Una sinergia fra proteine per l'Alzheimer / A synergy between proteins for Alzheimer's
Una sinergia fra proteine per l'Alzheimer / A synergy between proteins for Alzheimer's
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Coltura cellulare di neuroni colpiti da Alzheimer. / Cell culture of neurons affected by Alzheimer's.
La gravità dei sintomi e della neurodegenerazione che caratterizzano l'Alzheimer è correlata ai livelli cerebrali di una proteina, indicata come proteina tau anomala, che però esercita i suoi effetti nocivi solo in presenza di un'altra proteina, chiamata ApoE. Il blocco della sinergia fra le due proteine potrebbe dunque essere un nuovo bersaglio terapeutico.
Una proteina indicata con la sigla ApoE non solo è il "grilletto" che scatena l'Alzheimer, ma è anche il fattore che permette all'altra protagonista della malattia, la proteina tau, di sviluppare potentemente i suoi effetti tossici a livello cerebrale. La scoperta – opera di ricercatori della Washington University School of Medicine a St. Louis e pubblicata su "Nature" – indica quindi un nuovo bersaglio terapeutico: il blocco della sinergia fra ApoE, o apolipoproteina E, e tau.
Fin dai primi anni novanta è stato dimostrato che ApoE partecipa in modo significativo allo sviluppo della malattia di Alzheimer dirigendo l'accumulo attorno alle cellule cerebrali di placche di proteina beta amiloide, il più evidente marcatore biologico della malattia. Si ritiene anche che la proteina ApoE sia il fattore chiave affinché inizi a svilupparsi la malattia. Tuttavia, numero e dimensione delle placche amiloidi non sono correlati né all'intensità dei sintomi né al livello di perdita del tessuto cerebrale che caratterizza l'Alzheimer. Entrambi questi aspetti sono invece risultati correlati alla quantità di fibrille (ossia aggregati filiformi) anomale di un'altra proteina, la proteina tau, che normalmente all'interno della cellula contribuisce a stabilizzarne la struttura.
Per questo fra i ricercatori si era sviluppata una discussione su quale dovesse essere il bersaglio terapeutico privilegiato una volta che la malattia si fosse instaurata, se la proteina beta amiloide (e la ApoE che ne permette la formazione), oppure la proteina tau anomala.
Ora David Holtzman e colleghi sono ora riusciti a stabilire un nesso diretto fra l'azione di ApoE e la tossicità della proteina tau anomala. I ricercatori hanno creato topi geneticamente modificati
che producono una versione anomala di tau e li hanno incrociati con ceppi di topi che esprimono le diverse varianti umane della proteina ApoE, e con un ceppo in cui la produzione di ApoE era disattivata.
Nove mesi dopo i ricercatori hanno esaminato il tessuto cerebrale degli esemplari, e così hanno constatato che tutti i topi che esprimevano varianti umane di ApoE avevano aggregazioni di fibrille di proteina tau e segni di degenerazione neurologica. Nel tessuto dei topi che invece producevano la proteina tau ma non ApoE non c'erano segni di morte neuronale. Questa, dice Holtzman, "è la prova definitiva" che ApoE ha un ruolo importante nella patologia dovuta alla proteina tau.
I ricercatori hanno anche mostrato che la proteina tau anomala può uscire dalla cellule nervose (fenomeno in precedenza messo in dubbio da altri studiosi), ma che solo in presenza di ApoE esercita efficacemente la sua azione dannosa, scatenando in particolare una forte risposta infiammatoria e immunitaria dell'organismo. Ed è proprio questa risposta immunitaria che finisce per provocare gran parte del danno cerebrale. Le ragioni e i meccanismi per cui questa risposta si attiva con o in seguito alla compresenza di ApoE e proteina tau sono ancora da chiarire.
La ricerca ha anche confermato che una delle varianti di ApoE, la cosiddetta variante ApoE4, ha la capacità di generare una risposta immunitaria molto più marcata e distruttiva delle altre varianti.
ENGLISH
The
severity of symptoms and neurodegeneration that characterize
Alzheimer's is related to the brain's levels of a protein, referred to
as an abnormal tau protein, but it exerts its harmful effects only in
the presence of another protein, called ApoE. The blocking of synergy between the two proteins could therefore be a new therapeutic target.
A protein labeled with ApoE is not only the "trigger" that triggers Alzheimer's, but it is also the factor that allows the other protagonist of disease, the tau protein, to potentially develop its toxic effects on the brain. The discovery - a work by researchers at the Washington University School of Medicine in St. Louis and published on "Nature" - indicates a new therapeutic target: blocking synergy between ApoE, or apolipoprotein E, and tau.
Since the early nineties, it has been shown that ApoE significantly contributes to the development of Alzheimer's disease by directing the accumulation around brain cells of beta-amyloid protein plaques, the most obvious biological marker of the disease. It is also believed that the ApoE protein is the key factor for the disease to begin to develop. However, the number and size of amyloid plaques are not related either to the intensity of the symptoms or to the level of loss of brain tissue that characterizes Alzheimer's. Both of these aspects, on the other hand, are related to the abnormal amount of fibrils (i.e., filiform aggregates) of another protein, the tau protein, which normally inside the cell contributes to stabilizing the structure.
For this reason, a discussion had been made among the researchers on which should be the preferred therapeutic target once the disease had been established, if the beta amyloid protein (and the ApoE that allows the formation), or the abnormal tau protein.
Now David Holtzman and colleagues have now managed to establish a direct link between the action of ApoE and the toxicity of the abnormal tau protein. Researchers have created genetically modified mice
which produce an abnormal version of tau and crossed them with mice strains expressing the various human variants of ApoE protein, and with a strain where ApoE production was deactivated.
Nine months after the researchers examined the cerebral tissue of the specimens, and thus found that all mice expressing human variants of ApoE had aggregations of tau protein fibrils and signs of neurological degeneration. In the tissue of mice producing instead of tau protein but not ApoE there were no signs of neuronal death. This, says Holtzman, "is the definitive test" that ApoE has an important role in tau protein disease.
Researchers have also shown that abnormal tau protein can get out of nerve cells (a phenomenon previously challenged by other scholars) but that only in the presence of ApoE effectively exerts its damaging action, triggering in particular a strong inflammatory and immune response body. And it is this immune response that ends up causing much of the brain damage. The reasons and mechanisms for which this response activates with or following the presence of ApoE and tau protein are still to be clarified.
The research also confirmed that one of the variants of ApoE, the so-called ApoE4 variant, has the ability to generate a much more pronounced and destructive immune response to the other variants.
Da:
http://www.lescienze.it/news/2017/09/26/news/proteina_amiloide_tau_sinergia_alzheimer-3677198/
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Fin dai primi anni novanta è stato dimostrato che ApoE partecipa in modo significativo allo sviluppo della malattia di Alzheimer dirigendo l'accumulo attorno alle cellule cerebrali di placche di proteina beta amiloide, il più evidente marcatore biologico della malattia. Si ritiene anche che la proteina ApoE sia il fattore chiave affinché inizi a svilupparsi la malattia. Tuttavia, numero e dimensione delle placche amiloidi non sono correlati né all'intensità dei sintomi né al livello di perdita del tessuto cerebrale che caratterizza l'Alzheimer. Entrambi questi aspetti sono invece risultati correlati alla quantità di fibrille (ossia aggregati filiformi) anomale di un'altra proteina, la proteina tau, che normalmente all'interno della cellula contribuisce a stabilizzarne la struttura.
Ora David Holtzman e colleghi sono ora riusciti a stabilire un nesso diretto fra l'azione di ApoE e la tossicità della proteina tau anomala. I ricercatori hanno creato topi geneticamente modificati
Nove mesi dopo i ricercatori hanno esaminato il tessuto cerebrale degli esemplari, e così hanno constatato che tutti i topi che esprimevano varianti umane di ApoE avevano aggregazioni di fibrille di proteina tau e segni di degenerazione neurologica. Nel tessuto dei topi che invece producevano la proteina tau ma non ApoE non c'erano segni di morte neuronale. Questa, dice Holtzman, "è la prova definitiva" che ApoE ha un ruolo importante nella patologia dovuta alla proteina tau.
I ricercatori hanno anche mostrato che la proteina tau anomala può uscire dalla cellule nervose (fenomeno in precedenza messo in dubbio da altri studiosi), ma che solo in presenza di ApoE esercita efficacemente la sua azione dannosa, scatenando in particolare una forte risposta infiammatoria e immunitaria dell'organismo. Ed è proprio questa risposta immunitaria che finisce per provocare gran parte del danno cerebrale. Le ragioni e i meccanismi per cui questa risposta si attiva con o in seguito alla compresenza di ApoE e proteina tau sono ancora da chiarire.
La ricerca ha anche confermato che una delle varianti di ApoE, la cosiddetta variante ApoE4, ha la capacità di generare una risposta immunitaria molto più marcata e distruttiva delle altre varianti.
A protein labeled with ApoE is not only the "trigger" that triggers Alzheimer's, but it is also the factor that allows the other protagonist of disease, the tau protein, to potentially develop its toxic effects on the brain. The discovery - a work by researchers at the Washington University School of Medicine in St. Louis and published on "Nature" - indicates a new therapeutic target: blocking synergy between ApoE, or apolipoprotein E, and tau.
Since the early nineties, it has been shown that ApoE significantly contributes to the development of Alzheimer's disease by directing the accumulation around brain cells of beta-amyloid protein plaques, the most obvious biological marker of the disease. It is also believed that the ApoE protein is the key factor for the disease to begin to develop. However, the number and size of amyloid plaques are not related either to the intensity of the symptoms or to the level of loss of brain tissue that characterizes Alzheimer's. Both of these aspects, on the other hand, are related to the abnormal amount of fibrils (i.e., filiform aggregates) of another protein, the tau protein, which normally inside the cell contributes to stabilizing the structure.
For this reason, a discussion had been made among the researchers on which should be the preferred therapeutic target once the disease had been established, if the beta amyloid protein (and the ApoE that allows the formation), or the abnormal tau protein.
Now David Holtzman and colleagues have now managed to establish a direct link between the action of ApoE and the toxicity of the abnormal tau protein. Researchers have created genetically modified mice
which produce an abnormal version of tau and crossed them with mice strains expressing the various human variants of ApoE protein, and with a strain where ApoE production was deactivated.
Nine months after the researchers examined the cerebral tissue of the specimens, and thus found that all mice expressing human variants of ApoE had aggregations of tau protein fibrils and signs of neurological degeneration. In the tissue of mice producing instead of tau protein but not ApoE there were no signs of neuronal death. This, says Holtzman, "is the definitive test" that ApoE has an important role in tau protein disease.
Researchers have also shown that abnormal tau protein can get out of nerve cells (a phenomenon previously challenged by other scholars) but that only in the presence of ApoE effectively exerts its damaging action, triggering in particular a strong inflammatory and immune response body. And it is this immune response that ends up causing much of the brain damage. The reasons and mechanisms for which this response activates with or following the presence of ApoE and tau protein are still to be clarified.
The research also confirmed that one of the variants of ApoE, the so-called ApoE4 variant, has the ability to generate a much more pronounced and destructive immune response to the other variants.
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