consume it for personal reasons, those who suffer from lactose intolerance should not consume soft fresh cheeses, such as mozzarella, ricotta, cottage cheese, spreadable cheeses and crescenza (among the most common), while they can eat without problems, in addition to those declared lactose-free, also cheeses naturally lactose-free, such as, among others, grana, parmesan, asiago, gorgonzola and pecorino (even if the tolerated quantity varies according to personal sensitivity).
Furthermore, due to the presence of saturated fats, those with hypercholesterolemia and dyslipidemia should be particularly careful about cheese consumption, while due to the fact that this family of foods is rich in salt, even people with hypertension should not consume it with high frequency.
Da:
https://www.humanitasalute.it/alimentazione/104059-formaggi-magri-quali-sono-e-quanto-mangiarne/?utm_source=Klaviyo&utm_medium=campaign&utm_campaign=46.%20HUS%20%7C%2015%2F11%2F2024%20%7C%20FORMAGGI&_kx=GbsXi39da2SdzWuT1goIY7qc7xam1-KTV8l-3qlJ6xZ5i9BY875PXOOuGeK33Jsn.TR8mad
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