Dall’automazione alla disoccupazione: mito o realtà? From Automation to Unemployment: Myth or Reality?
Dall’automazione alla disoccupazione: mito o realtà? Il procedimento del brevetto ENEA RM2012A000637 potrebbe dare un contributo notevole nella creazione di nuovi posti di lavoro oltre che ad aiutare a risolvere i problemi che affliggono l'umanità / From Automation to Unemployment: Myth or Reality? The patent procedure ENEA RM2012A000637 could make a major contribution to creating new jobs as well as helping to solve the problems affecting humanity.
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
La robotica e l’intelligenza artificiale contemporanee promettono la creazione robot capaci di svolgere compiti sempre più complessi: oggi puliscono i nostri pavimenti, domani ci cureranno negli ospedali. Una minaccia o una promessa di un futuro migliore?
Una volta si trovavano solo sulle pagine di libri difantascienza. Oggi li possiamo incontrare sulle nostre strade, nei nostri uffici, ospedali, industrie, e persino nelle nostre case. Parliamo dei robot, macchinari di ogni forma e struttura capaci di svolgere compiti che noi esseri umani troviamo troppo faticosi, difficili, o – semplicemente – troppo noiosi: dall’assemblaggio di un’automobile alle pulizie domestiche. La ricerca nei campi della robotica e dell’intelligenza artificiale sta convergendo verso la creazione di robot sempre più abili, sempre più rapidi e, soprattutto, sempre più autonomi. Ma la prospettiva di un mondo dove i robot siano in grado di rimpiazzarci in quasi tutte le mansioni di tutti i giorni, dalla sfera domestica a quella industriale, può essere vista sia come un’utopia di un mondo di libertà dalla schiavitù del lavoro, che come un incubo di un mondo con maggiore disoccupazione e povertà.
Che cos’è questa automazione dunque? Consideriamo un paio di esempi. Durante la prima metà del ventesimo secolo, un “computer” era un essere umano (spesso una donna), addetto alla computazione – a mano e su carta – di calcoli complessi. Un lavoro lungo, tedioso, e difficile, dato che un singolo errore di calcolo potrebbe risultare fatale a qualcun altro. Dall’invenzione del computer elettronico ad oggi, questo tipo di lavoro è scomparso del tutto, dato che i computer moderni sono in grado di svolgere lo stesso compito con molta più efficienza e rapidità di un essere umano.
Secondo esempio: l’invenzione del container per il trasporto di merci, alla fine degli anni ’40, ha rivoluzionato la logistica internazionale, rendendo possibile la completa automazione dei meccanismi di carico e scarico merci nei porti e nei centri di stoccaggio: il lavoro pesante che una volta veniva svolto a mano dagli scaricatori di porto è oggi portato a termine da gru, nastri trasportatori, carrelli elevatori e via dicendo. In aggiunta a questi due campi, oggi le possibilità di automazione in quasi tutte le parti della nostra società– dalla produzione industriale e i servizi al cliente fino alla sfera medica e di assistenza ai pazienti — sono enormi. Camion autonomi potranno trasportare merci per migliaia di chilometri di autostrada senza bisogno di un pilota umano, così come programmi di intelligenza artificiale saranno capaci di formulare diagnosi mediche più accurate di dottori umani. E gli esseri umani? Cosa faranno?
Il rischio è che questa profonda rivoluzione sul livello produttivo non venga accompagnata da una lungimirante strategia politica, capace di permettere l’automazione senza però rendere ai cittadini ancora più difficile trovare un impiego e – con esso – uno stipendio. Una relazione preparata da un centro di ricerca britannico – la consultancy firm PwC – e pubblicata a marzo scorso suggerisce che i robot potranno rimpiazzare gli esseri umani nel 28% dei lavori negli Stati Uniti, 30% nel Regno Unito, 35% in Germania e 21% in Giappone. I posti di lavoro che saranno destinati ai robot saranno per lo più nel settore del trasporto dei beni (56%), filiera produttiva (46%) e vendita al dettaglio (44%). In uno studio della Oxford Martin School, due ricercatori hanno previsto che i tipi di lavoro più probabilmente destinati ad essere automatizzati saranno quelli che richiedono meno specializzazione e training, tra cui segretari, centralinisti, operatori di call center, cassieri, camerieri, magazzinieri, corrieri, e via dicendo. Ovvero proprio quegli impieghi che vengono comunemente svolti dai giovani che, già oggi, fanno fatica ad entrare nel mondo del lavoro. Sembra dunque che siamo destinati a un mondo di disoccupazione e povertà. O forse no.
“Entro cinque, massimo dieci anni, potremo adoperare robot per quelli che si chiamano i ‘McDonald’s job’, ossia quei lavori ripetitivi che richiedono solo un po’ di intelligenza”, racconta Rosario Sorbello, co-direttore, con Antonio Chella, del Robotics Lab di Palermo. “Ma per averli al posto nostro, ed essere avvocati, essere medici…dovremo aspettare più a lungo. Nel frattempo potranno esserci di supporto. Ad esempio è stato dimostrato come un agente intelligente possa analizzare diecimila cartelle cliniche per una determinata malattia ed essere più bravo, di un medico umano. Certo, i computer analizzano tanti dati, ma ci deve essere sempre un criterio secondo il quale si analizza il tutto. Ed è sicuramente il concetto di esperienza umana, che manca: da anni nel campo dell’intelligenza artificiale si parla di apprendimento per comunicazione, apprendimento per esperienza, e via dicendo, ma secondo me ancora non siamo in grado di poter raggiungere tutto questo.”
Ciononostante, continua Sorbello, l’idea che guida lo sviluppo tecnologico di robot sempre più abili e competenti è quella di “ridurre la complessità delle cose futili o dei compiti triviali che normalmente impegnano la nostra vita. Il 50% del nostro tempo lo passiamo lavorando, un terzo della nostra vita la passiamo dormendo, e poi compiamo tutta una serie di attività che rendono la nostra vita monotona, perché facciamo la spesa, paghiamo le tasse, andiamo a fare tutta una serie di faccende, e via dicendo. Se questo lo potesse fare un robot, riducendo la quantità del nostro lavoro, sicuramente potremmo avere più tempo da dedicare – ad esempio – ai nostri figli.”
Per l’integrazione dei robot nella vita quotidiana, sostiene l’esperto, sarà necessario considerarli come un nuovo tipo di strumento a nostra disposizione. Sorbello dunque spiega che “mi piace pensare che stiamo assistendo alla terza rivoluzione industriale: abbiamo avuto la rivoluzione industriale, abbiamo avuto la rivoluzione con i computer e i cellulari, ed ora una terza rivoluzione con i robot. Il robot diventa sempre uno strumento a nostro servizio, che poi sia dotato di meccanismi più o meno intelligenti, che sia in grado di poter aiutarci o risolvere tutta una serie di problemi – come controllare che il bambino non tocchi la cosa calda o in nostra assenza, quando scendiamo a fare la spesa, o assistere anziani o disabili – questo non lo vedo un problema, lo vedo come un’aggiunta. Naturalmente ci sono dei problemi, e ci sono coloro che sostengono che questo porterebbe ad una sterilità nei rapporti. Non sono d’accordo: I robot non sono un sostituto, sono uno strumento in più che ci permetterebbe di vivere una vita ‘aumentata’.”
Sembra dunque che non saranno i robot a decidere il nostro futuro, ma saremo noi, decidendo come e in quali occasioni impiegare questi nuovi strumenti. Solo con scelte politiche ed economiche ragionate potremo sperare di trarre i benefici maggiori dal processo di automazione, rendendo il nostro rapporto con i robot uno di cooperazione, e non di conflitto.
ENGLISH
Robotic and contemporary artificial intelligence promise robot creation capable of performing more and more complex tasks: today they clean our floors, tomorrow they will care for us in hospitals. A threat or a promise of a better future?
Once they were only on the pages of defensive books. Today we can meet them on our roads, in our offices, hospitals, industries, and even in our homes. We are talking about robots, machines of every shape and structure capable of carrying out tasks that we humans find to be too tiring, difficult, or - simply - too boring: from assembling a car to home cleaning. Research in the field of robotics and artificial intelligence is converging towards the creation of more and more abundant, faster and more and more autonomous robots. But the prospect of a world where robots are able to replace us in almost every day job, from domestic to industrial, can be seen both as an utopia of a world of freedom from slavery in labor, which As a nightmare of a world with greater unemployment and poverty.
What is this automation, then? Consider a couple of examples. During the first half of the twentieth century, a "computer" was a human being (often a woman), computing - hand and paper - of complex calculations. A long, tedious, and difficult job, as a single calculation error may be fatal to someone else. From the invention of electronic computers to today, this type of work has disappeared altogether, as modern computers are able to perform the same task with much more efficiency and speed than a human being.
Second example: The inventory of the freight container at the end of the 1940s has revolutionized international logistics, making it possible to fully automate loading and unloading of goods at ports and storage centers: heavy work Which once was hand-handed by harbor sailors is now completed by cranes, conveyor belts, forklifts and so on. In addition to these two fields, today the possibilities of automation in almost all parts of our society - from industrial production and customer services to the medical sphere and patient care - are enormous. Autonomous trucks can carry goods for thousands of miles of freeways without the need for a human pilot, as artificial intelligence programs will be able to formulate more accurate medical diagnoses than human doctors. And humans? What will they do?
The risk is that this profound revolution at the production level is not accompanied by a far-sighted political strategy, capable of allowing automation without making it easier for citizens to find a job and - with it - a salary. A report prepared by a British research center - the PwC consultancy firm - published in March suggests that robots could replace humans in 28% of jobs in the United States, 30% in the UK, 35% in Germany, and 21 % in Japan. Workplaces that will be used for robots will mostly be in the field of transport of goods (56%), production chains (46%) and retail (44%). In a Oxford Martin School study, two researchers have predicted that types of work most likely to be automated will be those that require fewer specialization and training, including secretaries, centralinists, call center operators, cashiers, waiters, warehousemen, couriers , and so on. That is, those jobs that are commonly carried out by young people who are already struggling to enter the world of work today. So it seems that we are destined for a world of unemployment and poverty. Or maybe not.
"Within five to ten years, we can use robots for those called McDonald's jobs, that is repetitive jobs that require just a little intelligence," says Rosario Sorbello, co-director with Antonio Chella of Robotics Lab of Palermo. "But to have them in our place, and be lawyers, be doctors ... we will have to wait longer. Meanwhile, there may be support. For example, it has been shown that an intelligent agent can analyze ten thousand clinical records for a particular disease and be better than a human doctor. Of course, computers analyze so much data, but there must always be a criterion for analyzing the whole thing. And it is certainly the concept of human experience, which is missing: for years in the field of artificial intelligence we talk about learning for communication, learning by experience, and so on, but in my opinion, we are still unable to achieve this. "
Nonetheless, Sorbello continues, the idea that drives the technological development of increasingly skilled and competent robots is to "reduce the complexity of futile things or trivial tasks that normally engage our lives. We spend 50% of our time working, we spend a third of our lives sleeping, and then do a whole lot of activities that make our life a monotone, because we make the money, we pay taxes, let's do a whole set of Things, and so on. If this could make a robot, reducing the amount of our work, we could certainly have more time to dedicate - for example - to our children. "
For the integration of robots into everyday life, the expert says, you will need to consider it as a new type of tool at our disposal. Sorbello then explains that "I like to think that we are seeing the third industrial revolution: we had the industrial revolution, we had the revolution with computers and cell phones, and now a third revolution with the robots. The robot becomes an instrument for our service, which is then equipped with more or less intelligent mechanisms that can help or solve a whole series of problems - how to check that the child does not touch the hot thing or in our absence , When we go shopping, or assisting elderly or disabled - I do not see this problem, I see it as an addendum. Of course there are problems, and there are those who argue that this would lead to sterility in relationships. I disagree: Robots are not a substitute, they are an extra tool that would allow us to live an 'increased' life. "
It therefore seems that robots will not decide our future, but we will be, deciding how and on what occasions to use these new tools. Only with reasoned political and economic choices we can hope to get the most benefits from the automation process, making our relationship with robots a co-operation, not a conflict.
Da:
https://www.galileonet.it/2017/08/dallautomazione-alla-disoccupazione-mito-o-realta/?utm_campaign=Newsatme&utm_content=Dall%E2%80%99automazione%2Balla%2Bdisoccupazione%3A%2Bmito%2Bo%2Brealt%C3%A0%3F&utm_medium=news%40me&utm_source=mail%2Balert
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