Scoperto un nesso fra virus e Alzheimer / A link between the virus and Alzheimer's has been discovered.

Scoperto un nesso fra virus e Alzheimer A link between the virus and Alzheimer's has been discovered.


Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa




Raffigurazione schematica delle complesse reti di interazione fra i geni e i trascritti RNA degli herpesvirus HHV 6A e 7 e dell’ospite e dei loro effetti.(Graphic by Shireen Dooling for the Biodesign Institute at ASU) / Schematic representation of the complex networks of interaction between genes and RNA transcripts of HHV 6A and 7 herpesviruses and of the host and their effects.

Dimostrato per la prima volta il coinvolgimento di virus nella malattia di Alzheimer: i geni di due virus della famiglia degli herpesvirus umani possono interagire con le reti geniche dei neuroni, alterandone il metabolismo cellulare e agevolando la formazione di placche amiloidi e grovigli di proteine tau, segni distintivi della malattia.

Due ceppi di herpesvirus umano - l'herpesvirus umano 6A (HHV-6A) e l'herpesvirus umano 7 (HHV-7) - possono avere un ruolo nello sviluppo della malattia di Alzheimer.

L'ipotesi che alla genesi della malattia possano concorrere infezioni virali o batteriche non è nuova, ma è la prima volta che il nesso viene provato. A farlo sono stati ricercatori del Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital e della Arizona State University, con il contributo del consorzio Accelerating Medicines Partnership-Alzheimer's Disease (AMP-AD) creato dai National Institutes of Health. La scoperta, pubblicata su "Neuron",permetterà di testare nuove ipotesi sulla genesi e la progressione della malattia e individuare bersagli per nuovi farmaci.

Ben Readhead e colleghi hanno anzitutto scoperto che all'interno del genoma dei neuroni delle persone con Alzheimer – e in particolare dei neuroni che si trovano in sei aree critiche per lo sviluppo della malattia –erano integrati geni dei due virus HHV 6A e HHV 7 in misura ben superiore – persino doppia – a quella riscontrata nel cervello di soggetti sani della stessa età. (Con l'invecchiamento, si trovano tracce di diversi virus comuni anche nel cervello delle persone sane.)

I ricercatori sono poi riusciti anche a identificare una serie di reti genetiche attraverso cui i geni di origine virale interferiscono con quelli dell'ospite, alterando così il metabolismo cellulare dei neuroni.

Per raggiungere questi risultati i ricercatori hanno acquisito dal consorzio AMP-AD i dati relativi al sequenziamento del DNA e dell'RNA di 622 pazienti con Alzheimer da cui era stato prelevato post mortem del tessuto cerebrale e quelli relativi a 322 donatori cerebrali (post mortem) senza malattia. Il sequenziamento del DNA ha permesso di individuare 
la presenza di geni virali, mentre quello dell'RNA è stato usato per avere informazioni dettagliate sui geni che sono espressi in modo diverso nei due gruppi di donatori.

Oltre a questi dati, sono state registrate tutte le valutazioni cliniche condotte prima del decesso dei pazienti per definire la traiettoria del declino cognitivo, e i risultati delle osservazioni neuropatologiche eseguite dopo la morte, in particolare quelle relative alla gravità della deposizione di placche amiloidi e dei grovigli di proteina tau, due caratteristiche cardine della malattia.




Usando sofisticati strumenti computazionali, i ricercatori hanno messa in evidenza l'influenza di ciascun virus su specifici geni e proteine delle cellule cerebrali e identificato associazioni tra i virus da un lato e placche amiloidi, grovigli neurofibrillari e gravità della demenza clinica dall'altro.

"Questa è la prova più convincente mai presentata che indica un contributo virale alla genesi o alla progressione dell'Alzheimer", ha detto Sam Gandy, coautore dello studio, che ha aggiunto: "Una situazione simile si è manifestata recentemente in alcune forme della malattia di Lou Gehrig [la sclerosi laterale amiotrofica]: in alcuni pazienti sono state scoperte proteine virali nel liquido spinale, e hanno mostrato benefici quando sono stati trattati con farmaci antivirali."

ENGLISH

Demonstrated for the first time the involvement of viruses in Alzheimer's disease: the genes of two viruses of the human herpesvirus family can interact with the gene networks of neurons, altering the cellular metabolism and facilitating the formation of amyloid plaques and tangles of tau proteins, distinctive signs of the disease.

Two human herpesvirus strains - human herpesvirus 6A (HHV-6A) and human herpesvirus 7 (HHV-7) - may play a role in the development of Alzheimer's disease.

The hypothesis that viral or bacterial infections can contribute to the genesis of the disease is not new, but it is the first time that the link is tested. This was done by researchers from the Icahn School of Medicine at Mount Sinai Hospital and Arizona State University, with contributions from the Accelerating Medicines Partnership-Alzheimer's Disease (AMP-AD) consortium set up by the National Institutes of Health. The discovery, published in "Neuron", will allow us to test new hypotheses on the genesis and progression of the disease and identify targets for new drugs.

Ben Readhead and colleagues first discovered that within the genome of neurons of people with Alzheimer's - and in particular neurons found in six critical areas for disease development - were integrated genes of the two HHV 6A and HHV 7 viruses in much higher - even double - to that found in the brains of healthy subjects of the same age. (With aging, there are traces of several common viruses even in the brains of healthy people.)

The researchers also succeeded in identifying a series of genetic networks through which the genes of viral origin interfere with those of the host, thus altering the cellular metabolism of the neurons.

To achieve these results, the researchers acquired from the AMP-AD consortium data on DNA and RNA sequencing of 622 patients with Alzheimer's disease who had taken post-mortem of brain tissue and those related to 322 brain donors (post-mortem) without illness. DNA sequencing made it possible to identify the presence of viral genes, while that of RNA was used to obtain detailed information on genes that are expressed differently in the two donor groups.

In addition to these data, all the clinical evaluations carried out before the death of patients were recorded to define the trajectory of cognitive decline, and the results of neuropathological observations performed after death, in particular those related to the severity of amyloid plaque deposition and tangles of tau protein, two pivotal characteristics of the disease.

Using sophisticated computational tools, researchers highlighted the influence of each virus on specific brain cell genes and proteins and identified associations between viruses on one hand and amyloid plaques, neurofibrillary tangles, and severity of clinical dementia on the other.

"This is the most convincing evidence ever presented that indicates a viral contribution to the genesis or progression of Alzheimer's," said study author Sam Gandy, who added: "A similar situation has recently occurred in some forms of the disease. by Lou Gehrig [amyotrophic lateral sclerosis]: viral proteins in spinal fluid were discovered in some patients, and showed benefits when they were treated with antiviral drugs."

Da:

http://www.lescienze.it/news/2018/06/22/news/ruolo_herpesvirus_genesi_progressione_alzheimer-4023703/?ref=nl-Le-Scienze_29-06-2018

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