Il male del secolo? L’infiammazione È coinvolta nelle malattie più diffuse / The evil of the century? inflammation. It is involved in the most common diseases
Il male del secolo? L’infiammazione
È coinvolta nelle malattie più diffuse / The evil of the century? inflammation. It is involved in the most common diseases
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Fino a pochi anni fa l’infiammazione era un problema come gli altri, un sintomo da “spegnere” con i medicinali giusti ma di cui non preoccuparsi più di tanto. Oggi la visione è cambiata e la flogosi (il nome “tecnico” dell’infiammazione) è al centro degli interessi di medici e ricercatori perché si è capito che questo “fuoco” può compromettere la salute ed è fra i meccanismi principali di una serie interminabile e variegata di malattie.
Danni differenti
L’infiammazione è protagonista al punto che iniziano a
nascere dipartimenti specifici dedicati a studiarla e curarla in tutti i suoi
aspetti, per provare ad arginarne gli effetti, che oggi si sa essere molto più
importanti di quanto non si sospettasse. «Patologie diverse fra loro come
infarto, cancro, obesità, diabete, malattie neurodegenerative condividono
meccanismi infiammatori — spiega Alberto Mantovani, direttore scientifico
dell’Irccs Humanitas di Rozzano (Mi) e docente dell’Humanitas University —.
Nell’obesità, per esempio, la sovrabbondanza di tessuto adiposo invia segnali
che disorientano i macrofagi, cellule che di norma orchestrano le funzioni del
grasso corporeo e che con l’eccesso di peso iniziano invece a produrre molecole
pro-infiammatorie, che sono alla base delle conseguenze negative dei tanti
chili di troppo, tumori compresi. Si tratta di un’infiammazione “a combustione
lenta”, di cui non è immediato riconoscere la presenza». Un fuoco subdolo ma
pericoloso perché, come spiega Francesco Prati, presidente del Centro per la
Lotta contro l’Infarto – Fondazione Onlus, «in presenza di infiammazione è più
probabile che le placche aterosclerotiche si rompano provocando un infarto,
inoltre le placche più “cattive” contengono una quantità maggiore di cellule
infiammatorie. Il colesterolo alto è uno dei fattori che più incrementa il livello
di infiammazione generale nei vasi, per cui una prima mossa preventiva è
cercare di tenerlo basso con uno stile di vita sano, fatto di dieta equilibrata
e movimento regolare; non ha invece funzionato la valutazione della
concentrazione di proteina C-reattiva circolante per capire il grado di rischio
cardiovascolare, perché si tratta di un marcatore di infiammazione poco
specifico».
Il ruolo dei germi e dei batteri dell’intestino
Il problema maggiore, visto che il “fuocherello” che poi
provoca guai spesso è minimo ma costante, è proprio identificare chi lo cova
quando non c’è una patologia evidentemente infiammatoria in corso: tuttora non
ci sono marcatori precisi, ne esistono tanti usati per la diagnosi delle
diverse patologie ma non è ancora semplice costruire un “profilo infiammatorio”
per ciascuno di noi, per capire se stiamo nascondendo una flogosi cronica sotto
soglia che potrebbe provocare danni. Difficile anche riconoscere tutti i motivi
che ci rendono così soggetti a “bruciare”, come osserva Sandro Ardizzone,
responsabile della gastroenterologia all’Asst Fatebenefratelli – Sacco di
Milano. «Le ragioni sono tante. In parte conta lo stile di vita occidentale
che, per esempio, riduce il contatto con i germi durante l’infanzia non
consentendo al sistema immunitario di svilupparsi e modulare le sue risposte in
modo corretto, facilitando perciò la comparsa di reazioni infiammatorie
esagerate o improprie; un ruolo lo gioca poi il microbiota, ovvero i germi che
vivono nel nostro intestino. In questo organo il contatto con elementi che
arrivano dall’esterno è continuo e ciò provoca una reazione infiammatoria che
di solito è controllata e localizzata; in alcune persone, per motivi non ancora
chiari, la risposta diventa esagerata, cronica e quindi patologica».
Il sistema nervoso e quello immunitario sono più “connessi”
di quanto sembri a prima vista, spiega Alberto Mantovani: «Alcuni mediatori
immunitari, come per esempio l’interleuchina 1, li troviamo infatti anche nel
cervello con ruoli ancora tutti da scoprire; inoltre, sempre più studi sembrano
suggerire un nesso fra immunità e mente». «Per esempio — continua Mantovani — è
stato dimostrato, che negli anziani che vivono isolati i livelli dei mediatori
dell’infiammazione sono più elevati rispetto a quelli che si riscontrano in chi
coltiva delle relazioni». Un legame fra flogosi e benessere cerebrale che
potrebbe avere ripercussioni interessanti, come mostra un’indagine condotta da
ricercatori dell’Humanitas assieme a colleghi dell’Istituto di Neuroscienze del
CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), pubblicata di recente su eLife:
un’eccessiva infiammazione aumenta infatti i livelli di una proteina coinvolta
in malattie del neurosviluppo come la sindrome di Rett; bloccando l’infiammazione
con un anti-IL1, già usato in clinica, tutto torna nella norma, difetti di
apprendimento inclusi. I dati sono stati raccolti nei topolini, è presto quindi
per dire se sarà lo stesso nell’uomo, ma si conferma l’ipotesi che
l’infiammazione fa male pure al cervello.
Negli over 65 i danni sono anche peggiori
L’infiammazione aumenta col crescere degli anni ed è anche
associata a una maggior mortalità negli anziani. Il motivo potrebbe risiedere
nella flora batterica intestinale. Stando a una ricerca della McMaster
University, con esperimenti sui topolini, ci si è accorti che squilibri nella
composizione del microbiota associati all’invecchiamento rendono l’intestino
più permeabile, consentendo il rilascio di prodotti batterici che favoriscono
l’infiammazione e minano la funzionalità del sistema immunitario. Questo è
correlato a problemi che aumentano la mortalità: gli over 65 con livelli più
elevati di citochine pro-infiammatorie come il TNF sono più fragili e meno
autonomi. «L’obiettivo ora è identificare le popolazioni batteriche protettive
e riuscire a preservarle o favorirne la proliferazione nell’intestino degli
anziani: questo potrebbe mantenerci in salute e attivi più a lungo», dicono i
ricercatori.
Il sistema nervoso e quello immunitario sono più “connessi”
di quanto sembri a prima vista, spiega Alberto Mantovani: «Alcuni mediatori
immunitari, come per esempio l’interleuchina 1, li troviamo infatti anche nel
cervello con ruoli ancora tutti da scoprire; inoltre, sempre più studi sembrano
suggerire un nesso fra immunità e mente». «Per esempio — continua Mantovani — è
stato dimostrato, che negli anziani che vivono isolati i livelli dei mediatori
dell’infiammazione sono più elevati rispetto a quelli che si riscontrano in chi
coltiva delle relazioni». Un legame fra flogosi e benessere cerebrale che
potrebbe avere ripercussioni interessanti, come mostra un’indagine condotta da
ricercatori dell’Humanitas assieme a colleghi dell’Istituto di Neuroscienze del
CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), pubblicata di recente su eLife:
un’eccessiva infiammazione aumenta infatti i livelli di una proteina coinvolta
in malattie del neurosviluppo come la sindrome di Rett; bloccando
l’infiammazione con un anti-IL1, già usato in clinica, tutto torna nella norma,
difetti di apprendimento inclusi. I dati sono stati raccolti nei topolini, è
presto quindi per dire se sarà lo stesso nell’uomo, ma si conferma l’ipotesi
che l’infiammazione fa male pure al cervello.
L’infiammazione aumenta col crescere degli anni ed è anche
associata a una maggior mortalità negli anziani. Il motivo potrebbe risiedere
nella flora batterica intestinale. Stando a una ricerca della McMaster
University, con esperimenti sui topolini, ci si è accorti che squilibri nella
composizione del microbiota associati all’invecchiamento rendono l’intestino
più permeabile, consentendo il rilascio di prodotti batterici che favoriscono
l’infiammazione e minano la funzionalità del sistema immunitario. Questo è
correlato a problemi che aumentano la mortalità: gli over 65 con livelli più
elevati di citochine pro-infiammatorie come il TNF sono più fragili e meno
autonomi. «L’obiettivo ora è identificare le popolazioni batteriche protettive
e riuscire a preservarle o favorirne la proliferazione nell’intestino degli
anziani: questo potrebbe mantenerci in salute e attivi più a lungo», dicono i
ricercatori.
Le malattie autoimmuni correlate
Da qui la comparsa di malattie infiammatorie croniche a
carico dell’intestino o di altri organi e sistemi più a contatto con l’esterno
e quindi con stimoli che inducono una reazione immuno-infiammatoria (che
tuttavia in chi è sano si autolimita): non è un caso se pelle e vie aeree sono
più spesso coinvolte da patologie con una forte componente infiammatoria come
la psoriasi, la dermatite atopica, le allergie, l’asma. «La flogosi è una
risposta positiva di difesa, ma quando va fuori controllo o si esplica contro
elementi innocui diventa un problema: l’infiammazione minima ma persistente di
un allergico o un asmatico alla lunga induce il rimodellamento delle vie aeree
e porta alla perdita di funzione, ovvero a sempre maggiori difficoltà
respiratorie — aggiunge Giorgio Walter Canonica, responsabile del Centro
Medicina Personalizzata – Asma e Allergologia all’Humanitas —. Quando ci sono i
sintomi occorre intervenire per una corretta terapia, è invece più difficile
intercettare l’infiammazione sotto soglia che molti hanno senza averne alcun
segno. In futuro dovremo individuare e gestire anche questi soggetti, per il
momento possiamo fare prevenzione con uno stile di vita sano che metta al bando
ciò che “accende” una reazione infiammatoria, come per esempio l’alimentazione
sbagliata, la sedentarietà, il fumo».
ENGLISH
Until a few years ago inflammation was a problem like any other, a symptom to be "turned off" with the right medicines but not to worry too much about. Today the vision has changed and inflammation (the "technical" name of inflammation) is at the center of the interests of doctors and researchers because it has been understood that this "fire" can compromise health and is among the main mechanisms of an endless series and varied in disease.
Different damages
Inflammation is the protagonist to the point that specific departments are beginning to emerge dedicated to studying and treating it in all its aspects, to try to stem its effects, which today is known to be much more important than previously suspected. "Different pathologies such as heart attack, cancer, obesity, diabetes, neurodegenerative diseases share inflammatory mechanisms - explains Alberto Mantovani, scientific director of Irccs Humanitas of Rozzano (Mi) and professor at Humanitas University -. In obesity, for example, the overabundance of adipose tissue sends signals that confuse macrophages, cells that normally orchestrate the functions of body fat and that with excess weight instead start to produce pro-inflammatory molecules, which are the basis the negative consequences of the many extra pounds, including tumors. It is a "slow burning" inflammation, the presence of which is not immediate to recognize. " A sneaky but dangerous fire because, as explained by Francesco Prati, president of the Center for the Fight against Heart Attack - Non-profit Foundation, "in the presence of inflammation, atherosclerotic plaques are more likely to break causing a heart attack, and more" bad "plaques ”Contain a greater amount of inflammatory cells. High cholesterol is one of the factors that most increases the level of general inflammation in the vessels, so a first preventive move is to try to keep it low with a healthy lifestyle, made of balanced diet and regular movement; instead, the evaluation of the circulating C-reactive protein concentration did not work to understand the degree of cardiovascular risk, because it is a non-specific marker of inflammation ».
The role of germs and bacteria in the intestine
The biggest problem, given that the "fire" which then causes trouble is often minimal but constant, is precisely identifying who is hatching it when there is no evidently inflammatory pathology in progress: there are still no precise markers, there are many used for the diagnosis of the various pathologies but it is still not easy to build an "inflammatory profile" for each of us, to understand if we are hiding a chronic inflammation below the threshold that could cause damage. It is also difficult to recognize all the reasons that make us so subject to "burning", as Sandro Ardizzone, head of gastroenterology at the Asst Fatebenefratelli - Sacco of Milan, observes. «There are many reasons. In part, the western lifestyle counts, which, for example, reduces contact with germs during childhood by not allowing the immune system to develop and modulate its responses correctly, thus facilitating the appearance of exaggerated or improper inflammatory reactions; a role is played by the microbiota, or the germs that live in our intestines. In this organ, contact with elements that come from outside is continuous and this causes an inflammatory reaction that is usually controlled and localized; in some people, for reasons not yet clear, the answer becomes exaggerated, chronic and therefore pathological ".
Inflammation and the brain
The nervous and immune systems are more "connected" than they seem at first glance, explains Alberto Mantovani: "Some immune mediators, such as interleukin 1, are also found in the brain with roles still to be discovered; moreover, more and more studies seem to suggest a connection between immunity and mind ". "For example - Mantovani continues - it has been shown that in the elderly who live in isolation the levels of mediators of inflammation are higher than those found in those who cultivate relationships". A link between inflammation and brain well-being that could have interesting repercussions, as shown by a survey conducted by researchers from Humanitas together with colleagues from the Neuroscience Institute of the CNR (National Research Council), recently published on eLife: an excessive inflammation in fact increases the levels of a protein involved in neurodevelopmental diseases such as Rett syndrome; blocking inflammation with an anti-IL1, already used in the clinic, everything returns to normal, including learning defects. The data were collected in mice, so it's early to say if it will be the same in humans, but the hypothesis that inflammation also hurts the brain is confirmed.
In the over 65s the damage is even worse
Inflammation increases over the years and is also associated with higher mortality in the elderly. The reason may lie in the intestinal bacterial flora. According to research by McMaster University, with experiments on mice, it was found that imbalances in the composition of the microbiota associated with aging make the intestine more permeable, allowing the release of bacterial products that promote inflammation and undermine the functionality of the immune system. This is related to problems that increase mortality: those over 65 with higher levels of pro-inflammatory cytokines such as TNF are more fragile and less autonomous. "The goal now is to identify protective bacterial populations and be able to preserve or promote their proliferation in the intestines of the elderly: this could keep us healthy and active longer", say the researchers.
Inflammation increases over the years and is also associated with higher mortality in the elderly. The reason may lie in the intestinal bacterial flora. According to research by McMaster University, with experiments on mice, it was found that imbalances in the composition of the microbiota associated with aging make the intestine more permeable, allowing the release of bacterial products that promote inflammation and undermine the functionality of the immune system. This is related to problems that increase mortality: those over 65 with higher levels of pro-inflammatory cytokines such as TNF are more fragile and less autonomous. "The goal now is to identify protective bacterial populations and be able to preserve or promote their proliferation in the intestines of the elderly: this could keep us healthy and active longer", say the researchers.
Autoimmune related diseases
Hence the appearance of chronic inflammatory diseases affecting the intestine or other organs and systems more in contact with the outside and therefore with stimuli that induce an immune-inflammatory reaction (which, however, is healthy in those who are healthy): it is not a case if skin and airways are more often involved in pathologies with a strong inflammatory component such as psoriasis, atopic dermatitis, allergies, asthma. "Inflammation is a positive defense response, but when it goes out of control or unfolds against harmless elements it becomes a problem: the minimal but persistent inflammation of an allergic or asthmatic in the long term induces the remodeling of the airways and leads to the loss of function, that is, to ever greater breathing difficulties - adds Giorgio Walter Canonica, head of the Personalized Medicine Center - Asthma and Allergology at Humanitas -. When there are symptoms, it is necessary to intervene for correct therapy, instead it is more difficult to intercept the inflammation below the threshold that many have without having any sign. In the future we will also have to identify and manage these subjects, for the moment we can do prevention with a healthy lifestyle that bans what "ignites" an inflammatory reaction, such as the wrong diet, sedentary lifestyle, smoking ".
Da:
Commenti
Posta un commento