Scompenso cardiaco: i sintomi e come si cura / Heart failure: symptoms and treatment
Scompenso cardiaco: i sintomi e come si cura / Heart failure: symptoms and treatment
Segnalato dal Dott. Giuseppe Cotellessa / Reported by Dr. Giuseppe Cotellessa
Lo scompenso cardiaco (noto anche come insufficienza cardiaca) si verifica quando il cuore non è in grado di pompare abbastanza sangue per soddisfare le esigenze dell’organismo, a causa di problemi strutturali e/o funzionali cardiaci.
Lo scompenso cardiaco è una condizione cronica e progressiva, caratterizzata da episodi di peggioramento, che richiede al paziente, dopo la diagnosi, di intraprendere un percorso di trattamento. Questo può includere cambiamenti dello stile di vita, terapie farmacologiche e/o trattamenti interventistici o chirurgici.
Ne parliamo con il dottor Beniamino Pagliaro, cardiologo presso l’lRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano ed i centri medici Humanitas Medical Care.
Le cause dello scompenso cardiaco
Le cause possono essere diverse, tra cui la cardiopatia ischemica, come l’infarto del miocardio, le malattie valvolari cardiache, le cardiomiopatie, le cardiopatie congenite, che provocano danni al muscolo cardiaco e indeboliscono il cuore, rendendolo inefficiente nel soddisfare le richieste dell’organismo.
Inoltre, sono associati fattori di rischio che danneggiano i vasi sanguigni e le cellule cardiache, come:
Ci sono anche altre condizioni predisponenti e/o patologie associate, come:
- abuso di alcol
- fumo
- insufficienza renale cronica
- malattie polmonari
- familiarità per le malattie cardiache
- alcuni trattamenti chemioterapici.
Scompenso cardiaco: quali sono i sintomi?
I sintomi dello scompenso cardiaco possono non essere sempre evidenti. Nei primi stadi, possono essere aspecifici o lievi, diventando più evidenti con il progredire della malattia, talvolta rendendo necessari accertamenti cardiologici od, in casi più gravi, assistenza in pronto soccorso o ricovero ospedaliero.
I sintomi di scompenso cardiaco più comuni includono:
- Mancanza di fiato e difficoltà respiratorie (dispnea o fame d’aria)
- Debolezza significativa
- Confusione
- Dolore al petto
- Gonfiore addominale
- Gonfiore dei piedi, delle caviglie e/o delle gambe
- Aumento di peso corporeo
- Tosse
- Perdita di appetito.
La dispnea è uno dei sintomi fondamentali di questa patologia e viene classificata secondo la New York Heart Association (NYHA) in quattro classi di gravità crescente (Classe I, II, III o IV), basate sui sintomi manifestati durante l’attività fisica:
- Classe I: il paziente è asintomatico (non presenta sintomi). L’attività fisica normale non causa dispnea né affaticamento.
- Classe II: vi è una lieve limitazione dell’attività fisica. L’attività fisica moderata (come salire due rampe di scale o salire alcuni gradini portando un peso) può causare dispnea od affaticamento.
- Classe III: si manifesta una marcata limitazione dell’attività fisica. Anche l’attività fisica minima (come camminare o salire mezza rampa di scale) può causare dispnea od affaticamento.
- Classe IV: i sintomi si presentano a riposo. Astenia, dispnea od affaticamento sono presenti anche in assenza di attività fisica.
Scompenso cardiaco: quali esami fare per la diagnosi?
La diagnosi di insufficienza cardiaca è principalmente clinica ed inizia con un esame fisico del paziente per individuare segni di congestione (accumulo di liquidi).
A questo, si aggiungono gli esami del sangue e gli esami strumentali (elettrocardiogramma, ecocardiogramma, radiografia del torace). In casi specifici, possono essere utilizzati strumenti diagnostici più avanzati, sia invasivi che non invasivi (come la risonanza magnetica cardiaca, il cateterismo cardiaco e la coronarografia).
Come si cura lo scompenso cardiaco?
Negli ultimi anni, la terapia farmacologica per l’insufficienza cardiaca ha visto l’introduzione di importanti innovazioni. Le quattro classi principali di farmaci considerati pilastri del trattamento includono:
- inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAASi)
- beta-bloccanti
- antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi (MRA)
- inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2).
Oltre a queste quattro classi farmacologiche, spesso vengono prescritti diuretici, che rimangono fondamentali per il controllo della congestione nei pazienti con insufficienza cardiaca. Di recente, sono state introdotte anche altre classi di farmaci per l’uso in specifiche categorie di pazienti, soprattutto quando i sintomi persistono nonostante una terapia medica ottimizzata in conformità alle linee guida.
In aggiunta a queste terapie, si ricorre a trattamenti di supporto come la terapia marziale (ferro), che può essere somministrata per via orale o tramite infusione endovenosa, quest’ultima opzione è più rapida ed efficace. Inoltre, i pazienti con insufficienza cardiaca avanzata potrebbero trarre beneficio da cicli di infusione endovenosa di farmaci inotropi.
Il trattamento interventistico e chirurgico dello scompenso cardiaco
Oggi si dedica sempre più attenzione alla terapia non farmacologica dello scompenso cardiaco, che può essere di natura chirurgica od interventistica.
Questo può comprendere interventi come il bypass coronarico, utilizzato nei casi di scompenso cardiaco dovuto a cardiopatia ischemica come infarto miocardico ed angina pectoris, oltre alla riparazione o sostituzione delle valvole cardiache in presenza di problemi valvolari. Inoltre, può essere considerato il rimodellamento chirurgico del ventricolo sinistro per correggere l’anormale dilatazione cardiaca, spesso derivante da un infarto miocardico acuto.
Nei casi di insufficienza cardiaca avanzata, la cardiochirurgia offre un aiuto prezioso attraverso due opzioni principali. La prima è la possibilità di effettuare un trapianto cardiaco nei pazienti che sono idonei per età e condizioni fisiche. La seconda opzione è rappresentata dall’utilizzo di sistemi di assistenza meccanica al circolo come i dispositivi di assistenza ventricolare (VAD, ventricular assist device). Inoltre, si è assistito di recente all’introduzione di veri e propri cuori artificiali, offrendo ulteriori opzioni terapeutiche per i pazienti affetti da insufficienza cardiaca avanzata.
Per quanto riguarda la terapia interventistica, è necessario distinguere tra le procedure di elettrostimolazione/elettrofisiologia e quelle di emodinamica.
Le procedure di elettrostimolazione/elettrofisiologia comprendono l’impianto di pacemaker e/o defibrillatori fino alla terapia di resincronizzazione cardiaca, che coinvolge dispositivi in grado di stimolare entrambi i ventricoli simultaneamente, migliorando così la performance cardiaca. Inoltre, l’ablazione transcatetere mediante radiofrequenze di alcune aritmie può svolgere un ruolo terapeutico nell’insufficienza cardiaca.
Per quanto riguarda l’emodinamica, ci sono diverse soluzioni terapeutiche disponibili. Queste includono l’angioplastica coronarica percutanea nei casi di coronaropatia associata all’insufficienza cardiaca, la riparazione percutanea delle valvole atrio-ventricolari mediante sistemi come MitraClip e TriClip, e l’impianto di valvola aortica transcatetere (TAVI) nei pazienti anziani che presentano un rischio di mortalità non accettabile per la cardiochirurgia.
La cardiologia interventistica può inoltre offrire soluzioni di assistenza meccanica al circolo a breve-medio termine, utilizzando un pallone intra-aortico (contropulsatore) od una pompa coassiale chiamata Impella. Nei casi più gravi, è possibile ricorrere all’ECMO (ossigenazione a membrana extracorporea), che sostituisce contemporaneamente la funzione di pompa cardiaca e di ossigenazione polmonare.
Infine, altri sistemi “invasivi” sono tuttora in studio come trattamento dello scompenso cardiaco; tuttavia, la loro validazione ed applicazione nella pratica clinica, richiede ulteriori conferme derivanti dagli studi scientifici in corso.
Scompenso cardiaco e rischio di recidiva
I dati di letteratura scientifica indicano che i sei mesi successivi alla dimissione di un paziente ricoverato per scompenso cardiaco acuto, sia esso un primo episodio od una riacutizzazione dello scompenso cardiaco cronico, rappresentano il periodo più critico per il rischio di recidiva.
Lo scompenso cardiaco è una condizione cronica e progressiva con una forte inclinazione alla riacutizzazione. In questa fase, è essenziale monitorare attentamente le condizioni cliniche del paziente, che diventa protagonista dopo un’adeguata educazione da parte delle infermiere dedicate (case manager), nell’individuare segnali di allarme di un nuovo deterioramento del suo stato di salute.
Il monitoraggio regolare dei parametri vitali a domicilio, come la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, la saturazione dell’ossigeno ed il peso corporeo giornaliero, risultano quindi fondamentali. Il controllo del peso, in particolare, è un metodo semplice ed efficace per rilevare eventuali segni di allarme, come un repentino aumento di peso (ad esempio, un aumento di 2 kg in 2-3 giorni), che potrebbe indicare un accumulo di liquidi e richiedere un aggiustamento immediato della terapia diuretica. Al paziente viene fornita una scheda per registrare questi parametri ogni giorno e comunicarli durante il follow-up telefonico con le infermiere, il primo dei quali avviene una settimana dopo la dimissione.
Circa due settimane dopo la dimissione è prevista una visita di controllo cardiologico, durante la quale vengono valutate le condizioni cliniche del paziente ed identificati eventuali segni o sintomi di congestione. In occasione di tale visita, si valuta anche l’eventuale titolazione e/o adeguamento della terapia cardioattiva. In base all’evoluzione del quadro clinico, si stabilisce la tempistica delle visite di controllo successive e si stabilisce l’eventuale necessità di ulteriori approfondimenti diagnostici.
Dopo i primi sei mesi di follow-up stretto, in assenza di episodi di riacutizzazione e con una stabilità clinica confermata, il paziente può passare ad un programma di monitoraggio ambulatoriale con visite meno frequenti nel tempo, generalmente ogni sei mesi od annualmente.
ENGLISH
Heart failure (also known as congestive heart failure) occurs when the heart is unable to pump enough blood to meet the body's needs due to structural and/or functional problems.
Heart failure is a chronic and progressive condition, characterized by worsening episodes, requiring the patient, after diagnosis, to undertake a course of treatment. This may include lifestyle changes, drug therapies, and/or interventional or surgical treatments.
We discuss this with Dr. Beniamino Pagliaro, cardiologist at the Humanitas Clinical Institute in Rozzano and the Humanitas Medical Care medical centers.
The causes of heart failure
There are various causes, including ischemic heart disease, such as myocardial infarction, valvular heart disease, cardiomyopathy, and congenital heart disease, which damage the heart muscle and weaken the heart, making it unable to meet the body's demands.
Furthermore, there are associated risk factors that damage blood vessels and heart cells, such as:
diabetes
high blood pressure
high cholesterol
atherosclerosis.
There are also other predisposing conditions and/or associated diseases, such as:
alcohol abuse
smoking
chronic kidney disease
lung disease
family history of heart disease
certain chemotherapy treatments.
Heart failure: what are the symptoms?
The symptoms of heart failure may not always be obvious. In the early stages, they may be nonspecific or mild, becoming more evident as the disease progresses, sometimes requiring cardiac tests or, in more severe cases, emergency room care or hospitalization.
The most common symptoms of heart failure include:
Shortness of breath and difficulty breathing (dyspnea or air hunger)
Significant weakness
Confusion
Chest pain
Abdominal swelling
Swelling of the feet, ankles, and/or legs
Weight gain
Cough
Loss of appetite
Dyspnea is one of the core symptoms of this condition and is classified by the New York Heart Association (NYHA) into four classes of increasing severity (Class I, II, III, or IV), based on symptoms experienced during physical activity:
Class I: The patient is asymptomatic (no symptoms). Normal physical activity does not cause dyspnea or fatigue.
Class II: There is a mild limitation of physical activity. Moderate physical activity (such as climbing two flights of stairs or carrying a load) may cause dyspnea or fatigue.
Class III: There is a marked limitation of physical activity. Even minimal physical activity (such as walking or climbing half a flight of stairs) can cause shortness of breath or fatigue.
Class IV: Symptoms occur at rest. Asthenia, shortness of breath, or fatigue are present even in the absence of physical activity.
Heart failure: what tests are done for diagnosis?
The diagnosis of heart failure is primarily clinical and begins with a physical examination of the patient to identify signs of congestion (fluid accumulation).
Blood tests and imaging tests (electrocardiogram, echocardiogram, chest X-ray) are also performed. In specific cases, more advanced diagnostic tools, both invasive and noninvasive (such as cardiac MRI, cardiac catheterization, and coronary angiography), may be used.
How is heart failure treated?
In recent years, pharmacological therapy for heart failure has seen the introduction of important innovations. The four main classes of medications considered the cornerstones of treatment include:
renin-angiotensin-aldosterone system inhibitors (RAASi)
beta-blockers
mineralcorticoid receptor antagonists (MRAs)
sodium-glucose cotransporter 2 (SGLT2) inhibitors.
In addition to these four drug classes, diuretics are often prescribed, which remain essential for controlling congestion in patients with heart failure. Recently, other classes of medications have been introduced for use in specific patient populations, especially when symptoms persist despite optimized medical therapy in accordance with guidelines.
In addition to these therapies, supportive treatments are used, such as iron therapy, which can be administered orally or via intravenous infusion, the latter option being faster and more effective. Additionally, patients with advanced heart failure may benefit from intravenous infusion courses of inotropic drugs.
Interventional and Surgical Treatment of Heart Failure
Today, increasing attention is being paid to non-pharmacological treatment of heart failure, which can be surgical or interventional.
This may include procedures such as coronary artery bypass grafting, used in cases of heart failure due to ischemic heart disease such as myocardial infarction and angina pectoris, as well as heart valve repair or replacement in the presence of valvular problems. Surgical remodeling of the left ventricle may also be considered to correct abnormal cardiac dilation, often resulting from an acute myocardial infarction.
In cases of advanced heart failure, cardiac surgery offers valuable assistance through two main options. The first is the possibility of performing a heart transplant in patients who are suitable due to their age and physical condition. The second option is the use of mechanical circulatory support systems such as ventricular assist devices (VADs). Furthermore, the recent introduction of fully-fledged artificial hearts has offered additional treatment options for patients with advanced heart failure.
Regarding interventional therapy, it is necessary to distinguish between electrostimulation/electrophysiology and hemodynamic procedures.
Electrostimulation/electrophysiology procedures range from pacemaker and/or defibrillator implantation to cardiac resynchronization therapy, which involves devices capable of pacing both ventricles simultaneously, thus improving cardiac performance. Furthermore, radiofrequency catheter ablation of certain arrhythmias may play a therapeutic role in heart failure.
Regarding hemodynamics, several therapeutic options are available. These include percutaneous coronary angioplasty in cases of coronary artery disease associated with heart failure, percutaneous atrioventricular valve repair using systems such as MitraClip and TriClip, and transcatheter aortic valve implantation (TAVI) in elderly patients whose mortality risk is unacceptable for cardiac surgery.
Interventional cardiology can also offer short- to medium-term mechanical circulatory support solutions, using an intra-aortic balloon (counterpulsator) or a coaxial pump called Impella. In more severe cases, ECMO (extracorporeal membrane oxygenation) may be used, which simultaneously replaces the cardiac pump and pulmonary oxygenation functions.
Finally, other "invasive" systems are currently being studied as a treatment for heart failure; however, their validation and application in clinical practice requires further confirmation from ongoing scientific studies.
Heart Failure and Risk of Recurrence
Scientific literature data indicates that the six months following discharge of a patient hospitalized for acute heart failure, whether a first episode or a flare-up of chronic heart failure, represent the most critical period for the risk of recurrence.
Heart failure is a chronic and progressive condition with a strong propensity for exacerbations. At this stage, it is essential to carefully monitor the patient's clinical condition. After proper training by dedicated nurses (case managers), the patient becomes the primary focus in identifying warning signs of further deterioration in their health.
Regular monitoring of vital signs at home, such as blood pressure, heart rate, oxygen saturation, and daily body weight, is therefore essential. Weight monitoring, in particular, is a simple and effective method for detecting any warning signs, such as sudden weight gain (for example, a gain of 2 kg in 2-3 days), which could indicate fluid retention and require immediate adjustment of diuretic therapy. The patient is provided with a form to record these parameters daily and communicate them during telephone follow-ups with the nurses, the first of which occurs one week after discharge.
A cardiology follow-up visit is scheduled approximately two weeks after discharge, during which the patient's clinical condition is assessed and any signs or symptoms of congestion are identified. During this visit, any titration and/or adjustment of cardiac therapy is also assessed. Based on the evolution of the clinical picture, the timing of subsequent follow-up visits is established and any need for further diagnostic investigations is determined.
After the first six months of close follow-up, in the absence of exacerbations and with confirmed clinical stability, the patient can transition to an outpatient monitoring program with less frequent visits over time, generally every six months or annually.
Da:
https://www.humanitas.it/news/scompenso-cardiaco-i-sintomi-e-come-si-cura/?utm_source=Klaviyo&utm_medium=campaign&utm_campaign=39.%20HIT%20%7C%2030%2F09%2F2025%20%7C%20WORKAHOLISM&_kx=GbsXi39da2SdzWuT1goIYw2LYRpGE3ADZgQk3mDJWLclJDQRds6TDmUEoUzo58Dd.TR8mad
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