Leucoencefalopatia multifocale progressiva: immunosoppressori nel trapianto / Progressive multifocal leucoencephalopathy: immunosuppressants in transplantation



Leucoencefalopatia multifocale progressiva: immunosoppressori nel trapianto / Progressive multifocal leucoencephalopathy: immunosuppressants in transplantation


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa






La leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML, dall'inglese Progressive multifocal leukoencephalopathy), altrimenti conosciuta come leucoencefalite multifocale progressiva, è una malattia virale rara e per lo più fatale caratterizzata da un danno progressivo o da un processo di infiammazione della mielina in posizioni multiple. La malattia insorge quasi esclusivamente nei pazienti che soffrono di grave immunodeficienza, come ad esempio in pazienti trapiantati in trattamento con immunosoppressori o pazienti affetti da AIDS. Da distinguersi dalla poliomielite, malattia sempre di origine virale ma dovuta a una diversa classe di virus, i poliovirus.

Cause

A causare la PML è un particolare tipo di poliomavirus chiamato virus JC (JCV), dalle iniziali del paziente in cui fu per primo scoperto. Questo virus è presente nell'86% della popolazione, sebbene rimanga latente nella maggior parte dei casi e possa dare origine alla malattia soltanto nel momento in cui il sistema immunitario sia fortemente indebolito.
Il tasso di pazienti affetti da AIDS che sviluppa la PML oscilla tra il 2 e il 5%, ma non è chiaro il motivo per cui la malattia è più frequente in questo tipo di pazienti rispetto a quelli che soffrono di altre condizioni immunosoppressive. Alcuni studi hanno ipotizzato che gli effetti dell'HIV sul tessuto cerebrale rendano possibile l'attivazione del virus JC nel cervello e aumentino i suoi effetti infiammatori così dannosi.
Vi sono casi di PML causati da agenti farmacologici, sebbene non sia del tutto chiaro se ciò possa essere attribuibile almeno in parte alla precaria risposta immunitaria o a farmaci specifici. Ad ogni modo, tali vanno considerati il rituximab, l'infliximab, il natalizumab, l'efalizumab, i chemioterapici, i corticosteroidi ed alcuni farmaci relativi ai trapianti come il tacrolimus.

Natalizumab e leucoencefalopatia multifocale progressiva

Si considera che il rischio di leucoencefalopatia multifocale progressiva sia di 1 su 1000 pazienti trattati con Natalizumab, anticorpo monoclonale anti-integrina alfa-4, in un periodo medio di 17.9 mesi. La reiterazione del trattamento oltre il termine di 18 mesi può provocare un assai più alto rischio di contrarre positività al virus JC, individuabile dallo sviluppo di anticorpi al virus stesso. Il livello intermedio di rischio è di circa 1 su 450 pazienti - cioè sviluppa PML un paziente su 450 che abbiano infezione da JC Virus. A tale livello (anche prima, secondo parere medico) è generalmente del tutto sconsigliabile proseguire la terapia e assolutamente controindicato passare a terapia con interferoni o immunosoppressori: il rischio si attesta a 1 su 100. Il trattamento con Natalizumab se preceduto - o, in periodi antecedenti alle nuove disposizioni del relativo Protocollo, accompagnato - dall'assunzione di interferoni o immunosoppressori, provoca in uno su 100 casi leucoencefalopatia multifocale progressiva.

Patogenesi e diagnosi

La leucoencefalopatia multifocale progressiva è una della malattie demielinizzanti, così chiamate perché la guaina mielinica che avvolge gli assoni delle cellule nervose viene gradualmente distrutta, con il conseguente danneggiamento della trasmissione nervosa. Interessa pertanto la sostanza bianca, rivestimento degli assoni e componente di gran parte dell'interno dell'encefalo. Tra i sintomi vanno menzionati la debolezza, la perdita di visione, i disturbi alla parola e un deterioramento cognitivo.
La PML è simile alla sclerosi multipla, ma rispetto ad essa progredisce assai più rapidamente; infatti nella sclerosi la mielina viene interessata dal deterioramento, la PML che distrugge le cellule che producono la mielina stessa con distruzione degli oligodendrociti e produzione di inclusioni nucleari. La maggior parte dei pazienti affetti da PML muore prima dei 4 mesi dall'insorgenza.
La malattia viene diagnosticata con l'esame del DNA del virus JC nel liquor o nel campione bioptico cerebrale. Evidenza della malattia può essere anche fornita dalla risonanza magnetica.

Terapia

Secondo le attuali conoscenze, non vi sono cure per questa malattia; tuttavia i sintomi possono migliorare e la malattia può arrestarsi se migliora il sistema immunitario del paziente; alcuni pazienti affetti da AIDS che avevano sviluppato la PML sono stati in grado di sopravvivere, anche per anni, grazie all'avvento delle terapie con farmaci antiretrovirali (terapia HAART).
In via sperimentale, la citarabina (o ARA-C), un chemioterapico utilizzato nella cura di alcuni tumori, ha mostrato, in un numero limitato di pazienti non affetti da AIDS con PML, proprietà di stabilizzatore delle condizioni neurologiche in un ristretto numero di soggetti.



Nei soggetti trapiantati occorre risonoscere per tempo i segni della malattia neurologica che sarebbe secondaria all’utilizzo della terapia immunosoppressiva
La leucoencefalopatia multifocale progressiva è una malattia demielinizzante causata dal virus John Cunningham (JCV). Si stima che questo virus si trovi in fase latente nel distretto urinario dell’80% circa della popolazione mondiale. La fase attiva dell’infezione si manifesta in situazioni di compromissione del sistema immunitario e inizia con sintomi neurologici molto variabili e piuttosto aspecifici (debolezza, astenia, disturbi della visione), aspetto che rende difficile una diagnosi precoce (basata essenzialmente sui risultati della risonanza magnetica cerebrale e di indagini virologiche sul liquido cefalo-rachidiano).
La mortalità a un anno supera il 90% nei soggetti colpiti, mentre nei sopravvissuti rimangono alterazioni funzionali permanenti. Circa l’80% dei casi si osserva in pazienti affetti da AIDS, seguiti dai pazienti con tumori ematologici (13%) e quindi da pazienti sottoposti a trapianto (5%). Proprio in questi ultimi soggetti il ruolo causale delle terapie farmacologiche è particolarmente dibattuto.(1)
Nel mese di luglio 2011 si è svolto a Londra il Transatlantic Workshop EMAFDA: drug-related progressive multifocal leukoencephalopathy nel quale è stato delineato lo stato dell’arte sul ruolo delle terapie farmacologiche nello sviluppo della leucoencefalopatia multifocale progressiva,(2) compreso un capitolo dedicato ai pazienti sottoposti a trapianto d’organo trattati con immunosoppressori.
Una revisione della letteratura disponibile, realizzata nel mese di giugno 2011, permetteva l’identificazione di 59 casi di leucoencefalopatia multifocale progressiva in pazienti che avevano ricevuto trapianti, di cui 24 pazienti sottoposti a trapianto di midollo e 35 sottoposti a trapianto d’organo solido (20 di rene, 8 di fegato, 4 di cuore, 2 di polmone e 1 di intestino).
Nei 24 soggetti sottoposti a trapianto di midollo l’insorgenzamediana di leucoencefalopatiamultifocale progressiva si è registrata dopo 8,5 mesi (range 1-60 mesi) con un tempomediano dalla diagnosi al decesso (avvenuto in 15 soggetti) di 2 mesi (range 1-7 mesi). La leucoencefalopatiamultifocale progressiva si sviluppa sia in soggetti sottoposti a trapianto allogenico (n=13) sia autologo (n=11), e sia per terapie mieloablative (n=16) sia non mieloablative (n=4).
Dal momento che virtualmente tutti i farmaci dotati di attività immunosoppressiva possono causare una leucoencefalopatia multifocale progressiva, nei soggetti sottoposti a trapianto di midollo l’individuazione di un farmaco al quale attribuire una responsabilità causale specifica è piuttosto difficile: tutti i pazienti hanno infatti tumori ematologici (tra i più frequenti: linfoma non- Hodgkin, linfoma di Hodgkin, linfoma mantellare, leucemia mieloide sia acuta sia cronica) per i quali sono stati esposti a regimi di chemioterapia antiblastica (27 diversi farmaci individuati, tra i più frequenti: vincristina, desametasone, ciclofosfamide, citarabina, etoposide, doxorubicina). A questi trattamenti si andranno ad aggiungere i farmaci usati nei regimi di condizionamento per il trapianto (tra i più frequenti: ciclofosfamide, etoposide, carmustina e melfalan) e di mantenimento post trapianto (tra i più frequenti: ciclosporina, metotrexato, tacrolimus e rituximab).
Nei soggetti sottoposti a trapianto di organo solido il tempo di insorgenza dal trapianto è più lungo: si va dai 10,5 mesi nel trapianto di fegato, ai 29 del rene ai 42 del cuore. Il tempo mediano dalla diagnosi al decesso è comunque inferiore a tre mesi (27 decessi su 35 casi). Tra i farmaci più frequentemente coinvolti ci sono corticosteroidi, azatioprina, micofenolato mofetile, ciclosporina e ciclofosfamide. La terapia nei casi descritti può essere distinta sostanzialmente in due grossi gruppi: antivirale (cidofovir e citarabina, ma anche mirtazapina, risperidone e ziprasidone, usati off label) e di immuno- ricostituzione. Benché non ci siano prove di un beneficio specifico per l’una o per l’altra strategia, l’immuno- ricostituzione (realizzata attraverso la sospensione del trattamento immunosoppressore o la riduzione del dosaggio o con l’uso di interleuchina-2, ma anche con metodi più innovativi che prevedono per esempio l’infusione di linfociti “costruiti” per essere selettivamente attivi contro il virus) applicata in un contesto di diagnosi precoce è damolti riconosciuta come l’approccio più desiderabile. Il problema di questa strategia è che può comportare lo sviluppo della malattia del trapianto verso l’ospite o il rigetto.
In conclusione, i clinici devono controllare attentamente l’insorgenza di eventuali sintomi neurologici nei pazienti trapiantati, in modo da identificare il più precocemente possibile l’eventuale insorgenza di una leucoencefalopatia multifocale progressiva. L’approccio terapeutico scelto può rivelarsi comunque fallimentare. Per questo è urgente lo sviluppo di terapie antivirali efficaci e di strategie di prevenzione valide.

ENGLISH
Progressive multifocal leukoencephalopathy (PML), otherwise known as progressive multifocal leucoencephalitis, is a rare and mostly fatal viral disease characterized by progressive damage or a myelin inflammation process in multiple locations. Disease occurs almost exclusively in patients suffering from severe immunodeficiency, such as in transplant patients receiving immunosuppressants or patients with AIDS. To be distinguished from poliomyelitis, disease always of viral origin but due to a different class of viruses, polioviruses.

Causes
To cause PML is a particular type of poliomavirus called JC virus (JCV), from the initials of the patient in which it was first discovered. This virus is present in 86% of the population, though it remains latent in most cases and can only cause the disease when the immune system is heavily weakened.
The rate of AIDS patients developing PML fluctuates between 2 and 5%, but it is unclear why the disease is more frequent in this type of patient than those suffering from other immunosuppressive conditions. Some studies have suggested that HIV's effects on brain tissue make it possible to activate the JC virus in the brain and increase its so damaging inflammatory effects.

There are PML cases caused by pharmacological agents, although it is not entirely clear whether this may be attributable at least in part to the precarious immune response or to specific drugs. However, rituximab, infliximab, natalizumab, efalizumab, chemotherapy, corticosteroids, and some transplant-related drugs such as tacrolimus should be considered.

Natalizumab and progressive multifocal leucoencephalopathy
The risk of progressive multifocal leucoencephalopathy is considered to be one out of 1,000 patients treated with Natalizumab, a monoclonal anti-integrin alpha-4 antibody, in an average of 17.9 months. The recurrence of treatment beyond the 18 month period may result in a much higher risk of contracting positive to the JC virus, which can be detected by the development of antibodies to the virus itself. The intermediate risk level is approximately 1 out of 450 patients - that is, PML develops a 450 patient who has JC Virus infection. At this level (even before, according to medical opinion) it is generally not advisable to continue the therapy and completely contraindicated to undergo therapy with interferons or immunosuppressants: the risk is 1 to 100. Treatment with Natalizumab if preceded - or, in periods Antecedent to the new provisions of the relevant protocol, accompanied - by the intake of interferons or immunosuppressants, results in one in 100 progressive multifocal leukoencephalopathy.

Pathogenesis and diagnosis
Progressive multifocal leucoencephalopathy is one of demyelinating diseases, so called because the myelin sheath that wraps nerve cell axons is gradually destroyed, with the consequent damage to nervous transmission. It is therefore concerned with the white substance, the axon lining and component of much of the inner core of the brain. Symptoms include weakness, loss of vision, speech disorders, and cognitive deterioration.
PML is similar to multiple sclerosis, but with respect to it it progresses much more rapidly; In fact, myelin is affected by deterioration in sclerosis, PML destroying the cells that produce the myelin itself with oligodendrocyte destruction and the production of nuclear inclusions. Most patients with PML die before 4 months of onset.
Disease is diagnosed by DNA examination of the JC virus in the liquor or in the cerebral biopsy specimen. Evidence of the disease can also be provided by magnetic resonance imaging.

Therapy
According to current knowledge, there is no cure for this disease; However the symptoms can improve and the disease may stop if it improves the patient's immune system; Some patients with AIDS who had developed PML were able to survive, even for years, thanks to the advent of antiretroviral therapy (HAART therapy).
Experimentally, cytarabine (or ARA-C), a chemotherapy used in the treatment of certain cancers, showed, in a limited number of patients not affected by AIDS with PML, the properties of neurological condition stabilizer in a small number of subjects .
In transplanted subjects, signs of neurological disease should be recognized in time, which would be secondary to the use of immunosuppressive therapy
Progressive multifocal leucoencephalopathy is a demyelinating disease caused by the virus John Cunningham (JCV). It is estimated that this virus is latent in the urinary district of around 80% of the world's population. The active phase of the infection manifests itself in impaired immune system and begins with very variable and rather non-specific neurological symptoms (weakness, asthenia, visual disturbances), which makes it difficult to diagnose early (essentially based on the results of the magnetic resonance imaging Cerebral and virological investigations on cefalo-rachidic fluid).
One-year mortality exceeds 90% in affected subjects, while survivors remain permanent functional alterations. Approximately 80% of cases are observed in patients with AIDS, followed by patients with hematologic tumors (13%) and therefore by transplant patients (5%). Precisely in these latter subjects the causal role of drug therapies is particularly debated. (1)
In July 2011, the Transatlantic Workshop EMAFDA was conducted in London: drug-related progressive multifocal leukoencephalopathy, in which state art was outlined on the role of pharmacological therapies in the development of progressive multifocal leucoencephalopathy, (2) including a dedicated chapter Patients undergoing organ transplant treated with immunosuppressants.
A review of available literature, conducted in June 2011, allowed the identification of 59 cases of progressive multifocal leukoencephalopathy in transplant recipients, of whom 24 were subjected to bone marrow transplantation and 35 were subjected to organ organ transplantation ( 20 kidney, 8 liver, 4 heart, 2 lung and 1 intestine).
In 24 subjects undergoing marrow transplantation, the progressive progression of leukocyto-pharyopathy was recorded after 8.5 months (ranging from 1 to 60 months) with a tempomedian from diagnosis to death (in 15 subjects) of 2 months (range 1-7 Months). Progressive multifocal leukoencephalopathy develops in both allogeneic (n = 13) and autologous (n = 11), and myeloablative (n = 16) and non-myeloablative (n = 4) therapies.
Since practically all drugs with immunosuppressive activity can cause progressive multifocal leucoencephalopathy, in subjects undergoing marrow transplantation, finding a drug to which a specific causal responsibility is assigned is quite difficult: all patients have haematological tumors ( Among the most common: non-Hodgkin lymphoma, Hodgkin's lymphoma, mantle lymphoma, acute and chronic myeloid leukemia) for which they were exposed to antiblastic chemotherapy regimens (27 different drugs found, among the most common: vincristine, dexamethasone, Cyclophosphamide, citarabine, etoposide, doxorubicin). These treatments will be added to the medicines used in the transplantation regimens (most frequent: cyclophosphamide, etoposide, carmustine and melphalan) and post transplantation (among the most frequent: cyclosporine, methotrexate, tacrolimus and rituximab) .
In subjects undergoing solid organ transplantation, the onset of transplanting time is longer: 10.5 months in liver transplantation, 29 in the kidney at 42 in the heart. The median time from diagnosis to death is however less than three months (27 deaths on 35 cases). Among the most commonly used drugs are corticosteroids, azathioprine, mycophenolate mofetil, cyclosporine and cyclophosphamide. Therapy in the described cases can be substantially distinguished in two large groups: antiviral (cidofovir and cytarabine, but also mirtazapine, risperidone and ziprasidone, used off label) and immunoprecipitation. Although there is no evidence of a specific benefit for one or the other strategy, immuno-reconstitution (achieved by suspension of immunosuppressive treatment or dose reduction or by the use of interleukin-2, but also with more innovative methods, for example, the infusion of "constructed" lymphocytes to be selectively active against the virus) applied in an early diagnosis context has been recognized as the most desirable approach. The problem of this strategy is that it may result in the development of transplantation sickness towards the host or rejection.
In conclusion, clinicians should carefully monitor the onset of neurological symptoms in transplanted patients to identify as early as possible the possible onset of progressive multifocal leucoencephalopathy. The chosen therapeutic approach may still be bankrupt. This is why urgent development of effective antiviral therapies and effective prevention strategies is urgent.
Da:
http://www.farmacovigilanza.eu/node/637
https://it.wikipedia.org/wiki/Leucoencefalopatia_multifocale_progressiva

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